INDICE
Insegnamento 1: Il Superiore Delegato
Insegnamento 2: Spirito dei Superiori
Insegnamento 3: Il Superiore di Comunità
Insegnamento 4: Dignità dei Superiori
Insegnamento 5: Il Superiore Assistente
Insegnamento 6: Qualità Pratiche dei Superiori
Insegnamento 7: Il Direttore di Seminario
Insegnamento 8: I Superiori negli Esami Vocazionali
Insegnamento 9: Il Superiore e le Dispense
Insegnamento 10: Il Superiore Guardiano dell’Osservanza
Insegnamento 11: Il Superiore Insegnante della Dottrina
Insegnamento 12: Il Superiore e lo Spirito Interiore dell’Ordinato
Insegnamento 13: Il Superiore nelle Ricreazioni e nelle Vacanze
Insegnamento 14: I Superiori e i Figli che Lavorano nelle Opere
Insegnamento 15: I Direttori Maestri di Mestieri
Insegnamento 16: I Superiori Custodi dei Figli di fronte al Mondo
Insegnamento 1: Il Superiore Delegato
Gli articoli 56 e 57 del Regolamento stabiliscono che gli Ordinati saranno sommessi direttamente al Cavaliere Gran Maestro e sotto l’ordine d’un Superiore che gli rappresenti.
Questo Superiore si chiamerà Superiore Delegato ed il suo carico rimane sospeso nello stesso istante in cui arriva alla Casa il Cavaliere Gran Maestro e non lo riannoda per tutto il tempo in cui lo stesso è lì presente.
Tutta la Tavola, tanto nella Comunità di uomini come in quella di donne dovrà al Superiore Delegato ogni rispetto, sottomissione ed obbedienza e gli saluterà col versetto dei Cavalieri Gran maestri: “Intende Prospere; Ihes eret onk Hes.”
Il Superiore Delegato dirige, osserva e controlla tutti gli atti della Comunità sebbene egli sia dispensato d’assistere ad essi quando le sue occupazioni gli reclamino in altro luogo.
Tutte le osservazioni ed accomodamenti necessari che richieda la prudenza deve trattarli separatamente col Superiore della Comunità, con patto che l’urgenza del caso non reclami l’immediata correzione o soluzione del problema.
Tutti i Figli della Tavola possono ricorrere al Superiore Delegato nelle sue necessità, sia in conferenza particolare o per iscritto, sicuri che troveranno sempre in lui un padre disposto ad aiutarli ed a consigliarli.
I Figli potranno mantenere corrispondenza col Superiore Delegato senza controllo diretto od indiretto da parte dei Superiori.
Quando il Superiore Delegato assiste agli atti di Comunità occupa sempre il primo luogo e dirige essi atti.
Inoltre, il Superiore Delegato dispone dell’attività dei Figli fuori dal Radio di Stabilità: ordina e vigila personalmente l’attività dei Figli fuori dal Radio; dispone i viaggi dei Figli; controlla tutto ciò ch’entra ed esce dal Radio: lettere, scritti, oggetti, acquisti rilevanti, eccetera; risponde personalmente alla corrispondenza sociale, regolamentare e direttiva o fa inviarle nel suo nome.
Ugualmente, il Superiore Delegato ha al suo carico l’amministrazione e movimento di fondi della Comunità e delle Opere che la Comunità diriga e, se non potesse farlo direttamente, controllerà ogni mese i movimenti dei fondi amministrativi.
I Figli devono vedere nel Superiore Delegato l’Immagine della Divina Madre sulla terra, ed il Superiore Delegato deve aumentare questa Immagine del suo Corpo di Fuoco di fronte ai Figli governando più con l’esempio che colla parola.
Insegnamento 2: Spirito dei Superiori
Assumendo il suo carico, il primo atto ch’il Superiore deve compiere è arrendersi da un principio nelle braccia della Divina Madre ed essere solo un canale dove fluisce la Volontà Divina che egli trasmetterà ai Figli.
La Divina Madre ordina e comanda, ed il Superiore mansuefattamente eseguire gli ordini e disposizioni. Quando le cose risultano propriamente è sempre perché il Superiore ha lasciato operare in lui alla Divina Madre e quando le cose falliscono è perché egli ha voluto fare prevalere la sua volontà sulla Volontà Divina.
Il Superiore deve fare che i Figli compiano fedelmente gli obblighi dei suoi voti ed osservanze, e deve disporre di tutte le cose e temi che concernono alla Comunità ed all’Opera di Cafh che gli è stato fidata. Questo deve farlo sempre con uno sforzo totalmente spirituale e mai con un affanno umano, procurando il progresso dell’Opera e della Comunità ma mantenendosi sempre nella pace interiore.
Il Superiore che vuole fare tutto improvvisamente e sottomette alla Comunità al suo affanno personale dà l’impressione d’agire come gli uomini che non hanno rinunciato.
A volte la Divina Madre dispone le cose d’un modo molto distinto a quello che il Superiore aveva proiettato. È che la Divina Madre vede le cose molto più lontano e le sue Opere non sono del tempo bensì dell’eternità. Molte volte la Madre cambia le carte di gioco nelle stesse mani dei Superiori e da un progetto ottenne conclusioni che sono completamente differenti da quelle proiettate; e questo sempre per il bene ed il progresso dei Figli di Cafh.
Il Figlio che non ha comando gode d’un paradiso sulla terra ma quando gli è messo sulle spalle il carico del comando non deve perdere la sua pace né permettere che la sua volontà personale agisca. Egli è solo un vetro trasparente dove passa senza ostacoli la luce del sole per potere trasmettere intatto ai Figli il raggio di luce che è l’espressione della Divina Volontà.
A volte, per circostanze di necessità, sono scelti Superiori Figli che hanno pochi anni di Comunità e questi, soprattutto, devono essere molto prudenti e cauti perché ancora sono piante tenere che più devono ubbidire che comandare.
Quand’il Figlio entra alla Comunità deve cambiare d’un modo totale, fisicamente e spiritualmente, per potere essere l’espressione viva della Rinunzia, e questo non si riesce in un giorno bensì è il risultato dei primi sette anni di Comunità. Tutto cambia nel Figlio; non solo la sua comprensione ed i sui sentimenti cambiano ma anche la sua carne ed il suo sangue. Ed allora, solo se è molto necessario, il Figlio potrebbe cominciare a dirigere e comandare ad altri Figlio.
Quindi, i Superiori giovani suppliscano alla sua inesperienza con uno spirito di umiltà totale e con un abbandono tale nelle mani della Divina Madre che faccia impossibile l’errore.
I Superiori devono imprimere a tutti i suoi atti direttivi la caratteristica dell’ordine, la serenità e la semplicità.
Primo, l’ordine. La Comunità è un orologio automatico ed il lavoro del Superiore dovrebbe essere solo quello di vigilare affinché questo non si trattenga mai.
Se i Superiori si mantengono vigilanti, tutto va bene e si svolge normalmente, e l’obbedienza è un filo di seta nelle mani dei Figli.
Dopo, la serenità. Lo spirito sereno dei Superiori riesce che tutto si risolva senza confusioni ed apprensioni quando nella Comunità succedano cose impreviste od in momenti d’eccitazione di fronte ad un caso inaspettato.
È facile dirigere quando tutto è normale ma il valore del Superiore si manifesta quando risolve favorevolmente cose impreviste senza permettere che l’agitazione ed il disordine penetrino nella Comunità; più ancora quando la parte della Comunità non intervieni direttamente nel caso né nota che cosa ha successo.
Terzo, la semplicità. I Superiori devono vivere in sé un’imitazione esatta della Divina Madre che gli conceda una perfezione semplice che sia completamente inavvertita. Questo spirito fonde ai Superiori nel Corpo Mistico della Comunità. Non farlo così è dimostrare agli occhi dei Figli che la personalità mondana non è vinta; è avere ancora desideri di distinguersi e di farsi notare.
Il Superiore non trascura i suoi lavori manuali per causa del suo carico e cerca d’effettuarli personalmente senza l’aiuto d’altri Figli. Il Superiore non dà buon esempio se mentre lavora, mette in movimento a tutti i Figli che lo circondano affinché l’aiutino.
È divinamente deciso ch’il Superiore sia la testa che pensa per i Figli; cosicché non è sorprendente che i Figli acquisiscano le stesse virtù o gli stessi difetti dal suo Superiore. Il Superiore può vedersi chiaramente a sé stesso guardando ai Figli.
Il Superiore deve fare che ogni Figlio cominci il suo giorno come se fosse sempre il primo giorno di Seminario perché il risultato della perfezione di rinunzia è un lavoro arduo che deve durare tutta la vita senza prodursi mai improvvisamente.
Inoltre i Superiori infondano sempre spirito di silenzio, rutina e pazienza nei Figli.
Ne rallentino mai né stringano troppo e, senza lasciare che i Figli si scoraggino, insegnino che, dopo l’allegria nell’anima chi vede che un’imperfezione è vinta, vieni la tristezza quando si rende conto d’altre imperfezioni che sorgono.
Ma indichino che la vita di Comunità è una continua penitenza, un piccolo martirio continuato, che fortifica all’anima e fa che resista tutto; dà la perfezione sebbene non improvvisamente ma inevitabilmente.
Infine, i Superiori insegneranno ai Figli che l’amore, la carità di rinunzia, è il mezzo per il quale si riescono tutte le virtù e la perfezione stessa. Non solo la carità, l’amore di opere ed azione, visibile agli occhi del mondo –un risultato più o meno facile– bensì l’amore, la carità interiore di rinunzia che più difficilmente l’anima da sola la percepisca– perché è nascosta e culmina nell’olocausto; quella squisita carità che nessuno conosce fuori della Divina Madre e che solo può essere praticata pienamente nelle comunità.
Quella carità di rinunzia fa che il Figlio anteponga sempre le opinioni dei suoi compagni alle sue opinioni; egli vede ai suoi difetti come si fossero grandi, ed è tanta la sua tolleranza che né percepisce i difetti degli altri; quella carità che non cerca mai né spiegazioni né scusi quando si veda ingiustamente accusato o interpretato nonostante le ragioni che si tenga, né posterga le prove alle quali l’anima deve necessariamente essere sommessa nella vita di Comunità.
Quella carità di rinunzia che fa tutto tollerabile ed allegro, che fa all’anima resistente come l’acciaio e gli dà una forza infrangibile in tutti gli istanti del giorno, senza varianti.
Quella carità che fa dimostrare essere propri i piccoli desideri degli altri, che dimostra non avere notato un’irregolarità nel compagno od osservarlo indebitamente quando è mortificato o afflitto di fronte ad un errore o ad un rimprovero.
Quella carità di rinunzia che vive solo per la sensibilità ed i dolori delle altre anime.
Insegnamento 3: Il Superiore di Comunità
Il Superiore di Comunità ha sotto la sua attenzione ai Figli che gli sono fidati; il Superiore di Comunità di uomini, a tutti i Figli, ed il Superiore di Comunità di donne, a tutte le Figlie che compongono la Comunità.
Il Superiore di Comunità deve fare che, quando tutti i Figli entrino alla sua Comunità, rinnovino i suoi voti con totale fervore stando presente tutta la Comunità.
Nella rinnovazione di Voti, i Figli pronunceranno unicamente la formula senza la cerimonia che corrisponde solamente all’emissione di Voti.
Se il Superiore Delegato fosse impossibilitato, risponda all’amministrazione e corrispondenza della Comunità secondo i direttivi ricevuti.
La principale incombenza del Superiore di Comunità è procurare il più stretto compimento di tutti i doveri dei Figli: il compimento dei voti, l’inviolabilità del Radio di Stabilità e clausura, l’osservanza degli obblighi individuali e lavori fidati alla Comunità, sia di Tavola o di Opere di Cafh, ed il più perfetto svolgimento dell’osservanza.
Formi il Superiore ai Figli nello spirito d’obbedienza. L’obbedienza la compie non solo il Figlio per mandato bensì egli deve praticare la relativa obbedienza del mandato che s’adegua alle necessità delle circostanze ed alle intenzioni del mandato.
Il Superiore di Comunità è il custode dei tesori della Comunità, cioè, il Regolamento, il Metodo, il Cerimoniale, l’Interpretazione e l’ordine emanate dal Cavaliere Gran Maestro.
Il Superiore di Comunità consegna settimanalmente al Superiore Delegato l’informazione sulla sua Comunità, che deve essere rimessa al Cavaliere Gran Maestro.
Questa relazione deve essere un riflesso fedele dei Figli, dove le virtù, i lavori, gli ostacoli, le malattie ed ogni fallo devono essere scrupolosamente registrate e niente deve rimanere nascosto o scapitato agli occhi del Cavaliere Gran Maestro.
Il Superiore di Comunità detti l’ordine del giorno, avvisi i cambiamenti ad effettuarsi e comunichi i lavori a realizzarsi, stando tutti riuniti, nell’ora del saluto, al pomeriggio, affinché non ci siano malintesi ed inconvenienti d’ultimo momento.
La missione più delicata del Superiore di Comunità è la correzione dei falli poiché con ogni Figlio è indispensabile un metodo speciale per condurlo al perfetto compimento dei suoi voti perché alcuni rispondono più all’osservazione amorosa ed altri hanno bisogno di rigore.
Quando il Superiore di Comunità nota alcun fallo dovrà innanzitutto osservarsi a sé stesso per vedere se egli stesso non è la causa di quello male ed aumentare lo spirito d’osservanza rispetto a quella questione. Quindi, dovrà notare in termini generali nell’ora del saluto. Se ciò non desse risultato dovrà correggere direttamente al Figlio e, se non riuscisse successo, insistere con tutti i mezzi del suo amore e della sua autorità.
