INDICE
Insegnamento 1: La Rinunzia È il Cammino Cafh
Insegnamento 2: Meditazione sulla Morte
Insegnamento 3: Presenza dell'Ora Eterna
Insegnamento 4: La Morte Mistica di De Rancé
Insegnamento 5: Effettività Possessiva della Rinunzia
Insegnamento 6: Come Vincere il Sonno
Insegnamento 7: La Rinunzia come Salvazione
Insegnamento 8: La Mistica della Cenere di San Paolo della Croce
Insegnamento 9: Automatismo Liberatore della Rinunzia
Insegnamento 10: I Beni della Rinunzia
Insegnamento 11: Il Valore Unico della Rinunzia
Insegnamento 12: I Discepoli Tibetani
Insegnamento 13: La Rinunzia come l’Olocausto
Insegnamento 14: Conquista di Anime per la Rinunzia
Insegnamento 15: La Rinunzia Permanente
Insegnamento 16: Santa Francesca Romana
Insegnamento 1: La Rinunzia È il Cammino di Cafh
La rinunzia è il cammino di Cafh e non c'è un altro cammino per la salvazione del mondo.
La rinunzia è l'unico mezzo di salvazione non solo per i Figli di Cafh, bensì per tutta l'Umanità.
Se si tenesse il concetto che la rinunzia concerne unicamente ad una parte dell'Umanità, il cammino di Cafh sarebbe imperfetto.
La Rinunzia è il cammino di Cafh ed i Figli devono praticarlo da già, viverlo da già, ma non con l'idea che il cammino sia solo per essi, bensì colla sicurezza che è il unico cammino per la salvazione di tutto il genere umano.
La rinunzia è l'único camino di salvazione e non c'è un altro.
Questa dottrina fondamentale non è nuova bensì è quella di tutti i Grandi Iniziati, di tutti i grandi esseri che hanno dato il Messaggio all'Umanità e non furono ascoltati. Ma al Figlio gli è stato concesso il dono incalcolabile, per il momento nel che deve vivere, di sapere che l'Umanità ha finito il suo ciclo di evoluzione di permanenza oscillante, come le ombre che si riflettono sulla parete del mondo, per il tremito mondiale di una forza davvero soprannaturale, di un'energia mai conosciuta per l'uomo e raggiunge così una visione più chiara della realtà della vita umana.
È che la missione del Figlio è realmente straordinaria perché col suo messaggio di rinunzia arriva nell'ora propizia, nell'ora in cui l'Umanità, nonostante tutte le sue miserie, può comprendere e captare questo messaggio. Ma affinché quello si realizzi è necessario che la sua preparazione sia completa ed assoluta.
Nel mondo non solo i Figli di Cafh, bensì molte anime praticano la rinunzia, l'hanno compresa e la vivono; ma è necessario che Cafh nel suo luogo, colle anime che gli sono state affidate, incominci a predicare questo Messaggio su tutte le cose.
Cafh ha il Messaggio per predicare alle anime: che la rinunzia è l’unico cammino di salvazione. Il Figlio che arriva a Cafh e non comprende questo non può essere mai Figlio di Cafh.
La rinunzia è il fondamento della dottrina, la base della credenza del Figlio, il messaggio che ha per l'Umanità. Egli non può deviarsi di questo concetto fondamentale rispetto alle anime.
Da quando il Figlio entra nel Sentiero come Patrocinato comprende che questa è l'unica verità. Non la pratica, ma gli è insegnata e la comprende. Questo non può essere negato alle anime. L'istruttore che non insegna al Figlio che tutto è vano e perituro non insegna una dottrina sana. Il Patrocinato deve essere insegnato affinché comprenda e sappia. Il dovere dei Superiori è che lo sappia. Per portarlo a quello punto è necessario che sia avvicinato alla considerazione che tutto è vano nel mondo.
Molte volte i Superiori e gli istruttori illusionano alle anime con false dottrine, perché non li credono ancora qualificati o perché credono pregiudicarli, senza sapere che quello è la base della predicazione: aprirloro dall'inizio gli occhi.
Tutto perisce, tutto muore; la Rinunzia è l'unico cammino di salvazione. Un'anima che vive di illusioni può allontanarsi, ma molte altre anime predestinate verranno al Sentiero perché alla fine l'anima riceve il Messaggio. Per caso non si è visto quante anime, soprattutto all'inizio, si allontanano dal Cammino? Perché? Perché non si è saputo darloro la vera dottrina, illusionati, non li è stata predicata la sana dottrina della verità: che tutto è Rinunzia, che quello che non rinunzia non ha né avrà mai salvazione; non morrà solo come essere umano, bensì tutte le sue illusioni morranno con lui; tutto quello che ha creduto gloria si trasformerà in fallimento.
Il Solitario, naturalmente, non può essere tale se non comprende questo bene fondamentale. I suoi Voti non sarebbero soltanto un guscio di difesa esteriore se non lo comprendesse. Ma lo comprende non solo, bensì lo pratica parzialmente; l'ha compreso e l'ha cominciato a praticare.
Chi legge con attenzione il Regolamento vedi che la vita del Solitario non è nient'altra che un gran ponte di salvazione teso tra la terra ed il cielo affinché l'anima l'attraversi e si dia completamente alla Rinunzia.
La vita del Solitario non è nient'altra che una scuola, un stimolo alla pratica continua per portarlo alla Rinunzia; è un lavoro di amore che la Madre fa attraverso i Superiori per portarlo al vero bene che è la Rinunzia compresa, praticata ed vissuta, fatta carne, fatta mente, fatta vita nell'essere. E sta di più dire che, in quello divino insieme di Cafh, è l'Ordinato quello che la pratica e che la vive pienamente.
Ma questa rinunzia non è la rinunzia dell'egoismo.
La missione fondamentale di Cafh, in questo senso, è una missione individuale, pertanto, umana, per tutto il genere umano. Non è ancora la rinunzia dell'uomo che lo riesce per sé, anche se pensa che la sua rinunzia deve ridondare in bene dell'Umanità. La rinunzia del Figlio non è totale e non sarà mai totale, fino a che tutto il genere umano non abbia compreso e vissuto questa verità unica ed universale. Quindi il primo dovere dell'Ordinato è predicare alle anime del mondo la considerazione di che tutto è rovina, morte, che tutto finisce, che niente può rimanere.
Tutto è un divenire. Questo è il primo messaggio, il primo dovere. Ma questo bisogna avere una coscienza profonda di questo senso; egli deve essere una realtà tanto assoluta che mai, in nessun momento, si incroci per la mente un'idea contraria. Un Figlio che, per esempio, abbia in un momento la tentazione di ritornare al mondo non ha compreso il Voto di Rinunzia perché se non quell'idea non potrebbe entrare nella sua mente, nella sua natura, nel suo essere.
Bisogna predicare al mondo che tutto è morte e rovina, ma innanzitutto deve essere così per lo Figlio stesso.
In primo luogo bisogna avere un concetto chiaro di quello che è il Voto di Rinunzia che è completamente ausiliare della vera Rinunzia, perché la Rinunzia è un aspetto vivo, di uno.
In secondo luogo il Voto intuisce la Rinunzia, la stimola.
Allora deve comprendere che non può dedicarsi chi non ha una comprensione intima della Rinunzia. Così egli si evita di dovere sentire dopo: "Io non posso morire, non ho la forza necessaria per morire." Questo è fondamentale nei Figli.
L'idea deve essere assoluta; se non c'è tale non bisogna sbagliarsi, non può ammettersi il Figlio nella Comunità.
Questo concetto porta allora a questa conclusione: quello che prende il cammino dela Rinunzia non ritorna mai dietro. Il Voto è ausiliare; può dispensarsi un Voto, ma quell'essere non rimane per quel motivo dispensato della Rinunzia, è un fallito. Tutti i Figli sono responsabili di quello fallimento perché hanno ricevuto illusioni invece di spirito di distaccamento, fomentando una vocazione. Il fallimento di lui è il fallimento del Superiore, dei Direttori, dei compagni. È una ferita di tutti e danneggia a tutti.
È necessario che il Figlio che aspira all'Ordinazione sappia che la Rinunzia è un dono dell'anima che una volta che sta nell'anima non può estrarrsi mai più. Per quello è necessario che gli Ordinati di Comunità stringano più i suoi lacci, i suoi vincoli, siano bollati nella sua vocazione, non per superbia, bensì per carità verso le anime che non sono chiamate alla vocazione di Rinunzia. Questo deve fare che si attengano l'uno con l'altro e formino una catena mistica che ostacolerà che quelle anime emettano i Voti e cadano da un'altezza tanto grande e rinneghino continuamente di Dio; perché l'Angelo di Luce diventa sempre Satana, maledice nel suo cuore quello che ha perso, quello che non ha oramai. Ancora se il suo viso sorride di felicità, le sue labbra distillano veleno. I Figli devono evitare quello.
Quale è il metodo più sicuro a seguire colle anime?
Quali devono essere questi mezzi per evitarli gli errori?
In primo luogo: Un esame vero per entrare all'Ordinazione.
Secondo: Un seminario più completo.
È responsabilità dei Figli che un aspirante non dica mai: "Io non posso morire”. Come non si sono resi prima conto? Come hanno lasciato scappare quello?
Innanzitutto gli aspiranti, soprattutto gli uomini, la maggioranza delle volte hanno un concetto falso dell'Ordinazione. Credono che l'Ordinazione è acquisire qualcosa, avere qualcosa.
Un aspirante scrisse al suo Direttore Spirituale: "Desidero ordinarmi per avere un'unione più intima colla Divina Madre." Ed il Direttore rispose: "Per riuscire un'unione più intima colla Divina Madre non è necessario ordinarsi; tutti i Figli hanno alla sua portata i mezzi per riuscire quello fine poiché quello è un bene completamente interiore. Ancora il più umile Patrocinato può raggiungere l'Unione Divina se si da interiormente con un amore illimitato e se ordina la sua vita con l'asceticismo adeguato per lui."
Interiormente tutte le anime possono arrivare all'Unione colla Divinità, hanno meno possibilità che le anime consacrate, ma possono arrivare. Il piacere non sarà perfetto, hanno meno mezzi.
Gli Ordinati hanno più mezze e pertanto più responsabilità.
"Avere vocazione di Ordinato - diceva questo Direttore Spirituale - è un'altra cosa: È avere una sicurezza interiore e sostenuta che solo in quello tipo di vita di Comunità si troverà la felicità, il bene ed il mezzo per raggiungere l'Unione Divina. È sentire che quello è il suo luogo, sentire che nella Casa della Madre starà bene che nessuna altra cosa puoi piacerlo già che potrei avere molte difficoltà, ma che alla fine dirà ¡pazienza! e proseguirà. Forse non riuscirà mai in questa vita una vera unione, ma questo lo predispone, nell'ora della morte, all'Unione. Per il Figlio Ordinato è solo questo il bene ed il mezzo per raggiungere l'Unione. Altri possono avere molti altri beni, ma per le anime consacrate –continuava dicendo il Direttore Spirituale– “è come una sicurezza de non essere nato per lavori del mondo, nè per la famiglia, bensì che solo si è adattabile al tipo di Vita di Comunità”.
Questo bisogna comprenderlo molto bene perché è un segno inevitabile di vocazione. Bisogna diffidare dei molti entusiasmi; ma se l'aspirante non ha interesse per niente, se non lo chiama niente l'attenzione e fa quello che gli comandano, ascolta il consiglio del Superiore senza sensibilità, quello è segno di una vera chiamata.
I Superiori non prendano mai il Figlio che dice che senza quello non può vivere; quello è entusiasmo, fiammate, è cercare qualcosa. La vita dell'Ordinato è niente; rinunzia, distacco assoluto.
Ed quello Direttore Spirituale aggiungeva: "Ancora così, può essere che con essere buoni Figli Ordinati e molto atti per la vita di Comunità non si riesca in questa vita l'unione anelata. Indubbiamente l'Ordinazione che è un tipo di vita, predispone più a quello fine. Ma predispone, non dà. Inoltre, la vita di Comunità che non è di illusioni, è di lavoro umile: coltivare la terra, cucinare, essere operaio, con pochi studi; tutto si concreta in un gran silenzio, in un'assoluta obbedienza, in una rutina che finisce colla morte fisica del Figlio."
Si dice questo affinché non ci sia luogo a dubbi; se questo è quello che cerca, non ci sono inconvenienti in ricevere il Figlio.
Bisogna parlare molto chiaramente perché la dispensa dei Voti non è più che un palliativo; nel cammino di Dio, della Verità, della Rinunzia, non c'è più che due cose: o si trionfa o si fallisce. Per quel motivo l'unico bene che si può fare alle anime che falliscono è il silenzio; non nominarli, dimenticarli.
La vita dell'Ordinato è morte ed i morti non ritornano; se ritornano, i vivi fuggono da essi. Portano con sé una maledizione, la sua propria maledizione: non potere stare già in contatto con gli esseri, non trovare la felicità. Soprattutto la gran maledizione consiste in che queste povere anime per avere un po' di pace e di solitudine devono rinnegare di Dio, della fede che è la grazia dell'anima e l'unico dono che ha l'uomo sulla terra, che è credere.
Insegnamento 2: Meditazione sulla Morte
Quando il Benavventurato Buddha incominciò a riunire i suoi figli intorno a sè per insegnarli la straordinaria verità che tutto è rinunzia e niente è duraturo nel mondo, la cosa prima che fece non fu dirli che tutto perisce, che tutto finisce, bensì fu mandarli ad un cimitero.
In quello tempo in cui il induismo, il brahmanismo ed i grandi esercizi ascetici stavano in auge in che si praticava una rinunzia tanto esteriore che gli uomini si denudavano fino a dei suoi vestiti, in quella India di allora, fu tutta una novità l'asceticismo del Buddha che mandò ai suoi discepoli al cimitero a raccogliere gli stracci dei cadaveri affinché abbiano così il ricordo continuo che tutto muore sulla terra. Per quella ragione quelli che hanno rinunziato portano una vestitura gialla, perché era la tela degli avanzi umani. Prima ch’il Buddha desse loro la dottrina dovettero i suoi figli sentire in carne propria, attraverso quelle vestiture, che erano anche essi avanzi umani, che erano morti in vita.
La considerazione della morte e delle periture cose umane deve stare continuamente nel Figlio, ma non solo come un'idea, bensì come una realtà. È facile dirlo, ma bisogna fare che veramente sia una realtà.
Un Figlio molto devoto che meditava un giorno sulla Dama Nera rimase come tra sonni, come vinto per il sonno. Vide allora un orribile essere davanti suo, un essere che dava l'impressione del'immagine stessa di tutti gli orrori. Non aveva corpo; quell'immagine d’involtura carnale dava l'impressione di alcune squame tremende di lebbroso. Non aveva mani bensì moncherini che sembravano artigli, coltelli di ferro. Non aveva viso, bensì immensi e profondi solchi di oscurità.
Il povero Figlio rimase come tremando. Non aveva visto mai un orrore tanto spaventoso; ma ebbe forza per domandare nella sua immaginazione: "Chi sei, quale è il tuo nome? Tu sei sicuramente la Dama Nera." E questo orribile essere, aprendo immaginariamente le sue fauci, disse: “Io sono la Morte”.
"È buono –disse a questo Figlio il suo Direttore Spirituale– e è una grazia straordinaria quella che lei ha ricevuto, perché quando la nemica si mostra tale quale è, è perché poco gli rimane per essere vinta; perché ella sa sempre mascherarsi ed adornarsi di bellezze illusorie." Quanti sono i veli d’illusione che porta su sé! Attraverso essi vanno i poveri esseri cercando il piacere, la sensazione, la gloria, la fortuna, la ricchezza. Ma quando ella è rinchiusa, quando quelli veli di illusione gli sono stati tolti a poco a poco, mostra tutta la sua bruttezza, quello che ella è. Ma si vede già quali le sue parole più terribili sono: Ella è, soprattutto, la morte.
Ancora tra i Figli che hanno preso il sentiero della rinunzia si vede poco la tendenza a questa salutare meditazione della Dama Nera, rappresentandola come la morte. Se l'anima deve arrivare alla Santa Ordinazione per la considerazione che tutto è perituro, uno dei più begli esercizi che deve praticare, soprattutto nel tempo del Seminario, è sull'unica realtà: la morte. Ricordino i Superiori ed i Direttori di Seminario di insistere molte volte sulla meditazione della morte.
Buddha, il benavventurato, diede loro come primo dono di grazia ai suoi monaci il sudario dei defunti come abito monastico e comandò loro, nei precetti fondamentali consegnai che una volta per mese si ritirasseno una notte intera in un cimitero per meditare sulla morte.
Tutti i grandi esseri abituarono fare questa salutare meditazione e riuscirono la sua santità attraverso questo prezioso esercizio tanto necessario ai Figli perché la natura umana tende a rilassarsi, a portare sensazioni della cosa esterna; sensazioni di inganno, di piacere, di permanenza dei beni del mondo.
Come ancora i Figli sono revestiti di carne non può smettere di dare l'antidoto adeguato colla meditazione sulla morte.
Quando gli chelas indù incominciano il suo noviziato, la cosa prima che fa il suo guru è mandarli agli incineritori di cadaveri affinché vedano dove si fermano tutti i beni e grandezze del mondo.
Il luogo dove riposano i morti è un luogo che non piace agli uomini, ma i Figli nelle sue meditazioni, sebbene non possono andare sempre ad un cimitero, dovranno andare col suo pensiero e cercare in quelle salutari immagini la visione chiara dell'unica realtà.
Gli uomini sogliono riverire ai suoi morti di molti modi; ognuno crede che la sua è la migliore maniera, ma in tutti i cimiteri del mondo può conoscersi quello che è la vita umana.
È buono che in ali del suo pensiero continui a percorrere il Figlio quelli luoghi dove, sebbene con distinte cerimonie e metodi, si vede che tutto diventa la stessa cosa; alla polvere, al niente. Possono volare ai paesi dove gli uomini alzano grandi pire di fianco ai fiumi per bruciare i cadaveri dei suoi morti; vedere lì come finiscono quelli corpi tanto amati, tanto favoriti, tanto compiaciuti; vedere come i suoi avanzi sono intrepidi alle acque per essere cibo delle tartarughe sacre.
Vada il Figlio alle alte mesete del Tibet e vedrà come subito dopo morti, i parenti, nonostante le sue lacrime, consegnano ai suoi defunti alle mani degli uomini macellai che li portano ad un luogo appartato tra le rocce, per squartarli e darli come alimento gli avvoltoi. Ancora oggi i parsis metteno ai suoi morti in alti torri affinché siano mangiati dagli uccelli rapaci e le sue ossa riarse al sole. Quelle ossa parlano ben chiaro. Queste torri sono come cimiteri della vanità umane, bianche ossa che dicono: “Mi riconosci? Sai per caso chi sono? Sai se sono stato uomo o donna, ricco o povero, carino o brutto?”. Non c'è lì più che ossa ed avanzi della morte.
Ma al giorno di oggi può vedersi un nuovo cimitero nel mondo, il cimitero fatto per l'ignominia della civilizzazione. Ancora il selvaggi hanno un luogo dove mettere ai suoi morti, ma la civiltà di oggi ammazza tanta gente nei campi di battaglia che non hanno dove seppellirli. Una donna missionaria protestante in Corea descrive quelli campi come un spettacolo tanto terribile e spaventoso che non può descriversi con parole: bisogna vederlo. Pezzi di corpi mutilati, deformati, sconosciuti; sangue e carne impastate, immensi campi dove le fiere selvagge trovano la sua delizia. E sorge la domanda di se quegli esseri non ebbero anche l'illusione, se non furono anche essi acchiappati per le luci della vita, se non percorsero un giorno i cammini del mondo. Ora bisogna guardare al suolo e vederli lì distrutti, annichiliti, avanzi che già né cadaveri sono. Quello è il cimitero di questa civilizzazione.
Queste devono essere le frequenti passeggiate dei Seminaristi, queste devono essere le sue meditazioni. Il mondo offre un'illusione colle sue false parole, ma le sue realtà sono solo morte e rovina. Pensino a questo i Figli per andare dopo, in silenzio, a dare grazie a Dio per quelli defunti che hanno avuto la fortuna di avere chi li accompagnasse nell'ora della morte ed una sepoltura in un luogo di pace.
Vadano i Figli col pensiero ai cimiteri conosciuti dove riposano quelli che rappresentarono la generazione anteriore all'attuale, dove riposano quelli che furono simili, amici, compagni spirituali. È dolce e sereno il luogo della morte per quelli che lo sanno considerare bene. Ha il cimitero un incanto che non è di questo mondo, soprattutto per le anime che hanno rinunziato al mondo, perché mostra che lì stanno solo gli avanzi, poiché alla fine quegli esseri hanno trasceso, si sono liberati, sono vestiti con un abito di gloria, di eternità, che non ha relazione coi suo progressi.
Non smettano i Superiori di insegnare questi salutari esercizi di meditazione ai Seminaristi. Il pensiero dell'anima consacrata non deve cercare l'illusoria allegria del mondo, bensì la realtà che è il dolore, la sofferenza e la morte.
Meditino anche i Figli sul gran momento in cui furono chiamati alla Rinunzia in cui morirono per il mondo affinché la Madre rivelasse loro la Verità, in cui toccarono la Porta Santa, nell'ora in cui pronunciarono i suoi Voti. Abbiano presenti sempre l'immagine delle sue cappe e dei suoi veli, simboli della morte mistica.
Se c'è una fortuna sublime nel mondo è quella di avere rinunziato e questa fortuna è frutto della comprensione che tutto nel mondo è transitorio.
Chiedano sempre i Figli alla Divina Madre che li mantenga in questo ammirabile dono. Gli dica molte volte perché ancora negli anni di gioventù non si sono lasciati illudere per la vita del mondo, bensì hanno preso il sentiero dei più anziani, il sentiero della comprensione della vita, perché ancora essendo uomini con molte possibilità mondane offrirono quelle possibilità per morire in vita ed essere tutti di Lei. Che la Divina Madre li mantenga in tutti i momenti in quella sacra comprensione di morte, di inesistenza, di stato di abbandono interiore. Mettano molte volte i Figli misticamente la cappa ed il velo, come nel giorno che fu loro imposto affinché questa santa e dolce morte mistica non sia dimenticata mai né per un sguardo, né per un pensiero, né per un atto umano. Dica molte volte alla Divina Madre che dopo essere accettati ai Suoi piedi, avendo accettato delle sue vite, ha dato loro la felicità, il vero bene della vita divina, della resurrezione.
Madre dolce, Madre sacra e gentile, che cosa hanno fatto i Figli per meritare tanto bene? Che cosa fu che li togliesti la venda degli occhi affinché vedessero la Dama Nera col suo nome di morte e rovina? Che cosa avevano questi Figli che non avessero gli altri uomini? Che cosa avevano affinché non fossero accecati per il mondo ma ebbero un solo desiderio, una sola aspirazione: morire al mondo?
Avevano solo il bene di sapere considerare l'illusione della vita ed il fine di tutte le cose.
Insegnamento 3: Presenza nell'Ora Eterna
Rinunziare è vincere il tempo dimensionale per vivere un tempo espansivo, immenso, eterno. Ma queste parole suonano molto vuote, molto teatrali, se non si cerca di viverli, captarli interiormente, fare del senso del tempo una realtà di eternità.
Si è visto a grandi Maestri predicare questa dottrina ammirabile di non essere rinchiuso, stretto di giudizio, di vivere nell'eternità, libero, nello spazio. Queste dottrine che meritano gran ammirazione e rispetto e che si leggono nelle ammirabili pagine di Krishnamurti sono solamente parole se l'uomo continua a vivere legato al tempo e la necessità. Perché l'esperienza mostra che quelli che parlano di vivere l'ora eterna, di non avere un orario, di non essere legati a regolamenti, ad imposizioni, perché tutto quello rinchiude, sono disgraziatamente tanto legati a tutto come gli altri uomini. Povero dell'uomo che vuoi sempre scappare e cadi nelle trappole!
Una sapiente signora insegnava che una volta aveva un matrimonio che si trovava male; la donna doveva vivere lavorando, cucinando, lavando, cucendo tutto il giorno ed inoltre era maltrattata dal marito. Una persona amica gli consigliava: "Ma perché non lascia a quell'uomo? Ed ella rispondeva con saggia ragione: "Per due cause molto semplici, una di Dio ed un'altra della terra. Quella di Dio è che questo uomo, brutto o buono, è il padre dei miei figli, quello che Egli mi ha dato e quello non può cambiarsi mai. La seconda è che ho visto che tutti quelli che vogliono scappare fuori da una rutina, di un obbligo, fanno come il povero pesce che all'essere messo nella padella salta per scappare dall'olio e cade al fuoco."
Quelle anime che parlano di tanta libertà ed espansione, di vivere la vita spirituale senza ostacoli potranno liberarsi di alcuni cose, ma cadono dentro altri lacci maggiori, la tirannia del tempo. Non può vincersi facendo quello che è dato la voglia ad uno, bensì tramutando quello tempo, conquistando quello tempo, vivendo quello tempo.
Se si domanda a qualcuno: "Perché non si alzi lei più presto?, risponde: “Mi piace stare un po' più nel letto, sono una persona libera, per che motivo devo imponermi una norma? Ma arriva il giorno in cui ha un obbligo, non può alzarsi, e dice: "Sono schiavo del letto." È legato a quell'abitudine, a quell'uso.
Quelle liberalità portano altre abitudini, rinchidono l'essere dentro un'altra limitazione di tempo e seguono più schiavi perché hanno così due modelli: la durata del tempo e la durata delle sue brutte abitudini.
La Divina Madre al regolare la vita dell'Ordinato per dargli una vera libertà l'ha imluogo apparentemente alcune norme più severe di vita, come se l'avesse legato più al tempo distribuendo tanto strettamente i suoi giorni e la sua vita. Dà l'impressione che si è legato ad una norma quotidiana della che non potrebbe fuggire. Ma in realtà di quella forma l'anima può liberarsi del tempo norma dimensionale e cominciare nel tempo espansivo, quello che si riesce solo vivendo molto strettamente tra il tempo, facendo abitudini molto precise, vivendo essi con una gran intensità.
L'uomo è schiavo del tempo perché mette tutti i suoi sensi nel tempo; quando vuole mangia, esce, cammina; quando vuole tocca musica, va al teatro, rimane facendo niente. Tutto quello non è più che rinchiudersi dentro la personalità, dentro l'anima istintiva dell'essere. Per vincere al tempo, per liberarsi, bisogna farlo tutto, ma senza la partecipazione del gusto, senza partecipare a niente, bensì unicamente attraverso la schietta volontà.
Il fare tutte le cose ad un determinato tempo senza il gusto sensibile porta all'anima ad un piacere molto superiore. Per quel motivo dice: "Passeggio perché devo uscire a passeggiare." Non è il cavallo che porta al padrone, bensì il modello che comanda e dice: "Ora ci tratteniamo, ora camminiamo."
L'utilizzazione del tempo non consiste solo in quello. Comunemente si crede che la persona libera può sfruttare molto più le sue ore ed il suo giorno, ma normalmente succede per esempio che dovendo scrivere una lettera gli vengono tutte le idee nell'ora della meditazione e quando dopo deve scrivere non trovi un solo pensiero che esprimere. È che si è consumato il tempo interiore, spirituale; si lo è scottato in onore dell'immaginazione.
La stessa cosa passa quando si pensa ai lavori nell'ora in che non corrisponde; quando fa loro il compito non rende, riesce male, si perde il tempo.
È che si vive nel tempo dimensionale ed il dominio del tempo unicamente si riesce vivere tra il tempo dell'eternità, nel tempo espansivo. Bisogna dire: "Non è il tempo quello che mi domina; io l'ho nella mano."
Il valore dell'orario di Comunità è straordinario.
Si tratterà in primo luogo il valore mistico del tempo di Comunità.
Se si osserva e studia l'orario del Seminario si vedrà che questo orario di ventiquattro ore (si calcola il giorno e la notte) si divide in quattro periodi perfetti dove i Figli dovranno dare, in totale, tutte le forze delle sue possibilità fisiche, astrali, mentali e spirituali.
Vuole dire che i Figli hanno: sei ore lavorative mentale, sei ore lavorative manuale, sei ore di rilassamento attivo e sei ore di rilassamento passivo.
Naturalmente il Regolamento fa questo orario completamente elastico, modellandolo alle possibilità di ognuno. Fa che sia come una musica che ha varie note dove l'anima può applicare le sue forze, siano fisiche, astrali, mentali o spirituali, secondo le sue possibilità.
Questa vincita del tempo dimensionale, attraverso la perfetta distribuzione di ore secondo la natura umana, si conferma colle due potenze cosmiche di Boas e Jakim. È la rutina trasformata in ora eterna: la pazienza trasformata nel pilastro umano che sostiene la forza divina dell'Eternità.
Se si vuole vivere l'ora eterna, espansiva, bisogna vincere quello tempo che continua a molestare gli uomini dalla vita fino alla morte; bisogna possedere questo tempo che si chiama rutina e pazienza.
Quanti anni sta' l'essere molestato per il tempo, quanto necessita farsi uomo! La madre lo deve allevare ed incominciare ad insegnargli. Deve andare alla scuola, dopo alle università e quando finisce la sua preparazione a venticinque anni, una terza parte del suo tempo gli è stato andato. Dei venticinque anni l'uomo incomincia d'ora in poi a cercarsi una posizione, a lottare, ma tutti i begli ideali, tutti, si perdono. Perché? Per la tirannia del tempo. Quando può dire: "Ho una posizione fatta”, ha 45 anni e tutto incomincia a sgretolarsi: l'energia non è quella di prima, né la forza, né la mente. Non può realizzare oramai quegli ideali meravigliosi del giovane; il tempo lo molesta. L'uomo deve preoccuparsi ad alzare il suo raccolto. Gli è andato la vita: vengono gli acciacchi, arriva l'età della vecchiaia. In una parola: ha servito al tempo come un vero schiavo. Gli è andato la vita e non ha niente. Doveva mantenersi, crearsi una posizione, formare una famiglia, importunato per il tempo.
Se non c'è vera liberazione il tempo continuerà a legare agli uomini. È una ruota, la ruota del tempo che gira inesorabilmente e va con una velocità che la debole natura umana non può seguire; sempre si è arretrato.
Le rive sono piene di naufragi, di falliti, di vinti.
Ma la Rinunzia libera idealmente, teoricamente, del tempo, e la pratica della vita di rinunzia libera in realtà, sostanzialmente.
Il Figlio non corre in linea retta; vive nel tempo espansivo, come se la sua vita fosse un gran circolo che si va ampliando fino ad abbracciare all'Universo tutto: la mente si espande, diventa grande, abbraccia a tutto l'Universo.
È come nel mondo astrale, quando nell'ora del sogno si incominciano a vedere immagini. Se si è tranquillo l'immagine si va espandendo, diventando chiara. Se si vede un viso, questo si va facendo sempre di più grande, di tale modo, che si sente dire che nel mondo astrale diventano grandi le cose; quella è illusione. Uno stesso li espande. Ma se mette un'altra immagine e l'essere si spaventa, si svanisce la figura.
Nel mondo astrale non c'è tempo bensì intensità; quella è l'espansione. Ma l'uomo non conosce quello bene, ancora quando l'ha, lo possiede nell'anima. Potrebbe intensificare i suoi pensieri, la sua energia, ma non lo può perché corre dietro il tempo. Il tempo è il treno che va via e l'anima corre dietro per vedere se può raggiungerlo. Fino a che l'anima non sia lei stessa il treno non avrà conquistato il tempo.
Il tempo è un'illusione, uno è il tempo. Se si intensifica la propria forza si vive eternamente; se si limita quella forza non si vive, si sposta, si salta, si va via, si viene, si è la scimmia felice come tutti gli uomini.
Quindi chiama l'attenzione sentire ad Ordinati che parlano del tempo, della limitazione dell'orario; che non si siano resi conto del gran beneficio che ha fatto loro la Divina Madre.
Il primo tesoro è sapere controllare il tempo, vivere tra un orario che permetta l'espansione, che permetta l'utilizzazione totale delle energie, delle proprie forze.
L'orario è per l'Ordinato come tutte le cose, può essere un schiavitú e può essere una libertà. Per quello che non sente amore all'orario questo è un schiavitú. Per il che lo vive si trasforma in un bene considerabile, ha tempo per tutto.
Non si concepisce che gli Ordinati dicano che non hanno tempo. Non vivono bene il suo tempo. Vuole dire che quando devono fare una cosa fanno un'altra, fanno quello che non dovessero fare. Se si facesse quello che l'orario comanda il tempo perfettamente eccederebbe: scriverebbero una Summa Theologica, alzerebbero un monumento, potrebbero tutti sognare i sonni dell'Eternità, avere la forza che non ha nessun uomo sulla terra.
Ma la Rinunzia non è avere la Rinunzia; è amarla su tutte le cose e conquistarla passo a passo.
La teoria degli indù di "Te sei quello", che se uno crede che è Dio si trasforma in Dio, è una sciocchezza. L'uomo non può dire quello. Può arrivare solo conquistando passo a passo, come già lo disse il Buddha: "Se vuoi il Nirvana, avrai il Nirvana, ma devi conquistarlo per otto tappe." Bisogna riuscirlo a poco a poco e quello è il bene straordinario che si trova nell'orario. L'orario è una felice schiavitú; una catena che dà la vera libertà.
L'orario segna sei ore lavorative mentale, ma sempre con elasticità, con quello bene di adattamento a tutte le persone.
L'Ordinazione è un cammino aperto a tutte le anime: quelle che amano il lavoro, quelle che amano lo studio, quelle di più o meno volo. Quell'orario che sembra schiavitú mostra il suo amore a tutti i temperamenti.
Un Ordinato che non era di Comunità diceva: “Mi sembra che voi avete poche ore di studio nella Comunità." È perché non aveva vissuto mai in una Comunità. Le Comunità stanno fatte soprattutto per il lavoro mentale, per l'educazione dei Figli e per l'educazione delle anime.
Il lavoro mentale si divide perfettamente in: un lavoro razionale, un lavoro d’intendimento ed un lavoro d’illuminazione. Cioè che c’è tempo per studiare (lavoro razionale), per fare di quello ragionamento una comprensione (tempo per studiare intensamente) e tempo soprattutto per pensare astrattamente (tempo di preghiera).
Il giorno dell'Ordinato incomincia con un lavoro intellettuale: la cosa prima che fa è un lavoro della mente. Questo per elevarla alle regioni superiori. Si incomincia il giorno con un'ora dedicata all’orazione; da lì la mente deve adattarsi ad un ritmo accelerato, mezz'ora di esercizio e mezz'ora di meditazione.
Il più straordinario dei lavori mentali è quello della meditazione, perché di dove gli viene tutto all'uomo, saggezza, conoscenza, se non attraverso l’orazione? Quando domandarono a San Buonaventura quale era il libro dove imparava i suoi begli sermoni, li condusse alla sua cella, all'angolo dove soleva pregare, e rispose: "Quello è il mio libro, il mio maestro, il mio insegnante."
La meditazione, l'ora dedicata a Dio, è la fonte di ogni luce e saggezza. Ma l'orario dà ancora molto tempo per studiare: due ore di Silenzio Rigoroso, un'ora di Insegnamento, un'ora dei doveri dell'Ordinato (Interpretazione e Studio), ed ancora mezz'ora alla notte. Quelli che amano lo studio e desiderano approfondire il suo sapere hanno ore di pace in che nessuno verrà ad interromperli o distrarrli.
Il lavoro mentale, allora, sebbene separato, sta posto elasticamente e proporziona la possibilità di studiare tutto quello che si ami. Se i Figli del mondo credono che l'Ordinato non ha lavoro intellettuale è che non conoscono la vita di Comunità.
Queste sei ore lavorative intellettuale sono compensate, per riporre energie, con sei ore lavorative manuale.
Queste ore lavorative manuale sono la gloria di molti Figli.
Il lavoro manuale, fondamentalmente, è quello che pulisce la mente ed il cuore di tutti i mali. Ma è anche ora di delizia; deve essere fatto in silenzio e porta ad un'attività che a volte diventa completamente incosciente. Per quel motivo si abitua, quando i Figli siano riuniti che cantino inni, facciano preghiere o leggano insegnamenti.
L'organismo si va disintossicando non solo dei mali fisici bensì degli astrali e mentali e così c’è tempo per avere il pensiero unito con Dio.
Tuttavia, a volte si osserva che molti Figli, che devono essere soli, non sogliono pregare, a recitare salmi e preghiere. Lo fanno interiormente, ma tutto riuscirebbe molto bene se mantenessero quell'abitudine.
Inoltre, il lavoro manuale, come si realizza in Cafh, fa che gli esseri siano atti per la vita, non materialmente, bensì per fare rendere alla vita. L'educazione del mondo fa che gli uomini siano atti solo per una cosa, ma per possedere il tempo l'essere deve essere atto ed avere buonsenso per tutto: trattenersi a pensare, a ragionare ed a sapere fare le cose.
Il Seminario insegna agli esseri ad essere persone capaci, e non solo a fare una cosa, bensì ad approfittare di una cosa. Una donna non è donna se non sa cucinare, lavare, pulire come è dovuto. Potrà avere un gran mestiere, ma non è donna completa. Un uomo può essere un gran personaggio ma se non sa fare di tutto, se non ha esperienza, non è niente.
Il lavoro manuale ha realizzato il miracolo che, per esempio, se c'è un Figlio con una professione, tutti i Figli abbiano un senso della stesso e siano un po' professionisti: riflesso che acquisendo un Figlio una cosa l'acquisiscono tutti i Figli. Si contagia la capacità se si esercita con una vera perfezione. I Figli si equipaggiano tra sé; hanno gli stessi difetti e le stesse virtù; c'è equilibrio.
Inoltre, per esempio, non può immaginarsi ad un elettrotecnico che sia solo elettrotecnico; avrebbe una sola cosa. Deve essere un po' fabbro, un po' falegname; sapere ogni tipo di manualità, tutto quello che possa essere di utilità per una Comunità. Quello bisogna curare nel Seminario; la vista del Direttore deve essere molto penetrante affinché insegni soprattutto ai Figli quello che non sanno fare. Una Figlia non può uscire dal Seminario senza essere perfettamente competente nella cucina. Gli uomini devono sapere fare lavori pesanti. Se non hanno salute sufficiente per quello non sono atti per questa vita. Non bisogna ammazzare i Figli col lavoro bensì sperimentare i suoi muscoli, perché i muscoli sani indicano un cervello sano, una mente orientata.
Anche le donne devono fare i suoi lavori pesanti; soprattutto si sperimenta la Donna nella cucina e nella lavanderia. Allora quando escono dal Seminario sono uomini e donne. Quello che si sa si sa, e quello rimane per sempre.
Le altre dodici ore dell'orario di Comunità sono di straordinaria importanza per la conquista del tempo: sei ore di rilassamento attivo e sei ore di rilassamento passivo.
Gli uomini non sono atti, la maggioranza delle volte, per la vita perché vivono una vita agitata, una vita antinaturale; e la natura umana ha certe bisogno che chiede imperiosamente.
È difficile immaginare il potere di adattamento e resistenza che ha la natura umana, ma se gli è chiesto troppo si rovina prima di tempo. Quindi oggi l'Umanità stà malata prematuramente; ma non ammala fisicamente, con un male definito, determinato, bensì con una malattia nervosa che si riflette continuamente nella stanchezza e malesseri stomacali ed intestinali. Alla gente non le rimane tempo per la natura, ma deve pagare per quel motivo il tributo: soffre la parte operativa, mentale.
L'uomo non ha ore per mangiare, non ha tempo per un po' di spargimento. Inoltre, gli spargimenti degli uomini non sono tali; che cosa importa se si ha una domenica o una fine settimana per andare a riposare al campo o fiume, se durante tutta la settimana si è esatto molto alla natura più di quello che può dare.
Le sei ore di rilassamento attivo sono affinché agisca tutta la cosa inconscia dall'essere.
Un Figlio del mondo disse una certa volta: "Quanto tempo hanno gli Ordinati per mangiare, distrarsisi. Perdono molto tempo in quello." Il buon Figlio non sapeva la cosa saggia che è l'orario disponendolo così. La natura non è una macchina che cammina senza fermare.
L'alimentazione ha gran importanza e bisogna dargli il suo tempo. Il tempo indicato permette che lo stomaco segreghi i succhi gastrici senza i quali il bolo alimentare non può trasformarsi in vita per l'essere.
Quindi il Regolamento dà sei ore per lo spargimento: passatempo, cibo, toilette. Ma c'è una tendenza nei Figli e Figlie di Comunità a non sfruttare bene quelle ore. Sempre la natura deve fare quello che non deve. È una tendenza molto naturale dell'essere non fare le cose alla sua ora, e è tanto comodo smettere di farlo! I Superiori non sono liberi dell'obbligo sacro che hanno colla Divina Madre di compiere perfettamente l'orario. Per di lì può entrare un difetto che faccia a tutti schiavi del tempo. Facciano ad ogni ora quello che devono fare.
Per esempio, se si sta nel passatempo, tranquillo, passa quell'ora senza rendersi conto. Ma se si è inquieto, se si ha qualche sofferenza, il Figlio deve assentarsi alcuni minuti dal passatempo. Quello vuole dire che qualcosa gli passa che ha qualche dispiacere, qualche malessere. Se stesse in un completo abbandono non dovrebbe in nessun modo allontanarsi dai suoi compagni.
Inoltre, è terribile l'abitudine di dovere fare sempre un'altra cosa nell'ora del passatempo. Se si toglie l'ora del passatempo per fare un lavoro che non si è fatto opportunamente, quello è un'ora persa. Si troverà già il momento di farlo; indubbiamente se nell'ora lavorativa manuale si fa studio, non si terrà mai tempo per niente.
I Superiori e Vici- facciano che i Figli amino il rilassamento nel tempo di riposo. Ancora se si cuce o tesse nell'ora di passatempo quello tempo di lavoro è distinto di quello di lavoro manuale; cioè, il Figlio non si rende conto che lo fa.
Quando in ore di passatempo due Figli devono lavare ed asciugare i piatti, quello che lava deve essere rapido e non avere molti aiutanti. Uno lava i piatti; se quando finisce sta quello che asciuga, corre e ritorna al passatempo. Quando sono due Figli in una Comunità risulta tutto più difficile perché c'è più cameratismo ed in tutto si aiutano, ma l'osservanza si va al suolo.
Il Figlio deve fare il passatempo. Se vuole aiutare troppo non c'è rilassamento, c'è molta attività e non c'è oramai passatempo.
Le sei ore di sonno sono di rilassamento passivo.
I Figli devono dormire sei ore. L'organismo dei giovani deve dormire; migliore che studino meno e dormano più. Dopo, quando passi il tempo, devono dormire le sei ore. Se si nota che non si dormi bene di sera si eliminano le ore di sonno del pomeriggio.
Attualmente la struttura nervosa dell'essere umano può paragonarsi ad una tavola nella quale si vanno prendendo e spegnendo continuamente piccole luci. Il sistema nervoso è come quello tic-tac di un orologio. Ma negli esseri non si sosteni quello ritmo; è come se fossero lampi, un scarico e silenzio; o come quando un atto si mette in moto con tutta la sua potenza e subito si ferma.
L'orario di Comunità fa che quello sparisca.
L'organismo nelle ore del sonno si ristabilisce nervosamente, ma come gli esseri comuni non arrivano alla dimensione profonda del sonno devono dormire molto; se arrivassero lì con mezz'ora avrebbero sufficiente.
Quando il Figlio incomincia ad adattarsi all'orario di Comunità gli eccedono sei ore di sonno. La vita di Comunità è modellata di tale forma che trasforma all'organismo in un perfetto orologio.
Insegnamento 4: La Morte Mistica di De Rancé
De Rancé, il riformatore del Cister, il fondatore della Trapa, è una delle figure più belle della contemplazione della morte e del dolore.
Quando è che la morte lo richiama alla vita vera, che l'estrae dell'illusione del mondo per portarlo alla cima della più pura santità? A volte la Divina Provvidenza dispone mali che diventano beni.
In un secolo come il XVII dove la devozione e la vita ritirata stavano tanto rilassate, non richiamerebbe l'attenzione questo giovane che aveva abbracciato più il sacerdozio per posizione ed interesse che per devozione, che trascurava tanto i suoi doveri di prete per darsi al buon vivere. Ma ci sono fibre nel cuore umano che quando si toccano rispondono ad una chiamata, forse divina, attraverso la carne e la miseria.
Si racconta che De Rancé, che era andato di piacere in piacere durante la sua giovane vita, si invaghirsi troppo di una marchesa ed era lo scandalo della corte e di ogni Parigi. Ma Dio toccò questo uomo che era più pieno di piacere che di amore e gli diede l'amore per il cammino del piacere. Sempre il male, anche il cattivo amore, è alla fine una cosa sacra, perché fa all'essere staccato, sacrificato; lo fa soffrire, e la sofferenza è sempre buona.
La marchesa, ricca, giovane e la più bella della corte della Francia, fu preda di alcune febbri violente e strappata rapidamente per la morte. Scrive un amico di De Rancé che tutti credevano che diventerebbe pazzo; la sua disperazione non aveva limiti; il suo dolore era dei dolori più grandi e sentiti. Anche eggli potrebbe aversi perso e darsi alla disperazione, ma sicuramente l'anima di quella donna che l'aveva voluto appassionatamente, il suo karma e la sua mancanza, dall'altro mondo, volle salvarlo.
De Rancé si era ritirato al suo castello e camminava solitario un pomeriggio per i campi, non volendo vedere né scrivere a nessuno. Vide allora in lontananza una fattoria che ardeva. Pensò che come era tempo di raccolto i campi si erano incendiati e corse verso là per vedere quello che passava. Ma man mano che si avvicinava il fuoco fuggiva e seguendo si trovò nel bosco solitario. In fondo del bosco si alzò una donna che ardeva nel fuoco. Se la vedeva fino alla cintura; il capello copriva il viso ma il suo aspetto era come quello del viso della sua amica. Ella gli volle dimostrare tutto il patimento, tutta la sofferenza che doveva sperimentare la sua anima per quello fuoco di passione che aveva avuto in questo mondo.
Da quello giorno De Rancé cambiò la sua vita. Fu un altro uomo. Abbandonò le prebende, la corte ed il palazzo e si ritirò del mondo, fino a che arrivò finalmente al suo convento della Trapa dove fece scrivere sulla porta della sua cella: "Il ricordo della morte è la mia vita, la mia salvazione."
Ma non solo quello. Quello patimento che egli intravvedi nel aldilà, facendolo pensare che quella Donna soffriva per colpa di lui, fece che questo uomo ammirabile istituisse come una fine primordiale tra i suoi monaci il sacrificio continuato per la salvazione delle anime che soffrono nel aldilà, per le anime disincarnate che non hanno luce.
La missione di rinunzia fa che il Figlio sia sempre di più sensibile, più sottile. La sua vita d’orazione, di raccoglimento, l'allontana dallo schermo del mondo e fa che attraverso il’orazione possa molte volte attraversare il ponte ed arrivare alla vita di l’aldilà. Dentro il genere umano che egli deve redimere stanno anche gli esseri disincarnati.
Non si creda che questi esseri stanno lontano perché non può vedersili o toccarsili; inoltre, molti stanno particolarmente vicino ai Figli, già sia per alcuna missione, per aiutarli, o semplicemente per chieder aiuta per potere liberarsi dei lacci della carne.
Chi più che le anime che hanno rinunziato al mondo, che si hanno offerto comme un olocausto alla Divinità, possono aiutare alle anime che soffrono, che non hanno luce per vedere il mondo glorioso dove devono penetrare, che soffrono martirii che la mente umana non può immaginare?
Se i patimenti di quella povera marchesa sono morali, interiori, devono essere più spaventosi, devono bruciare tutta la fibra del suo essere, dargli un dolore che arriva al massimo sensibile dell'anima. È un essere che si affoga continuamente e che, vedendo al suo amico sente che attraverso la vita egli può salvarla. Quindi eggli retorna e le tendi la mano.
Quella è una delle missioni più fondamentali dei Figli di Cafh: dedicare una parte della sua orazione, dei suoi sacrifici, per aiutare alle anime disincarnate che stanno intorno e soffrono e patiscono nel aldilà. Perché fino a che l'anima non si slega dei lacci della carne non può penetrare, è legata tra il cielo e la terra, tra la Porta dell'Eternità e la Porta della Vita Terrena.
Il Figlio non può dimenticare i defunti, a quello numero di esseri tanto gran che stanno lì ripetendo il processo del suo patimento. Dolore che nasce dall'idea che si sono formati durante la sua vita secondo le sue credenze. Un cattolico, per esempio, si sente catturato per le fiamme del purgatorio; una persona che non ha fede religiosa sarà legata agli oggetti, agli esseri che amava sulla terra; continuamente vorrà andare lì a toccarli, e soffrirà orrori.