Se qualche Figlio commettesse un fallo grave, rimetterà il caso al Superiore Delegato affinché si prendano le provvidenze corrispondenti.
La carità è indispensabili coi Figli che commettano falli, soprattutto coi Figli d’abitudini contrarie allo spirito della Comunità, ma tollerare il male sarebbe debolezza. Deve amare sempre al Figlio che commette un fallo ma odiare al male che commette.
In questi casi il Cavaliere Gran Maestro disporrà affinché questo Figlio non debba danneggiare agli altri e sia separato della Comunità.
Il Superiore di Comunità non permetta mai che i Figli rispondano alle osservazioni né che insistano su quello ch’è disposto od ordinato.
Il Superiore di Comunità sia specialmente accurato in concedere tutta la sua attenzione ai Figli tanto nelle sue necessità quanto nelle sue malattie, e dia le dispense necessarie; ma non conceda queste dispense in casi lievi o futili, né permetta che un Figlio converta la dispensa in abitudine.
Riceva in conferenza particolare a tutti i Figli quando la sollecitino ed, alla notte dopo il Silenzio Rigoroso, a quelli che hanno bisogno di lui, e non smetta per nessuna causa di dare la conferenza mensile ai Figli di Voti Solenni.
Se il Superiore di Comunità fosse anche Direttore di Seminario, la Conferenza particolare settimanale concessa ai Seminaristi la potrà soddisfare il Vice-direttore; ma il Superiore e Direttore dovrà ricevere ai Seminaristi una volta per mese.
Il Superiore di Comunità dispone, inoltre, di tutti i lavori ed obblighi dei suoi Figli a svolgere dentro del Raggio di Stabilità. Quando il Superiore di Comunità non abbia un carico diretto nell’Opera di Cafh, anche interviene direttamente e procura il buon svolgimento dell’Opera di Cafh fidata alla sua Comunità, soprattutto in assenza del Superiore Delegato.
Il Superiore di Comunità deve controllare tutto; i suoi occhi devono essere gli occhi di tutta la Casa e di ogni cosa; deve procurare che l’orologio della Divina Madre funzioni ininterrottamente, e tutti i Figli della sua Comunità devono essere una sola anima ed un solo cuore.
Il Superiore di Comunità faccia col suo esempio ed amore che tutti i Figli si fidino di lui e che non temano dimostrargli i suoi dubbi e problemi.
Non dimentichi che la Comunità è il tesoro che la Divina Madre gli ha fidato e che Ella gli chiederà stretto conto se il suo tesoro non si moltiplica in virtù e perfezione.
Il Superiore che è inviato ad una Comunità appena fondata dovrà essere un’anima ben fortificata perché i primi sette anni di fondazione d’una Comunità sono i più incerti e difficili come opera che deve stanziarsi e formare l’ambiente e lo spirito della nuova clausura. I dieci anni seguenti ai sette primi saranno di formazione e sviluppo integrale della Comunità, ed una Comunità sarà una roccia incommovibile dopo cinquanta anni dalla fondazione.
Insegnamento 4: Dignità dei Superiori
I figli vedranno nei Superiori l’Immagine della Divina Madre.
Veramente il Superiore non è né uomo né mogli bensì la Divina Madre che vive ed agisce per quello mezzo tra i Figli e questi devono rispettarli ed amarli come tale.
Il Regolamento già stabilisce come uno deve comportarsi coi Superiori ma inoltre è necessario adattarsi a quegli atti di venerazione che sono imposti con l’uso.
Quando un Superiore entra ad un luogo o dipendenza comune, tutti i presenti si alzano e fanno lo stesso quando egli si va.
I Figli non se alzano se, mentre un Superiore sta presente, entra un altro Superiore di minore categoria.
Alla mattina ed alla notte, stando tutta la Comunità riunita, si chiede al Superiore la benedizione al Superiore dicendo “Ci benedice”.
I Figli quando si trovano con un Superiore salutano col versetto che gli corrisponde e ricevono la benedizione.
Quando il Superiore, se è Cavaliere Gran Maestro, si assenta o ritorna alla Casa dopo una permanenza fuori dalla Comunità, i Figli che lo trovano gli chiedono la Benedizione Ired.
Nelle feste Tutta la Comunità chiede al Superiore la Benedizione Ired durante le feste. Quando la Benedizione si chiede in comune, è il Figlio ultimo in categoria nella Comunitá chi la sollecita.
La Benedizione Ired si chiede piegando il ginocchio sinistro e baciando l’anello di Voti Perpetui del Superiore mentre il Superiore tocca la testa del Figlio colla mano destra.
Solo i Cavalieri Maestri impartiscono la Benedizione Ired.
Quando i Figli stanno alla presenza dei Superiori staranno sempre in piedi fino a che questi li offrano sedersi.
Il rispetto ai Superiori non è solo un’attestazione che si rendi alla Divina Madre bensì una manifestazione da parte del Figlio della sua comprensione per il dono di potere comunicarsi personalmente coi Superiori.
Inoltre, ogni irriverenza o diffidenza verso il Superiore, per lieve che sia, è un tentativo furbesco ch’il mondo fa per ricuperare al Figlio che è fuggito da lui.
Se un Superiore arrivasse dal mondo alla Casa di Comunità solo si chiede la sua benedizione quando si presenta come tale o quando è presentato per il Superiore della Comunità.
Se un Figlio dovesse servirlo, unicamente chiederà la sua benedizione la prima ed ultima volta che lo vedi. Con tutti i Superiori si procederà della stessa forma.
La stessa contenenza di dignità del Figlio è un’attestazione di venerazione verso i suoi Superiori e verso la Divina Madre.
Quando cantino gli Inni sarà col tono dato e colle pause corrispondenti, unificando le voci tanto quanto sia possibile.
Riveriscano sempre i Figli, con totale solennità ed amore, l’immagine che rappresenta alla Divina Madre.
Quando i Figli riveriscono l’immagine della Divina Madre devono farlo con totale devozione nel centro della stanza.
La Divina Madre non risponde alla chiamata dell’immagine bensì alla chiamata dell’amore. Il Figlio, col suo devoto discorso, spiritualizza all’immagine, facendo di lei un ricettacolo della Divinità.
L’Immagine non è allora una forma morta: ha la vita data per la riverenza e la rinunzia del Figlio e santificata per la presenza reale della Divina Madre.
Quindi, soprattutto nella sala di preghiera, abbiano i Figli una compostezza perfetta. Seduti, in piedi o in posizione diamantina, devono rimanere immobili e colla spina dorsale eretta, non girando d’un lato all’altro. Qualunque cosa che succeda dovranno rimanere immobili come statue.
Quando I Figli entrino ad un Tempio, di qualunque religione o luogo venerato che sia, mantengano un atteggiamento di sommo rispetto, comportandosi riverentemente secondo l’abitudine di detto tempio o posto, e ricordando sempre le parole di Ramakrishna: “È conveniente inginocchiarsi dove altri si inginocchiarono perché dove altri si inginocchiarono, lì sta la presenza di Dio”.
I Superiori di Comunità, Assistenti, Direttori, Vice-Direttori e Direttori di Opere di Cafh non dureranno nello stesso carico più di due anni, ma potranno essere scelti per un altro carico, o per lo stesso carico in un’altra Comunità. Passati i due anni potranno essere rieletti. Questi cambiamenti si faranno per le feste di Natale.
Insegnamento 5: Il Superiore Assistente
Il nome di Assistente è assegnato al Figlio che svolge un carico determinato senza rappresentare direttamente al Cavaliere Gran Maestro.
I Superiori, Direttori, Vice-Direttori, eccetera, anche si chiamano Assistenti quando dipendono da un Superiore immediato che rappresenta direttamente al Cavaliere Gran Maestro.
In Comunità si designa col nome d’Assistente al Figlio che segue al Superiore in gerarchia e chi gli rappresenta quando sta assente o impedito, ed inoltre svolge certe funzioni permanenti come si indica più avanti.
È conveniente riassumere l’autorità ed i carichi in mani di pochi Figli, soprattutto nelle Comunità piccole. Altrimenti i Figli non sanno bene a chi devono ubbidire in primo luogo e, come ognuno ha il suo modo particolare di comandare e di vedere le cose, il compimento dell’obbedienza diventa gravoso e confuso.
Anche si procura che i carichi di Comunità corrispondano ai carichi di Tavola: così il Cavaliere Segretario è Superiore, il Cavaliere Caritatevole è Assistente, e così via.
Il carico di Assistente di Comunità è delicato e difficile e deve essere svolto con prudenza e buonsenso.
Quando il Superiore si assenta, anche per breve tempo, l’Assistente prende automaticamente il carico e gli rappresenta facendo eseguire già l’Osservanza e l’ordine impartita. In questo senso deve orientare sempre la sua autorità temporanea non solo al buon svolgimento della Comunità bensì al compimento delle intenzioni del Superiore senza cambiare niente né deviare leggermente le caratteristiche implicite di questo né impartire ordini che non siano di emergenza.
Sarebbe un Assistente imprudente e personale chi in assenza del Superiore ed avvalendosi della sua autorità temporanea voglia dare norme od orientazioni distinte a quelli già date o incanalate per il Superiore. La Comunità deve mantenere soprattutto il suo ritmo abituale.
La Volontà della Divina Madre non è quello che personalmente si crede meglio o peggio bensì quello che sia stabilito.
Tuttavia se l’Assistente, mentre sta in carico della Comunità, si trovasse di fronte ad un caso imprevisto che richieda immediata determinazione, prenderà su sé tutta la responsabilità facendosi carico della situazione e prendendo rapidamente le misure necessarie.
Quando l’Assistente sta assente della Comunità, il Figlio che gli segue in gerarchia prende il luogo dell’Assistente.
L’Assistente è sempre una fedele espressione della forma di organizzare e dirigere propria del Superiore ma allo stesso tempo è chi gli corregge e consiglia; nota privatamente quando il Superiore è accondiscendente con lo stretto compimento dell’Osservanza e gli fa notare i falli commessi per i Figli, che egli non abbia notato; come per esempio, quando la Comunità è riunita ed il Superiore è presente, gli fa notare alcuni falli o imprudenze commessi per i Figli, alzandosi ed osservando discretamente. Se il Superiore non fosse presente fa l’osservazione direttamente.
Nelle ore quando la Comunità è riunita, l’Assistente dirige le preghiere ed il canto in comune delle preghiere e procura che si mantenga il ritmo e la nota stabilita. La recitazione ed il canto delle preghiere è uno degli obblighi più importanti dei Figli e la sua espressione esterna segno dell’amore interiore ch’il Figlio professa alla Divina Madre. L’Assistente attendi affinché nelle ore di Lettura Spirituale tutti i Figli abbiano qualche lavoro manuale ad effettuare, vigila per avvertire ai Figli che si addormentano nell’ora di Meditazione ed affinché tutti mantengano le dovute posizioni.
Se nelle Riunioni o Preghiere succedesse qualcosa di improvviso od alcuna alterazione, per esempio un subitaneo malessere d’un Figlio, cercherà di rimediare o uscire dalla Sala di Riunione senza che la Comunità si agiti, cioè, disturbata per l’imprevisto.
L’Assistente cura che si realizzino regolarmente i turni dei Ritiri Mensili e delle Conferenze dei sabati, e che si scelgano con calma i temi e siano preparati debitamente. Inoltre mantiene un libro schedario col movimento della Comunità.
Quando il Superiore sta impedito, redige l’Informazione Settimanale al Cavaliere Gran Maestro.
Nelle Case dove ci sono Opere di Cafh, la cassa di fondi sta in mani del Direttore della stessa ed è controllata per il Superiore Delegato o per il Superiore, ma nelle Case di Comunità la cassa di fondi sta in cura dell’Assistente chi registra i conti d’entrate ed uscite. Il Superiore della Comunità e l’Assistente dovranno firmare il libro di cassa.
L’Assistente ordina i diversi Corsi d’Insegnamento che si devono dettare durante l’anno, guardandoli in un luogo conveniente e scegliendo i libri adeguati e gli attrezzi per lettura della Comunità.
L’Assistente procura che nei passatempi e vacanze mantengano conversazioni convenienti e spirituali e quando il Superiore ha avviato una conversazione deve procurare che i Figli non escano dalla stessa né che questa decada.
Quando c’è qualche Figlio di un’altra Comunità od ospite, l’Assistente fa gli onori della casa ed attendi affinché le visite si sentano comode e siano provvisti della cosa necessaria, così come anche dirige alcuna parola cortese ed attendi alcuna conversazione affinché essi si trovino come nella propria casa.
Così come il Cavaliere Gran Maestro Segretario è il Guardiano della Porta Santa di Cafh e della presenza del Cavaliere Gran Maestro, nella comunità l’Assistente è anche il guardiano dell’osservanza, del decoro e del buon svolgimento, ed in ogni momento è l’appoggio e l’aiuto del Superiore.
L’Assistente cura personalmente ai Figli malati e procura che questi abbiano l’attenzione necessaria. Quando c’è un Figlio con malattia cronica che abbia bisogno di speciale attenzione, un altro Figlio designato gli servirà specialmente.
Insegnamento 6: Qualità Pratiche dei Superiori
Il Superiore deve dirigere spiritualmente ai Figli che gli sono fidati, ma allo stesso tempo deve avere qualità pratiche per proporzionare il benessere alla sua Comunità.
Il Superiore deve essere capace, economico, intraprendente, dipendente ed abile, e possedere una buona dose di buonsenso.