La missione del Figlio è dare luce a questi esseri, dare la sua vita, i suoi Voti; fare sacrifici, preghiere.
Il Bonavventurato Buddha, quando parlava di redimere all'Umanità non escludeva né agli animali né il più piccolo insetto. Così il Figlio deve abbracciare ai vivi ed ai morti: ai che stanno sulla terra, ai che sono andati via ed ai quelli che devono venire.
Missione completa, assoluta. Ma, per quello, è necessario che nelle meditazioni si trattengano molte volte su questo oggetto. La considerazione della morte e della vanità del mondo è quello sentire che fa comprendere il valore, non solo della morte, bensì di quello che esiste dopo la morte. È uno dei puntelli della Rinunzia, è un modo per potere sbarazzarsi della materialità.
Alle anime disincarnate è data la orazione, che è quello che quelli esseri necessitano; essi danno quello senso del mondo astrale, della liberazione. Non si dà niente per niente. Inoltre, quelle anime disincarnate che soffrono nel aldilà, mettendosi in contatto col Figlio attraverso preghiera ed obblazione, si trasformano in suoi protettori e non li dimenticano mai.
Gli esseri che stanno nel aldilà hanno grandi patimenti, ancora per piccole cose. Conta una sacra anima che, stando in orazione, la sua più fedele amica che era morto recentemente, si avvicinò a lui. Aveva un aspetto molto triste ed afflitto; se la vedeva come venendo per un vicolo oscuro, mostrando le sue gambe piagate come se non potesse camminare. Gli chiedeva aiuto e cura per quelle gambe. Passò allora ella una notte completa in adorazione, pregò molto per la sua amica, fece molti sacrifici fino a che finalmente, dice, potè liberarla. Era un'illusione quella che stava soffrendo, perché quell'anima, dopo apparire altra volta, gli disse: “Ti ricordi che, come te, yo stavo per entrare in religione, ma mia madre mi convinse affinché io mi spossasi? Ma come io nel mio cuore mi ero offerto a Dio, Egli mi portò di questo mondo, e per quella colpa commessa mi vedevo senza gambe, non poteva camminare. Non aveva vocazione per camminare. La tua vocazione mi ha salvato, ma aiuta ora mia madre." Effettivamente, la madre, morta pochi giorni dopo, una notte si presentò davanti a lei con una caviglia fratturata; quindi gli disse che l'aveva così perché non aveva sostenuto la vocazione della sua figlia.
Se questo porta tanti dolori e martirii nel aldilà, come saranno quelli dei uomini che commettono crimini, quelli dei esseri che passano tutta la vita facendo il male! Dedichino per quel motivo i Figli le sue meditazioni e preghiere alle anime dei defunti. Quello farà che possano attraversare con più facilità il ponte tra la terra ed il cielo. Che il suo pensiero consideri quelle anime e li ricordi nelle sue meditazioni.
Durante l'anno c'è sempre un Figlio che ha la missione di pregare per i defunti. Quello deve essere il pane di tutti i Figli. Magari potesse avere un giorno sufficiente numero di Figli Ordinati affinché quella missione che ora deve limitarsi ad un'ora di adorazione per le anime degli esseri che hanno lasciato questo mondo, possa essere un'obblazione perenne, di giorno e di notte, per le anime dei defunti. Fino agli esseri migliori devono soffrire un po' mentre si vanno smaterializzando. Allora quella orazione sarebbe una continua forza, una fiamma di luce incessante, che li porti per il cammino. Come quella santa donna illuminava i viaggiatori nella montagna quando essi venivano dal Cile e si perdevano nei passi per il vento zonda, di uguale maniera i Figli, per mezzo della sua continua preghiera, accenderano un lanternino per illuminare le anime ed indurrli a pensare che hanno abbandonato il mondo, che sono già esseri liberi, e che possono adorare pienamente a Dio.
Dopo la considerazione della morte viene la considerazione dal gran abisso dove soffrono gli esseri disincarnati, le povere anime che abbandonarono il mondo.
I Figli di Cafh devono stare in tutto, l'abbracciano tutto. La sua rinunzia non è unicamente per la sua perfezione, bensì per la perfezione di tutti gli esseri. Non si tiene idea di quanti sono le anime che soffrono nel mondo astrale. Non può scegliersi allora un'anima disconosciuta e darli preghiere e sacrifici durante il giorno, come si fosse il suo padrino, fino a che quell'anima vada alla pace? Tutti hanno un povero essere aspettando l'aiuto del Figlio che forse spera da molti anni.
Molte volte si crede di alcuni esseri morti que sono grandi e non necessitano aiuto, e forse portano nell'altro mondo un carico molto gravoso di falli. Là aspettano aiuto; si crede che stanno nella pace ed essi sono quelli che più necessitano. Bisogna chiedere per tutti quelli che sono morti violentamente, uccisori, suicidi, traditori, rinnegati, peccatori della carne. Per tutti quelli che si incamminarono verso il aldilà e patiscono. Questi esseri stanno in tenebre ed unicamente li illuminano i veli e le cappe bianche degli esseri che hanno lasciato il mondo in vita.
Che cosa sarebbe di essi se il Figlio non li tendesse la mano? Il Figlio di Cafh non deve dimenticare mai questa gran missione: Pregare, pregare e pregare per quelli che soffrono nel’aldilà.
Insegnamento 5: Effettività Possessiva della Rinunzia
La Rinunzia è l’unica verità data a conoscere agli uomini perché è la parte completamente opposta all'attaccamento che è falsità, ignoranza, sul quale collocano gli uomini la sua conoscenza.
Il desiderio di vivere permanentemente, il credere che il mondo è un bene durevole è causa di tutte le miserie, di tutto il dolore e di tutto il male del mondo. L'Universo non è più che un gran divenire, un cambiamento continuo, un incominciare e finire, un nascere e morire. L'uomo colloca tutta la sua conoscenza sull'illusione, come se il mondo non fosse un divenire altro che una permanenza, come se i beni non fossero cangianti bensì stabili, come se la vita gli appartenesse.
Questo senso illusorio ed ignorante di permanenza e stabilità sulla terra è causa dell'attaccamento degli uomini alle cose materiali, che stabilisca una differenza tra lui e gli altri. Questa differenza gli crea l'illusione che sia padrone di qualcosa. Il volere essere padrone di qualcosa porta con sé un ignoranza tanto grande che fa che l'uomo soffra, patisca, non trovi consolazione, e voglia attaccarsi sempre di più, afferrarsi disperatamente a quelle cose che gli sono stati date per un istante, alle quali non deve attaccarsi perché non sono sue, benché egli creda che sono completamente sue.
La Rinunzia è la verità perché fa che le anime si stacchino degli oggetti interni ed esterni che sono illusori. Ma questo ammirabile atto di distacco di tutte le cose, questo Dono divino di staccarsi in vita di tutto quello che bisogna abbandonare prima o dopo, quello fiore della Rinunzia che è il disinteresse, deve stabilire nell'anima qualcosa di immutabile, che non cambia, che rimane, che perdura: la sicurezza assoluta del possesso della Verità, del possesso dell'unico bene, del bene della Rinunzia.
Non può immaginarsi allora un Figlio Ordinato con attaccamenti alle cose del mondo che ancora abbia l'illusione di avere alcuno cosa, di possedere qualcosa sulla terra. Gli uomini hanno molti attaccamenti, soffrono molto per essi, ma hanno una scusa: essi collocano la sua conoscenza sulla falsità, l'ignoranza. Essi non guardano al sole, bensì l'ombra che riflette il sole sulla parete. I suoi attaccamenti sono causa dei suoi dolori, la sua miseria è causa delle sue legature. Ma questa miseria ha una giustificazione, ed anche è possibile ammirare il suo valore ed interezza. Ma coi attaccamenti nelle anime consacrate, in quelle che conoscono la Verità, quell'acquisisce quasi l'aspetto di una gran infedeltà. Ma, tuttavia, se ancora così si potesse tollerare e perdonare certi attaccamenti del cuore che gli stessi Figli devoti non sanno a volte ancora distinguere, non possono tollerarsi gli attaccamenti della conoscenza, della mente.
Una certa volta un Figlio domandò al suo Direttore Spirituale se non gli fosse piaciuto imparare un certa lingua. Egli rimase guardando quell'essere che aveva fatto Voto di Rinunzia e che domandava ancora se gli piaceva una materia, e gli rispose: ¿Il giorno che mi ordinai, per caso ammisi che c'era qualcosa che mi piacerebbe? Naturalmente che mi fosse piaciuto, ma un Figlio Ordinato non può attaccarsi alla conoscenza. Quando era giovane mi era piaciuto viaggiare, studiare, conoscere, etc., ma studiai quello che era necessario per compiere la mia missione e nient'altro."
Il concetto di disinteresse deve essere tanto chiaro e forte nei Figli che essi né possano pensare di attaccarsi a qualcosa, ancora se fosse intellettuale, perché la natura crede sempre che sarebbe buono questa o la cosa altra, soprattutto in questioni di conoscenza. Non può aversi attaccamenti materiali ed avere attaccamenti alle cose più elevate, agli spirituali.
Il disattaccamento del Figlio deve essere spontaneo, naturale, continuato, evitando che niente si infiltri nel suo cuore, che niente lo separi di quell'abbandono assoluto in braccia della Divina Semplicità, della divina libertà; perché la conoscenza della Verità che gli ha concesso il Voto di Rinunzia gli ha dato la grazia del distaccamento, che non ha composti di ignoranza e sapere, di volere e non volere, di fare e non fare; che lo mette in contatto con Dio che è la perfetta semplicità, senza composti, senza mistura.
Nella Comunità, la mancanza di attaccamento alle cose del mondo non ha fatto solo che il cuore si staccasse degli affetti, la mente della volontà dell'io, ma le Figlie ed i Figli si allontanassero dal mondo, rimanessero in un Raggio di Stabilità, facessero l’obblazione di amore per l'Umanità, fossero rinchiusi volontariamente. Essi non solo non sono del mondo, bensì hanno abbandonato al mondo. Questo è uno dei doni più grandi e meravigliosi che ha dato loro la Divina Madre.
A volte sembra che non si meritasse questo dono, che portasse ad una comodità interiore, che fosse egoismo allontanarsi dagli esseri, vivere completamente separato dei dolori del mondo, ancora quando la missione del Figlio lo porti molte volte all'aiuto e la salvazione del mondo; ma quell'immagine di isolamento non è più che apparente.
Tuttavia, ancora vivendo appartati dentro il Raggio di Stabilità, a volte la mente, (soprattutto la fantasia e l'immaginazione ritornano continuamente al mondo, alle cose che furono e delle quali si sono staccati già. Allora si puo domandare: "Figlio, se il tuo distaccamento è reale, non sarà un po' di attaccamento, ignorato per te, quello di ritornare continuamente colla mente al mondo e che appaiano immagini di quello che fu? Attenzione, anima consacrata! perchè l'ignoranza e l'illusione sanno tendere molti ponti per arrivare all'anima, per entrare dentro il Raggio di Stabilità interiore, dentro la clausura del santuario che non bisogna toccare." L'illusione ha molti mezzi, e questi che sono quasi sempre interiori, appaiono lì, in fondo dell'anima.
È necessario che continuamente l'anima si lavi nelle acque di questa divina e perfetta semplicità, si abbandoni completamente nelle braccia di questo senso di rinunzia e distaccamento affinché non ci sia mai qualcosa che la disturbi, che interferisca come quella goccia di colorante che vuole cadere sull'acqua pura dall'anima consacrata.
Non è assolutamente certo che l'anima che ha fatto Voto di Rinunzia abbia un assoluto distaccamento; quello che ha è l'assoluta convinzione, la conoscenza che il distaccamento è 'unica verità, l'unico bene che possiede già internamente e spiritualmente nella sua totalità. Questa conoscenza dovranno dopo acquisirlo a poco a poco le parti spirituali dell'essere. Ma... non ritardare! Perché l'illusione e l'ignoranza potrebbero altra volta captare ed oscurare l'intendimento.
"Attenzione le anime consacrate!, perché il nemico dell'Umanità continua facendo la ronda continuamente come una fiera attorno alle sue anime per divorarli; ma quello che resista sarà forte nella Fede." Queste parole hanno un senso straordinario. La fede è il dono della verità, perché la fede non è altro che una perfetta Rinunzia.
La rinunzia è la Verità, dà la Verità, e fa partecipare a Dio e vivere in Dio, e salvare alle anime. Ma si vive nel mondo dell'illusione e l'ignoranza, e questo dono di Rinunzia deve acquisire collo sforzo continuato. La vita non nasce dall'esperienza, nasce dallo sforzo continuato, dell'abitudine continuata della Verità, dell'affermazione colla propria vita, colla propria dimostrazione, col proprio esempio di quello che si crede. Si terrà così il dono della fede.
Molte persone spirituali dicono che stando in contatto col mondo si partecipa della sua vita, delle sue miserie. Ma gli Ordinati non vogliono vivere nel mondo bensì salvarlo; salvare al genere umano e le anime, e non partecipare alle sue miserie. Perché in questo mondo l'ignoranza e l'attaccamento portano la separazione: tutto diviene "tuo", "mío", "questo" e "quello", due cose diverse che finalmente collidono e distruggono l'un l'altro.
Ma dove si stanzia il separatismo? Sulle sensazioni; se non ci fosse sensazione differenziata non ci sarebbe separatism. E con che cosa le sensazioni si manifestano bensì coi sensi?
L'uomo dice: "Cogito, ergo sum." Penso, dopo sono. Ma questa affermazione che è bensì pensare colle sensazioni, coi sensi, con quello che vedi, sente, annusa, tocca, piace? La falsità della conoscenza degli uomini consiste in che si stabilisce su il separatismo, unicamente si conosce attraverso le sensazioni che si manifestano per i sensi.
Tutto quello è illusione; lo spirito è completamente nascosto, appartato. Non può partecipare alla miseria del mondo perché sono i sensi quelli che governano.
Non si dica mai che è Dio che fa le guerre, ammazza gente, fa il male. Non è più che l'ignoranza, l'ignoranza che Dio diede all'uomo un dono celestiale, mezzi per praticare il bene nella vita, e l'uomo li prese e trasformò in un ente fondamentale; subito l'uomo tradì così a Dio.
Quando l'uomo ritorna a Dio vuole farlo attraverso i sensi, ma non vede più che l'illusione di Dio, non vede al Dio puro, semplice, vero.
Se il Figlio si governa per i suoi sensi cadrà nella separazione, sarà completamente lontano della verità della sua vita di rinunzia. Solo con l'abitudine e la forza può consolidare l'essere e trovarsi a sé stesso, alla Verità. Non potranno i Figli di Cafh possedere il suo Voto di Rinunzia se non dominano i suoi sensi, se non portano bene nelle mani i suoi sensi.
Quindi, da quando le anime entrano al Seminario, non è solo necessario che governino i sensi colla mente, ma che li dominino coll'abitudine. Quante volte si è visto che un sguardo, una parola, una sensazione, è stato abbastanza per distruggere il lavoro di tutto un mese, forse di tutta una vita. I Figli che disprezzano le virtù che permettono loro di vigilare i suoi sensi potranno essere molto forti, magari non inciampino.
Tutto il movimento del mondo ed anche tutta la falsità, l'ignoranza ed il male del mondo entrano attraverso i sensi. Quello che non ha dominato i sensi è un uomo o una donna di buona volontà e nient'altro, ma non avrà realizzazioni; la sua vita rimarrà lì statica, non sarà una vita spirituale piena. In una parola: sarà un'adesione, un sforzo, ma mai una realizzazione divina.
Soprattutto nei Seminari può vedersi l'importanza del dominio dei sensi: è imprescindibile per la morte mistica, affinché possa riuscirsi la pienezza del Voto di Rinunzia.
Si sa molto bene ch’è difficile mantenere la vista in un luogo; sembra insignificante, ma fugge continuamente. Si sa bene che se il Figlio non riesce questa abitudine nel Seminario, non l'otterrà dopo nel lavoro intensivo. Si sa quanto costa praticare bene quella virtù ed il gran bene che apporta all'anima. Il mondo che l'uomo ha lasciato non lascerà facilmente la sua preda.
Quante volte hanno detto i Seminaristi al suo Direttore Spirituale: "Perché sarà: ho visto una porta; quella porta mi ha portato l'immagine di un'altra porta, dopo di una persona... In una parola, mi ha portato al mundo”. Oppure ha visto una persona nellastrada ed il pensiero ha tornato al mondo. Ma quando gli è domandato: "Come ha passato oggi il giorno?; se non ha guardato nessuno, risponde: "Oggi sono stato tranquillo, contento."
Le sensazioni che portano i sensi sono infinite. Gli attaccamenti si manifestano di molti modi: Si riceve una lettera della casa e dopo di leggerla se la dimentica completamente. Giorni dopo se la vede casualmente e viene tutto il ricordo dalla famiglia, i suoi dispiaceri e difficoltà. Quindi si cerca già la lettera; si legge, si guarda, si ricorda e ritornano le stesse sensazioni.
Il Figlio disattacato lo sta di tutte le cose e bruccia tutti i suoi ricordi, ancora i più insignificanti, perché danno la sensazione di quello che si è fatto, lasciato, abitato.
Ma il distaccamento dei sensi non fa al Figlio insensibile davanti a tutte le cose.
L'uomo della città deve portare occhiali. Se esce al campo non vede quello che c'è ad una lega bensì al massimo distingue una macchia. Ma l'uomo di campo vedi in quella macchia un animale, un carro, una persona che cammina. Quello che domina i suoi sensi non li perde, bensì impara a vedere altre cose più grandi e sublimi. Non vedranno le fantasie illusorie del mondo, ma vedranno le vere necessità di quelli poveri esseri che hanno lasciato lì e che credono che col sentimentalismo può componere le sue situazioni; lo vedranno se hanno una vista vera, quella che si acquisisce col dominio dei sensi.
Non sanno oramai i Figli avere quella sensibilità per partecipare ai gusti e piaceri del mondo, ma avranno mani che sapranno alleviare i mali, e portare su una testa afflitta la pace e la calma. Non avranno sentito di ascoltare i rumori che vengono da lontano, ma sentiranno la voce dei Maestri, il Messaggio, la parola che devono portare all'Umanità.
Bisogna comprendere molto bene che i sensi dell'uomo gli sono stati proporzionati affinché conosca la vita, ma non affinché lo servano da tirannia né affinché sparisca come un essere spirituale e viva come un essere sensibile; né affinché i sensi esterni ed interni siano i padroni assoluti dell'essere. Che Voto di Rinunzia sarebbe quello del Figlio se egli vivesse come gli uomini? Bisogna avere i sensi nelle mani, lottare per tagliare tutto quello che può arrivare attraverso la sensazione esterna. Un Figlio coraggioso, un'anima consacrata, non può attaccarsi a ragazzate che gli tornano a dare sensibilità materiali, bensì deve bruciarlo tutto, tagliare ogni laccio, per rimanere puro e fisso nell'Isola del Signore.
La rinunzia rompe il separatismo: non rimane altro che Dio di fronte all'eterno divenire dell'Universo.
È necessario prendere alcuni esempi dei grandi esseri per vedere a che alto stato di spiritualità e concetto morale porta il dominio dei sensi ed il vero senso di rinunzia. Per trovare questi esempi bisogna cercare nelle fonti inesauribili del Buddismo che possiede principi di moralità, dominio dei sensi, carità verso il prossimo, come dominio del separatismo, non l'ha un'altra religione né filosofia.
C'era un giovane che voleva seguire il sentiero di rinunzia del Bonavventurato Buddha, e sebbene ancora non poteva farlo per dovere mantenere alla sua famiglia, sperava di componere le sue cose per potere un giorno seguire il sentiero del Bonavventurato. Ma questo gli aveva detto: "Ancora prima di entrare alla Comunità puoi vivere la vita divina se ti separi da tutte le cose del mondo e vivi puro, casto e mortificato." Molte donne andavano a comprare al negozio di profumi che egli aveva. In quella città viveva una famosa cortigiana che, come occorre sempre, vedendo che c'era nel commercio un giovane che non si lasciava portare degli incantesimi illusori ed esterni, che si manteneva sempre modesto e senza guardare nessuno bensì Dio, concepì verso lui una passione. Così mandò una delle sue serve col messaggio: “La mia signora vuole darti il suo amore." Rispose il giovane: "Di' alla tua signora che non ho tempo per quelle cose." Questa infelice donna ritornò insistendo perché pensò che il giovane non si sentirebbe con possibilità per arrivare fino a lei. Gli fece dire che non dovrebbe pagare nessuna cosa, nessun denaro. Disse il giovane: "Di' alla tua signora che non ho tempo né mi interessano quelle cose." Ascoltando questo si infuriò la Donna e si proporsi vendicarsi: lo diffamò per tutta la città; ma egli non staccò le labbra. Quella donna aveva, inoltre, un gran odio per un certo uomo, e come aveva un amico poderoso fece che l'assassinassero. Ma il giudice della città che era molto giusto, la scoprì e dettò una sentenza terribile contro lei: la porterebbero al cimitero affinché lo tagliassero lì i piedi, dopo le mani, il naso e le orecchie. Eseguirono la sentenza. Il buon giovane venne a sapere questo e disse: "Prima quando questa povera donna mi offrì le bellezze illusorie del suo corpo non doveva ascoltarla, ma ora dobbiamo andare affrettatamente ad offrirgli il nostro amore."
Ed il giovane andò a cercare la donna. Quando l'infelice nella sua disperazione gridò: "A che cosa vieni, per caso ad eluderti? Perché non venisti quando stava piena di potere per darti piacere e felicità?”. "Non vengo a ridere del tuo male, vengo a chiedere il tuo piacere. Ora puoi darmi il piacere vero, quello della comprensione dell'anima. Il tuo corpo doveva finire colla sua bellezza, ma la bellezza del tuo cuore, della tua anima, non perirà mai. Voglio essere tuo. Permettimi che ti dia un bacio." Ella tremò nella sua agonia, ed attraverso quello bacio trovò altra volta la pace, la comprensione della vanità del mondo.
Dice il libro buddista che, morendo, la sua anima si espanse nell'Eternità per quello bacio di salvazione.
La Rinunzia non annulla i sensi bensì li vivifica, fa che si stacchino dall'ignoranza del mondo, affinché servano alla realizzazione dall'opera nel mondo attraverso la Verità.
C'erano nei tempi del Venerabile Buddha un re molto saggio che praticava la legge del Maestro e che educò suo figlio in quella dottrina. Gli diceva sempre: Mio figlio, un giorno tu sarai re, ma ricorda che tutto passa in questo mondo, tutto è perituro; che cosa è un regno in questa terra per un principe che deve morire, che può essere tradito dai suoi vicini, vinto per la guerra? Il regno vero è quello dello spirito, del sapere che tutto passa, che tutto perisce. Non consentire mai di crederti qualcosa. Tutti ti lusingano, ti adulano; i piaceri ti sono offerti, ma devi sapere che tutto quello porta amarezze. La verità è la legge del Buddha: l'uomo non deve attaccarsi a nessuna cosa sulla terra, bensì attaccarsi all'eternità."
Il giovane si educò in quelle dottrine. Sapeva essere principe.
Ma quello padre tanto saggio era sposato in seconda nozze con una donna che concepì per il principe una malsana passione, ed allo stesso tempo un gran odio perché egli non gli corrispondeva. Il principe chiese per quel motivo andare a terre lontane. Quando egli si allontanò, quella brutta donna ottenne il sigilo reale e mandò un'ordine affinché gli fossero strappati gli occhi per traditore. I consiglieri del giovane rimasero impauriti e senza coraggio per comunicarsila; ma finalmente egli la vide; tremò leggendola, ma disse: "È una legge; bisogna compierla." Nessuno voleva farlo, ma finalmente trovarono un povero lebbroso disposto per quello mestiere terribile. Tremava, tuttavia, l'uomo prima di eseguire la sentenza, ma il principe disse: "Questi occhi sono perituri, qualche giorno dovranno marcire nella terra. Inoltre, ho occhi immortali, come mi ha insegnato me stesso padre che mi condanna; tutto è perituro, niente dura né rimane." Quando gli strapparono il primo occhio lo prese nella mano e gli disse: "Oh, occhio perituro, che cosa sei ora bensì una cosa inutile e ripugnante?”. Quando gli strapparono l'altro occhio, disse: "Ora non solo conosco la verità bensì sento la verità, la verità che tutto muore: è, è, ed io la credo."
Dopo di peregrinare con sua giovane donna che lo conduceva della mano arrivò ai paesi di suo padre. Quando il re lo vide si spaventò e volle punire quella perversa moglie, ma il figlio non lo permise. Disse: "Padre, quelli non sono gli insegnamenti che tu mi hai dato. Questa donna non è più che un strumento dell'ignoranza e l'illusione degli uomini. Ella mi fece un gran bene. Prima solo sapeva che tutto è perituro, ma ora so che lo è, lo vedo, l'ho, lo possiedo; sono felice."
Che Ordinato ero quello giovane principe! Come ero riuscito la pienezza del distaccamento e la Rinunzia!
La Rinunzia è un bene senza attaccamenti, senza egoismi, senza differenziazioni e senza parti. Senza composti.
La Rinunzia è la Verità, un bene unico, assoluto, separato di tutte le cose materiali, mortali. Ancora dei più grandi e sublimi: è un Dono di una Perfetta Semplicità.
Insegnamento 6: Vincere il Sonno
C'è una bella leggenda tibetana che racconta la storia di come vincere il sonno.
Ci fu una volta un asceta di gran virtù e santità che arrivò a dominare tutte le sue menti, tutti i suoi sensi e tutte le sue facoltà, ma il suo desiderio era rimanere sempre unito colla sua mente a Dio. Per quel motivo incominciò a dormire molto poco, quasi niente; ma non potè vincere completamente il sonno. C'era sempre un momento, un'ora, in che mentre era seduto nel suo letto di legno, lo vinceva il sonno -–i letti degli asceti tibetani sono cassetti quadrati di legno dove essi sono seduti colle gambe incrociate; quando vogliono dormire appoggiano all'indietro la sua testa; non si coricano mai per dormire–. Ma lottò e lottò fino a che un giorno credè avere vinto. Passò molti giorni senza dormire ma una volta, mentre stava nella più alta contemplazione, perse la luce divina e rimase per alcuni istanti profondamente addormentato. Allora, dice la leggenda, pieno di ira contro sé stesso, ira sacra e spirituale, prese un coltello e si tagliò le palpebre per evitare così di essere dominato per il sonno. Facendolo caddero alcuni gocce di sangue al suolo, e quello sangue benedetto fece germogliare una pianta che sarebbe dopo stimolante ed aiuterebbe ad evitare il sonno: la pianta del tè.
Questa bella leggenda ha una gran saggezza: l'uomo non può vincere al sonno, deve dormire; e che cosa è il sonno bensì il fratello della morte, dell'Eternità, dell'eterno riposo? Per più sforzi che si facciano, per elevato che si procuri mantenere il pensiero, quando viene il sonno invincibile avvolge a poco a poco l'essere e gli fa perdere il senso, la memoria, il gusto, tutto, e lo trascina alle ombre ed il riposo.
Ma se non può vincere al sonno deve educarlo, deve meditare su lui. Bisogna educare quelle ore che deve dedicarsi al riposo del corpo fisico.
Gli esseri comuni hanno bisogno della metà della sua vita per dormire. Dove vanno, che cosa imparano, che mondi visitano?
Il sonno è come una morte, una piccola morte. San Paolo diceva: “Tutte le notti muoio in Cristo."
È buono abbandonarsi al sonno come se realmente andasse alla morte. Dicono che le anime sacre, tutte le volte che dormono, pensano che è come se abbandonassero il mondo e si dessero alla morte. Quell'atto è di suprema rinunzia perché non si arrende solo la vita colla mente ed il cuore, ma tutte le notti si ripete l'obblazione.
Ma non può meditarsi sul sonno se non si conoscono i passi dello sonno. Il sonno corretto deve attraversare i tre stati come se veramente l'anima morisse.
Il sonno è: vegetativo, associativo e mistico profondo. Molto pochi esseri arrivano al terzo sonno, al profondo; ma è lì dove il Figlio deve andare a rifare le sue forze. Ma prima di arrivar, passa per gli altri due tipi di sonno: per andare alla cima bisogna camminare in primo luogo per il pendio.
Questi tre sonni hanno un tempo determinato: è come un orologio che bisogna percorrere durante la notte. L'essere ha bisogno del maggiore tempo per il sonno vegetativo; un tempo minore per l'associativo, ed a volte solo alcuni minuti di barlume per il molto profondo sonno mistico.
L'uomo non si alimenta solo durante il giorno, bensì fa come la formica che in l’estate porta alla grotta tutto quello che necessita estate e l'inverno vive di quello. Così è l'organismo: di notte assimila gli elementi acquisiti durante il giorno. Sebbene la digestione si fa in piedi, di notte il ritmo di assimilazione è distinto. Ci sono elementi necessari per l'organismo, molto sottili ed ignorati ancora che possono essere solo acquisiti durante il sonno.
La maggioranza degli esseri si coricano e si abbandonano al sonno. Non c'è un passo tra il sogno ed il sonno. Non si fa allora quello sonno vegetativo tanto necessario all'essere umano che deve ricevere la forza energetica della vita. Egli la va acquisendo in molto poca quantità e molto lentamente. Ci sono certi fatti che permettono di rendersi conto di questo; per esempio, gli incubi. QuestI non si tengono per brutte posizioni, come si crede comunemente; quelli sono fattori esterni. Gli incubi vengono perché l'essere si abbandona al sonno e la sua mente è caricata di preoccupazioni. Allora il fattore astrale che si riflette nell'essere umano per il sistema nervoso vuole togliere al sistema vegetativo la sua parte invece di lasciarlo fare il suo lavoro. Il sistema vegetativo deve difendersi allora da quello che vuole invadere il suo campo. Per quel motivo sognare gatti, animali sulla schiena o lo stomaco, un mucchio di cavalli che viene correndo, un pesce grande che sta lì di fronte, con scoiattoli, indica che il sistema vegetativo non sta facendo bene la sua funzione.
A volte si sogna un momento prima di dormire, ma dopo non si sogna assolutamente niente. È che c'è un rilassamento assoluto di tutte le facoltà dell'essere. È la vera morte. L'essere muore in realtà piccole morti tutti i giorni; per quel motivo quando entra al sonno si tengono barlumi, visioni, che sono come un piccolo esame retrospettivo che si fa rapidamente per entrare dopo nel sonno profondo. Alcuni persone si alzano più stanche di quello che si coricano, e quello è perché c'è una lotta tra la forza associativa e la vegetativa. È come se portassero addosso il mondo. La ragione è che l'organismo non ha fatto il suo lavoro.
L'esame retrospettivo non ha molta importanza in sé. La maggioranza dei fatti quotidiani del Figlio sono sempre uguali: meditazione, lavoro, cibo, passatempo. È un esame molto rapido. L'esame retrospettivo ha un altro valore: interrompe l'impulso quotidiano.
La mente fa, durante il giorno, come una linea che si stende sempre di più, e come l'essere sostiene più ancora quella linea di forza, la mente si va debilitando. Allora al pomeriggio non si tiene oramai la stessa forza che alla mattina e la linea tende a rovinarsi. Bisogna incominciare a ripararla l'entrare nel sonno perché se si abbandona la nota affinché si perda sola non c'è lavoro di riparazione.
Vuole dire che il Figlio dice: basta così. Retrodata la sua forza, ritorna dietro, riduce a poco a poco la sua marcia. L'esame retrospettivo riduce la marcia del giorno, allora l'essere che dava giri alla ruota in un senso, dandola in un altro rimane immobile. Quindi insegnano mandare il sangue della testa ai piedi, cioè muovere la forza in senso contrario.
Un buon sonno vegetativo può dare in quattro ore gran recupero all'uomo. È l'esempio che si vede nei grandi uomini che, come Napoleone, necessitavano poche ore di sonno.
Dopo il sonno vegetativo bisogna rendere conto del giorno. Già il corpo ha assimilato tutti i suoi elementi; il corpo etereo è pieno di forza. Gli atomi X2 riempirono già quella parte eterea, quello secondo corpo dell'uomo. ed il corpo astrale può fare il suo lavoro. L'uomo senza il corpo astrale non può avere la vita dello spirito.
Le grandi forze si acquisiscono in quella zona mistica del sonno profondo, ma il corpo astrale non può fare quello se prima non filtra i canali per dove hanno passato tante immagini anteriori: l’emozioni, le lotte, hanno speso questa forza durante il giorno, hanno continuato a coprire i condotti e per di lì non può mettere l'altra energia. Gli aghi non si ripuliscono. Quello lavoro lo fa il sonno associativo: esaminare le cose che hanno impressionato durante il giorno, quello che si è perso spiritualmente.
A volte sembra che si sogni qualcosa senza senso. Per esempio: una persona in una casa che non si conosce. Il subcosciente mostra così ché si sbaglia, che qualcosa ha ricevuto il senso contrario, che nel momento di fare un'opera, questa opera è alterata. O per esempio che la casa è disfatta ed abattuta; che si è rotto l'automobile: vuole dire che non ha tirato fuori il prodotto da quella passeggiata. Associazioni che si presentano come immagini, ma che sono grandi lezioni se il uomo sa sfruttarli. Associano la cosa reale del giorno colla fantasia: la fantasia ha sfigurato la cosa reale durante il giorno e l'esperienza è di poco profitto.
Quando il giorno fu sano e sereno, le immagini nel sonno sono semplici, ma chiari: si ripulisce la Cappella ed alla notte si vede una Cappella grande. Quindi, il lavoro è magnificato ed ampliato. Si fa un vestito con amore ed alla notte se lo vede adornato: questa è la grazia, la forza ricevuta. Quando si vedono fiori e decorazioni è il frutto raccolto delle opere quotidiane; e quell'ha un'importanza straordinaria.
Gli esseri squilibrati e nervosi hanno sonni associativi tremendi; dormono a salti, mentre la persona tranquilla dorme profondamente, e soprattutto nella Santa Casa della Madre dove il sonno è morte che si trasforma in vita.
Il Voto di Rinunzia e l'abbandono della vita devono portare alla vita reale, a quello sonno profondo dove si schiarano le idee, dove vengono all'anima le immagini divine, le comunicazioni sacre. Tutti i Figli che compiono il suo Voto arrivano al sonno profondo, ma tutte le anime tendono ad andare verso quello sonno che è il sonno mistico. Lì è dove si riceve l'Insegnamento. Tutti conoscono quello mistero: un giorno, alzandosi, si tiene la soluzione del problema, la comprensione nuova, chiara, su quello punto. Quante volte si dorme con un'ansietà, con un dolore ed alla mattina seguente si è realmente altro; quello di ieri è sparito colle sue nuvole; l'anima sta come un chiaro cielo azzurro.
I Figli si sono dati al sonno come alla morte; hanno attraversato la valle dei movimenti umani e hanno potuto zittire il suo fondo nelle acque di Beatrice, nella fonte divina. È venuto loro la luce, comprensione, sulla sua vocazione e su moltissimi cose che non hanno spiegazione che né loro stessi possono spiegare nonostante comprenderli.
Durante il sonno profondo molte volte i Figli si comunicano coi Maestri e così dovrebbe essere sempre. I Santi Maestri stanno continuamente coi Figli ma quella che arriva a questi è la sua luce che li lava. Essi, se vogliono andare e stare di fianco al Figlio, devono materializzarsi, prendere una forza viva, come l'hanno fatto grandi esseri molte volte, soprattutto alcuni apparizioni vere, materiali. A volte vedono la figura dei suoi Direttori od Istruttori, ma sono i Santi Maestri che li benedicono, che danno loro forza che li rimproverano, li consigliano. Attraverso il sonno profondo si fa questo gran lavoro: stabilire un ponte tra il cielo e la terra. I Maestri possono dare così al Figlio il segreto della vita.
L'uomo vive afferrato alla terra perché in realtà non vive, non sa. Ma per l’uomo che ha potuto avere la sua propria esperienza la vita ha un senso completamente distinto. Quindi al Figlio bisogna fatti concreti, formare un ponte tra il mondo astrale ed il mondo materiale affinché tutti lo tocchino colle sue mani. Essi devono essere i primi. Per quel motivo durante la notte i Figli buoni vanno per quello ponte, tendendo un arco tra il cielo e la terra per dove dopo attraverseranno tutti gli esseri, per allontanarli dalla paura e del dolore del mondo.
Nel sonno profondo si tiene ancora la visione del futuro e la consolazione di parlare colle anime che hanno attraversato già il cammino al’aldilà.
Nel sonno molto profondo il Figlio si trasforma in sacerdote. Non è sacerdote quello che ha studiato un numero di anni bensì quello che realmente si è messo in contatto con Dio; se non si è un cieco che guida un altro cieco. Quindi, i chelas indù domandano al suo Maestro se ha realizzato a Dio. Il sacerdozio dell'anima l'hanno indistintamente gli uomini e le donne, perché tutti devono inventarsi il suo cammino.
Se i Figli sanno considerare la morte, muoiono tutti i giorni nelle ore del sonno per il suo Voto di Rinunzia. Se sanno abbandonarsi nelle braccia della Divina Volontà sperimentano la Verità; Dio concede loro la visione del’aldilà e possono dire: "Così è perché l'ho visto, l'ho sperimentato; ho visto l'immagine della Divina Madre; ho visto le anime di quelli che mi hanno preceduto nel’aldilà”.
Un Figlio ebbe una volta due sonni straordinari. Nel primo vide il Tempio di Cafh ch’era un gran arcobaleno che si formaba a poco a poco. Per di lì attraversavano i Figli per entrare nel vero tempio del’aldilà. Il Tempio della Madre Divina non è un luogo, è una forza viva dell'anima che si va costruendo a poco a poco.
Nel secondo vide un fiume immenso ed ad alcuni Figli di Cafh che portavano il suo cavallo bianco al bordo. L'altro bordo stava più in là, invisibile, ma questi Figli, mentre camminavano per le acque formavano un ponte di madreperla. Significa il fiume mistico dell'anima; il ponte di madreperla è il silenzio, la rutina, la pazienza. Man mano che continuavano ad entrare nel fiume, questo diventava sempre di più grande; e più grande si faceva anche il ponte e più anime attraversavano e più si estendeva. Era il ponte costituito per le stesse anime, il ponte ch’un giorno dovrebbe essere teso tra l’aldilá e questa terra, tra la cosa conosciuta e la cosa ignorata.
Il Figlio può ancora vivere quotidianamente questo Divino Mistero: Egli ha il Libro del Gran Insegnamento, il Maestro preparato se sa sfruttare bene le ore del sonno.
Insegnamento 7: La Rinunzia come Salvazione
La Rinunzia compresa come unica salvazione del mondo, abbracciata coi Sacri Voti, vissuta quotidianamente attraverso gli atti ed il ritmo di Comunità, porta inevitabilmente ad una mistica, ad un determinato modo di vita interiore espansiva.
La Rinunzia vera, totale, assolutamente semplice, non concerne ad un solo uomo o un raggruppamento di uomini, bensì a tutto il genere umano e tutti gli esseri che furono, che sono e che verranno.
Quello stato interiore che si svolge nell'anima attraverso la vita di Ordinazione è spontaneo e naturale, può essere analizzato, controllato ed ancora accelerato, se l'anima conosce bene in termini generali e particolari, il metodo, un metodo per possedere questo bene di Rinunzia nella sua totalità. Questo si chiama Mistica della Rinunzia.
Non se denomina "Mistica del Cuore”, che è la sintesi totale della vita di Rinunzia, perché si avrebbe bisogno di molto tempo per poterla spiegare; si dice allora "Mistica della Rinunzia” per dare una sintesi della Mistica del Cuore.
Non può entrarsi a considerare questo campo ammirabile se non si sa il luogo che si occupa nel mondo e nella vita.
L'Umanità pensa di distinti modi, ha multipli punti di vista; per quel motivo è necessario essere buoni osservatori ed avere una filosofia propria, molto chiara e definita.
Che cosa è quello che determina gli avvenimenti umani? Si useranno termini conosciuti per fare più chiara la spiegazione: la storia, la psicologia, l'etica o morale.
La storia è un fenomeno con ripercussioni di fuori verso dentro all'individuo.
La psicologia è l'azione e la reazione delle facoltà interne dell'uomo.
L'etica è il risultato di quello scontro esterno storico, individuale, psicologico che si trasforma in un fatto, primo individuale, interno; poi collettivo, esterno. Partendo di questa base fondamentale può allora il Figlio sviluppare la sua mistica, perché ha un'idea chiara del suo luogo nel mondo e nell'Universo.
La missione del Figlio Ordinato è lo svolgimento delle sue facoltà interne, ma non per rinchiudersi nella conoscenza, analisi e possesso di quelle facoltà e dire: "Questo è il mio mondo, la mia felicità, il mio cielo", perché inevitabilmente per quanto si allontani ci saranno sempre fattori esterni che rimbalzino su lui: quello che ha imparato, quello che ha portato al mondo, la sua idiosincrasia ancestrale. I fattori esterni storici verranno sempre a battere alla sua porta; ci sarà sempre un risultato determinante di queste facoltà.
Per quel motivo il Figlio Ordinato deve costruire la sua dimora interiore; ma quella dimora interna deve armonizzare perfettamente con tutti i valori esterni, relativi. Come risultato di questa unione di ordini deve avere un determinato modo di vivere, una determinata mistica. Non può essere la mistica di un isolamento assoluto o di un'opera sociale assoluta; bensì il risultato di un'armonia d’obblazione, di supremo sacrificio, una mistica di una realizzazione espansiva.
La Mistica di Cafh è innanzitutto d’obblazione: obblazione di sé stesso, obblazione dei valori interiori, obblazione dei valori esteriori.
L'Umanità soffre perché il fattore storico non gli ha dato la dovuta esperienza. Tutti godono di tutti i beni, delle comodità, di un sapere che è stato trasmesso da altri uomini. Si cammina per un sentiero, si vive in una casa, si tiene luce elettrica, si viaggia in un treno, in un aeroplano; si gode di tutte le comodità e si dice: è dell'Umanità, l'abbiamo pagato e nient'altro. Con quello concetto non si conosce il fattore di responsabilità che l'uomo ha di fronte all'Umanità. Si dimentica di tutto il lavoro e lo sforzo di tante vite che quello è costato; non sono valori economici altro che un valore vivo di sforzo e sacrificio.
L'uomo dice conoscere i suoi fattori storici, ma gode e nient'altro. Non fa un'altra cosa che acquisire obblighi, carichi di debiti, karma. In una parola: riceve, riceve. "Che mi dìano, che tutto sia per me."
Bisogna vedere se lo sforzo di dare ha una relazione compatibile con quello che si riceve. Se no, si prepara un altro processo storico di dolore per l'Umanità.
Il primo senso mistico deve essere quello della obblazione; quella semplice lezione che gli è stato data sempre all'essere: l'uomo guadagna quello che dà, non quello che riceve. Quello che l’uomo riceve deve pagarlo e molto, costa sangue.
Ci sono molti esseri generosi che comprendono quello e che danno; ma i Figli Ordinati hanno fatto una obblazione molto più grande, perché l'hanno dato tutto: la sua propria vita. Egli sono quelli che di fianco ai Grandi Iniziati ed ai pochi che colla sua obblazione insegnano all'Umanità col suo divino esempio quale il Sentiero di Salvazione.
Ma questa obblazione ha un metodo mistico che la fa più intensiva, e questo bisogna impararlo dei grandi esseri e praticarlo interiormente. Quello vuole dire: mistica. Bisogna praticarla col cuore, col pensiero, con tutte le forze della volontà e dell'amore.
La mistica di rinunzia fatta obblazione è la mistica del pane e del vino. L'hanno insegnato tutti i Grandi Iniziati che sono venuti alla terra.
Il primo insegnamento che si dà ai Figli è questo: "Lascia la borsa di pane del povero; sii tu stesso pane di vita." Come già lo disse Cristo: "Prende questo pane, prende questo vino che è la mia carne ed il mio sangue."
Non si può fare solo l’obblazione dei propri servizi, quello che si può fare; l’obblazione deve essere di uno stesso. Non può pagarsi il karma che si porta su sé per avere goduto di tanti beni sulla terra, facilità di imparare, sapere, distinguere l’azione buona della azione brutta, con servizi, bensì colla stessa vita, con tutto l'essere.
Questo l'hanno fatto i grandi esseri. Cristo ha fatto la sua obblazione per bene dell'Umanità, ma prima disse ai suoi discepoli: "Prendete il mio pane ed il mio vino che è la mia carne ed il mio sangue." "Questo è il testamento, il bene che vi lascio: dare la propria carne, il proprio sangue."
L'obblazione deve essere assoluta. La mistica dell’obblazione è quello senso interiore continuo: non solo coll’obblazione di quello che si dà, bensì della propria vita, un po' tutti i giorni. Il Figlio deve dire nelle sue meditazioni: “Io ho ricevuto tanto dell'Umanità, tutto mi è stato dato, ma, che cosa ho dato io? Incomincio per fare l’obblazione delle mie umane intenzioni, dei miei discorsi, la mia vita mortificata e di preghiera; tutti i lavori che faccio. Faccio obblazione di tutto quello che la Divina Provvidenza voglia inviarmi: il malessere, l'aridità, la comodità, la scomodità, le malattie, i cambiamenti di vita che mi proporziona il tempo e l'età. Ma voglio ancora più fare l’obblazione di questo: voglio fare l’obblazione di me stesso, della mia propria vita."
Quell'abitudine d’obblazione del cuore, della mente e di tutto l'essere si tramuta misticamente nell’orazione; non è solo una orazione immaginativa, inoltre è sostenuta, continuata. Fa che realmente il mondo assorba il magnetismo, la forza del Figlio e riceva il bene della sua obblazione. Qualcosa esce da lui: come un'essenza, una luce che si espande a poco a poco attraverso tutto il mondo ed attraverso tutti gli esseri.
Chiedano i Figli intimamente: “Faccio l’obblazione della mia vita, della mia carne, dil mio sangue. Mi do tutto. Prendano me che già èora di prendere questa miserabile vita, se è necessario, affinché io paghi, poiché tutta l'Umanità non è disposta a pagare; affinché io redima gli uomini della sua cecità di prenderlo tutto, ancora prenderlo alla forza. Io faccio la mia obblazione come pane di vita. Riconosco la mia povertà, ma do dello poco che sono e rimango alla disposizione divina. Ho potuto scoprire il mistero di essere pane, pane eucaristico, pane divino. Ora sono l'ostia, la vittima immolata."
Questo sentimento interiore prende forza, vita, si comunica veramente e è un sostituto per gli esseri umani. Questo è già il sentimento di molti Figli. Quando a volte soffrono alcuno indisposizione e è augurato loro che si curino dicono: “Non mi chieda che mi curi dei miei mali; essi sono l’unico bene ch’io ho per potere dare qualcosa."
Abbiano sempre gli Ordinati presente che la sua mistica non è di pace e felicità nella realizzazione divina, bensì è d’obblazione. Perché come diceva il Bonnavventurato Buddha: “Non posso avere pace e felicità se l'Umanità non ha il mio stesso bene, se continua a camminare per il sentiero di dolore, miseria e sofferenza."
L'Umanità è cieca. Se l’Umanità fa la sua obblazione, se riconosce il bene che ha ricevuto, se comprende e stà disposta a a dare, il suo dolore sarebbe eliminato immediatamente. Ma per quello è necessario che ci siano anime che sappiano fare la sua obblazione personale.
Che triste è sentire parlare alle anime consacrate come lo fanno gli uomini del mondo, come i ciechi, mostrando che non si danno attraverso l'obblazione mistica interiore! L'esteriorizzano senza darsi conto e continuano a tendere la mano, non comcormi in tutto e rifiutando il compimento dell'osservanza ed di suoi obblighi che è la cosa unica che possono dare. Tutto li stanca, ed invece di fare effettiva la sua obblazione continuano a mercanteggiare alla Divina Madre quello che gli hanno dato già nei suoi Voti.
Che l’obblazione interiore dei Figli incominci per la mistica, cioè, per l’orazione; diventerà solo così effettiva esteriormente. Un santo indù, conta la leggenda, era molto ignorante e non sapeva meditare. Una certa volta l'attaccò un cinghiale, e difendendosi battè molto fortemente l'animale nella testa. Il cinghiale diede un grido di dolore tanto terribile ed allo stesso tempo tanto sublime che lo commosse. L'asceta allora pentito per ferire al cinghiale, fu ripetendo continuamente quello grido fino ad emetterlo colla perfezione del dolore del povero animale, e si dice che, ottenendolo, realizzò a Dio.