Il Superiore capace sta in tutto, vedi tutto ed ha una soluzione per tutto. Egli conosce tutti i lavori e sa come questi si eseguono, dai più insignificanti fino a quelli di più importanza. Solo così le opere possono essere dirette. Il suo sguardo conoscitore deve essere sufficiente affinché tutto possa andare alla perfezione.
Il Superiore deve essere economico senza essere meschino poiché la quintessenza dell’Economia provvidenziale consiste in avere tutto quello ch’e necessario usando soltanto quello ch’e indispensabile.
Così come egli è saggio in Teologia ed Ascetica Mistica, anche sa tutto quello che si riferisce alla cucina, alla provvista, al panierino da lavoro, eccetera. Se non sa in che condizioni ed in che quantità stanno i commestibili nella provvista e non si preoccupa per la buona e sana alimentazione dei Figli, ha una Comunità povera di forze. E la forza fisica aiuta molto alla forza spirituale. Inoltre deve conoscere le necessità speciali di ognuno di essi e la capacità di resistenza.
Il Superiore deve essere intraprendente per potere risolvere con efficienza tutti i compiti e problemi della casa.
Quando una Comunità non è qualificata per provvedere al suo sostentamento, deve investigare per vedere dove sta il difetto rimediandolo o procurando ai Figli un nuovo mezzo di sussistenza.
Anche deve studiare la capacità peculiare di ogni Figlio affinché ognuno occupi il luogo dove possa svolgersi meglio.
Il Superiore è dipendente in tutto perché comandare in Caf è dovere ubbidire e dipendere da tutti.
Il Superiore si deve interamente alla Legge Divina che ha disposto la sua Comunità ed a quella deve rispondere strettamente; egli non fa mai quello che vuole bensì quello che è migliore per tutti. Egli dipende dai suoi voti, dei suoi Superiori, del Regolamento e dell’Interpretazione. Egli è realmente il padre dentro della Comunità ma anche il servitore di tutti. E per le sue necessità particolari deve dipendere dai Figli incaricati dalle varie dipendenze per essere un esempio in tutto.
Il Superiore deve avere soprattutto una buona dose di buonsenso. Questo è un dono quasi divino che si acquisisca a forza di colpi e anni d’esperienza. È il controllo ed il misuratore di tutti gli atti di governo.
Il Superiore pratico deve cercare di essere colto, educato e discreto.
Il Superiore ha il dovere di studiare e meditare sull’Insegnamento e su quelli Corsi che sono necessari per l’esatta conoscenza del posto assegnato. Neanche ha diritto ad intrattenersi in studi che sono del suo gusto personale bensì solo in quelli che deve conoscere bene.
Un Figlio domandò una volta ai suoi Superiori che studi gli permetterebbero di seguire e gli risponderanno: “Studi tutto quello che possa essere di utilità per le anime che ti furono fidate; il resto è conoscenza vana”.
Inoltre egli deve preoccuparsi affinché tutti i Figli abbiano l’Insegnamento adeguato e facilità per lo studio di quelle materie che completano il lavoro che essi svolgono.
Procurerà che nella Biblioteca della Comunità si trovino buoni libri spirituali e testi di materie delle specialità che si realizzano nella sua Comunità.
Il Superiore deve insegnare continuamente ai Figli una buona educazione, costituendosi egli stesso come esempio. La buona educazione dà al Figlio una presenza più degna e spirituale, e conquista il cuore degli altri Figli, di quelli che dipendono dalle Opere di Cafh e dalle persone con chi egli tratta. Il Superiore proscrive da sé e dai Figli le villanate, le facezie, le allusioni, i cattivi modali e tutto quello che possa essere spiacevole agli occhi degli altri.
Il Superiore deve essere sommamente discreto. Primieramente dovrà mettere una corazza sul suo cuore.
Per essere davvero discreto non formula preferenze né antipatie per nessun Figlio, né deve mostrare mai le sue debolezze sentimentali, soprattutto quando gli tolgono un Figlio prezioso.
Il Superiore discreto è misurato nelle correzioni, osservatore profondo degli stati d’animo dei Figli, non dà l’ordine con arroganza od ira e non aspetta mai una parola di comprensione o consolazione da parte dei Figli; non fa conoscere mai le proprie sue inclinazioni né debolezze.
Le qualità pratiche del Superiore devono allora centrarsi nella gran frase di Santa Teresa: “La testa nel cielo ed i piedi nella terra”.
Insegnamento 7: Il Direttore di Seminario
Il Direttore di Seminario è un’immagine viva dell’Osservanza e dei doveri della vita in Comunità.
Guidi con amore, comprensione, buonsenso e mano ferma alle giovani anime che entrino al Seminario poiché secondo com’il Figlio cominci nella vita di Comunità sarà il successo risultante della sua perfezione spirituale di Rinunzia.
Secondo un Figlio fa il suo Seminario, così sarà tutta la sua vita di Comunità. Il Direttore di Seminario non deve dimenticare che il Figlio fidato a lei lascia in quello momento tutti i possessi del mondo che fino allora erano tutti i suoi beni; ha appena lasciato alle sue abitudini, ai suoi parenti, ai suoi circoli ed ai suoi affetti, e si trova trasportato improvvisamente ad una gran solitudine dove si trova solo col suo Direttore, e questo, mentre allevia appena con una mano il dispiacere del Figlio arrivato, con l’altra comincia a lavorare in quell’anima che dovrà spogliarsi di tutto quello che porta con sé per fare di lei una nuova persona in ogni senso.
L’anima passa nell Seminario attraverso tutte le tappe della sua vita spirituale: purgative, della sua vita passata; illuminative, della sua vita presente, ed unitive, della sua vita futura, secondo Dio gli abbia preparato.
In quelli pochi mesi o anno, primieramente la vita del Figlio si torna supertesa, dopo superemozionale e finalmente riesce il rilassamento necessario ed indispensabile per la definitiva resa dell’anima a Dio.
Il Direttore deve partecipare obiettivamente a quelli stati ed a questi rapidi cambiamenti del Figlio fidato a lui ed adattarlo ad essi senza rotture; guida all’anima senza toccare all’anima, più con l’intenzione che con l’azione. Quando più tocchi ad una rosa, più se appassisce.
Il Direttore allontana gli ostacoli dal cammino del Figlio, fa che egli comprenda il valore immenso e sottile della vita di perfezione che ha abbracciato, cerca di aiutarlo ad adattarsi al cambiamento fondamentale, spirituale ed organico che si è effettuato nella sua vita, e gli porta a poco a poco al possesso del gran segreto della vita di Comunità: “Porta al Figlio verso la conquista d’una gran pazienza di fronte al tempo illusorio che fugge affrettatamente, il quale è un atteggiamento completamente sconosciuto dal mondo, e gli insegna a riuscire, mediante la ripetizione quotidiana delle stesse azioni esterne, la tendenza dell’espansiva durata interiore dell’Eternità”.
Inculca nella mente e nel cuore del Figlio le parole chiavi: silenzio, pazienza e rutina.
Il Direttore del Seminario è non solo l’immagine viva dell’Osservanza ma anche la stessa immagine della Divina Madre per i suoi Seminaristi: ciò che dica sarà legge, sarà formula sacra per essi.
Il Direttore insegnerà ai Figli le abitudini, modalità ed il nuovo comportamento a seguire. Non insegni improvvisamente tutto bensì faccia a poco a poco il lavoro ma senza interruzione; è importante che i Figli continuino a adeguarsi spontaneamente alla sua nuova vita e che quello che imparano lo compiano come un’abitudine di vita e non con uno sforzo mediante imposizione.
Appena il Figlio si va adattando alla Vita di Comunità, il Direttore di Seminario diventa più esigente e gli si sta imponendo maggiore disciplina in tutte le cose.
Allora la disciplina deve essere continuata, dura, ferrea; non può dimenticarsi che i Figli sono chiamati a compiere un’opera straordinaria, sia in Cafh o nel mondo, e questo richiede sacrifici cruenti e provi non comuni, e solo la disciplina dà la capacità di resistenza necessaria, alla quale soccombono quelli che non hanno l’abitudine di fare sempre il contrario alla comodità.
Il sostituto più efficiente della disciplina è l’abitudine dell’immobilità.
Gli occhi devono stare sempre bassi; il viso deve mostrarsi sempre tranquillo, l’aspetto deve essere sempre affabile. Le spalle, per stanche che stiano, non devono piegarsi mai né appoggiarsi sulle pareti o schienali dei sedili. E quando si alzano dal sedile devono farlo con un solo movimento.
Le mani devono rimanere immobili quando non si lavora, e quando si cammina devono stare sulle braccia crociate od occulte.
Come i Figli dovranno sparire come uomini per vivere come anime, nel Seminario, dopo avere fatto l’esame retrospettivo della sua vita, dimenticheranno completamente il passato. A tale fine non nomineranno mai né ai suoi parenti, né la città di dove provengono, né quello che facevano nel mondo; neanche diranno l’età che hanno. L’età cronologica cessa nel Seminario e solo contano gli anni dediti alla Divina Madre. Ugualmente, per sparire, devono escludere ogni notorietà esterna; quindi devono camminare sempre in silenzio, non devono muoversi di un lato ad un altro, né fare rumore, né battere porte, né camminare nel mezzo delle strade o dei corridori. La sua persona fisica deve dissolversi ancora e quello è più facile circondandosi di silenzio, d’insignificanza, scivolando lungo le pareti e cedendo sempre il passo a tutti.
Il Direttore di Seminario faccia che i Figli non conservino ricordi, lettere, fotografie di famiglia e oggetti cari. Non permetta che nessuno rida degli appena arrivati né che facciano notare i suoi aspetti rozzi o teste pelate.
Il Direttore è come la goccia d’acqua perforando la roccia, il suo lavoro non si trattiene mai. Insegna colla parola e con l’esempio, istruisce con amore, con dolcezza e con fermezza, e corregge continuamente.
Il Direttore di Seminario, come buon conoscitore delle anime, deve ispirare fiducia ai Seminaristi affinché gli aprano la sua anima. Ci sono Figli che tutto lo dicono; è sufficiente una parola, uno sguardo, un gesto affinché si avvicinino al Superiore e se comunichino intimamente, ma ci sono altre anime che hanno una gran difficoltà in comunicarsi ed arrivano a stati dolorosi per questa incapacità.
Bisogna considerare molto queste anime per forzarli, con amore e dolcezza, a darsi al Direttore.
Il Direttore deve mantenere ai Seminaristi completamente appartati della Comunità regolare, non perdendoli mai di vista affinché stiano sempre vicino a lui. Se è possibile si procuri che i Seminaristi siano completamente appartati del resto della Comunità: che abbiano dipartimenti separati, colle sue stanze, living e refettorio. Quando i Figli stanno nelle sue stanze particolari li visiti ed osservi il suo comportamento, ancora nelle ore di riposo.
Il Direttore, quando i Figli escono dal Seminario per andare ad effettuare qualche lavoro o ad imparare un mestiere, curi che il Figlio abbia solamente trattamento col Figlio destinato per insegnargli a lavorare.
Nei giorni di festa, quando i Seminaristi si riuniscano colla Comunità, li mantenga ugualmente vicino a lui e solo permetta che rispondano alle domande che sono loro dirette ma che non mantengano una conversazione.
Il Direttore di Seminario deve mostrare ai Figli i tesori della vita di Comunità. L’anima ignora le grazie e benedizioni che rinchiude la clausura d’Ordinazione e deve essere il Direttore quello che continui a scoprirli agli occhi del Figlio.
Innanzitutto gli scopre il tesoro del silenzio continuato. Quando quello gran silenzio comincia a penetrare nel Figlio facendo danneggio e producendolo dolore, gli avverti che è arrivata l’ora prima della pace che andrà seguita per molte altre ore di pace e di felicità interiore.
Il Direttore di Seminario insegna al Figlio il segreto della pazienza. Ogni uomo è creativo ma l’affanno e la fretta mangiano le energie che plasmano l’idea creativa: solo la pazienza che rinunzia al godimento di quell’ideato lascia che l’idea riposi nella sospensione e si trasformi in realtà.
Il Direttore insegna al Figlio il segreto della rutina. Nel Seminario, come continuano a passare i giorni ed incomincia il rilassamento interiore, una gran stanchezza esce da tutto l’organismo del Figlio, una stanchezza che più che psichica è fisica. Mediante la rutina, questa stanchezza continua a trasformare e fortificare all’anima ed è il principio del vero disprezzo verso il mondo e le sue irrealtà.
Il Direttore insegna al Figlio il segreto della fedeltà e della conquista del tempo espansivo. Il Figlio perde ogni sostegno, la sua vita è differente, il guanto è alla rovescia, nessuna cosa né spirituale né umana già gli dà gusto. È allora che il Direttore fa che il Figlio si appoggi sul suo niente; la sua rinunzia è la sua grandezza; il suo distacco è la sua fede; la sicurezza della sua piccolezza è la sua forza. La fedeltà del Figlio diventa allora inalterabile.
Il Direttore insegna al Figlio il segreto della perfetta obbedienza che lo tira fuori dalla cosa umana e lo fa vivere nella cosa divina; gli insegna il segreto della vera beatitudine che consiste in godersi con tutte le più piccole cose della vita, in dare valore a tutte le cose infime; gli insegna a non necessitare niente per riuscirlo tutto. Con l’obbedienza il Figlio cancella la preoccupazione e la sostituisce con una beatitudine permanente.
Il Direttore del Seminario deve dare ai Figli una conoscenza esatta della Dottrina e del Regolamento di Cafh affinché abbiano idee chiare al riguardo e non si allontanino da esse né sostengano idee sbagliate o distinte.
Il Direttore faccia che i Figli conoscano l’Interpretazione e gli obblighi dei Voti che emettono affinché li compiano, li amino e li vivano durante tutto il resto delle sue vite.