Quando veramente si prega in spirito d’obblazione, quell'obblazione diventa effettiva; Dio prende quello che si dà e l'obblazione si trasforma in olocausto, in una realtà.
L'anima che è responsabile delle sue azioni di fronte al mondo, che armonizza non con l'esterno e paga il karma del mondo quella che dice: io pago il mio karma e sono slegata degli altri, quell'anima ha diritto a realizzare a Dio in sé stessa, e può arrivare a trasformarsi in un'armonia perfetta di valori interni, emozionali, mentali e spirituali, perché si è trasformato già in un olocausto, in un’obblazione fatta realtà.
Cristo non solo fa l’obblazione della sua vita come seme attraverso il pane ed il vino, bensì sale alla croce. Egli sffrì tutti i dolori, tutti i martirii, fino a che arrivò alla croce, al supremo olocausto.
Questi begli orazioni, questa mistica interiore del Figlio deve trasformarsi in una realtà, in qualcosa viva; sarebbe illusione se la sua obblazione non arrivasse all'olocausto, alla realtà. Una goccia di sangue deve adornare i veli e le cappe dei Figli affinché questi abbiano un segno di conferma e realtà; l'olocausto non tarda a venire a quello che sa quello che la mistica vera significa.
È tanto distinta la realtà dei sonni! Molte anime consacrate vogliono darsi con totale sincerità, ma lo fanno alla sua maniera, secondo i suoi gusti, benché essi credano che non sono i suoi gusti.
La mistica dell'olocausto è la mistica del mistero, della cosa ignorata; è il risultato di fattori interiori che non si è sognato scoprire né possedere. Quindi, quando l'anima si da al suo modo, non fa nient'altro che ostacolare la sressa Opera Divina di redenzione, mettere riserve.
La preghiera ch’impone la vita di Ordinazione, ancora preghiere vocalizzate, può che gli sembri poca all'anima che Lei si d ; nel suo fervore gli piacerebbe dire molt più preghiere, avere più tempo per pregare, ma queste preghiere, per belle che siano non saranno mai olocausto perché portano un piacere personale, un gusto; è un'obblazione personale. Se vuole dare si unisca disciplina, la dà quando vuole, ma sebbene quella disciplina è buona non è la perfezione dell'olocausto. Santa Rosa di Lima diceva alla fine della sua vita: "Io chiedevo dolori, ma non credeva che fossero tanto grandi." Ella si immaginava i suoi dolori abituali, ma Dio riservava un altro dolore. Quello che si vuole fare personalmente, ancora essendo buono, non ha valore perché Dio dà quello che Egli vuole dare e toccherà all'anima in quella fibra che ella non vuole che si tocchi; in quello luogo segreto, ben conservato e nascosto, lì è dove andrà a battere il dolore. Allora l'anima imperfetta incomincia a lamentarsi, a sembrargli molto il suo dolore, a perdere il gusto per la preggiera sentire l'oscurità; pensa che è incompresa, che i Superiori sono troppo severi, il Regolamento pesante, gli obblighi sono molti. Quello gli occorre perché non vuole darsi: l'obblazione personale è un teatro, è esteriore.
Dio vuole un'altra cosa. L'anima che sida è una mente che resta delusa, che non pensa quello che potrà succedere né oggi né domani, bensì è disposta a che Egli prenda di lei quello che voglia.
Se uno si lamenta non dà, l'obblazione non si trasforma in olocausto; e è necessario trasformarla in olocausto, tingerla di sangue. È lì dove l'anima può realizzarsi: nel lavoro che gli danno, nella malattia che gli manda la Divina Provvidenza, negli inconvenienti inaspettati. Lì è dove Dio la cerca e dice: "Io voglio questo ed un'altra cosa non mi piace. Io ti do tutto ma desidero la tua anima."
Generalmente succede che quando si è malato si da tutto, ma non quello male perché disturba e toglie il gusto nella preghiera. Ma Dio vuole che quello gli sia dato, quello è la goccia di sangue per salvare all'Umanità. Allora può arrivarsi alla morte mistica ed essere degni di essere chiamati morti che vivono, anime che non appartengono a questo mondo.
Dopo che Cristo spirò con gran dolore ci fu una gran pace ad intorno suo e tutto fu silenzio. Quello vuole la Divinità delle anime, per dar dopo quello gran silenzio di morte, risultato della Mistica della Rinunzia.
Questa è l'etica, la morale del Figlio: Abbandono alla Divina Volontà. Può succedere che dopo molti anni di vita di Comunità l'anima si renda conto un giorno che continua ad avere lo stesso difetto che quando appena entrava, e quello difetto sta come una spina nel cuore; e allora si domandi: "Perché l'ho? Bisogna accontentarsi quando uno si rende conto che ancora sta lì: Abbandono totale, assoluto, alla Divina Volontà; quello è la morte mistica della sensazione.
Quando si arriva a quello stato di dolore, cioè, di sopportare il dolore accettandolo tutto delle mani divine, si è allora olocausto tanto perfetto che dopo né si sente quello dolore e tutto sembra poco, ancora i colpi più grandi che manda la Divina Provvidenza. Ma è allora quando si miete, quando si è morto; non perché ci sia un'insensibilità bensì perché c'è un'assoluta obblazione.
Ancora nella mistica che il Figlio continua a sviluppare dopo darsi può essere che nella preghiera la Divina Madre gli dia grandi martirii: nervosismi, dolori intensi che non lo lascino tranquillo, sofferenze nel tempo della meditazione. Ancora se questo succede, con un sforzo supremo deve accontentarsi ed essere contento con quello che gli è stato dato.
Quando egli aveva entusiasmo, egli era chi godeva e riceveva; ora che ha aridità e soffre, o la malattia lo disturba, ha acciacchi, nervosismi, gli dà l'impressione che non sta pregando; bene, ora sta dando qualcosa.
Se il Figlio fa quello sforzo continuato, se cerca di rinunziare, accompagnare interiormente e dire col pensiero quelle parole di preghiera, quella è una mistica che porta sempre silenzio di morte nell'anima; calma, la sensazione che tutto dorme, che tutto ha finito. Se i Figli fanno quello sapranno che l'obblazione delle sue vite è stata presa per la Divinità.
Lì stanno, non hanno già nient'altro da dare. Hanno compreso il debito grande che hanno con l'Umanità. Bene o male hanno fatto tutto quello che possono fare, e lo seguiranno dando. Tutto lo prendono di Dio; si è fatto la Divina Volontà: Dio dà, Dio toglie. Allora può mietersi il frutto del Silenzio; l'estasi vera non è godere di Dio, stare lì come se non si vivesse; l'estasi della Rinunzia è una perfetta pace e conformità, è un’obblazione totale.
Per riassumere possono ripetersi allora le parole di meditazione che dovrebbero usare per quelli passi di meditazione di rinunzia che è sintesi della Rinunzia della Mistica del Cuore. La Mistica del Cuore bisognerebbe spiegarla più dettagliatamente: si incomincia per l'infanzia spirituale; si segue colla gioventù, abbandono, mendicità, chiamata divina, unione coi Maestri, morte mistica dei sensi, e così via.
Per la meditazione si pensa: “Ho ricevuto di Dio doni infiniti; tutto mi è stato dato da quando sono nato fino ad ora, benefici, comodità, assistenza, guida spirituale, insegnamento, alimento, progresso della civilizzazione, libri, riviste, insegnamenti, scritti... tutto. Nella malattia ho avuto assistenza medica, rimedi necessari, i più nuovi che può dare la scienza. Nell'inverno, cappotto; nell'estate, comodità per la mia refrigerazione. Assistenza di famiglia, della società, della scuola. Assistenza di Cafh: Comunità, Superiori continuamente al mio fianco. Le mie mani sono piene di doni; l'ho ricevuto spensieratamente" tutto.
Devo pensare ai che si diedero volontariamente per contribuire a tutto questo bene che mi è stato dato, e fare un'analisi di quello che ho dato all'Umanità, colla mia conoscenza e possibilità, col mio essere. Per ricevere quello bene che mi è stato dato, che cosa io ho fatto?
Dopo avere visto lo poco che si è potuto fare, dire: "Che ignoranza la mia che ho vissuto sempre così. Voglio dare il mio amore, tutto il mio affetto; voglio dare tutto; ci sono continuamente anime che chiedono affetto ad intorno mio ed io lo do solo ad alcuni persone che mi sono privilegiate, di amicizia e riconoscimento. Il mio amore deve essere per tutti quelli che me lo chiedono: bambini, malati, invalidi che la Provvidenza mette nel mio cammino. Devo dare i miei sentimenti senza sperare che mi vogliano bene, né la ricompensa di essere compreso."
"Voglio dare tutto quello che ho imparato, poco o molto: quello che ho imparato colla mia professione, coll'insegnamento spirituale, coll'esperienza personale, nel mondo e dentro Cafh. Voglio insegnare, non voglio essere egoista, bensì dare a mani pieni; che tutti sappiano la poca cosa che io so. Tutto lo darò continuamente. Tutte le mie conoscenze di lettura, devo insegnarli nelle passeggiate, nei passatempi; devo darmi continuamente."
"Ma questo è tanto poco per un'anima come la mia che devo dare continuamente la mia vita! Non devo avere paura dei contagi o quello che possa venire da un cataclisma, un'inondazione, una guerra; niente, perché voglio dare la mia vita. Se altri esseri hanno passato per quelle triste difficoltà con serenità, devo darlo tutto e non essere come i poveri esseri del mondo che vogliono solo conservare ai suoi, andare a dove niente li raggiungerà."
"Che tutto sia dato per il bene dell'Umanità, che tutto si diverta sugli esseri. Sono olocausto, martirio d’amore; sono l’obblazione perfetta, il martire sconosciuto. Soprattutto devo volere quello che Dio vuole darmi per mezzo dei rimproveri, delle punizioni dei Superiori, perché è tanto poco quello che posso dare! Ma, Dio, quello che Tu vuoi, io lo do con tutto il mio amore; benché sia un piccolo malessere. Se vuoi togliermi il gusto della preghiera, anche te lo do; che non rimanga nient'altro che il pugno di cenere che io sono.
"Qua, ai piedi dell'altare, non sta un Figlio, sta un pugno di cenere che chiunque può soffiare e nessuno si rende conto. Che nessuno si renda conto di me; che sia piccolo, vano, inutile agli occhi di tutti gli uomini. Che io sia morto, trasformato in polvere e cenere, perché so che questa cenere sarà un giorno alzata per il vento dell'Amore Divino, della Divina Grazia che non permette che niente si perda, e quella polvere si unirà alla polvere dell'eterna felicità."
Questa è la Mistica della Rinunzia: il Regolamento, il lavoro, l'osservanza del Figlio deve trasformarlo in quello; quello lo fa colla sua vita interiore.
Insegnamento 8: La Mistica della Cenere di San Paolo della Croce
La cosa più meravigliosa e sorprendente della vita di San Paolo della Croce è il suo straordinario spirito di rinunzia, di assoluto distacco di tutte le cose del mondo; tanto grande che istituisce nel mondo cristiano una congregazione completamente consacrata a riuscire quella morte mistica, tanto simile alla morte mistica delle anime date in olocausto per la redenzione dell'Umanità.
Pregava un giorno il giovane Paolo in un'umile stanza della sua casa, quando nelle luci del crepuscolo gli è apparso una signora tutta vestita di nero, con un velo di lutto nella testa. Era di aspetto dolce e gradevole, e versava abbondanti lacrime. Rimase ammirato Paolo di fronte a quella meravigliosa visione e scappò di fianco a quella signora che non era altro che la Divina Madre, la Madre da tutti i dolori e pene. Paolo sentì queste parole: "Paolo, voglio che porti sempre il lutto per la morte di mio Figlio Gesù. Voglio che stia sempre di dolore per i dolori del Figlio dell'uomo, che sono stati completamente dimenticati dagli uomini. Voglio che non solo internamente bensì esternamente porta quello lutto e quello dolore nei tuoi paramenti, nel tuo comportamento, nel tuo modo di vivere, in tutte le tue cose."
Il giovane Paolo rimase completamente assorbito per quella visione e da quello momento dedicò la sua vita, la sua anima, le sue possibilità, a quello fine: portare lutto per i dolori e la morte di Cristo; portare dolore per il Signore dimenticato dagli stessi uomini che era venuto a redimere.
Subito che può abbandonare la casa e la famiglia si rinchiude in una piccolissima stanza di fianco ad una piccola chiesa abbandonata, e dopo una quaresima di digiuni e penitenza scrive una regolamentazione per la sua vita. Quella regolamentazione doveva essere dopo la guida della Congregazione dei Passionisti. Ma ancora lì gli è tornato ad apparire la Divina Signora. Questa volta sul suo abito di dolore porta una bella immagine, un segno; alla stessa altezza del cuore, porta un cuore bianco stampato sul nero, sobremontado per una croce bianca, ed addentro si vedono le iniziali del dolore che simbolizzano il dolore di Cristo. Lì, abbasso quello nome, stanno i tre chiodi della croce di Cristo.
Altra volta Ella gli dice: Voglio non solo che porti lutto ma tu stesso partecipi al dolore ed alla morte di mio Figlio che vivi come se fossi morto, crocifisso; ancora nel tuo fisico ti voglio morto e crocifisso. Porta sempre questo segno sul tuo cuore."
Questo giovane era arrivato alla rinunzia ideale di tutte le cose della vita, all'abbandono dei beni del mondo, perché si era sentito inclinato alla devozione, perché Dio su tutte le cose gli aveva dato un piacere ammirabile, da molto piccolo, delle bellezze ed i grazie eterni. La sua preghiera era una gloria, una devozione continua. Viveva in un piacere straordinario; nessuno potè godere tanto quanto lui ai piedi del Signore. Diceva: “Io non cambierei un minuto la felicità che sento per tutti i piaceri che sperimentano gli uomini del mondo." Ma non sapeva il duro cammino che doveva percorrere per potere compiere la Mistica della Rinunzia, quella rinunzia ideale che gli era stato dato; doveva essere un esempio vivo della Rinunzia se voleva lasciarlo in eredità ai suoi Figli. Se l'avesse saputo, forse non avrebbe avuto forze per confrontarsi con tutti i dolori che dovrebbe soffrire da allora.
A partire da quello momento sparirono le consolazioni, le visioni, la devozione, e Paolo si vide sommerso in un mare di tenebre, di desolazione, di tristezza. Ma la peggiore tristezza era vedere che, sebbene in fondo della sua anima era sicuro della sua missione, il suo ragionamento, il suo intelletto, i consigli di tutte le persone, gli facevano vedere che era ingannato, che andava per un falso cammino.
Questo immenso martirio durerebbe venti anni. Tutta una gioventù martirizzata, tutta una virilità soffrendo, sempre lottando tra la mente superiore che gli dice: "Avanti", e la mente razionale ed umana che gli dice: “Ti sbagli, non hai successo."
Gli aveva chiesto molto la Divina Signora, ma quella è la Rinunzia, la vera Rinunzia; il gran sapere degli eroi, dei santi, degli Iniziati.
Giovane, Paolo, colle sue regole nelle mani, cammina di un luogo ad un altro, sperando di trovare dove stanziarsi, un'anima che l'accompagni. Paolo della Croce è venerato per tutti come un santo, tutti gli chiedono consiglio, lo prendono come direttore spirituale, ma non c'è un'anima che voglia partyecipare alla sua vita. Dio misericordioso, la Divina Madre, quella Madre che gli aveva mostrato le sue lacrime, gli occultò quello lungo martirio, tutte le pene che l'aspettavano; volle misericordiosamente non fargli conoscere tutti gli anni che gli mancavano per potere avere sicurezza che la sua rinunzia non era quella del vuoto e del niente, bensì la vera vita mistica per le anime che vogliono la vita spirituale.
Abbandona il suo luogo ed il suo paese perché nessuno lo vuole accompagnare, fino a che la povertà divina, avendo pena di lui, gli invia un fratello: Giovanni Battista. Si unisce con lui a Roma dove stà San Paolo della Croce. Lì continuerà a sperare, facendo il bene, soffrendo. Lì stesso, a Roma, tutti lo vogliono, e conosce grandi personaggi, ma nessuno l'aiuta nella sua opera.
L'ubicano in un ospedale; sembra che l'orientino verso quello cammino la pura carità. Egli aspetta lì anni ed anni accompagnato per suo fratello. Non ha luci: Ella si nasconde; non dovrà vederla. Ha il sentimento di sbagliarsi; tutto continua, ma quell'idea lo porta al più terribile delle disperazioni. Ma a volte sorge una luce e sente interiormente: "Paolo, sei morto, crocifisso."
Venti anni di sperare, camminare, peregrinare. Fino a che in quell'ospedale, per un saggio consiglio, incomincia a studiare per farsi sacerdote. Con lui stava suo fratello. Il Cardinale protettivo dell'ospedale lo protegge affinché rimanga come cappellano nell'ospedale. Soffre molte prove fino a che un giorno, quando è già sacerdote, una forza grande fa che chieda al Cardinale protettivo che lo lasci andare alla solitudine.
Può partire insieme a suo fratello, ed in monte Argentaro un giorno alzerà la sua prima casa.
Passeranno ancora dieci anni, anni di lotta, di patimenti, di persecuzioni, prima che possa iniziare il primo ritiro passionista. Lì tutti lo venerano; le persone del luogo l'hanno per un gran santo. Molte anime molto virtuose lo prendono come il suo direttore spirituale, ma tutti fuggono di fronte a quella vita, a quella mistica di dolore eterno, di morte in vita. Tutti si spaventano.
Ma ha successo. Ha già sette compagni. Insieme a suo fratello è venuto un altro fratello (Michele), ma quando tutto sembra fiorire a poco a poco quelli figli si stancano di quella vita di rinunzia e mortificazione, di quello vivere in alcuni pezzi che sono piuttosto capanne che pezzi, di sperare che si edifichi un convento, e vanno via.
Tornano a rimanere soli. Incomincia ad alzare il convento e gli è bruciato. Il vescovo della città gli nega dopo il permesso che gli aveva concesso già. Quando sembra poiché c'è un barlume di trionfo, cade malato da una malattia reumatica tanto terribile che lo porta alle porte della morte. Dice: "Sono più morto dei morti; non ho né luce, né aiuta, né allevio. Annichiliscimi, Dio; devo essere molto cattivo e perverso quando permetti che tante pene cadano su me e nei quali si fidano di me”.
È già un uomo di quaranta tre anni; ha lottato dai venti e sta nello stesso luogo. Ma una mattina spunta tra gli alberi di quello bosco di montagna un giovane sacerdote di aspetto timido, di poco corpo, di camminare vacillante che domanda per il Padre Paolo. Giovanni Battista dice: "Non potrà questo portare la nostra vita, non può essere una colonna di questo istituto." Ma quella è la pietra angolare della congregazione. Sarà il più nobile, il più fedele ed osservante dei primi Figli. È come se fosse caduto Dio dal cielo: arriva il permesso atteso, si alza l'opera.
Per un po' Dio l'allevia, ritorna la pace al suo cuore; ma è per molto breve tempo. È come quando ci sono nuvole nel cielo ed appare il sole per nascondersi subito. È disoosto a soffrire, ad essere un morto. Deve imparare la dottrina della Rinunzia che insegnerà dopo a molte anime. Quella malattia non l'abbandonerà mai e durante altri quaranta anni dovrà lottare.
Soffre pene di morte. Scrive a sua figlia prediletta: "...soffrendo dolori e martirii d’inferno”. Questo uomo che soffre tanto non smette di predicare, di portare a tutte parti la parola di Dio, predicando a Cristo e la sua morte.
Il patimento di Cristo e la sua morte; quello sarà il Voto dei suoi figli: predicare la passione e morte di Cristo.
E quell'uomo arriverà ad ottanta anni, avrà forze per fondare una congregazione della quale il Papa Benedetto XIV disse: “C’è qui un istituto che deve venerare sempre la Passione e morte di Cristo, un istituto che doveva essere stato il primo nella Chiesa ed arriva l'ultimo."
La sua opera si diffonderà ed estenderà alla parte femminile. Il suo istituto è al giorno di oggi un esempio per lo spirito di rinunzia, di separazione del mondo. Non vivono nelle città bensì li predicano. Sono uomini davvero morti al mondo, ed il suo Ordine ha fatto molto bene alle anime.
Ma soprattutto quella che interessa è la mistica di Paolo della Croce, di questo uomo di acciaio. Dice: "Soffro pene d’inferno", e, tuttavia, sta lì in piedi dirigendo il suo istituto, accompagnando i suoi Figli, consigliando al mondo. Per lui non c'è un'altro cammino per la salvazione del mondo che la Rinunzia, spirito di sacrificio e dolore.
La sua mistica si basa tutta e soprattutto nella Rinunzia. Bisogna leggere le sue lettere alle anime che dirige per vedere la grandezza di quella mistica che molto pochi uomini hanno potuto uguagliare.
Le sue parole sono fondamentali: “Non c'è salvazione né c'è perfezione spirituale se non si porta una vita appartata e mortificata." Sarà molto combattuto per quel motivo; non ammette che l'anima possa vivere la vita di Dio e quella del mondo”. Ancora per le anime che vivono nel mondo non avrà salvazione se non si staccano dalle cose che sembrano buone e che possono utilizzarsi." La sua mistica è: si o no.
"Se vuoi arrivare alla perfezione devi sacrificarti." "Non aspettare niente. Devi avere davanti tuo una croce nuda sulla quale devi salire, per essere crocifisso e morto con Cristo." Per seguire il sentiero di perfezione, della Rinunzia, l'anima deve staccare di tutte le legature, ancora spirituali: devozioni, pratiche spirituali che gli piacciono, consolazioni interne, modi di meditare, ed unicamente deve modellare la sua vita a quella rinunzia assoluta di tutte le cose. Quando ha fatto questo lavoro interiore, quando si è spogliato di tutto, allora ha diritto a rimanere ai piedi di Cristo per darsi, per essere lavata nel sangue di Cristo e lavare con quello sangue all'Umanità.
L'illuminazione viene dopo la rinunzia assoluta; l'illuminazione non è di gloria bensì di dolore; dà forza per resuscitare, sublima sempre di più per dare il dolore per la salvazione dell'Umanità. L'Unione è la Morte Mistica.
Egli dice alle sue figlie: "Non desideri niente né voglia niente; rimani come morta e crocifissa."
I grandi esseri si trovano nonostante le grandi religioni e concetti. Dice quello che dicono i mistici tibetani: "...essere un piccolo mucchio de cenere ai piedi della croce. Lei si lavò col sangue di Cristo, si purificò coi patimenti del Salvatore, non rimane il suo corpo, il suo essere, niente di lei, né i suoi affetti. Che non rimanga lì nient'altro bensì un mucchio di cenere. Soffrire, essere disprezzato, essere abbandonato di tutti. Ancora più, essere calpestato di tutti. Quello è il gran bene, l'unico bene."
Questa è la mistica di Paolo della Croce, tanto simile a quella del Figlio Ordinato, con lo spirito di distaccamento che i Figli devono praticare.
"Ancora nella cosa esterna deve essere lei mortificata", egli dice alle sue figlie. Non solo vestono solo di lutto; non possono portare niente bianco, né un piccolo collo. Solo vestire esteriormente di lutto, ma anche interiormente: niente vedi, niente sente, niente ascolta; non vuole che nessuno gli sia avvicinato."
Stare sempre di lutto; quella è la missione dei Figli della Passione.
In un passaggio di una lettera che scrisse ad una figlia, la prima Superiora dei religiosi passionisti, dice: "Che godimento è potere soffrire senza avere consolazione né del cielo né della terra! Abbia in gran stima soffrire e segno di correzione grazie per ciò a Dio. Offra Lei frequentemente come vittima di olocausto al Signore sulla croce, e sia appena morto lì in Cristo con quella morte mistica che porta con sé una nuova vita. Vita d’amore, vita deífica; potere bene essere unito per la carità al massimo bene, nel quale si nasconde la più preziosa perla di amore. Sia la sua vita un puro soffrire. Io non lascio né smetterò di pregare al Signore secondo le sue intenzioni - gli scrive quando ella era molto afflitta - ma volesse che non ponderasse tanto i suoi piccoli lavori e sacrifici. Il vero e puro amore di Dio fa sempre sembrare poco tutto quello che offriamo all'Eccelso. Ancora lei non è morto del tutto e, tuttavia, il Buon Dio coi patimenti che permette che lei soffra, pretende che lei muoia in realtà; ma gli dà di soffrire affinché muoia con morte mistica a tutto quello che non è Dio, e che si comporti come morta: senza lingua, senza orecchiw e senza occhi; e come un morto quando lo è stato seppellito è calpestato per tutti, così lei, come se fosse morta e seppellita, lasci calpestarsi e trasformare in abiezione ed obbrobrio della gente."
Mi rallegra sapere che il suo nuovo direttore la tratta con asprezza. Oh, che buon amico devi essere questo di Dio che vuoi dare gli ultimi colpi di mano alla statua ed abbellirla per la galleria del cielo!, e per quel motivo non permette che voglia dargli nessuna consolazione ma usi il cesello più fine e tagliente pulire bene la statua."
"Oh, che eccellente! Sfrutti Lei perché di tanto preziosa occasione, lasci Lei mortificare, rimproverare, trattare con tutta la severità ed asprezza e cerchi di comportarsi sempre come vera serva del Signore: sempre silenziosa, sempre umile e pregando a Dio che non lo privi di quello strumento di dolore fino a che non sia finita l'opera che Egli vuole fare con lei."
In questa lettera può apprezzarsi lo spirito mistico di un maestro della mistica del cuore e la rinunzia.
Insegnamento 9: Automatismo Liberatore della Rinunzia
La Rinunzia ammazza l'uomo affinché l'uomo viva.
Gli uomini del mondo che guardano alle anime che rinunziano hanno dure espressioni verso esse. Quante volte si sono sentite espressioni come queste quando si riferiscono alle anime generose che hanno lasciato il mondo: "Così è facile andare a Dio, abbandonandolo tutto. Più si guadagna stando nel mondo, facendo di fronte alla vita che fuggendo dalla vita. La legge della vita è fatta per realizzarla e non per sopprimerla."
Tutti quelli sono le parole del mondo, ma le anime che hanno rinunziato domandano loro dal suo letto di morte: "E voi, che cosa fanno?, sono vivi per caso? Per quel motivo è buono che i Figli che stanno morti, vadano un momento al mondo per vedere se essi sono vivi.
L'uomo del mondo, quell'uomo che ha vita, quello spirito incarnato che si crede padrone della terra che crede maneggiarlo tutto, è realmente morto. Possono molto bene i Figli alzare gli occhi al cielo e gridare: "Felice morte che mi hai dato la vita che mi hai tirato fuori tutto quello che è vita per gli uomini e mi hai dato la vita dello spirito, dell'anima, della chiarezza!
Gli uomini sono morti, addormentati profondamente; sono automi che vanno. È per caso questa un paragone o una metafora? No, è una gran realtà. È suffi mischiarsi colla moltitudine, andare dove ci sono vari uomini riuniti, per darsi conta che questo è verità. Se si osserva la gente che va per la strada se la vede tanto distratta, tanto lontano da tutto, che potrebbe venire qualcuno a darli un colpo nella testa e lasciarli morti senza che si rendano conto. Le preoccupazioni, le passioni, qualunque movimento interiore si esprime in essi. Sono veramente automi. Se alcuno alza un dito è come se a tutti avesse toccato loro una molla; incominciano a riunirsi tutti ad intorno suo. Sono come le formiche che vanno dove la prima formica traccia la linea.
Gli uomini sono automi perché non vivono la vita dello spirito; non come devozione, bensì come realtà; non hanno autocontrollo, non sanno guardarsi a se stessi dalle altezze della sua personalità superiore. Continuano a pensare secondo la mente che agisce in essi in quello momento: la mente istintiva, la mente razionale, la mente emozionale e così via. Non vivono nella sua totalità; ci sono sempre alcune vibrazioni determinate dei composti dell'anima che agiscono in lui. Si può dire che l'uomo nasce e muore morto, che molto poche volte ha il vero possesso della vita, di quello che egli è. In una parola: che cosa è quello che dà vita all'uomo? I suoi istinti, le sue passioni, gli scontri, le reazioni, le azioni. È come se fosse una persona semicieca, che bisogna abbagliarla per produrre una reazione.
Quando una persona dice una frase, una parola, acquisisce una conoscenza, tutto il mondo lo ripete. Non c'è quell'espressione del pensiero individuale; i pensieri sono generici e collettivi. È un pensiero che si va ripetendo successivamente. Ancora anteriormente, sebbene l'uomo fu sempre schiavo delle sue varie menti, c'era un momento in cui esisteva un barlume della mente intellettuale. Ma ora, perché pensa se c'è qualcuno che pensa per lui? È facile memorizzare e ripetere, fare l'analisi, acquisire la conoscenza ed esporrlo secondo quello che altro gli ha lasciato. In una parola: si vive veramente nel mondo del nome e della forma che è la cosa unica che impressiona l'uomo. Le sanzioni non possono bensì determinare le cose: nomini; e queste cose non si distinguono bensì per il suo volume ed apparenza: forma. Quella è la vita dell'uomo.
L'uomo stabilisce la differenza attraverso il nome e la forma, e dice: questo è una tavola, etc. Ma questa separazione tanto illusoria ed allo stesso tempo necessaria ed ideale per classificare le cose, non fa che egli pensi: se tiro fuori il vetro all'orologio, dopo gli aghi, disarmo la macchina, dove sta l'orologio? Non ho nient'altro che pezzi. Se il tomo e li fondo non rimane altro che un elemento, e se quell'elemento dopo è altra volta fuso, non rimane più che un'unica sostanza. Ma per lui, l'orologio è la campanula e non sa avere l'idea fondamentale che tutti quegli elementi sono costituiti per un elemento assoluto.
Questa separazione di credere che uno è tale o quale cosafa che nasca il gran egoismo dal mondo; gli uomini vivono lì aggrappati ad una fune senza darsi cobnto che c'è una potenza che sta tirando alla destra e la sinistra di quella fune, e quando la fune si rovina l'uomo cade nell'abisso dalla sua propria miseria. Crede che ci sia qualcosa che possa sostenere la sua personalità, e quello qualcosa è il suo, il suo egoismo. Quello è tanto falso ed illusorio che è la causa del male del mondo. Non vivono; vivono l'illusione, possiedono l'egoismo, credono che siano un essere separato dell'Umanità, e come non è così ritornano sempre alle guerre e distruzioni.
Perché le guerre si ripetono continuamente? Perché ci sarà domani un'altra guerra, sempre di più grande? Perché l'uomo pensa solo di difendere la su possessione; crede essere sicuro se fugge verso dove non c'è guerra e si salva. Ma quello pensiero è tanto illusorio che è come se avesse aperto una breccia in lui stesso, perché in realtà l'uomo è un insieme e tutto quello che soffrono gli altri si ripercuote su lui; e se c'è guerra egli deve partecipare. Se crede che non partecipa è l'essere più tonto che esiste; il suo egoismo gli fa credere che stà sano e salvo. Ancora se affondasse nella terra ci sono una forza ed una corrente che l'unisce con tutti gli altri esseri del mondo, con tutte le cose create. Quella è l'unica verità che non vogliono riconoscere gli uomini; vivono agendo secondo la mente che si esprime in essi. Pensano col midollo, viveno midollarmente, secondo gli incentivi di una parte istintiva del corpo, ma non vivono in realtà.
È necessario morire per vivere; darsi conto che non si è un io come personalità, bensì un io come un'individualità che si espande e si unisce con tutto l'universo.
Felice morte quella della Rinunzia che dà la vita, la vera vita, l'unica, la vita dell'Universo e dell'espansione.
Gli uomini tacciano di codardi alle anime che hanno rinunziato. Dicono: "Sono persone inutili per la società, hanno paura della vita, di cadere nella tentazione, di non essere forti per resistere le miserie del mondo. Inoltre, che cosa fa quella gente? Non fanno niente; sono parassiti, assolutamente inutili." Potrebbe domandarsi a sua volta a questa società che chiama inutili alle anime devote che cosa è quello che essi fanno, quale è la gran opera che realizzano. Per caso le grandi opere del mondo, quelle della scienza, perché è la scienza quella che porta progresso e trasformazioni, fanno loro gli uomini del mondo? Se si guarda un po' si vede che non c'è un solo da essere che esuli da questa legge vivendo nel mondo; i grandi esseri che fanno qualcosa fuggono dal mondo, sono nemici della società, misantropi. Einstein, per esempio, come modello di essi, era un vero Ordinato, un uomo che non aveva il più minimo senso di quello ch’era società, un uomo che quando fu grande e dovette andare ad una festa si dimenticò di vestirsi di etichetta ed apparve in pigiami. Da bambino tutti credevano che fosse tonto perché fuggiva dagli altri bambini. Perché è tonto per il mondo un uomo saggio? La vita di questo uomo è una meraviglia: il suo matrimonio è quello di un Ordinato. La prima volta si sposa col collega perché l'aiuta e l'assiste. La seconda volta è perché ella lo cura nella sua malattia. Non c'è niente di mondano in quell'uomo.
Ma quelli che vivono nella valle sono poveri parassiti che dicono: io faccio questo o quello, e non fanno più che vivere di quello che gli altri gli hanno dato col suo sacrificio. Tutte le persone che si distinguono un po' nel mondo non sono persone sociali: fuggono dal mondo, hanno orrore al mondo. Quali sono i grandi uomini al giorno di oggi? Gli artisti di cinema, i giocatori di calcio ed i campioni di box; quelli sono i grandi uomini che produce la società.
Essi non producono perché quello che non è davvero vivo che non può alzarsi al di sopra delle sue menti ed averli nel suo pugno non può fare niente per l'Umanità. Inoltre, la storia dimostra che tutti i grandi progressi sono usciti dai conventi, dei chiostri, dei ritiri, degli ashramas dell'India, dei monasteri del Tibet. Ancora l'uomo più grande che abbiamo avuto negli ultimi tempi, Gandhi, non era più che un Ordinato: subito che finiva una conferenza pubblica correva a nascondersi nel suo monastero familiare, nella sua comunità. È buono fare il paragone di che cosa è quello che fa il mondo e che cosa è quello che fa in realtà l'anima ordinata.
È molto importante sapere che essendo fuggito dal mondo, rinunziato, morto, non si è perso assolutamente niente di quello che si credeva perdere. Si è lasciato tutto: posizione, famiglia, società, tutto quello che l'uomo chiama felicità di espansione di vita, di casa; i beni che poteva proporzionare il mondo; ma, si è perso per caso qualcosa?, la personalità? Sembra che la vita del Figlio sia schiavitú. Quante persone dicono: "È una vita di obbedienza, non si sposano, non possono andare a nessun luogo, non fanno nient'altro atrofizzare la sua volontà; sono volontà dirette." Ma questi uomini che dicono questo sono quelli che non possono vivere senza fumare, bere, senza il vizio segreto; sono vittime dei cavalli, dei azzardi, di tutto. Essi sono liberi: "liberi di piedi."
La cosa importante è sapere che il giorno che si è lasciato tutto, menzioni, cuore, volontà, e che in realtà si crede avere abbandonato tutto, si è trovato tutto, perché si è tramutato la personalità, e l'egoismo si è trasformato in egoencia.
L'uomo è un insieme, un composto, non è perfettamente semplice, puro. Se fosse la perfetta semplicità, la purezza, la perfezione, non potrebbe avere karma, sarebbe unito con Dio.
L'uomo è un composto. Attraverso lo svolgimento delle idee, da quando Dio ha creato tutte le cose, l'essere umano ha continuato ad acquisire esperienza, ma questa esperienza, questi dolori, furono perché ogni volta gli hanno portato più complicazioni.
L'uomo pensa di molti modi perché cambia continuamente: quando ha fame pensa con lo stomaco; quando è pieno di orgoglio e vanità pensa colla sua gola; quando è mosso per l'amore ed i sentimenti pensa colla mente cerebrale. Ma questi sono composti. L'uomo non pensa colla mente unica, divina, quella che lo comanda tutto. Nessun medico ha potuto dire quello che è la ghiandola pineale. Ma lì sta il sedile della purezza della mente. Nella parte più segreta del cuore sta la mente emozionale più pura. Quella mente cerebrale e la mente emozionale rispondono alla mente vera, direttrice, formata per atomi tanto sottili che ancora l'uomo non conosce; ma quella è la mente che lo dirige tutto, sta nella lizza della potenza cosmica, dà un po' di luce.
L'uomo, per essere tale, deve pensare con quella mente, salire lì, uscire di sé e pensare: "Ma, perché la prova non facciamo di uscire di noi e guardarci un po'; vedere che cosa penso ora e che cosa rispondo io a questo? Perché ho ora questi cambiamenti repentini, cambiamenti d’idea, di emozione? Perché, per esempio, l'appetito o la stanchezza hanno un potere tanto grande su me che mi fa dimenticarlo tutto? Quello è egoencia. L'essere che muore al mondo ha la vita vera: la rinunzia della volontà tonta, personale, viziosa, fa che l'uomo acquisisca quello potere di pensare a poco a poco e si veda colla mente direttrice.
Anche il Figlio aspira a quella vita dello spirito perché si agisce ancora come automi, ma il suo sforzo continuato –questo è un Dono della vita di Rinunzia–l'obbliga a svegliare, ad uscire di sé stesso, a ragionare e pensare con quella bella mente. È buono fare la prova durante il giorno ed osservarsi. Dire: "Che cosa sto pensando ora? Che mente è quella che agisce in questo momento: quella dello stomaco, quella dei piedi? Come è che devo fare quello che ella mi dice e non la conosco; mi chiama, ballo al suo compasso, e non la conosco? Quello è egoencia: conoscersi, guardarsi, controllarsi continuamente. Allora l'essere acquisisce altro io.
Leggendo a Suor Elisabettadella Trinità si può pensare: "Questa santa religiosa è un gran santa, ma continuamente parla della sua vita spirituale, di quello che ella fa di fronte a Dio. Non nomina mai all'Umanità; se parla di una persona è attraverso l'affetto che ella l'ha. Tutto sparisce, è come se la sua vita fosse ridotta a lei stessa." Ma non è così. In quella considerazione di sé stessa ella sale all'io superiore.
L'essere ammazza all'io, ma non acquisisce il dominio bensì attraverso suo io vero. Per esempio: l'uomo è circondato per l'aria; egli prende aria coi polmoni, ma non sa come si tramuta. Se conoscesse il punto nel quale l'aria si trasforma nella sua aria, allora il punto algido, saprebbe il segreto della respirazione. È il momento in cui l'anima riconosce all'Eternità.
Non è possibile lanciarsi all'Eternità come chi si lancia al vuoto perché allora sarebbe un'annichilazione, come credono alcuni che praticano il Buddismo. L'essere sale a suo io superiore, ma la sua personalità divina si riconosce sempre nella sua verità. L’uomo deve ammazzare al suo io e stare nella sua coscienza superiore.
Non è necessario concentrare la volontà su un spazio infinito; quello è perdersi. Bisogna concentrarsi su quello punto divino, nello spirito, nell'egoencia, e da lì si potrà collocare il piede per guardare la propria natura e l'Universo. Lì sta quello divino Dono di autocontrollo.
L'orario, l'obbedienza, i Voti, l'osservanza, aiutano a che si controlli la mente per uscire delle menti inferiori e vivere in quello punto egocentrico. Per acquisire l'abitudine di rimanere lì e non perdersi nelle distinte menti è buono autofotografarsi; l'uomo non fa questo mai. Per esempio: Se fa un lavoro si immagina di un determinato modo, ma non è quello l'immagine reale. Se uno si guarda allo specchio dell'acqua vedi che non è come si era immaginato. Ancora se si fa una foto nota che credeva essere di un modo distinto. Quando è facile perdere l'autocoscienza, quando non si sta nelle proprie occupazioni, quando si sta mangiando, è buono dirsi: "Ora faccio una fotografia mentale per vedere quale è la parte ch’io faccio." Questo è un esercizio molto utile ed interessante. Si tiene una tentazione, si tira fuori l'autofotografia e dopo la archivia nell'incosciente. Non bisogna farsi la fotografia ideale né volere vedersi bello, bensì tirare fuori i punti brutti: quella è la fotografia che bisogna archiviare; quella è quella che vedono gli uomini del mondo. Quello che si dice delle fotografie degli altri, si può dire di sé stesso. È buono guardarsi allo specchio della satoría per vedere come si è in realtà. E quando le menti vogliono fare l'illusione di quello che non si è, dire: “Già ti conosco”, e ritornare al trono reale. Per quello è morto al mondo, per stare lì e da lì controllarlo tutto.
"Siediti, oh regna, alla destra del Re, nel trono, affinché veda tutti i vestiti di vari colori che ti sono stato presentati come regali di matrimonio." I vestiti di vari colori sono le menti. Il trono è il punto in cui il Re ha collocato allo spirito.
L'anima è destinata alla liberazione, ad uscire del groviglio tremendo delle menti. Dicono che la razza futura deve acquisire l'egoencia, quello concetto unico dell'esistenza dell'essere.
Gli uomini credono fare qualcosa e non fanno niente; esistono ma non rispondono più che all'impulso del karma collettivo. La razza ariana è quella delle paia di opposte che sono quelli che la lanciano di un punto ad un altro, ma si tiene la speranza che la nuova razza che ha incominciato porti agli esseri la luce della verità.
La morte mistica porta alla vera vita che non incomincia né finisce che non ha morte né nascita. Si aspetta che questa nuova razza sia così, ma finché gli esseri non rinunziano, come potranno svegliare alla vera vita?
C'è al giorno di oggi un trattamento per le malattie mentali che risponde ai nostri insegnamenti: lo shock elettrico. Alle persone che hanno perso la luce della ragione lo shock elettrico, cioè, un colpo astrale formidabile, puo portare al senso normale delle cose della vita. Sarebbe come lo shock che deve applicarsi a tutti gli esseri affinché sveglino alla vita. Ai che non hanno rinunziato è con shocks, con colpi, che li è svegliati. Tutti gli esseri del mondo necessitano alcuni shocks.
Queste non sono punizioni di Dio, o che Dio sia crudele; non sono più che il frutto della miseria, del karma; è necessario che le forze cosmiche agiscano sull'Umanità a colpi affinché questa apra gli occhi.
Ha incominciato già la nuova razza, ma l'Umanità vive nell'oscurità delle menti. Come sveglierà ora? Sarà per una conoscenza divina o per la grazia del Maitreya, o per la guerra che spianerà tutta la terra? Quella è la domanda che il Figlio si tutti i giorni fa e che tormenta le anime dei maestri spirituali che vivono sulla terra; batte il cuore delle anime che devono educare all'Umanità: Quale sarà il colpo che aspetta gli uomini addormentati e ciechi? Che cosa si può fare per attenuare quello colpo tremendo e spaventoso? Una guerra futura sarà fulminante; in pochi mesi tutto sarà distrutto per la guerra o per la disperazione collettiva e la psicosi. È possibile fare qualcosa per attenuarla? Sebbene la Divina Provvidenza non permette che si entri nel velo che copre al Maitreya, si sa, tuttavia, che quanto più anime compiano la Rinunzia e vivano la vita dello spirito, più si potrà aiutare alla salvazione del mondo.
Che cosa aspettano allora le anime per fare dei suoi Voti una verità contundente che si trasformi in veri colpi che sveglino gli uomini? Perché queste anime non si dano, non hanno ancora la forza spirituale sufficienza affinché molte anime entrino nei monasteri, si allontanino dal mondo, entrino nella religione che sia, dandosi a Dio per Ordinarsi, che sveglino molti Figli alla luce e perseverino nel Cammino della Rinunzia? Perché al giorno di oggi non c'è niente che fermi la distruzione; il materiale preparato è tanto grande che se si sapesse morrebbe di paura. I demoni l'hanno ogni preparato; essi sono gli anticristi, e non c'è più che un gruppo di anime che possono fermare la distruzione.
Quindi, che cosa può fare il Figlio se non vivere puramente nella sua mente spirituale, e da lì essere come anime che alzano le sue mani al cielo affinché vengono altre anime per darsi con esse per la salvazione del mondo?
L'anima consacrata ha la vita dello spirito che non nasce né muore; se Dio vuoi portare le sue vite, che cosa importa! Purché si salvi l'Umanità che non soffrano tanto gli esseri colle sue miserie. Ed ancora nel senso degli uomini, chi non ha un figlio, un padre, un amico! Non può rimanersi indifferente. Ancora per un senso egoista dovranno gli esseri riconoscere questa verità.
Insegnamento 10: I Beni della Rinunzia
Dice il Vangelo: "Quello che lascerò case, fratelli, genitori, moglie, figli, terre, per amore a Me, riceverà il centuplo ed erediterà la vita eterna."
Dice Gesù ai suoi discepoli: "Quello che ama la sua vita la perderà; e quello che odia la sua vita in questo mondo la guadagnerà per la vita eterna."
Ho qui, in poche parole, riassunta tutta la Mistica del Cuore, della Rinunzia.
Rinunziare, lasciarlo tutto, abbandonare il mondo, gli affetti, la personalità, l'egoismo, e morire per seguire il sentiero di Dio è perderlo tutto in realtà, ma per una divina legge di successione, tutto quello che si è lasciato non darà solo all'anima quello divino stato di liberazione interna, ma le farà atta per la missione che deve compiere nel mondo. Le sue mani saranno piene di tesori per dare, “centuplum accipietis et vitam aeternam possideveris."
Il Figlio, abbandonando il mondo e lasciando tutto ha depositato tutto in mani di Dio, e quella è come una banca divina che dà un interesse insospettato, egli non per lui bensì per l'Umanità.
Chiesero un giorno all'imperatore Otón la grazia di vita per uno dei suoi nobili cavalieri che aveva commesso un gran crimine, ma disse: "Quella è un crimine molto grave e l'imperatore non può perdonarlo; sarebbe debolezza." Come dava la casualità che questo passava vicino all'eremo di San Romualdo, i cavalieri amici andarono a vedere il Santo e gli chiesero per la vita di quello disgraziato cavaliere. Romualdo chiese così all'imperatore e questo lo lasciò in libertà. Gli domandarono allora come era che aveva ascoltato la voce di quello sacro uomo, ed egli disse: "Egli può farlo, io no; egli ha la parola di Dio, ha nelle sue mani le leggi di Dio. È molto più grande di me, e se chiede è perché è necessario perdonare, salvare e lasciare vivere a quest’uomo."
È sempre così. Gli uomini di Dio lo possono tutto se sono veramente uomini di Dio. Morti al mondo, hanno una ricchezza che non è di questo mondo.
È notevole quello che dice la poetessa indù Naidú, discepola di Gandhi: "Nostro padre l'ha lasciato tutto e è assolutamente povero; ma, quante ricchezze materiali ha nelle sue mani per ripartire! Nessuno può immaginare tutto il denaro che passa per quelle mani per mantenere le sue opere. Costa molto denaro mantenere a nostro piccolo padre."
In realtà, le opere di Dio sono davvero postete in un trono reale da dove dispongono dei tesori del cielo ed anche di quelli della terra. Non solo "centuplum accipietis" bensì "vitam aeternam possideveris" anche.
È sempre una grazia data unicamente a quelli che si dedicano alla Rinunzia: potere fare cose straordinarie che non possono fare gli altri uomini del mondo. Ed i Figli che sono come appena formiche in un'opera istituita, gli ultimi arrivati al servizio di Dio e dell'Umanità, quando andavano ad incominciare la sua opera sentirono dire: "Quella è pazzia; da dove tireranno fuori tanto denaro per realizzare quelli progetti?”. Ma la Divina Provvidenza dà sempre i redditi necessari per le opere della Rinunzia.
Gli uomini devono fare i suoi calcoli: cibo, vestito; tanto per questa e per la cosa altra; ma non i Figli di Dio, perché vivono nelle Sue Mani; quando necessitano vanno e battono alla Banca dell'Eternità: la Madre ha sempre qualcosa abbasso il manto per dare ai suoi Figli; qualcosa che essi non hanno visto né si sono resi conto che esiste. Non provvede solo alle necessità spirituali, ma anche ai materiali.
Così è stato nella storia di tutti i tempi. Sempre le opere di Dio hanno fatto la cosa impossibile, la cosa irrealizzabile.
C'è nel mondo un fatto mistico che è degno di ogni considerazione e rispetto: la mistica israelita. Tutti i paesi sono destinati a nascere, brillare e finire. Per grande che sia un paese, fa un ciclo e dopo sparisce. Ma questo paese che ha tramutato il suo potere materiale in un potere di amore e venerazione a Dio, non muore. Può essere che muoia ora che è tornato ad avere terra, ma fino ad ora non ha finito.