Insegnamento 8: I Superiori negli Esami Vocazionali
L’elezione delle vocazioni dei Figli per la vita di Comunità è uno dei compiti più difficili per i Superiori di Cafh. È come se la Divina Madre avvolgesse questi destini nel mistero più profondo affinché si possa dire che soltanto Ella conosce il segreto dell’anima ed il suo destino di svolgimento spirituale.
Si sono viste ad anime di gran capacità interna, di grandi voli spirituali, con spirito di preghiera, di sacrificio e di disinteresse che facevano sperare di esse un gran successo nella vita di Comunità e che tuttavia fallirono di pieno nella Comunità. Mentre si sono visti ad altre anime, senza grandi voli mistici e doni spirituali apparenti, adattarsi rapidamente alla vita di Comunità e risultare buoni Figli Ordinati.
I Superiori hanno adottato diversi metodi per assicurarsi che ci sia una possibilità di perseveranza nelle vocazioni di Ordinazione: buona preparazione, sperare prima della decisione un tempo prudenziale e certe prove fisiche e morali, ma nessun metodo è stato definitivo né sicuro perché rimane sempre l’incognita di come l’anima reagirà in contatto colla forza soprannaturale che anima alla Comunità di Ordinati.
Questo aumenta la responsabilità dei Superiori, tanto più quando questi sono i risultati dimostrati per l’esperienza. Sebbene i Figli Ordinati possano ritornare al mondo ed alle Tavole di Patrocinati e Solitari, questa esperienza ha dimostrato in quasi tutti i casi che nessuno tocca il fuoco divino dell’Ordinazione senza scottarsi un poco e che la maggioranza delle volte lascia nell’anima di quelli Figli una piaga che è sentimento di fallimento, di colpa, di fragilità.
Allora, come i Superiori non hanno mezzi comuni ed infallibili alla sua portata per discernere le vocazioni di Comunità, per l’elezione delle anime devono ricorrere a mezzi soprannaturali, divini; e questi mezzi sono la preghiera continuata durante un certo tempo e l’esame vocazionale.
Prima di proporre o accettare ad un Figlio per la Vita di Comunità, il Superiore, dopo avere soppesato tutti i requisiti umani –per esempio salute, disposizione, eredità, indipendenza, eccetera– ricorre alla preghiera impersonale. Tira fuori di sé tutti i fattori personali del Figlio –per esempio la simpatia o antipatia umana verso il Figlio che è sempre falsa, e le sue doti o qualità personali o svantaggi– e batte nel Cuore Celeste della Divina Madre affinché soltanto Ella disponga e guidi i passi di quello Figlio verso il suo destino spirituale. Solo dopo avere pregato così per un certo tempo si ammette al Figlio nell’esame vocazionale.
Questo esame deve essere effettuato in primo luogo per i Superiori delle Tavole e dopo per i Superiori delle Comunità di Ordinati.
Prima di chiedere l’ammissione al Seminario di Ordinazione, i Superiori devono sottomettere i Figli, durante un tempo prudenziale, ad un metodo di vita stretto e raccolto che, allo stesso tempo di costituire un’eccellente preparazione per le anime, anche mostrano se hanno le condizioni e disposizioni necessarie per perseverare nel Seminario.
L’esame deve essere stretto, severo, minuzioso; poi è il voto quello che decide definitivamente come se fosse la Voce della Divina Madre; non sia ch’il Cavaliere Gran Maestro disponesse altrimenti.
I Superiori devono esaminare la salute e la disposizione del Figlio. Le malattie contagiose, mentali o nervose ed i difetti fisici rilevanti escludono al Figlio della Comunità così come certe tare ereditarie della famiglia alla quale appartiene; sebbene ci siano malattie organiche che non ostacolano al Figlio il compimento dei doveri della vita di Comunità. Deve investigare la moralità della famiglia del Figlio: difficilmente si cancellano dell’anima i brutti esempi ricevuti nella casa quando bambino e si sono viste anime ancora buone che provengono di case non corrette: tardano ad adattarsi alla gran morale della vita di Comunità senza perseverare finalmente.
É molto importante analizzare le disposizioni di animo del Figlio. Troppo entusiasmo e fretta per ordinarsi, fantasie sull’elezione fatta, aspirazioni di grandi portate spirituali, sono sempre indizio di una vocazione insicura. Più convenienti sono i Figli pazienti nell’attesa, fermi nelle sue idee e convinzioni che non fanno sfoggio della sua vocazione che non si fanno illusioni sulla cosa facile della vita di Comunità e che sono stabili e fermi nei suoi sentimenti, allegri ed adattabili a tutto.
È anche molto importante conoscere la capacità del Figlio in tutti i suoi aspetti. È necessario esaminare la capacità di lavoro dei Figli che dovranno abbracciare uno stato dove il lavoro manuale è uno dei fondamenti della vita di Comunità poiché essi saranno operai poveri mediante opera e partecipazione vocazionale.
Se è possibile che abbiano già un mestiere e se non l’hanno che l’imparino prima di andare al Seminario. Che s’esamini la capacità intellettuale del Figlio dando molta importanza a questo, ma non si deve dare nessun valore alle pratiche mistiche, esercizi fisici e corsi specializzati in materie metafisiche che abbiano fatto o frequentato perché nel Seminario tutte quelle pratiche e conoscenze sono un impedimento poiché dovranno rimanere liberi di tutto quello, colla mente ed il cuore in bianco, perché solo devono sapere la conoscenza e la pratica della Rinunzia. Ma siano attenti i Superiori in verificare se i Figli conoscono la Dottrina di Cafh e se prestano intera adesione all’Idea Madre della Rinunzia.
I Superiori stiano attenti alla votazione e non si lascino influire per nessun fattore altrui al giudizio che li ispira la propria coscienza.
Se non c’è unanimità, il Figlio dovrà andare al Seminario per altri sei mesi, od avrà un’altra votazione. Ma il fattore consigliabile è l’unanimità.
Fattori fondamentali a rivedere sono: Si adattò facilmente il Figlio alla vita di Comunità? Ebbe alti e bassi? Ebbe tentazioni di ritornare al mondo? Se li ebbe, quanto tempo fa che non l’assalgono?
Oltre a questo, tutti i Superiori devono chiedere per le tenere anime che, inspirate per il fervore, hanno aspirazioni di Suprema Rinunzia.
Che la Divina Madre allontani dal suo cammino tutti gli ostacoli affinché arrivino alla meta, o cancelli in esse questo desiderio se non sono chiamate a compierlo! Ch’Ella faccia che queste anime, quando arrivino al Seminario e siano messe nelle mani degli Ordinati, abbiano l’esempio e la forza necessaria per riuscire il dono insostituibile della perseveranza!
Insegnino i Superiori alle anime che sono stati messe nelle sue mani a corrispondere alla grazia che hanno ricevuto perché questa è tanto immensa che nessuna voce umana può descriverla; è Dio stesso.
L’Ordinato di Comunità può trasformare al mondo ed a tutte le anime, nessuno nel mondo, per eminente che sia, ha una missione tanto straordinaria.
Insegnamento 9: Il Superiore e le Dispense
Il Superiore è quello che custodisce la Comunità e che fa compiere il Regolamento e l’Interpretazione.
Quindi una gran responsabilità ricade su lui e deve avere criterio e vera autorità per disporre in determinati casi.
È impossibile ch’il Regolamento e l’Interpretazione possano abbracciare tutti gli avvenimenti della vita di Comunità, specialmente gli imprevisti. Si presentano un’infinità di casi in cui il Superiore deve rispondere da solo, prendere una determinazione, e sapere come destreggiarsi in quello momento perché tutto sta nelle sue mani; tutta la Comunità dipende forse da quell’atto che non è previsto nel Regolamento.
Il Superiore determina quando sono necessarie le dispense al Regolamento.
Questa è una vera preoccupazione, un problema individuale per il Superiore perché non ci sono mai due casi uguali, le cose non stanno mai esattamente a determinare come l’Interpretazione dice. Allora, poiché ha quella responsabilità di dispense, deve avere alcune norme generali poiché non ha norme particolari per sapere come determinare ed orientare.
Per il Superiore la cosa desiderabile sarebbe che non fossero mai necessarie le dispense. Ma ci sono sempre casi imprevisti. Come non può prescindere dal carico umano per realizzare una missione divina, periodicamente si presentano i casi di dispensa.
Il Superiore deve tenere in conto che tutta la responsabilità della dispensa che non è specificata e dettagliata nell’Interpretazione cade direttamente su lui e che, davanti al Superiore che gli ha dato tale autorità dovrà rispondere verbalmente, ed alla Divina Madre dovrà rispondere con fatti.
La dispensa è qualcosa che allontana dall’istruzione generale dalla Divina Madre per il perfezionamento e santificazione dei Figli. Quindi la dispensa motivo sempre piuttosto indesiderabile sebbene si deva ricorrere ad essa.
Il Superiore deve avere due concetti. Uno, d’una gran carità ed un altro d’una gran vigilanza. Sempre si presentano questi casi: o ch’è troppo rigido e non dà la dispensa quando sarebbe necessario, o ch’è troppo soffice e concede troppe dispense che dopo possono trasformarsi in un’abitudine. Ogni dispensa che sia abitudine è non solo cattiva bensì base di ogni rovina e calamità.
Il Superiore non ha mai autorizzazione per dare una dispensa continuata. Nessuno ha autorità per dispensare al Figlio di quello che è stabilito. La dispensa è temporanea: una, due o tre volte ma niente più; abitualmente non può dispensarsi mai.
Hanno bisogno di dispensa i malati, quelli che non stanno bene di salute. Quando una persona è malata ha bisogno di tutto l’amore e carità, e ci sono malattie che si sa che necessitano che i Figli siano dispensati dalla vita comune durante un tempo.
Ma non cada in che, per un piccolo dolore si chieda abitualmente dispensa per malattia. La malattia, quando è grave, deve essere guarita; ma le malattie lievi si curano compiendo gli obblighi e doveri ai piedi della Madre. Non sia che per troppa comodità o per paura di perdere la salute si perdano quelli doni grandiosi che dà solo un’osservanza scrupolosa, perfetta.
Il Superiore desidera sempre fare tutto quello che sia possibile per il Figlio ma sa che, s’il Figlio ha un dolore nuovo tutti i giorni, finalmente essi dolori conducono sempre a non alzarsi all’ora ed a fuggire dai propri obblighi. Quindi, in questi casi deve essere rigido senza mancare di carità. Deve fare comprendere ai Figli che è nell’osservanza, compiendo i suoi sacri doveri, dove si mettono in contatto colla Gran Corrente.
Ci sono Figli che non hanno buona salute; non sono davvero malati ma hanno alcuna indisposizione che a volte devono sopportare tutta la vita. Con essi il Superiore deve avere un’attenzione speciale, soprattutto colle diete.
Ovviamente che sarebbe molto cattivo che tutti si ammalino ed abbiano bisogno di cibi speciali ma ci sono casi particolari nei quali bisogna dispensare l’astinenza e permettere di mangiare alcuna cosa in ore in cui è proibito. E potrebbe succedere ancora che un Figlio avesse bisogno di un riposo speciale.
Questo si deve fare sempre con criterio di vera necessità.
Esse dispense non ostacolano il compimento dei doveri dell’Ordinato; improprio sarebbe che si facciano abitudini di credersi con diritti speciali non compiendo i propri obblighi.
Non tolleri il Superiore colla sua autorità che un Figlio imponga la dispensa e dica: “Io non posso”.
È terribile dire “Io non posso fare... Io non posso andare...”. Se il Figlio si è messo in mani della Divina Madre che è rappresentata, per lui, nel Superiore, è affinché sia il Superiore chi dica: puoi o no, hai forza o no, sei atto o no.
Ancora nel lavoro manuale e tutti gli altri obblighi può avere Figli che procurino e cerchino dispense, cambiamento di lavoro e di responsabilità. Quello non deve succedere mai. L’occhio vigilante del Superiore deve sapere fino a dove il Figlio può dare, che cosa può o non può fare.
Con quell’autorità deve vigilare che si realizzino tutti gli obblighi per non ricaricare ai Figli. Non sia ch’il Superiore conti troppo sulla buona volontà d’un Figlio e gli permetta di lavorare e fare fuori delle ore di lavoro e si debiliti a poco a poco senza notarlo.
A volte si crede che un Figlio sia più forte di quello che è in realtà. Bisogna fare attenzione che quello non sia dovuto al fervore devozionale che porta al su-lavoro, e dopo debba pentirsi di non avere osservato le ore di riposo necessario in caso d’una malattia repentina.
Non si fidino i Superiori delle forze dei Figli.
Inoltre non dimentichino ch’il Figlio che da solo si sovraccarica di lavoro continua a perdere quell’energia generale; forse lavora in quello che non deve e dopo non compie nella cosa regolamentare.
I Superiori devono guardare molto distintamente questi aspetti, specialmente in Case che realizzano Opere di Cafh.
Dove c’è lavoro è facile perdere il don divino del compimento dell’Interpretazione. Il lavoro è una cosa magnifica ma a volte i Superiori, affinché tutto vada molto, bene trascurano il compimento dell’Interpretazione per il migliore compio del lavoro.
L’autorità deve dare la forza necessaria affinché il lavoro vada bene ma innanzitutto affinché l’Interpretazione si realizzi puntualmente.
I Figli flosci non devono avere troppe dispense. Se mostrano brutto viso al Superiore, il Superiore deve lasciare ed apparentemente non rendersi conto che vede.