In che cosa consiste la mistica di questo paese, non del paese in generale, bensì dei suoi più alti esponenti? Tramutano la sua terra in una terra promessa. Il Bibbia insegna che essi non hanno terra; si stanziano su una terra ideale; non quella dell'uomo, bensì quella di Dio. Moshé li fu da quaranta anni sbagliando per i deserti ed i boschi cercando dove stanziarsi. Formano una legge senza avere terra. Quaranta anni appoggiandosi solo su una promessa del cielo. Da allora incominciò a svilupparsi la sua mistica di distacco. Li vediamo perseguiti fino a nella sua cattività in Babilonia. È la mistica del paese senza terra che si stanzierà sulla fede, la promessa di Dio, quello che Dio vuole dargli domani. È la mistica della rinunzia, del dolore, della cosa Eterna.
"Là, nei bordi della Babilonia, ci siamo seduti per piangere ricordando la nostra terra persa, e se non piangesse, non facesse lutto, che la mia lingua si attacchi al mio palato, che si rompa il mio cervello contro una pietra; sia io maledetto per sempre." È la mistica del dolore, della disperazione; non avrà tempio, né patria, ma attraverso i secoli quello tempio perso gli porterà una mistica più grande: quella della rinunzia e del dolore.
Quale era l'unico desiderio, l'aspirazione di questi eterni vagabondi del mondo, bensì tornare a morire alla sua terra? La sua è una mistica del dolore, del dolore, di essere perseguito sempre da tutte le parti, di non possedere terra, di continuare a camminare di un luogo ad un altro.
Questa mistica di distacco, ancora nel senso materiale, porta una forza che non è di questo mondo. Attraverso i tempi queste persone acquisiscono un stato magnetico, economico. L'economia cade nelle sue mani. Sembra impossibile ma è così; il denaro si muoveva nelle sue mani perché solo essi sapevano usarlo, perché sapevano come era stare nel mondo senza avere una terra dove stanziarsi, dove dire: questa è la mia casa, la mia patria, il luogo che Dio mi ha destinato nella terra.
È come una ricompensa astrale che sorge per quelli che non possiedono niente. Quello non è più che un paragone, ovviamente, ma la realtà è che la mistica tramuta il distacco in un possesso che in questo caso, ora, è uno dei grandi pericoli del mondo, e può essere un fattore di distruzione o di salvazione.
Sempre quello che non ha e si fida di Dio, quello che l'ha perso tutto, si rassegna e tramuta quello dolore e quella perdita in un'obblazione superiore, in una missione celestiale; acquisisce un potere ed una forza che non hanno gli altri esseri del mondo.
Un altro fattore economico che è oggi un pericolo nel mondo, è il prete. Le istituzioni di quegli uomini che hanno rinunziato sono le più ricche del mondo.
Come può essere che tutte le ricchezze stanno nelle mani degli uomini che l'hanno lasciato tutto? "Centuplum accipietis." Quello che si basta a sé stesso può dormire in qualunque luogo; gli basta sempre gli stessi vestiti per vestire; acquisisce una potenza che non è solo spirituale, ma è anche materiale.
Benché fossero loro distrutti tutti i suoi beni ed i posti dove vivono, nessuno può avere la forza di quelli quale hanno rinunziato e tutto l'hanno lasciato: esseri che non guardano quello che devono mangiare, che si sanno bastarsi a se stessi in tutte le sue necessità, che sanno fare dai lavori più pesanti fino ai più delicati, essere operaio se è necessario; le anime devote avranno sempre in eccesso per vivere; unite sono invincibili ed il pane non deve mancare mai. Ancora quando si trovino in un deserto, ci sarà sempre una che guidi alle altre, e se alcuna non può camminare ci sarà un'altra che avrà forze per portarla, e quella sorella, sostenuta per quello trono, vedrà intorno e li dirigerà ed insegnerà loro; e quella che soffre il freddo sarà riparata per la quale non lo sentono. Per che motivo vogliono queste anime i beni del mondo? Esse non li vogliono, e, tuttavia, questi vengono ugualmente come l'acqua verso quelle anime.
Che cosa passa colle istituzioni che accumulano le ricchezze, coi trusts ebrei, colle istituzioni ecclesiastiche cattoliche che uniscono tanto potere? Quello stesso poter li schiaccia.
L'unica forza del Figlio è avere quello centuplo, ma per darlo, non ferma diventare ricco. Egli potrebbe essere ricco molto facilmente; non c'è nessuno nel mondo che abbia il suo potere di rinunzia per unire beni materiali, ma dopo quello servirebbe per schiacciarlo. Una volta che ha casa, per che motivo avere più? Bisogna ripartire. Oggi non si può fare la stessa carità che ieri, quando si teneva la metà di risorse materiali: bisogna dare il doppio. Dare continuamente, perché povero dei Figli se uniscono ricchezze che dopo le sue braccia e le sue spalle non potranno sostenere! Questo è l'unico modo di arricchirsi con ricchezza sacra e buona: lasciarlo tutto. Così può darsi agli altri e non mancherà mai niente per fare l'opera, mai.
Quelle grandi istituzioni, quanto potrebbero fare bene! Che non accumulino quello che devono ripartire tra i poveri esseri del mondo!
La Rinunzia dà la libertà, la vera libertà dello spirito; ma non solo quello, perché quello sarebbe l'egoismo spirituale, il più grande degli egoismi. Quello bene che si è ricevuto spirituale, mentalmente e materialmente, ha solo valore quando se lo spartisce tra tutti gli uomini.
Questo non è solo nell'ordine materiale; il Figlio sa molto più che gli uomini per il suo tipo di vita. Ha possibilità infinitamente maggiori e la sua portata di conoscenze è molto grande.
Il potere dei Figli è molto grande ma... la Rinunzia è per l'Umanità!
Insegnamento 11: Il Valore Unico della Rinunzia
La Rinunzia, rifiutando i valori stabiliti, è creativa di nuovi valori.
Se l'anima abbanDonoa il mondo completa e totalmente, se muore al mondo, è perché nel mondo non ha trovato la soluzione al suo problema intimo di fronte all'Umanità, all'Universo, è perché la morale degli uomini non ha potuto soddisfare alla sua anima, alla sua vita interna. Rinunziando, allora, questo essere fa un atto di fede, di protesta, contro tutti i valori stabiliti, e con questo atto eroico di abbandono del mondo e di rinunzia diventa creditore di nuovi valori.
La Rinunzia è, soprattutto, la Verità; ma questa Verità che può scorgersi con l'atto eroico di abbandonarlo tutto, non toglie dell'essere l'ignoranza. Perché l'ignoranza è il male assoluto, è il male di tutti, è causa di tutte le morti e di tutti i dolori. Solo un retto modo di vivere, pensare, operare, farà che l'uomo possa scorgere a poco a poco e vivere in quella Verità che ha intuito col suo atto di rinunzia, di disinteresse, di distaccamento. L'ignoranza dell'uomo va unita da lui tanto intimamente che sembra la sua stessa vita; perché l'uomo porta con sé come non solo risultato delle sue vite anteriori tutte le possibilità, ma anche tutte le deficienze.
L'essere ha in sé alcune possibilità grandi di conoscere la Verità, ma non sa utilizzarli, maneggiare quelle forze interne. È abituato per la sua limitata costituzione, per la sua attuazione spirituale, a vedere le cose di un determinato modo; è non un apparato perfezionato ancora. Quella è la prima causa dell'ignoranza del mondo. Inoltre, l'uomo conosce tutte le cose per limitazione e parzialmente, e questa limitazione e parzialità fa che continuamente agisca come se quella fosse la Verità, deducendo allora una continuità di atti non corretti prodotti per l'ignoranza; e l'ignoranza più grande del mondo è la persistenza nei suoi errori, nella sua verità relativa, perché crede sapere la Verità ma non possedendola non sta totalmente nella Verità. Non fa nient'altro riflettere atti illusori che non sono perfetti, integrali. Unicamente la Verità può mettere all'uomo in conoscenza, benché momentaneamente fosse ideale, del suo luogo nel mondo, della sua dipendenza nell'Universo, delle sue opere, delle sue azioni. In una parola: gli darà la conoscenza che è un essere integrale ed universale. Tutte le cose che hanno in sé una limitazione, una specialità, una dipendenza, non rinchidono con sé la Verità, bensì parzialmente e la verità parziale è sempre ignoranza.
Ma la Rinunzia non dà solo in realtà questo bene, bensì quella predisposizione dell'anima per ricevere l'Insegnamento. L'uomo la riceve continuamente, l'Insegnamento è come il divenire che fluisce continuamente; ma vivendo dentro la limitazione l'Insegnamento lui arriva completamente oscurata, sfigurata. Che esca l'uomo fosse di sé stesso e guardi l'immensità dell'Universo, l'unica fonte di tutto quello creata è il divenire, e subito avrà allora un punto di vista distinto. Che rompa i lacci del suo egoismo, di credersi come unico oggetto dell'esistenza, e subito cambierà il panorama la conoscenza. Quello è fondamentale e non può riuscirsi bensì colla Rinunzia, trattenendosi un momento nella pendenza che porta all'abisso e dicendo: "No, il mio cammino è l'altro." Basta quell'istante, quello momento, quello punto morto per avere un concetto di quello che si è e vedere le possibilità per il futuro; è necessario aprire la finestra dell'anima. Questo che è primordiale, fa adatto all'essere per ricevere l'Insegnamento. Ha così una disposizione che solo il distaccamento, l'indifferenza, l'abbandono delle creature proprie e personali lo mette in contatto con l'Insegnamento, colla Verità.
L'Insegnamento, allora, penetra nella mente, istruisce al cuore. In un solo istante cambia tutto il modo vivere, di essere.
Ma questo eterno e divino Insegnamento che fluisce per tutti gli uomini di buona volontà che vogliono riceverla, è data ai Figli di Cafh affinché solo essi la comprendano e possiedano. Vuole dire che non solo l'Insegnamento è data al Figlio, ma egli ha una disposizione caratteristica per riceverla; non ferma ricevere un insegnamento falso filtrato attraverso l'attaccamento e l'ignoranza, bensì per ricevere l'Insegnamento che arriva alle anime di buona volontà.
Uno dei grandi doni della Rinunzia è la possibilità di ricevere l'Insegnamento integrale. A volte non si può dire chiaramente dire che Patrocinai, i Solitari, ricevono tanto, e che gli Ordinati ricevono l'Insegnamento integrale. Questa è un'allegoria della verità perché l'uomo che non ha rinunziato che non si è messo in quella disposizione ampia, libera, disaffezionato di tutto, non può ricevere l'Insegnamento. La riceve, ma lui arriva filtrata. Anche quello può succedere ai Figli; hanno la possibilità di riceverla ma dipende da essi, della sua disposizione sentimentale, spirituale, di se si aprono completamente.
Non può riceversi l'Insegnamento se continuamente si tiene chiusa una parte di sé stesso; è necessario avere rinunziato completamente a tutto; allora l'Insegnamento è integrale. Quello è il significato dell'Insegnamento.
Questa disposizione, completamente contraria alle disposizioni dell'uomo del mondo, fa che l'Insegnamento Divino di tutte le epoche, di tutti i grandi maestri ed insegnanti arrivi al Figlio. È la voce dei Maestri, de l’aldilà. Questo Insegnamento Divino, sublime, che dovrebbe aprire la mente del Figlio affinché tutta la conoscenza lui arrivasse, è la sua eredità, bene suo, il suo possesso. Lui arriverà integralmente, senza veli, senza che nessuno gliela occulti, come abbia tolto i veli del suo interno, le aderenze incollate alla sua anima per essere come una tavola liscia, un'anima completamente semplice, senza composti.
Anche questo divino Insegnamento gli è stato data a Cafh come un'eredità. Quando si parla degli insegnamenti che hanno lasciato i Santi Maestri, i Figli si fanno l'idea che sono carte scritte. L'Insegnamento dei Maestri fu dato: arrivò dalla lontananza dei tempi. Sempre i Maestri hanno dato l'Insegnamento a quelli quale hanno voluto riceverla. Alcuni frammenti si trovano nei testi sacri, quelli che gli uomini hanno trasformato in idoli; nei libri delle Proibizioni, Gli Upanishads, nella Bibbia, sono scritte gli Insegnamenti veri dei Maestri; ed i Figli di Cafh, naturalmente, hanno raccolto anche questa eredità.
Allora, la base principale degli Insegnamenti è l'insieme degli Insegnamenti universali che furono date a tutti gli uomini di buona volontà. Non vuole dire che questi Insegnamenti debbano essere ricevuti ad litteram; esse non sono nient'altre che verità che si sono transformate in una parola affinché l'uomo li prenda e li mediti, affinché torni a mettersi nella presenza di Dio, a trovare il vero significato che esse rappresentano. Quelle che Cafh ha in testi, come hanno tutte le religioni e filosofie, non è dogma, è quello che hanno insegnato i grandi esseri; il Figlio deve considerarli e farloro sue. In una parola: è l'Insegnamento universale, primo, vero. Questi Insegnamenti costituiscono anche un capitale per Cafh, un'eredità, perché si è visto che c'è nella Figli tendenza a non sapere distinguere gli Insegnamenti.
Il male è questo: si tengono molti Insegnamenti che sono comparative, insegnamenti che si trovano nelle grandi religioni, e si crede che quelli sono unicamente Insegnamenti di Cafh. Quello non è così, li hanno tutti gli uomini; una filosofia lo dice di un modo ed una religione lo dice d’un altro, secondo la sfumatura con che lo guardino gli uomini. Cafh li spiega col suo modo caratteristico secondo lo hanno scritto i Maestri di Cafh.
Ma oltre a questo Insegnamento universale, Cafh ha il suo Insegnamento individuale che i Maestri hanno dato esclusivamente per i Figli; cioè, un'altra cosa fuori dil'Insegnamento Universale. Molti Figli mescolano gli Insegnamenti che sono scritte e li confondono coi libri che hanno letto, fanno un miscuglio quando spiegano l'Insegnamento. Dicono: "L'Insegnamento dice così, ma io ho letto in tale libro"..., e fanno una gran confusione coll’idee. È necessario che i Figli di Cafh conoscano i grandi Insegnamenti, ma dopo è buono che con questi Insegnamenti facciano le sue definizioni. Se li fossi presi un esame si vedrebbe che si sbagliano molto; mescolano tutto. Per quel motivo sarebbe buono che il Figlio dicesse: "Devo fare alcune definizioni generali di Insegnamenti universali, averli ben presenti e non cambiarli."
Tutti gli Insegnamenti hanno in realtà il suo fondo, come le religioni e filosofie, e dopo l'uomo fa un miscuglio di tutte quello, e tutti quelle cose diventano particolari. Le religioni sono tutte particolari perché ognuna dice: “Io sono proprietaria della verità", e l'Insegnamento, la Verità, è solo una. Allora nessuna di esse è universale. Non c'è religione universale conosciuta per tutti gli uomini; se fossero universali avrebbero tutto l'Insegnamento nelle sue mani, saprebbero conoscerla tutta e darla alle razze secondo i suoi progressi e possibilità.
L'Insegnamento di Cafh, allora, separando l'Insegnamento Universale, è quella che Cafh dà dettagliatamente per il Figlio; è la Verità che per lui è necessaria. Succede sempre così: un gruppo di uomini riceve l'Insegnamento che è per essi e dopo la vuole imporre a tutti. No. Quella verità forse non può essere utile posta in contatto con gli altri esseri del mondo.
Gli Insegnamenti non sono classificate ed al Figlio non gli è detto: "Questo è un Insegnamento Universale e quest’altro è un Insegnamento diretto per i Figli di Cafh"; per quel motivo mescolano le idee. Non distinguono quando è per tutti e quando è per essi. Questo ultimo è fondamentale e devono basarse su questo per conoscere dopo le verità universali. Queste verità non li saprà il Figlio della Blavatsky, di Shopenhauer e dei materialisti, bensì unicamente attraverso l'Insegnamento di Cafh, perché i Maestri credono che la capacità e possibilità dei Figli è quella. E non c'è un'altra. Questa è data continuamente ai Figli.
Il Divino Guardiano è un Maestro di Cafh; la sua missione, trenta anni fa, è dare l'Insegnamento ai Figli dell'America. Questo Insegnamento è condensato in alcune degli Insegnamenti di Cafh: le verità mistiche necessarie per lo svolgimento dei Figli di Cafh da quando entrano al Sentiero fino a che arrivano alla realizzazione. Non sono solo poste negli appunti di Insegnamento, bensì in tutti i Figli di Cafh. I Figli li riceveno continuamente attraverso i Superiori, Oratori, Insegnanti. Stanno particolarmente nei Figli perché sebbene l'Insegnamento è dato per il gruppo, essenzialmente è destinato all'anima. Ogni Figlio, allora, deve adattarla alle sue condizioni.
Le Verità Universali devono essere adattate ad ogni anima, se no, non sono la Verità, sono quella di un terzo; di lì si capisce il significato straordinario di Cafh che non si dirige ad un insieme, bensì individualmente ad ogni anima.
Se i Figli facessero un lavoro collettivo starebbero fuori del suo senso, perché Cafh riconosce che l'unica verità e dogma è andare direttamente all'anima e dargli quella che necessita, quella che è fatta per lei. Che disgraziato è l'essere che guarda ad un altro per vedere quello che fa, come si comporta, quando tutto gli fu dato unicamente per lui. Non c'è più Figlio di Cafh sulla terra che il Figlio, ed egli ha la responsabilità di ogni Cafh. Ognuno è così: la sua responsabilità come Superiore è unica, tutti i Figli dipendono da lui; egli è l'ultimo chi è arrivato all'Ordinazione, l'innesto nuovo; tutto Cafh riposa in lui, tutto sta dentro la sua anima; egli deve essere il responsabile, la vittima. Egli è arrivato alla metà del cammino, è l'anima; l'Insegnamento fu dato per lui; la responsabilità è tutta sua.
Cafh è opera di anime. Ancora se tutto il mondo sparisse e solo uno rimanesse in piedi, tutti starebbero lì presenti, nessuno sarebbe lì morto, tutti starebbero in quello Figlio: tutta la responsabilità di Cafh, dell'Opera nel mondo, sarebbe riassunta in lui, sulle sue spalle. Questo non bisogna dimenticarlo.
Il lavoro di Insegnamento del Figlio è istruire individualmente, uno alla volta. Per quel motivo bene dicono i Superiori: "Dove si impara, si salva alle anime, non è nell'ora di Insegnamento, bensì nella direzione spirituale. Lì si fa il vero lavoro di comunicazione tra l'Insegnamento dai Maestri e l'anima." Ma questo Insegnamento esiste ancora negli appunti, nell'insieme armonioso di certi Insegnamenti Universali e quelli dati per i Figli di Cafh.
Gli Insegnamenti che devono essere date per i Figli di Cafh furono già dati. Il ciclo di Insegnamenti già è completo. Ma c'è ancora un insegnamento più sottile, più intimo: l'Insegnamento che ognuno dà dopo l'avere ricevuta dei Maestri. Sta l'Insegnamento Universale dato per i Figli di Cafh e sta l'Insegnamento del Figlio, il proprio Insegnamento, quella che è sorto dalla sua anima al contatto coll'Insegnamento, quello che gli fu rivelato per i Maestri a lui stesso; ed anche quello Insegnamento bisogna trasmetterlo. Ogni Figlio di Cafh è in realtà fonte di verità, d’Insegnamento.
Allora si può dire che si tiene: 1) un Insegnamento Universale; 2) un Insegnamento che fu dato ai Figli per i Santi Maestri e che essi conservano, e 3) L'Insegnamento che danno i Superiori ed Insegnanti. Questo ultimo è dato oralmente - dipende dalla volontà di ognuno dei Figli il dare questo Insegnamento –ma quello è l'Insegnamento, quella è l'Unica Verità che si domina, perché non si stanzia su un dogma bensì sulla Verità di tutti i tempi, ed i Figli l'hanno avuto qui per mezzo del suo Fratello e Protettore: il Guardiano.
Poi si tiene l'Insegnamento che danno le anime che hanno realizzato già la Divina Madre, quelle che hanno percorso già il suo cammino spirituale di Rinunzia.
L'Insegnamento spirituale che l'Insegnante ha ricevuto è statodi carattere universale, e questo Insegnamento è unicamente quello che definito per una determinata scuola. Potrebbe chiamarsi scuola eclettica, quello che non è deista ma ammette un principio fondamentale dell'universo. Non è assolutista, perché l'assolutismo porta al niente o il materialismo: Se si dice, per esempio, che l'universo è la cosa unica esistente, tutto il resto è illusorio. Bene, se tutto è inesistente, un assoluto Assoluto, e quello che l'uomo conosce non è più che l'illusione, quell'illusione porta unicamente a conoscere per i sensi, cioè per la parte materiale. Non c'è allora un punto ideale che la sostenga, un punto divino. Questa è una dottrina materialista. La teoria fondamentale di Cafh è che l'Assoluto Universale non può essere definito dagli uomini; definirlo sarebbe cadere nel materialismo più brutale; l'uomo lo conosce ma non ha diritto a definirlo, non può l'uomo essere materialista o idealistico, perché riconosce all'universo come un principio divino, assoluto, cosmico che riassume in sé tutta l'energia dell'universo: spirito, mente, materia.
Non potrà essere mai materialista quando egli è un punto di energia creativa, fondamentale. Potrebbe essere in sintonia allora con tutti gli Insegnamenti del mondo: spirituali, idealistici, materialisti, perché Cafh rimane in un punto di osservazione mezza.
Quelli furono gli Insegnamenti che gli furono date. Orbene, gli Insegnamenti relativi come Figlio furono gli Insegnamenti fondamentali di Cafh: gli insegnamenti dell'Ired, del movimento cosmico, quelli della relazione e dipendenza dell'uomo con l'Universo nel senso storico, psicologico ed etico: l'uomo è un essere, diviene di un centro che è la sua propria anima, lo spirito. Questo costituisce il suo essere, di lui dipende la sua conoscenza. Questo non è l'unico nell'Universo; il suo libero arbitrio è determinato ad un campo magnetico che è connesso con tutto l'Universo. Quell'esterno che lo determina è la relazione della vita del Cosmo. È quella conoscenza storica unita alle possibilità psicologiche dell'uomo gli dà la chiave del futuro.
Ma era necessaria per Cafh in America un Insegnamento speciale adattato al temperamento delle persone che li ricevessero. Un Maestro Divino si occupò di dare questi Insegnamenti affinché fossero registrate nella mente ed il cuore dei che devono darli: questo Maestro Divino fu il Guardiano. Il Guardiano ha dato gli Insegnamenti di Cafh attraverso il Fondatore di Cafh. Questo li ha dato ad un gruppo di anime; se dopo quelle anime non li hanno comprese non importa: Egli li ha dato. Insegnò loro quali sono le verità adattate ai Figli, quelle che mettono all'essere in contatto con l'universo; diede loro dettagli del suo modo di vedere le scienze.
Ora manca l'Insegnamento dei propri Maestri di Cafh, dei Fondatori che hanno incominciato l'Opera di Cafh in America. Quegli Insegnamenti non furono registrati; ma ancora se non fossero registrate esse rimangono nelle anime che li hanno conosciuto e sentito.
Quante volte i Figli hanno ricevuto un Insegnamento, l'hanno compreso di un determinato modo attraverso lo sguardo, della lettura, e dopo questi Maestri con un sguardo hanno fatto loro capire che quello Insegnamento aveva un significato completamente distinto che quell'era lettera morta. Hanno insegnato loro a ricevere l'Insegnamento vero.
Quella è la Missione del Maestro: non permettere che la lettera muoia, bensì fare che viva sempre che abbia un senso individuale per ognuno degli esseri che ricevono quello Insegnamento e che dopo dovranno darla.
È necessario che la rinunzia del Figlio sia totale, perché ogni giorno che passa si perde un'opportunità di ricevere l'Insegnamento diretto, ed arriva dopo un giorno in cui il ciclo si chiude, come è succeso coll’Insegnanento universale, come è succeso coll’Insegnamento di Cafh che fu dato e chiuse già il suo periodo. L'Insegnamento individuale chiuderà il suo ciclo ed i Figli che sono stati destinati per riceverlo non potranno farlo se la sua rinunzia non è totale, se ancora la personalità occupa molto luogo nella sua anima.