Succede allora ch’il Superiore incarica ai più osservanti ed umili il lavoro dei più flosci. Così si perde l’equilibrio. Credendo guidare alle anime crea disarmonia nell’insieme.
Il Superiore sia più rigido con quelli che trascurano sempre il compimento dei suoi doveri e sia brandisco con quelli che vogliono dare tutto di sé affinché alcuni si stimolino e gli altri non si esauriscano prima di tempo.
Nelle case di lavoro è molto facile perdere l’ordine ed il ritmo della Santa Ordinazione. I Figli devono essere molto scrupolosi in non togliere il minuto ai suoi doveri per mantenere la pace nel ritmo dell’osservanza.
Quando devono avere un trattamento con persone strane alla Comunità conservino strettamente la clausura e, senza essere scortesi, non perdano tempo in complimenti.
L’abitudine di arrivare tardi all’osservanza, di parlare in ora di Silenzio Rigoroso e di trattare eccessivamente persone del mondo rilassa rapidamente l’Osservanza.
Nelle Comunità ubicate in luoghi dove oscura più presto, il Superiore anticipi l’orario mezz’ora od un’ora.
Il vero Ordinato deve aborrire le dispense ma deve sopportare pazientemente quando queste sono indispensabili.
I Figli devono domandarsi: “È necessario questo permesso che io debba chiedere?”. Il Figlio più perfetto aspetta a ch’il Superiore veda la necessità ed egli non è chi chiede la dispensa.
Con gli anni la dispensa si trasforma in un’abitudine incurabile.
Quando il Figlio di Comunità va bene non ha bisogno di dispensa. Non parla della dispensa per malattia. Se per forza dell’Opera ha alcuna dispensa permanente deve ricordare ogni volta che quella non é normale e che l’Interpretazione dispone un’altra cosa.
Insegnamento 10: Il Superiore Guardiano dell’Osservanza
I Superiori sono guardiani dell’Osservanza.
Superiori devono insegnare ai Figli questa verità: che l’Osservanza è l’essenza esterna del Voto di Rinunzia ed il segno indelebile dell’elezione di una missione soprannaturale.
L’Osservanza è Messaggio di Rinunzia.
Il Figlio perseverante non perirà: egli vive l’Ora Eterna.
La forza potenziale data dalla Divina Madre ai Figli, che si espande sul mondo per la sua salvazione, non può essere effettiva senza lo sforzo continuato datto dall’osservanza.
La libertà esteriore degli uomini accresce alla sua personalità; quella personalità accresciuta è una forza di salvazione sprecata. Ma la vita dell’Ordinato, di sacrificio e di apparente mancanza di libertà, libera del giogo di stare sempre anelando la libertà individuale e, soprattutto, dà la libertà sensitiva. La parte sensitiva ha bisogno sempre dell’alimento di forze vive per l’individuo.
La libertà interiore dell’Ordinato permette che le sue forze si rovescino su tutti gli uomini. L’Ordinato non spende niente: né psichicamente né spiritualmente. Egli vive dalla Rinunzia, dalla vita della Divina Madre.
L’osservanza, che è vita di completa rinunzia, elimina tutta la cosa umana, sensitiva e mentale, e fa dal Figlio unicamente un foco spirituale.
I Superiori fanno compiere l’Osservanza facendo che i Figli l’amino e che la Comunità sia un’unità, una forza unica, un blocco granitico.
Nella Comunità non possono avere due idee sull’Osservanza, o due modi distinti di compierla o divergenze sulla stessa tra i Figli.
L’Osservanza è l’atto più eccellente dei Figli e può essere compiuta solamente di uno stesso modo, con una sola intenzione, perfettamente.
Lo svolgimento della vita di Comunità, sempre tanto uguale ed unito, fa che tutti gli atti caratteristici dei Figli siano notati e conosciuti per tutti, ancora i più piccoli ed insignificanti. I Superiori devono fare sparire quelle piccole differenze che si manifestano nei distinti modi camminare, muoversi, sedersi e mangiare, di ridere, parlare ed esprimersi, eccetera, affinché tutti agiscano da uno stesso modo, non ci sia differenza d’un Figlio ad un altro, e nessuno possa distinguere in lui la sua posizione ed abitudini anteriori bensì appaia solamente l’Ordinato. Tutti i Figli Ordinati spariscono come parti e sono solo visibili come unità.
Il Figlio deve compiere di tale modo l’Osservanza che finalmente non si renda conto che lo fa: è piuttosto naturale in lui; non potrebbe essere altrimenti. Il Figlio è l’osservanza stessa.
L’osservanza deve essere tanto perfetta che quando l’obbedienza tira fuori dalla stessa deve sentire la stessa felicità che quando se la realizza.
I doni molto straordinari sono meravigliosi, ma la perfetta osservanza solo porta sicuramente alla perseveranza finale.
I Superiori danno le penitenze corrispondenti all’osservante deficiente od a quello che commette errori abituali; la penitenza deve essere severa.
Il Superiore vigila affinché i Figli lascino tutte le sue abitudini, ancora i migliori, per acquisire solo la modalità della Comunità ed insegna che questa unificazione fa facile il compimento dell’Osservanza e la trasforma in un’espressione naturale del modo di vivere ed agire dai Figli Ordinati.
Vigilino i Superiori affinché i Figli non ricevano niente di fuori senza l’autorizzazione del Superiore: né lettere, né informazioni, né regali, né compri; questo sarebbe un grave fallo. Neanche devono cambiare niente tra sé: né regali, né prestarsi denaro della sovvenzione, né cambiarsi i vestiti tra essi.
I Figli devono accontentarsi con quello che è dato per Natale e devono conservarlo accuratamente.
Non si sentono sulla cappa o il velo né li striscino per terra. Non macchino né danneggino la cappa o il velo; devono curarli eccessivamente perché non è un indumento umano bensì della Divina Madre e come tale deve essere stimato e venerato per i Figli.
Le Figlie non tirino indietro la cuffia; quando più stringa meglio sarà; le fantasie rimarranno soggette.
I Figli usino sempre camicie di maniche lunghe; le maniche corte si usano in alcune Comunità con dispensa speciale dal Cavaliere Gran Maestro.
Il Superiore deve fare che i Figli diano una gran importanza al colpo di campana. Il Figlio deve lasciare immediatamente ancora quello che sta facendo, se è un’opera di carità, essendo sicuro che qualcuno completerà la sua opera; colla differenza che se avesse trascurato l’osservanza per la carità sarebbe un atto della sua perfezione mentre così sarà un atto di perfezione impersonale, divino.
La rutina dell’orario è difficile fino a ch’il Figlio scopre che la rutina è come la perfezione stessa e non ammette interruzioni.
I Figli e le Figlie di voti solenni avranno una sola cappa od un solo velo. I Figli di voti perpetui avranno due cappe o veli.
Insegnamento 11: Il Superiore Insegnante della Dottrina
È necessario che i Figli di Cafh, soprattutto i Figli Ordinati di Comunità, abbiano un’idea chiara sulla dottrina di Cafh. Non deve sapersi solo se i Figli possono sintetizzarla in un modo generico.
È molto comune che i Figli espongano dottrine che, sebbene siano buone ed accettate per grandi settori dell’Umanità, non sono la dottrina di Cafh.
È necessario avere poche idee ma chiare.
I Figli devono ubicarsi dentro dell’orientazione mistica di Cafh che sta fuori dei quadri generali religiosi, teologici, dottrinari ed escatologici delle distinte religioni.
L’uomo non ha alla sua portata un altro mezzo di comunicazione diretta colla Verità Divina fuori della sua predisposizione ed esperienza. Questa predisposizione e q questa esperienza dell’anima, trasmesse attraverso le generazioni, sono la Rivelazione e la Tradizione.
La Rivelazione delle religioni esistenti nel mondo nei suoi principi divini è unica e vera. Ma dopo queste religioni e tutti i credi imposti per le religioni come le sue dottrine corrispondenti affermano che esse sole sono universali.
Ma le religioni non sono universali bensì parziali; ognuna abbraccia un settore determinato dell’Umanità. Tutte le religioni hanno approssimativamente lo stesso numero di fedeli. Nessuna è universale, nessun abbraccia a tutta l’Umanità; quindi solo sono solamente proprietarie d’una parte della Verità.
Ma se la Provvidenza ed il Piano Cosmico Divino hanno disposto che si sviluppino ed adattino ai paesi ed agli esseri che li abitano, vuole dire che queste religioni sono messaggere della Rivelazione e che hanno una Tradizione che sale all’origine della razza.
In essenza i dogmi e dottrine delle religioni concordano nei fondamenti e le divergenze esistenti si relazionano a suoi Misteri che sono insolubili.
Tutte le religioni emanano dalla Religione Universale che è quella che dirige la razza dall’inizio. La Tradizione e la Rivelazione delle religioni furono la Rivelazione trasmessa originariamente per i Divini Istruttori della razza: sono l’immagine dell’Idea Madre e indicavano il lavoro che l'essere doveva sviluppare sulla terra e la conoscenza dai mezzi soprannaturali alla sua portata per realizzarla.
È piuttosto fondamentale la credenza del Figlio in Dio come principio del Cosmo. Se si dice ch’il principio fondamentale dell’Universo ha emanato totalmente di sé stesso, o che Dio creò tutte le cose dal niente si osserva solamente la Manifestazione Divina da due angoli distinti ma altrettanto veri.
È importante credere in Dio trascendente come origine immutabile, sconosciuta ed immanente, come essenza e motore di tutta la Creazione.
Dire che Dio ha un aspetto determinato o dire che non ha un aspetto, piuttosto dipende dall’inclinazione o dell’educazione ricevuta ma la base fondamentale rimane intatta.
L’uomo deve riconoscere che soltanto come fu messo sulla terra, di fronte all’Umanità ed al Cosmo, colla sua ragione e colla sua capacità emozionale e comprensiva, non può abbracciare i misteri divini bensì solo può avere di essi un barlume attraverso uno stato intuitivo e mistico.
Cafh può chiamare grazia a questi risultati mistici ed intuitivi, e libero arbitrio allo sforzo per riuscire essi risultati.
Mediante l’impiego del libero arbitrio la mente può conoscere fino ad un punto sorprendente ma sempre limitato; ci sono cose che solo può captare e se lo fa è attraverso uno stato supercosciente, soprannaturale.
Nessun uomo ha visto a Dio né ha potuto spiegare l’immensità dell’Universo, bensì mediante analogie.
Per predisporre all’anima a questo stato mistico intuitivo è necessario l’aiuto di quelli che già conoscono e già hanno scalato già il Sentiero.
L’uomo abbraccia fino ad un punto ma dopo ha bisogno dell’aiuto; allora torna a riuscire mediante suoi mezzi e così via fino ad un altro punto. L’anima necessita l’Aiuto Divino, la partecipazione alla Vita Divina per mezzo della Divina Incarnazione, della protezione e dell’Insegnamento dei Maestri.
Esistono nel mondo le forze del bene e del male che spariscono quando l’essere ha raggiunto uno stato di superamento. Ma nel mondo egli deve lottare col bene e con il male.
Alcune religioni hanno separato il bene dal male con un taglio: la materia è la cosa cattiva e lo spirito è la cosa buona. Ma questo punto di vista è insostenibile. Tutto è divenire.
L’uomo raggiunge la liberazione attraverso il Sentiero; non attraverso il sentiero dogmatico, la rivelazione imposta o l’unità arbitraria bensì mediante lo sforzo ascetico mistico che porta all’anima alla sua liberazione.
Questo è il nesso di Cafh.
Cafh è un Sentiero Mistico, trascende fuori dei quadri stabiliti e realizza a Dio mediante la Mistica della Rinunzia.
Non ignora il valore dei dogmi e della Rivelazione ma riconosce che senza lo sforzo mistico nessuno potrà arrivare ad una liberazione.
Cafh insegna una dottrina universale, vuole dire, quella che sta fondamentalmente in tutte le religioni, e ha la sua Dottrina frutto della sua esperienza.
Le varie Teologie determinano la cosa giusta o ingiusta di determinate idee ma Cafh non si definisce, non impone una credenza; l’anima è libera; fino a che non si domina in sé una prova divina non può assicurarsi la verità d’una proposizione.
Né la dottrina della reincarnazione è affermata per l’Insegnamento di Cafh sebbene si supponga assolutamente logica.
La Dottrina immutabile di Cafh si stanzia sul valore della Mistica della Rinunzia e sullo sforzo dell’anima per la sua realizzazione interiore.
Alcuni affermano che l’anima è dalla stessa sostanza di Dio ma non Dio stesso. Altri dicono che l’anima è come Dio ed altri ancora che l’anima non esiste come tale bensì è un’analogia della Coscienza Cosmica.
Alcuni sostengono che un’anima che persiste nel male può perdersi come anima.
L’anima è dalla stessa sostanza di Dio ma non come Lui fino a che sia restituita totalmente alla Divinità; il suo stato di permanenza in Dio è Divino e quindi sconosciuto.
È vero che l’anima è un’analogia della Coscienza Cosmica poiché tutte le sue manifestazioni sono composte. Quello ch’è realmente in sé, nel suo semplice stato Divino, solamente per Dio ed in Dio può essere conosciuto.
Se si riconosce che nessuna religione è universale, bisogna credere che tutte, quando arrivano al punto più alto e sublime, siano vere. Sono essenziali quando formano anime grandi, cioè, quando sviluppano una mistica: la mistica è l’unica vera realizzazione di Dio sulla terra. I sacramenti, la liturgia, le cerimonie magiche psicologiche, aiutano all’anima ma non salvano all’anima.
Nessuna religione può salvare all’anima umana bensì la partecipazione di questa alla sua propria salvazione.
È indispensabile la partecipazione dell’anima, mediante grazia e libero arbitrio, all’Anima del Cosmo (Dio, la Divina Madre) alla vita della Divina Incarnazione ed ai Maestri che guidano all’Umanità.
Tutte le anime saranno finalmente salvate.
Molti aspettano alla nuova religione. Se fosse così, questa non sarebbe più che una religione nuova che verrebbe a sommarsi alle altre.
La vera religione è la sublimazione delle religioni, la realizzazione delle anime privilegiate da tutti i settori del mondo; la tradizione lasciata a seguito d’avere raggiunto la Realizzazione o la Liberazione.
La Dottrina deve essere amata intensamente e tesoreggiata nel cuore; ponderata molto e riconosciuta come l’unica che può dare la salvazione.
I Figli non siano amanti di divinazioni o giochi che predicono la fortuna; la sorte dell’Ordinato già è tratta e non deve sapere più su lui.
Insegnamento 12: Il Superiore e lo Spirito Interiore dell’Ordinato
Lo spirito dell’Osservanza deve formare nella Comunità come un blocco granitico nel che l’attività, le modalità tutto quello che è esteriormente espressivo dell’Ordinato siano una cosa unica. Ma questa unione esterna deve andare accompagnata dall’unione interna.
L’unione interiore d’una Comunità si riesce per mezzo dell’armonia delle anime; è quello sentimento interiore che fa da tutte esse un’unità. Questo è uno stato piuttosto difficile da comprendere ed acquisire perché l’armonia interiore delle anime consacrate non si riesce mediante condiscendenza, simpatia od un modo d’essere bensì si riesce, nella vita spirituale e consacrata dell’Ordinato di Comunità per mezzo dell’assoluta fedeltà alla vocazione ed ai Voti.
Tutti i Figli sono buoni ed osservanti, e compiono ancora spiritualmente tutti i doveri della sua vocazione. Ma la fedeltà tra la Divina Madre ed il Figlio consacrato è piuttosto assoluta, unica, segreta ed intima nel segreto dell’anima; e questa fedele intimità ed amore tra la Divina Madre e l’anima procura la vera unione delle anime di Comunità.
Ma sebbene il Figlio viva l’Ora Eterna per mezzo della sua vocazione spirituale ed dei suoi Voti, egli è un essere divino avvolto in paramenti umani, sottomesso a reazioni spirituali fisico-chimiche ed ad avvenimenti esterni imprevisti che fanno difficile mantenere quella fedeltà interiore.
L’uomo è sottomesso al tempo ch’è il fattore più terribile che deva vincere per mantenersi dentro della sua amorosa stabilità.
Quindi bisogna essere molto cauto e vigilante per mantenere una fedeltà interamente divina, superspirituale, supermentale e supermotiva.
Il tempo passa, si dissolve l’entusiasmo che fa vedere facili tutte le cose, ed i nemici dalla fedeltà cominciano ad agire.
I due nemici principali della fedeltà sono la fantasia ed il sentimentalismo.
Come la vocazione dell’Ordinato necessita una supermentalità, un supersentimento, la natura umana si infiamma più con lui; la fantasia cerca di impadronirsi dalla sua mente ed il sentimentalismo dal cuore. La fantasia sempre comincia ad agire primieramente.
Fa a poco a poco il suo lavoro perché il tempo è il suo gran alleato.
Passano i primi entusiasmi esterni, l’euforia propria della nuova vita e, attraverso il tempo, si fa l’abitudine. L’attenzione che fu tesa nei primi anni perché doveva adeguarsi a tutto, non avendo già quella gran preoccupazione, comincia a lasciare filtrare alcuna cosa. E sempre quelle piccole cose sono tenui, leggere ed innocenti. Vengono nel tempo dall’aridità, nel momento in cui l’essere spirituale è piuttosto al buio.
Sono a volte immagini reali ed a volte fittizie del mondo. Povero del Figlio che lascia che quelle immagini penetrino in lui.
La fantasia è un serpente che striscia a poco a poco; un’immagine della vita passata, un ricordo, l’espressione visuale di qualcosa che si desidererebbe vedere. Tutto questo attraversa la mente del povero Figlio, malgrado compia tutto. Ma la sua fedeltà interna non è oramai completa, assoluta.
La fantasia fa vedere tutto di colore di rosa; quello passato che forse fu oscuro si presenta con alcune luci completamente irreali.
Benché l’anima compia esteriormente i suoi doveri, interiormente non è centrata nei suoi obblighi, non abita nella cosa intima del suo cuore, lì dove il Divina Madre regna.
Il sentimentalismo è l’altro gran nemico della fedeltà.
La vocazione dell’Ordinato è divina; egli è morto in relazione al mondo; se il suo Voto è vero, niente del passato esiste.
Tuttavia il sentimentalismo è lento ma persistente ed a volte si impadronisce di tutto il cuore se l’anima non sta interamente consacrata.
Il sentimentalismo si orienta verso i lacci di sangue.
Dio dice che tutti gli esseri umani devono compiere la sua amorosa obbedienza e sottomissione ai genitori che gli hanno dato la vita.
Ma dopo, il Divino Maestro dice all’anima: “Lascia tutto e segui me”.
Quando dice la prima questione parla all’uomo, ma quando dice la seconda parla esclusivamente alle anime devote ed elette.
Se un’anima di vocazione ha contrarietà nella sua casa per compiere la sua vocazione deve prenderlo come una prova e vincerla; ma se non ha vocazione sta commettendo una cattiva azione facendo soffrire ai suoi parenti.
Se è chiamata per Dio, deve morire al mondo, al sangue ed alla morte, e non ha rimedio. Quando arriva il momento della morte, pianga chi pianga, bisogna darsi alla morte.
L’anima consacrata muore al mondo. Ha compiuto tutto; la Divina Madre fortifica al cuore ed al pensiero, marca la rotta della sua vocazione con grandi dolori, rompendo tutti i lacci che lasciò nel mondo.
Il Figlio ha scelto volontariamente la sua vocazione, la sua vita: egli si è reso. I lacci di sangue non saranno mai quelli che furono prima; i lacci Divini soltanto contano.
Ma il sentimentalismo fa un lavoro molto nascosto; appare a poco a poco.
A volte l’anima né si rende conto di quello che passa in lei. È molto amante della vita di Comunità ma lascia che il sentimentalismo cammini interiormente. Sorgono in lei desideri di visite, di conversazione e di notizie su quello che accade nelle dimore del mondo.
Torna a legare i lacci che già ha rotto. Ha lasciato al mondo, ha pianto e rassegnato molto e, tuttavia, silenziosamente, continua a tendere un nuovo ponte come se volesse ritornare, stare nella Santa Casa e nelle case del mondo: rompere la mistica clausura interiore.
Ed arriva allora il momento in cui ha il cuore chiuso; non palpita oramai per la Divina Madre. Tutto il suo essere è di Lei meno la cella segreta, interiore, l’unica che la Divina Madre vuole.
La fedeltà non è perfetta, assoluta; non si arriva alla comprensione sublime della vocazione se non si lascia che i morti seppelliscano ai morti.
Quando si lascia penetrare nell’anima agli elementi umani, l’armonia si rompe, il vincolo diminuisce. Dà l’impressione che ci sono vari difetti d’anima, vari stati di progresso; c’è differenza tra un Figlio ed un altro.
Tutto questo si prodursi perché si sono aperti le porte al sentimentalismo.
L’anima consacrata riesce la divina armonia solamente quando ascolta la voce silenziosa che è un amore immacolato, una comprensione segreta. Ma se entrano in lei correnti strane, questo diminuisce e sparisce perché l’anima non si mantiene nel suo livello supermentale, spirituale.
All’anima consacrata non deve sentire, pensare e vedere come gli esseri del mondo perché il suo amore deve moltiplicarsi, il sentimento deve essere interamente impersonale.
L’Osservanza esterna e la fedeltà interna assoluta ai Voti danno una stabilità armonica di vita spirituale che moltiplica la forza dell’anima fino ad un punto sovraumano.
Un solo uomo può salvare all’Umanità.
L’anima fa tutto questo se mantiene quello laccio stretto tra lei e la Divina Madre.
La disciplina esterna non è niente se non va spinta per quella fedeltà intima che tira fuori tutto dall’interiore: non c’è affetto che possa rimanere nell’anima. Sebbene possa agire solamente nella terra come essere umano, possiede mezzi divini, salvatori.
I Superiori siano sempre cauti affinché i Figli mantengano intatta la fedeltà interna come nel giorno dei suoi sponsali dell’amore; sappiano difenderla tenacemente, perché quello che non è cattivo per il mondo è cattivo per le anime consacrate che hanno lasciato tutto all’effetto di vivere la vita spirituale.
Insegnamento 13: Il Superiore nei Passatempi e Vacanze
Il Superiore deve essere non solamente chi fa osservare il Regolamento, l’Interpretazione e l’ordine del Cavaliere Gran Maestro bensì soprattutto è il fratello ed il compagno dei Figli. Quindi, dove più gli risulta difficile la sua missione è in quegli atti di Comunità in cui i Figli sono soggetti al suo libero arbitrio.
Dirigere bene i passatempi e le vacanze è cosa dei Superiori e dei Direttori.
È nei passatempi, quando tutti stanno insieme, dove nascono alcune simpatie ed antipatie e sorgono le imperfezioni e piccoli difetti dai Figli. Allora, se il Superiore non è molto cauto, il passatempo, invece d'essere una sana espressione di felicità dei Figli, diventa piuttosto scomodo ed anche pesante.
Se alcuna volta si osserva che alcuni Figli rimangono silenziosi, tristi o con espressione di dispiacere, vuole dire che si è permesso che esista alcuna frizione, o che si è lasciato che alcuno mantenesse troppo insistentemente un’opinione all’essere contraddetto, o che un altro ha fatto notare che un Figlio si è espresso impropriamente.
Tutte queste cose stanno nella mano del Superiore; solamente egli può trasformare la vacanza, il passatempo.
Certe dame della società hanno un’arte speciale per mantenere bene i suoi invitati. Sanno molto bene deviare una conversazione che può essere spiacevole per uno dei suoi invitati, cercano di non toccare un punto quando sanno ci sono persone che non desiderano che si tocchi. Alcune sono maestre; mantengono la conversazione, non lasciano che l’ambiente diventi pesante. E quello accade molte volte nelle vacanze, quando viene una stanchezza fisica c’è un certo decadimento e già non c’è espansione.
Un buon Superiore deve avere tatto, prevedere quello che succede e cercare di mantenere la conversazione affinché tutto sia gradevole e di buoni risultati.
Alcuni Superiori desiderano che i Figli parlino solamente di cose spirituali.
Questo è magnifico; ma alcuni capiscono che quello è pensare troppo e fa affaticare più invece di fare riposare alla mente. Lo stesso tema crea stanchezza invece di espansione.
Parlare di cose spirituali è dare brillo a tutte le cose. Si può parlare d’una pianta e creare una conversazione spirituale.
Non è necessario parlare sempre dello stesso tema. È buono cambiare tema nella conversazione. Un’acutezza, una divagazione, non sta di più; diverti molto e non stona con la conversazione spirituale.
Naturalmente non bisogna cadere nell’altro estremo con frasi audaci, affinché la conversazione non degeneri in una conversazione mondana e non prenda un ritmo troppo lontano dalla vera missione dell’Ordinato che deve esprimersi in ogni momento e che si riflette più dove si tiene più libertà.
Il Superiore deve sapere il punto floscio d’ognuno perché a alcuni li piace parlare su certe cose che non sono convenienti, per esempio parlare sulle sue possibilità, sulla propria persona e su sé tessi. Devono essere deviati perché creano discussione, stancano, fomentano frizione e malessere, ed anche possono causare alcune divergenze benché i Figli non le esprimano.
La vacanza deve essere divertente. Bisogna fare che ci siano cambiamenti e che si mantenga sempre lo spirito elevato, in sana allegria, in espansione.
È buono che se i Figli sanno recitare dicano alcuno carina poesia, quello che legge bene che legga un capitolo di un libro; possono farsi concorsi di conversazione. Il Superiore deve sapere chi è capace di fare quello.
Soprattutto bisogna scegliere temi vari e sapere cercare l’aspetto spirituale in forma naturale, spontanea.
Il Superiore può scegliere piccoli temi e distribuirli tra quelli che si trovano disposti a esporli nelle vacanze. Quindi i commenti servono per stimolare ai Figli, allo stesso tempo che per spiegare e correggere, e così i Figli imparano a parlare non solo sulla mortificazione e sull’osservanza bensì su temi generali e vari.
Mediante queste pratiche può vedersi, a volte, sorgere piccole rivalità. Anche un Figlio può dire ogni volta che così non serve a niente; vuole dire ch’e piuttosto geloso od offeso, e non deve essere obbligato a parlare bensì stimolarlo affinché lo faccia per sé stesso.
Nei passatempi e vacanze si conosce molto alle anime, soprattutto le sue parti negative. Il Superiore deve essere molto cauto perché alcuni sono molto difficili da scoprire; ma la parte umana sempre appare finalmente.
Ci sono Figli che sono eccessivamente umili nella conversazione; vogliono essere piccoli ed occupare l’ultimo luogo; non vogliono manifestarsi all’effetto di non cadere nella superbia. Il Superiore deve vigilare specialmente a questi Figli; se sono davvero umili, le osservazioni non saranno nocive e comprenderanno rapidamente dove falliscono.
Ci sono Figli che parlano troppo, ed altri fanno molte domande. Questi Figli, soprattutto se siano giovani, desiderano imparare; domandano con amore; tutto lo vogliono sapere dal Superiore. Quello sta bene mentre si sta nell’intimità della Comunità ma se si comportassero così con altri Figli non Ordinati, potrebbero fare credere che non sono educati nel vero senso di raccoglimento e serenità interna.
A quelli che domandano molto il Superiore risponde una domanda e scarta nove; a volte risponde molto ed a volte niente.
Potrebbe essere che ci fossero Figli che vogliano dare consiglio al Superiore; che continuamente dicessero: “Che bene sta la nostra Osservanza, ma se si facesse come in tale istituto, come l’altra persona, starebbe come molto bene.”
Liberi la Divina Madre alla Comunità da tali Figli! Sono spiriti poco adattabili allo spirito dell’Ordinazione; vogliono dare consiglio ed esporre la sua opinione su tutte le cose.
Il Superiore può essere accondiscendente in quello che non è fondamentale ma nella cosa stabilita deve essere categorico.
Nei passatempi non bisogna correggere con durezza bensì farlo con amore: mantenere lo spirito di cameratismo, evitare le discrepanze verbali affinché il passatempo si trasformi in un momento gradevole. I Figli devono desiderare il passatempo per esporre e fare scambio d’idee.
Le espressioni spirituali non sono soltanto quelle che parlano sulla Divina Madre bensì quelle che sanno abbellire le cose innocenti della vita.
Non bisogna obbligare a quelli che non vogliano parlare bensì dire quello che sorge. Procurino i Figli fare sempre qualcosa per i compagni che risultano antipatici affinché questi credano che simpatizzino con essi.
I Figli non usino soprannomi e facciano sempre essere chiamati col nome col quale hanno emesso i suoi Voti, né firmino altrimenti i suoi scritti.
Il Superiore non permetta che nei passatempi si parli con leggerezza della vocazione, bensì col dovuto rispetto.
Non abituino i Figli inviare telegrammi negli anniversari di famiglia o di conosciuti né fare regali.
I Figli non facciano commenti, nei passatempi, sul lavoro effettuato durante il giorno né abbiano espressioni che possano sembrare correttive per altri Figli; su tutto quello deve essere informato il Superiore, avvertendolo nell’ora de salutazione, al pomeriggio.
Non facciano mai allusioni buone o male a Figli non perseveranti; questo è assenza di carità verso il Figlio che ha fallito nella prova.
Parlare fra due nei passatempi o vacanze in modo che gli altri rimangano esclusi dalla conversazione è assenza di carità e considerazione.
Nei giorni che l’Interpretazione considera festivi si concede vacanza ai Figli, cioè: dispensa da astinenza e silenzio alla tavola e dispensa dal lavoro manuale nel pomeriggio.
Il Superiore potrà concedere due o tre giorni di vacanza straordinaria, non più, per anno. Per esempio: il giorno del titolare della Casa, l’onomastico del Superiore, un gran avvenimento come i Voti Perpetui. Si capisce per vacanza straordinaria quando, indipendentemente delle dispense proprie di vacanza, è dispensa dall’osservanza del giorno. Anche, come l’Interpretazione dice, in quelli giorni si può uscire e fare passeggiate che durino tutto il giorno.
Ogni anno, per la festa di Natale, i Figli sorteggeranno alcune cartine che porteranno scritta una frase la quale servirà da tema di meditazione ed esercizio di virtù durante tutto l’anno.
Insegnamento 14: I Superiori ed i Figli che Lavorano nelle Opere
Nelle Case dove si lavora nelle opere di Cafh, i Superiori devono essere molto vigilanti non permettendo di essere influenzati per lo spirito del mondo.
Come alcuni Opere sono apparentemente identiche, nella sua forma esterna, ad altre che si eseguono nel mondo, esiste la tendenza a rovesciarsi nelle stesse forme collo spirito di che si farebbe un’opera naturale. Ma non solo quello spirito deve essere soprannaturale ma ancora esteriormente i Figli devono agire e svolgersi senza perdere una sola delle caratteristiche inerenti all’Ordinato di Comunità. Queste sono costituite per abitudini ed atti tanto semplici che sono di impossibile spiegazione ma che producano l’atmosfera soprannaturale che circonda sempre agli Ordinati.
Il fatto di dovere trattare a volte o abitualmente con esseri del mondo non giustifica mai un cambiamento di comportamento nel trattamento con essi.
L’Ordinato non smette mai d’essere L’Ordinato, tratti con chi tratti. Gli esseri strani alla Comunità devono sapere e avvertire quella differenza.
I Figli devono stremare sempre l’attenzione sul suo comportamento esterno perché esternamente quello che sono è il riflesso di quello che possono arrivare a fare com’Opera: un Figlio perfetto è dono sicuro d’un’Opera Divina.
I Superiori devono mantenere uno stretto controllo sui Figli che dirigono e lavorano per le Opere di Cafh, soprattutto quando questi devono mantenersi lontani dall’osservanza di Comunità.
Se risulta difficile non decadere nell’osservanza partecipando a tutti gli atti della Comunità, quanto più non assistendo all’atto comune per avere ai doveri spirituali sempre presenti.
Quando un Figlio, per alcuna necessità speciale, deve rimanere separato, si osserva in lei, nella stessa misura della separazione, un incremento nel suo atteggiamento personale.
Questo non succederebbe in caso di stare sempre vigilante su quella tendenza.
Sebbene tutti i Figli abbiano la Rinunzia com’unica idea, non sempre quell’idea si mantiene colla stessa intensità bensì ubbidisce a cicli abbastanza definiti di sforzi e rilassamenti.
La vita di stretta Comunità tende a che sparisca quello ciclo perché l’osservanza regolare elimina quasi insensibilmente ogni polarità interiore, già sia temperamentale od emotiva, per fare della stessa una stabilità nello sforzo continuato.
L’osservanza in stretta Comunità è praticamente insostituibile in questo senso. Tuttavia, il Figlio vigilante, che fa della sua vita interiore uno stato semplice ed oggettivo di autoconoscenza e rinunzia, non è esposto a pericolo alcuno, chiunque sia il tipo di vita che debba adottare.
Inoltre, il suo giorno è armoniosamente diviso in cicli di sei ore: lavoro manuale e lavoro mentale; rilassamento attivo e rilassamento passivo.
Quando i Figli entrano al Seminario trovano lì una disciplina, un’osservanza, un regime di vita i cui aspetti esterni sono ineludibili.
Ogni resistenza alla Rinunzia ha unicamente una possibilità interiore di espressione, in reazioni, dubbi, tentazioni, eccetera poiché l’osservanza e le pratiche di Comunità ostacolano l’evasione esteriore.
Nella misura in cui il Figlio si va adattando continua a sparire la resistenza interiore benché non totalmente: solamente la rinunzia totale produce l’assimilazione integrale alla vita di Comunità.
Quelle resistenze che, secondo le anime sono da più o meno permanenti a completamente sporadiche, si manifestano generalmente in un certo dispiacere di fronte al contatto colla Comunità o con alcuni Figli verso certi atti comuni, e quasi nella totalità dei casi, tende ad un desiderio di stare da solo ed ad una segregazione dalla Comunità come risultato visibile d’un effettivo stato di separazione interiore.
È importante che ogni resistenza alla rinunzia si unisca ad un movimento verso la separazione esteriore dalla Comunità.
Questo è naturale poiché la vita di Comunità è strutturata in tale forma che è come lo specchio della rinunzia stessa.
Ancora in alcuni anime buone e puntuali è frequente osservare come i piccoli istanti da sole sono come respiri di libertà personale nei quali non si sente incidere tanto direttamente la dipendenza.
Quindi può inferirsi facilmente come una separazione abituale, ancora per il compimento di certe responsabilità, può fomentare nel Figlio un atteggiamento personale. Dovrà prevenire questo essendo molto più stretto con sé stesso che lo sarebbe il Superiore dentro della Comunità poiché ha più occasioni. Deve considerare che non solo è un Figlio ma che in tali casi anche deve essere per sé stesso un Superiore vigilante e severo.
Qualunque concessione si moltiplica rapidamente ed uno sviluppo dell’atteggiamento personale in lui si traduce di subito in inosservanza degli atti comuni: ritardi, dimenticanze, disattenzioni; e più tardi negli aspetti più definiti: opinioni personali, repliche e discussioni. Si può arrivare insensibilmente a costituirsi in giudice e critico della Comunità, a scaricare su altri Figli l’irresponsabilità personale, a non farsi carico dei problemi, difficoltà o imprevisti logici nella Comunità o nell’Opera, a non accettare la contraddizione.
Inoltre la relativa indipendenza dei Figli favorisce che ci siano multipli sforzi e tendenze invece d’unità di mezzi e fini.
Il Figlio deve stare molto vigilante e può misurare facilmente il suo stato interiore d’accordo col maggiore o minore desiderio che abbia di sottomettersi alla dipendenza diretta degli atti comuni, o alla relativa indipendenza dei suoi obblighi particolari.
I Figli con poco spirito di dipendenza hanno sempre difficoltà nel compimento dell’osservanza e delle indicazioni dai Superiori ma quando stano da soli od hanno altri Figli sul suo controllo tendono a fare le cose al suo modo e tiranneggiano a quelli che collaborano con essi.
I Figli devono ricordare che l’Ordinato non fa mai la sua volontà ancora quando sembri che può disporre liberamente dai suoi atti. Lo spirito di rinunzia si manifesta quando si realizza giustamente l’osservanza nei casi in cui ci sono motivi giustificati per alcuna dispensa.
L’osservanza non è solo l’orario, il Regolamento e l’obbedienza; l’osservanza è l’essenza della vita dell’Ordinato, la sua caratteristica indelebile; è la Rinunzia fatta vita, metodo, Opera.
Nelle Comunità affezionate ad Opere esteriori si richiede a volte che Figli che non sono Superiori abbiano autorità sull’Opera. I Figli non devono confondere mai quell’autorità supponendo che la stessa dà qualche diritto o potere fuori del suo lavoro specifico. Manifestino il suo spirito d’umiltà usando quella facoltà soltanto per quello concesso a lei e non credano che quello dia preeminenza sugli altri Figli.
Tutto quello che non si riferisca strettamente al radio della sua responsabilità non li corrisponde bensì ai Superiori. Se osserva in un Figlio un fallo od un errore che considera di importanza ricorra ai Superiori per operare secondo il suo consiglio.
Quando i Direttori dell’Opera non sono Superiori della Comunità sappiano che sono sempre soggetti ad essi. Cerchino di compiere molto propriamente le sue responsabilità ma non dimentichino che è attraverso la rinunzia e l’obbedienza come la Divina Madre ispira lo spirito che l’Opera deve animare.
Non abbiano abitudine di volere imporre le sue opinioni bensì espongano umilmente le sue ragioni quando lo considerino opportuno e sappiano tacere quando il rispetto e la riverenza l’indichino.
Non credano neanche che i suoi obblighi li autorizzano ad alterare l’orario che si è stabilito né per concedersi dispense al suo arbitrio; quello che non si fa mediante l’obbedienza e l’osservanza non ha valore benché lo dimostrino agli occhi degli uomini.
Non emettano giudizi personali né critichino il lavoro o la forma di agire d’altri Figli; ricordino che tutti sono ispirati divinamente per compiere i suoi obblighi vedendo tutto con spirito impersonale e senza passioni. Non cadano in invidie né rivalità né cerchino sorgere sugli altri: nessuno deve sapere dove nacque l’idea felice né chi risolse favorevolmente un problema.
I Figli molto personali e molto affezionati alle sue opinioni non sanno accettare le indicazioni dai Superiori e cercano sempre esempi e ragioni per dimostrare che questi possono sbagliarsi o non avere tutta la ragione. Desidererebbero stare su qualche altro Superiore più concorde colle sue idee pensando che così le cose andrebbero meglio. Quelli Figli devono sapere che in Cafh non ci sono due Superiori né due idee bensì una sola volontà ed orientazione che è quella che la Divina Madre indica per mezzo del Superiore diretto che gli fu dato.
Il Figlio che ubbidisca non si sbaglierà mai e sicuramente farà la Divina Volontà. Se a volte non si capisce totalmente il perché d’un ordine si dovrà cercare mediante il compimento l’identificazione collo spirito che l’ispirò.
I Figli che fanno differenza tra Superiore e Superiore sono quelli che non volessero avere un altro Superiore che loro stessi.
I Superiori infondano ai Figli, specialmente nei Figli che si dedicano ad opere esteriori, un profondo spirito ed un gran amore all’osservanza. Insegnino sempre con l’esempio, essendo modello di correzione, condotta, silenzio e raccoglimento.
Non usino i Superiori la sua autorità per non rispettare al Silenzio, all’orario od alle norme comuni bensì in caso di reale necessità; com’essi facciano, così i Figli faranno.
Al Superiore non gli è data autorità affinché denaturalizzi all’osservanza bensì affinché la compia e la faccia compiere.
Non compiere l’orario è non soltanto assenza al colpo di campana bensì non fare in ogni ora quello che è disposto per quell’ora. Quando i Superiori escono dalla Casa stiano sempre di ritorno all’ora che l’Osservanza indica.
Se qualcosa accade quando la Comunità è riunita, il Figlio di guardia o quell’a chi corrisponda deve sapere compiere la sua responsabilità affinché il Superiore non debba abbandonare ai Figli ed andare di un lato ad un altro.
Tutte le indicazioni devono darsi nel momento indicato per l’Interpretazione non sia che col pretesto d’indicare, insegnare o correggere si perda lo spirito di silenzio nella Comunità. Se fosse indispensabile parlare quando non è permesso, che il Superiore parli solo per eccezione e sempre in voce molto bassa. Le Case di Comunità si distinguono sempre perché in esse non si sentono grida, esclamazioni né conversazioni: solo le parole silenziose d’amore e lode alla Divina Madre.
I Figli mantengano nelle Opere quello spirito e procurino non cadere nelle abitudini mondane dei movimenti inutili e conversazioni continue.
Quando debbano risolvere qualcosa non cerchino soluzioni personali bensì operino secondo la modalità propria dell’Ordinato, che sempre è impersonale e rifletto della sua Rinunzia.
Non facciano differenza tra l’osservanza di Comunità e l’osservanza delle opere: l’Osservanza è sempre la stessa per il Figlio che si identifica con lei; la vita dell’Ordinato di Comunità è l’Osservanza.
Insegnamento 15: I Direttori Maestri di Mestieri
Dal momento in cui il Figlio entra alla Casa di Ordinazione l’incomincia nei lavori manuali abituali della vita di Comunità. Sebbene i Figli devino sapere svolgersi in qualunque compito che sia indicato, abitualmente si insegna qualche lavoro specializzato. Questo lavoro è, generalmente, assunto per i Direttori che, in questi casi, sono anche maestri di mestieri della Comunità.
Il Maestro di Mestieri svolge una funzione molto delicata perché è ancora quello che sta abitualmente più in contatto coi Figli, coi Seminaristi. Allo stesso tempo che l’efficienza e rapidità nei lavori insegnano le osservanze, il comportamento e lo spirito di raccoglimento.
Insegnando egli non deve né esercitare una vigilanza eccessiva né abbandonare totalmente al Figlio bensì deve soprintendere intelligentemente i lavori per non ostacolare il libero svolgimento delle facoltà naturali dell’anima ed allo stesso tempo incanalarli, dirigerli e disciplinarli.
Non è buono, insegnando un lavoro, dare d’un colpo il totale delle spiegazioni, conoscenze e dettagli che si conoscono dello stesso. Quello confonde ed anche può reprimere ai Figli. Conviene dare le indicazioni generali in forma concisa e concreta e vedere dopo come il Figlio si svolge. Il Figlio si renderà conto da solo di molti dettagli e risorse: non c’è meglio maestro che la propria esperienza.
Quindi, il Maestro di Mestieri non faccia, nelle ore lavorative manuale, più che le indicazioni strettamente indispensabili né permetta che i Figli gli facciano commenti o domande futili. Lasci per i momenti in cui è permesso conversare tutti i chiarimenti o considerazioni complementari e mantenga strettamente lo spirito di silenzio nelle ore lavorative manuale.
È comune osservare che i Figli propensi alle conversazioni inopportune rendono scarsamente nei lavori: una mente inquieta spende inutilmente le sue energie e non sa concentrare tutta la sua attenzione sul compimento dei suoi obblighi.
Ci sono Figli che tutto l’imparano rapidamente. Per essi, poche parole e molta vigilanza. È frequente che utilizzino la sua capacità per non fare le cose come si indica.
Benché lavorino bene, primo ubbidire e dopo fare. Ma, allo stesso tempo, il Maestro di Mestieri può imparare di essi nuove forme di affrontare i lavori.
Ci sono Figli che seguono scrupolosamente tutte le indicazioni ma che non hanno la flessibilità necessaria per adattarle alle necessità come si presentano.
Con questi è necessaria molta pazienza; conviene non insegnare allo stesso tempo molte cose bensì sperare a che dominino il compito che stanno eseguendo.
I Figli devono abituarsi ad ascoltare attentamente le indicazioni che ricevono e se qualcosa non capiscono domandarlo in quello momento. Procurino, mentre lavorano, non lasciare che la mente si distragga. Gli errori, rotture, dimenticanze ed imperfezioni successi nei lavori sono causati più per mancanza d’attenzione che per incapacità.
Il Maestro di Mestieri deve sapere insegnare e dirigere i lavori senza perdere tempo personalmente né farlo perdere ai Figli. Per sapere come lavora un Figlio non è necessario andare continuamente a vedere quello che fa. Una mente vigilante e sveglia sa quello che ognuno fa e come lo fa senza muoversi dal suo luogo, e quando osserva, uno sguardo è sufficiente per vederlo tutto.
Il lemma del Maestro di Mestieri deve essere: “Insegnare rapidamente e bene”.
Il Maestro di Mestieri deve essere innanzitutto buon organizzatore.
Insegnare un lavoro non è soltanto insegnare a muovere le mani bensì sapere approfittare degli attrezzi, dei materiali e, specialissimamente, del tempo.
Una buona organizzazione riesce non solo quello bensì il massimo di rendimento dai Figli. Cominciando il giorno bisogna sapere, non solo quello che si farà durante la giornata bensì come si svilupperanno i lavori nella settimana, nel mese: bisogna avere una programmazione. Allo stesso modo, è buono che ogni Figlio sappia previamente la cosa che dovrà fare.
In questo modo non si interrompono i lavori per imprevisti, mancanza di materiali o di attrezzi, né si perde il tempo cercando lavoro per il quale finirono il suo senza sapere che cosa fare.
Ciò aiuterà inoltre a che i Figli vadano al lavoro con tutto quello che gli sarà necessario durante il giorno, senza necessità di continuare a cercare dopo gli elementi che considerano necessari.
Il lavoro rende quando la cosa unica che si fa è lavorare.
Ordinare, pulire, cercare e domandare non è lavorare; tutto deve essere preparato di tale forma che il lavoro cominci e finisca alla sua ora e nel lasso non si faccia un’altra cosa.
Il Maestro di Mestieri deve insegnare a lavorare con ordine. Lì dove c’è ordine c’è efficienza. Quando ogni cosa sta nel suo luogo niente si perde né si danneggia; l’ordine disciplina alla mente e dà rapidità alle mani.
I Figli devono diventare responsabili di suoi materiali ed attrezzi. Solo chi conosce il valore di una cosa sa curarla.
Curare non è solo non rompere né danneggiare. Molte volte per imprevidenza si inutilizzano materiali per non sapere usarli nel suo momento opportuno od conservarli in forma inadeguata. Il Maestro di Mestieri deve insegnare che tutto, ancora la cosa più insignificante, ha valore; lo spirito di povertà fa che le mani ancora possano ottenere vantaggio da quello ch’e apparentemente inservibile. Insegnare a lavorare è insegnare a creare. Il Maestro di Mestieri deve insegnare ai Figli ad essere autosufficienti. Naturalmente, ci sono lavori che richiedono la collaborazione di vari Figli, ma dentro del suo lavoro specifico ognuno deve essere un nucleo autosufficiente.
Un Figlio può essere molto abile ma se sempre necessita alcuno aiuto, non sa lavorare.
Nei lavori di gruppo, i compiti devono distribuirsi in modo che ognuno possa sviluppare la sua efficienza al massimo.
Se qualche Figlio fa un lavoro specializzato non bisogna distrarlo mai dal suo lavoro o incaricargli lavori che possono essere eseguiti da qualunque altro Figlio.
Nella distribuzione dei lavori bisogna tenere anche in conto le attitudini fisiche di ognuno ed evitare la tendenza a ricaricare di lavoro ai più atti per compiti pesanti. In quello senso il Maestro di Mestieri deve ricordare che il lavoro manuale è un’eccellente scuola fisica che bisogna sapere sfruttare per formare Figli forti e sani.
Il Maestro di Mestieri procuri che i lavori si continuino senza interruzioni fino ad essere terminati completamente. Quando un lavoro è avviato possiede un’inerzia che lo fa andare con un minimo di sforzo.
Quando i lavori si eseguono con attrezzi della Comunità è buono che un Figlio diventi responsabile delle stessi, si incarichi di provvederli e ritirarli secondo le necessità e controlli lo stato in cui li restituiscono.
In caso di permettere ai Figli avere attrezzi di uso personale, questi non dovranno prestarsi per nessuna causa. Ricordino i Figli che quegli attrezzi sono solo per il suo uso personale ma non sono sue e dovranno rispondere dalli stessi.
Ugualmente, in questi casi non distragga attrezzi della Comunità per lavori che potrebbe fare con quelli che egli ha. Se i Figli hanno permesso di avere attrezzi personali è perché questi rendono più efficientemente sotto una sola mano ma non devono essere mai motivo di attaccamento ed d’egoismo.
Quando i Figli ricevono sovvenzioni per le sue spese personali, sappiano amministrarli saggiamente e con spirito di povertà. Le sovvenzioni non si regolano solo comprando o risparmiando bensì secondo l’uso che si dà a quello che si acquisisce colle stesse.
Il fine delle sovvenzioni non è quello di dare un danaro ai Figli affinché questi dispongano liberamente bensì che per il suo mezzo apprezzino il valore delle cose, imparino a discernere le sue necessità reali ed a praticare effettivamente l’economia provvidenziale.
Non abbiano i Figli necessità personali bensì integrino le sue necessità a quelle dell’Opera di Cafh. Non facciano neanche differenza tra quello che essi hanno e quello degli altri Figli; le sovvenzioni sono un modo d’amministrare i beni della Casa e la differenza che stabilisce la cosa personale e la cosa comune è solo al fine pratico della Comunità.
I Figli devono maneggiare il suo denaro non come cosa propria bensì come amministratori dei beni della Comunità e sotto questo concetto devono considerare tutto quello assegnato per il suo uso personale.
Il Figlio incaricato della cucina chieda tutte le notti al Superiore il menù per il giorno seguente.
I Figli che non realizzano lavori specializzati faranno i suoi lavori in comune nel living o dove i Superiori l’indichino i Superiori. Se il lavoro lo permette, che cantino salmi o recitino preghiere.
Insegnamento 16: I Superiori Custodi dei Figli di fronte al Mondo
I Superiori devono curare che i Figli appaiano agli occhi del mondo come immagine viva della perfezione della Rinunzia e, come tali, irraggiungibili per quelli che non hanno rinunciato. Abbiano i Figli di fronte a tutti un viso affabile ed un aspetto sereno senza correnti di simpatia o amicizia particolare con nessuno.
Salutino con cortesia, evitando di dare la mano, con un’inclinazione di testa. Non siano troppo accessibili con nessuno nella conversazione per evitare fiducie; che nessuno osi familiarità come mettere le mani sopra, il dar del tu, o dire frasi indesiderabili.
Mantenessi ad una distanza prudente dalla persona con chi si parla poiché la distanza è la porta della dignità.
Quando trattino per forza con persone di lavoro parlino il meno possibile. Parlino unicamente sul tema ch’interessa, sulle necessità che hanno. Non facciano mai amicizie personali, non si intrattengano più con una persona che con altra né siano affettuosi nei saluti.
Non è facile essere buon Ordinato in un mondo di tanto chiasso, soprattutto quando bisogna lavorare in contatto diretto con lui.
L’Ordinato deve ricordare sempre che arrivare ad essere perfetto è un lavoro che non ammette interruzioni.
Bisogna comportarsi colla gente in modo che questa gente potrà stare lungo tempo con gli Ordinati senza conoscere la mistica interiore di essi né il segreto della sua serenità inalterabile e del suo peculiare modo d’essere.
Quando vanno per le strade cammineranno da due o tre, ma se c’è molta gente andranno uno dietro un altro, vicino alla parete, per passare più inavvertiti.
Camminino senza silenziosamente, evitando movimenti delle braccia e taccate, vicino alla parete dei corridori o delle stanze; questo aiuta molto a sparire.
Non permettano i Superiori né loro stessi escano da soli bensì sempre accompagnati per un altro Figlio o con una persona di somma fiducia. Nei viaggi non facciano amicizie né conversino con strani né accettino niente di mangiare o bere se non è con autorizzazione previa dei Superiori.
Se viaggiano in mezzi propri di locomozione lo faranno vestiti d’uniforme; se con mezzi di locomozione generale andranno di particolare.
Quando dettino classi spirituali in Templi o Saloni di Conferenze doverono farlo con cappa o con velo.
Quando stiano in casa dei suoi parenti mantengano sempre un atteggiamento adeguato e non accettino passeggiate o divertimenti, e siano moderati ed esemplari nel mangiare, parlare, eccetera; né effettuino visite e vistano uniforme.
I Figli non riceveranno mai visite di donne sole né le Figlie di uomini soli. Sempre quando abbiano visita siano accompagnati dal Superiore o d’un altro Figlio. Ma quando ricevano visite dei genitori o fratelli potranno essere soli con essi colla maggiore espansione possibile.
Con le altre visite saranno laconici e brevi senza intimità.
I Figli non permettano mai di essere fotografati da persone strane alla Comunità, né ricevano oggetti o libri prestati o regalati, e soprattutto che non ricevano vestiti neanche dai suoi parenti.
INDICE
Insegnamento 1: Il Superiore Delegato
Insegnamento 2: Spirito dei Superiori
Insegnamento 3: Il Superiore di Comunità
Insegnamento 4: Dignità dei Superiori
Insegnamento 5: Il Superiore Assistente
Insegnamento 6: Qualità Pratiche dei Superiori
Insegnamento 7: Il Direttore di Seminario
Insegnamento 8: I Superiori negli Esami Vocazionali
Insegnamento 9: Il Superiore e le Dispense
Insegnamento 10: Il Superiore Guardiano dell’Osservanza
Insegnamento 11: Il Superiore Insegnante della Dottrina
Insegnamento 12: Il Superiore e lo Spirito Interiore dell’Ordinato
Insegnamento 13: Il Superiore nelle Ricreazioni e nelle Vacanze
Insegnamento 14: I Superiori e i Figli che Lavorano nelle Opere
Insegnamento 15: I Direttori Maestri di Mestieri
Insegnamento 16: I Superiori Custodi dei Figli di fronte al Mondo
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