Il fiume fluisce rapidamente, e la cascata cade rapidamente. L'Insegnamento è dato in ogni momento, ma molte volte non si sa prendere quegli Insegnamenti perché c'è molta personalità nell'anima, c'è molta oscurità e la mente è tamponata. I Figli devono affrettarsi affinché quello Insegnamento sia vissuto. Quanti tesori rovesci Dio, quanti Insegnamenti vengono alle anime! Si può dire che questi Figli sono arrivati nel ciclo dei Maestri di Cafh, nel momento di trionfo di Cafh, quando ricevono l'Insegnamento diretto dei Maestri; ma, non sia che domani debbano pentirsi perché non riceverono totalmente l'Insegnamento, perché la sua mente era piena delle cose del mondo, perché il Voto di Rinunzia non era fatto con pienezza, nella sua totalità.
Questo Insegnamento è molto necessario per queste anime consacrate. Essi sono i Figli della seconda ora: l'ora solenne in cui concretano le idee; ma dopo l'ora passa e dovranno trasmettere un Insegnamento vero od uno falso, come succede con tutti gli uomini; perché se non sono distaccati di tutto non avranno l'Insegnamento.
Ognuno di essi è responsabile della Verità, di Cafh, dell'Insegnamento che dovranno trasmettere. L'Insegnamento di Cafh è di anima ad anima, di Maestro a discepolo. Essi non dicano mai: Se io mi dimentico di qualcosa il mio compagno deve saperlo. L'Insegnamento è grande e solenne, arriva nel trattamento coi Superiori, nel passatempo, in ogni momento, ma l'unico modo di riceverlo è vuotando l'anima; che la rinunzia sia vera, che si apra a tutto.
Prendano le anime il coltello per tagliare d'un colpo tutte le callosità, affinché siano anime grandi, infinite, e possano compiere la Divina Missione.
Che cosa importa essere considerati come codardi ed ignoranti per gli uomini, se si ha questa grazia di portarli la verità unica, fondamentale, vera! Quella è la missione della Rinunzia: non volare nelle arie, bensì purificarsi, strappare tutto di dentro e potere trasmettere quello Insegnamento a tutti gli esseri tale quale fosse ricevuta.
Insegnamento 12: I Discepoli Tibetani
Esiste nel Tíbet una mistica straordinaria relativa alla considerazione della morte ed alla morte mistica, che è necessario che i Figli conoscano.
La mistica della morte era nell'antichità una cosa ordinaria. Ancora nel medioevo cristiano la considerazione della morte e gli atti che aiutavano a ricordarla ebbero un valore straordinario. Questa abitudine che si è andato a poco a poco perdendo, si è conservata nel Tibet.
Quelli che seguono la mistica del cheut nel Tibet vogliono riuscire un vero stato d’obblazione per la salvazione dell'Umanità. La cosa prima che cercano i discepoli è un guru che possa istruirli, un maestro che è arrivato già alla realizzazione di quello stato di pace oltre la morte. Questo guru si occupa di dirigere quelli discepoli che impararono a servire il maestro durante uno o due anni.
Un Seminarista, nei mesi di Seminario, deve imparare a fare tutto quello che può servire alla Comunità, quello che gli ripugna e tutto quello che sia più spiacevole. La cosa prima che Gandhi fece fare alla sua discepola inglese Slade fu mandarla a pulire i bagni. "Lì –disse– impara più che tutto quello che io possa insegnargli." Nel Tibet fanno la stessa cosa: Preparano il fuoco, lavano i vestiti; e dopo quella prova incominciano a ricevere le istruzioni.
Quelli che seguono il cammino di cheut sono pellegrini. Prima di arrivare ad essere ammessi come discepoli visitano cento otto cimiteri, e fino a che non hanno meditato su tutti essi non possono ricevere l'insegnamento del maestro. Quello significa che devono percorrere distanze enormi nell'immensità di montagne e mesete da quattro a cinque mille metri di altezza. Meditano sui cimiteri durante la notte, e portano una campanula che fa sapere della gente della sua presenza per non essere disturbati.
Dopo di questa peregrinazione il maestro dà loro il primo insegnamento: la considerazione della responsabilità che hanno di fronte a tutti gli uomini di tutto quello che hanno acquisito. È arrivata l'ora di fare qualcosa, e è necessario arrendersi.
Il primo passo è l'obblazione di sé stesso.
I tibetani tutto lo fanno con ritmo, movimenti, atti esterni. Per quel motivo è impressionante vederli nelle sue meditazioni. Deve avere qualcosa di psichismo basso nel quale non sanno capire il valore di quegli esercizi e non sono atti per quello sentiero. La cosa importante, e devono essere molto pochi quelli che lo seguono, è il senso interiore dell'obblazione. I sue preghiere sono come quelle che fanno i mistici, ma essi fanno questo con grida sacre, chiamando a tutta la cosa cattiva che c'è nel mondo. Questo è bassa mistica. Essi non sanno che il significato è acquisire potere, non avere paura. L’entità inferiori fuggono da quello che ha pace. La gente del mondo dice che gli hanno dato una cattiva influenza che gli hanno fatto male, ma quell'arriva unicamente quando si è pieno di paura, di disorientamento; quando si sta in pace non c'è corrente cattiva che arrivi.
La mistica che essi fanno è per scacciare la paura. L'obblazione dice: "Attraverso innumerabili vite il mio egoismo ha fatto che io vivessi di tutto il mondo; ho commesso tutti i crimini e tutti i peccati; ho bevuto il sangue di migliaia e migliaia di esseri; con gran sconsideratezza ho calpestato, ho fatto male il, ho avuto tutti i difetti e vizi. È arrivata l'ora in che io saldi i miei conti." Fanno questa invocazione in forma molto drammatica, mentre toccano un piccolo tamburo. È una mistica molto primitiva; unicamente cercando possono trovarsi molto profondamente le grandi cose.
"Venite voi, oh, entità cattive e dannose! Non tocchiate più i poveri esseri del mondo, non facciate soffrire gli uomini! Venit voi a me affinché io paghi il mio debito; mangiate la mia carne, aprite le mie viscere, le mie vene; tagliate la mia testa affinché io possa essere cibo di tutte le fiere ed animali selvaggi; io mi dò alla morte, al sacrificio. Io sono la vittima dell'Umanità."
Lo ripetono fino a che sentono veramente una sensibilità di morte. Che una suggestione faccia sentire un dolore, è qualcosa corrente. Per molto divina che sia la srigma dei santi, c'è sempre un pó di psicosi: Vedono l'immagine di Cristo crocifisso fino a che c'è un shock psicosomatico e hanno le piaghe della passione.
I chelas possono sentire dolori di morte: che rompono loro le viscere, che li tagliano in pezzi. La maggioranza cade malato; solo i più forti possono passare ad un stato superiore.
Allora ricevono il secondo Insegnamento: Già essi sono morti. C'è qui una similitudine con alcune delle parti mistiche di Cafh, solamente nella cosa esterna, perché questo non è adeguato né per i Figli né per l'Umanità. Dopo la prima tappa viene la vera morte mistica che è quello che vale. La personalità è morta già; quello di darsi come l'hanno fatto è una rinunzia. C'è data la vita; non è rimasto niente: sono morti.
Allora il guida insegna loro che tutta fu un'illusione che produce la fantasia; tutto quella che hanno realizzato è una pura illusione, tutte le cose del mondo sono illusione. “Prima tu meditavi sulla morte, ma ora la conosci; passasti per tutto e tutto era illusione. Ora sai che cosa la morte è: non è che ti taglino la testa o un braccio, è avere la forza di non desiderare niente, di rinunziare a tutto, abbandonarsi completamente nelle mani della Divina Volontà."
Il processo per arrivare a questo (niente) lo chiamano "Il Banchetto Rosso."
L'anima non possiede più niente. L'immagine che si fanno è simile a quella data da San Paolo della Croce: devono immaginarsi che sono un mucchietto di cenere; niente è rimasto. Allora il discepolo deve meditare e dire: "Non sono nient'altro che cenere; non è rimasto niente; non ho karma, né di passato né di futuro. Sono cenere. Viene la carovana che passa attraverso la meseta, pestano le mie ceneri e nessuno si rende conto che esse stanno. Si alza il vento ed i disperde dappertutto. Si alzano dune di sabbia e non sono niente. Ora sono unito con Dio perché di quello che c'era della mia personalità niente è rimasto."
Sperimentano allora il vuoto del niente. Non è oramai un stato psichico. Il Banchetto Rosso lo fanno possibilmente per eliminare a quelli che non sono sufficientemente forti. Il tibetano crede che quello che non è chiamato alla vita spirituale non ha importanza; importanza hanno i pochi che trionfano. Questa è un'idea completamente sbagliata e distinta alla vera idea della carità universale.
Il terzo Insegnamento è il "Banchetto Bianco", la vera realizzazione. Il Maestro chiama il discepolo e gli torna a dare il vero Insegnamento. Gli dice: "Dicesti: sono niente. Sei un niente per te ed un tutto per Dio, essi dicono l'Eternità. Inoltre, che pretese hai di credere che puoi morire, darti e trasformarti in un niente. Porti ancora con te un seme di gran superbia perché credi che puoi disfare, e quello è un secondo gioco della tua illusione, della tua mente. In realtà, se credi essere un niente stai pensando qualcosa. Il vero Insegnamento è: Tu sei come l'Eternità, stai più ak’dilà della morte e del niente. Tu sei un'espressione di Dio". E con quello promuovono il discepolo fino alla Divinità, dei valori umani agli spirituali. Molto pochi arrivano a quello.
Allora il mistico, il maestro, ride del primo che incomincia, dei che visitano i cimiteri; ride di quello che dice che era un niente: il discepolo si trasforma in un guru.
In tutte le mistiche ci sono similitudini: l'obblazione, la morte mistica, la trasfigurazione in Dio. I tibetani non lo chiamano Dio bensì il Gran Veicolo. I buddisti sono quelli del piccolo veicolo: l'uomo liberandosi dell'idea del dolore può liberarsi.
Queste mistiche continuano a sparire perché l'uomo è arrivato ad una certa altezza spirituale, nella che non ha bisogno di tutte questi cerimonie esterne e pericoli psichici per arrivare a Dio.
Il valore della mistica di Cafh è ch’il Figlio, per l'amore, non per la paura, non per l'atto o lo sforzo della mente sulle energie dell'uomo, arriva a Dio. La mistica dell'amore è superiore a tutte le mistiche. L'anima va direttamente, come bambini a darsi; non deve passare per tanti passi. La sua obblazione è morte, ma non la fa dopo avere praticato molto, la fa perché è atta per quella mistica per un atto di puro amore che la trasforma e fa degna dell’obblazione, della morte mistica e della realizzazione della Divina Madre.
Quanto più si studino le mistiche tanto più si amerà la mistica di Cafh. L'Ascesis della Rinunzia è l'esercizio ascetico de darsi, l'osservanza, l'amore, e la Madre Divina dà subito come risultato un senso, non psichico, bensì tutto spirituale, interno, divino.
Questo farà che i Figli stimino molto quello che essi hanno ricevuto; l'Umanità ha dovuto percorrere il suo cammino con molti dogmi, cerimonie e riti, mentre in Cafh tutto è stato spontaneamente dato ai Figli, perché non può avvenire nessun pericolo quando dall'inizio si tiene l'arma dell'amore.
Il Figlio non va dalla mistica a chiedere niente, allora niente può succedergli: va per amore. Tutti i sistemi mistici sono riassunti nel sistema di Cafh. In lui non ci sono personalità né possesso; non bisogna arrivare dopo avere avuto un possesso che dopo si capisce che era inutile. Va via per amore.
Ricordino sempre le anime devote che la Divina Madre ha dato loro il più grande dei tesori: la Mistica del Cuore. Dal primo giorno ha dato loro il Velo affinché sotto stia lì la verità con esse. Devono alzare il Velo per vedere il suo Viso e la Verità. La Divina Madre è eternamente viva in queste anime. Li aiuta in tutte le difficoltà, li protegge continuamente perché Ella accettò le sue vite. Veglia il sonno della sua morte mistica, fa loro resuscitare divinamente attraverso una semplice comprensione della vita della grazia, dell'espansione dell'eternità.
Insegnamento 13: La Rinunzia come l’Olocausto
La Rinunzia, come è un olocausto permanente di vita, non è solo l'unico bene e mezzo di salvazione per l'anima che l'ha abbracciata, bensì è l'unico mezzo per aiutare al mondo e redimere all'Umanità.
Non è assolutamente certo che l'anima consacrata eviti responsabilità di fronte alla società. È necessario lasciare che i detrattori della verità, gli uomini ciechi del mondo, gettino le sue cattive voci ed azioni contro le anime che hanno rinunziato al mondo. È necessario che l'anima acquisisca una fermezza tale nella sua determinazione che non ci sia nessuno nel mondo che possa fargli credere il contrario, perché la Verità è la Verità.
La storia del mondo e la storia delle anime lo proclamano attraverso tutti i tempi. Unicamente quelli che sanno lasciarlo tutto per compiere la sua missione sono quelli che fanno qualcosa; gli altri non sono più che parassiti. Povere anime scosse per l'uragano del destino, per il temporale degli avvenimenti che unicamente vivono del prodotto delle poche anime che sanno dare la sua vita in olocausto a Dio per la salvazione dell'Umanità. Ci sono sempre anime in questo mulinello del mondo dove gli uomini dicono che fare, lavorare, essere utile, è il vizio, la perdizione, il disordine, l'odio; ci sono sempre anime eroiche che sanno dare la sua vita in olocausto all'Umanità. Sorge sempre un eroe, un santo, un martire. Quante volte deve ammirare l'esempio di quegli esseri che hanno consegnato la sua vita per salvare qualcuno e dire: "Ancora c’è chi sa quello che è la nobiltà ed il sacrificio."
Non fa molto un'umile maestra italiana stava curando i suoi alunni in una colonia di ferie. Si ruppe un tubo di gas; quasi i bambini avevano perso già il senso e molti stavano cadendo. Ella vide quello da una finestra, comprese la gravità del pericolo e che andava a perdere la vita se scendeva a cercare di aprire le porte. Tuttavia, non titubò e tirò fuori uno alla volta i bambini. Quando la portarono all'ospedale solo domandò: "Stanno bene i bambini?, e come gli dicessero: "Non pensi ai bambini bensì in lei", disse: "Non importa la mia vita bensì che quella dei bambini." E morì in pace.
Ma non è questa morte quella di più valore, bensì la morte mistica della Rinunzia. Volere dare la vita in un momento di esaltazione, di entusiasmo, di nobiltà, è una cosa grande e straordinaria, ma quello di morire un po' tutti i giorni, ad ogni istante, e stare su una croce affinché quotidianamente cada una goccia di sangue, quella è una morte sublime.
L'uomo, quando ha dato la sua volontà, rinunziato alla sua vita, è un'anima completamente sacrificata che non disponendo già di niente, tutti i suoi atti deve realizzarli per amore, per una volontà superiore, e non per il gusto di sé stesso. È una morte molto grande quella di potere dire: non ho niente.
C’era una volta un Figlio diceva che avrebbe desiderato donare la sua testa ad un ospedale ma il suo Direttore Spirituale rispose: "Lei non ha libertà per quello. Una volta che muoia si impadronirà della sua testa quello che la Divina Madre possa decidere."
La Rinunzia è un olocausto permanente di vita; morire a poco a poco, giornalmente, tutte le ore, tutti gli istanti. E questo è l'unico bene che può darsi al mondo, perché le anime che hanno rinunziato non si danno in un atto di amore eroico, in un momento di sublimazione, di straordinario entusiasmo, bensì si danno tutti i giorni della sua vita, per sempre. Non morire, e morire, è una cosa molto grande e straordinaria. Quello lo comprendono solo le anime che hanno fatto olocausto di loro stesse a Dio.Quindi Santa Teresa dice a Dio: "Muoio perché non muoio”, perché è molto più morte vivere avendo rinunziato a tutto. L'anima desidererebbe vedersi liber delle legature della terra, delle miserie del mondo, di tutti gli inconvenienti che carica con sé l'Umanità, ma non può fare quello, non può fare altra cosa che la colomba che continua ad elevare il suo canto al cielo, come Santa Teresa, chiedendo a Dio che rompa i lacci e legature.
Quello che realizza una cosa non la magnifica; quindi le anime consacrate, come stanno vivendo la sua vita, non sanno il valore del disinteresse e della rinunzia di fronte al mondo. Il mondo è cieco; getta terra sulle anime che rinunziano alle passioni, a quello che essi chiamano vita. C'è una contraddizione permanente tra il mondo e le anime elette, ma può vedersi anche che queste anime nel momento della necessità, del dolore, non hanno un altro mezzo chericorrere a quelli che essi hanno battuto che andare a ripararsi sotto la difesa di quelli che niente hanno, ma che tutto l'hanno in Dio.
Niente è più falso che dire che gli esseri che rinunziano sono persone che hanno evitato responsabilità. Colla Rinunzia le responsabilità hanno aumentato infinitamente, perché prima si teneva la responsabilità del mondo, della società, della famiglia umana; ma questa responsabilità cambia e è transitoria, dura un periodo e dopo sparisce. Con l'atto di Rinunzia, diventando responsabili dell'Umanità, i Figli sono diventati divinamente responsabili, direttori, condutori, dell'Umanità. La sua separazione del mondo non li toglie nessuna responsabilità: hanno il gran obbligo di salvare al mondo.
La rinunzia per sé è una cosa molto grande, ma la rinunzia per la salvazione del mondo è una cosa molto più sublime e divina. Il Buddha l'ha detto con totalr chiarezza: “Vado al Nirvana, ma il mio Nirvana non sarà totale fino a che tutte le anime lo possiedano”. La Rinunzia, la vera liberazione, non può essere più che una goccia di acqua dell'oceano eterno davanti al Figlio, perché non sarà totale fino a che tutte le anime la siano riuscita; non potrà rimanere né una sola anima senza avere la liberazione affinché egli possa dire: “Ho compiuto, sono arrivato alla fine”.
Sebbene il Figlio non ha contatto col mondo, quanto grande è la sua responsabilità! Ma questa responsabilità, ideale per adesso, bisogna accentuarla continuamente colla vita di distaccamento, con essere ogni giorno più perfetti, con un'obblazione sempre di più integrale.
I Figli devono incominciare a conoscere i suoi doveri verso l'Umanità, ed incominciare ad esercitare la sua anima nel lavoro affidato di salvare al mondo.
Per la sua vita, la sua obblazione, il suo Voto, si sono fatti co-rederntori dell'Umanità. Cristo dice continuamente ai suoi discepoli "i miei”. Prima di ritornare al Padre, nella sua gran preghiera dice: “A questi miei te li raccomando"; "ad essi –al paese– parlo in parabole, ma a voi –i discepoli– parlo direttamente." Perché il Divino Maestro fa quello distinguo? Non sono tutte le anime uguali? Non lo fa perché siano distinti bensì perché sa che hanno più responsabilità, sono i suoi compagni nella redenzione dell'Umanità.
"Molto gli sarà chiesto a chi molto gli è stato dato." Il Figlio si è associato all'opera della Divina Incarnazione sulla terra. Se l'ha lasciato tutto, se c'è rotto col mondo, non è per un capriccio, per un entusiasmo umano, bensì per associarsi colla Divinità. Hanno lasciato le responsabilità correnti della famiglia, della società e del mondo, ma per assumere alcune responsabilità molto più grandi, superiori e divine. Colla sua rinunzia non hanno oramai solo l'obbligo di essere buoni, bensì di essere perfetti. Il giovane ricco disse: "Maestro buono, che cosa farò per possedere la vita eterna?” Il Maestro rispose che osservasse i comandamenti, e quando il giovane rispose che li aveva osservato dalla sua gioventù, Cristo gli disse: “Ti manca ancora una cosa: vende tutto quello che hai e dalo al poveri, ed avrai un tesoro nel cielo; e vieni e seguimi." Ma sentendolo, il giovane stava molto triste perché aveva molti beni e non aveva valore per lasciarli. Cristo disse allora: "Vedete come sono pochi gli uomini del mondo che possono seguire la verità!, ma quelli che la seguono, quelli sono i miei discepoli, i co-redentori dell'Umanità."
I Figli sono i suoi discepoli; l'hanno lasciato tutto per essere co-redentori colla Divina Incarnazione, il Maitreya che verrà.
Ma non per quel motivo i Figli hanno rotto colla famiglia, la razza, la società. Hanno rotto l'aspetto materiale, ma non il aspetto spirituale. Tutti hanno, per una legge divina, un obbligo verso i genitori che hanno dato loro la vita, e verso i suoi parenti, perché Dio dice nei suoi comandamenti: "Onora a tuo padre e tua madre." Ma la vita di rinunzia ha fatto che non avessero padre né madre, perché Dio è suo padre e sua madre. Ma quello non toglie le responsabilità superiori e spirituali. Hanno sublimato gli affetti della famiglia lasciando a tutti, ma dalla Santa Casa hanno acquisito una responsabilità ed obbligo verso essi, perché sono diventati responsabili del suo pane spirituale.
I Figli che stanno nel mondo, per una legge naturale devono farsi responsabili dai suoi genitori ed aiutarli nelle sue necessità quando sono vecchi, ma il Figlio Ordinato deve proteggere la sua salvazione eterna, affinché essi aprano gli occhi alla Verità; deve darli il pane dello spirito, onorarli in spirito. Che cosa importa se il padre, la madre, i fratelli, hanno tutta la cosa necessaria. La Provvidenza dà abbondantemente quando danno ai suoi figli, e non manca loro il pane: è una legge eterna. Un figlio che lascia ai suoi genitori per il mondo commette un crimine, ma lo fa per Dio e Dio protegge a quelli genitori; ma quello non toglie la responsabilità. Quindi egli dice: "Hanno salute, ma, come va la sua anima, il suo spirito? Sarà possibile che i genitori delle anime consacratre siano ciechi che si perdono nel mondo? Sarà possibile che quelle anime si perdano, e che quando, compiuta la sua missione, lavorando il Figlio in al’dilà abbia la tristezza di non trovarli tra i suoi alla destra di Dio? Quello deve dare più pena che la mancanza di pane materiale. A volte i Figli si preoccupano per ragazzate che sono successi ai suoi parenti, si affliggono per quello che non ha importanza e non si preoccupano per la cosa vera. Il suo lavoro è: "Sento che nella mia casa ci siano questi difetti, che abbiano che non sanno tirare fuori. Di quello sono il principale responsabile. Quindi come non ho potuto fare niente? Come non mi sono preoccupato per la sua salvazione e redenzione?".
I Figli devono dare il sangue, il dolore ed il sacrificio per la salvazione dei genitori; possono morire, ma è mille volte peggiore se muore l'anima, se rimane nell'oscurità. Il Figlio deve andare in spirito e pensiero attraverso le sue lettere; la sua predicazione non deve essere tutta d’amore: è necessario parlar chiaro; bisogna dire: "Stai in una strada sbagliata, vivi per il mondo e non per Dio." L'anima consacrata non ha la paura di quelli del mondo di vedere ai genitori arrivare alla fine della sua ora, bensì dice ai suoi genitori: “Ha finito già la tua vita, che non venga la morte e ti sorprenda senza prepararti." Il Figlio non deve avere paura che essi vadano via quando hanno finito già la sua missione. Le sue parole deveno essere di vita eterna; ha la responsabilità di dare ai suoi genitori la salvazione se sono giovani ancora. Non è che bisogni dire che devono diventare Ordinati, ma cheriescano distaccarsi dei pregiudizi, interessi, simpatie della vita; mostrarli l'egoismo della vecchiaia verso la gioventù che non cerca più che volere legare lì ai giovani, la sua mancanza di carità credendo che è molta più felicità il caricare tutti i figli colle sue mancanze e legature.
Quelle sono le cose che bisogna insegnare nelle lettere, conversazioni, orazioni. Dare sacrifici se è necessario per la sua salvazione. È una cosa tremenda per un'anima consacrata pensare che i suoi genitori non staranno nel numero degli eletti. Se devono essere direttori di anime è prima con essi che devono provare, e se non ottengono risultato, ritornare all'inizio, all'obblazione; chiedere per la sua salvazione, affinché aprano gli occhi alla Verità, affinché non vadano al aldilá e cadano nel gran vuoto dalla disperazione. Bene diceva la madre di San Giovanni Bosco: "Sono sicura della mia salvazione perché ho dato un figlio a Dio." Il padre della piccola Teresa di Lisieux diceva: "È molto dolore non vedere più una figlia ed averla rinchiusa in un convento, ma è molta fortuna darla a Dio ed averla nel cielo." A questo devono arrivare i genitori per essere degni delle anime consacrate, e qualche volta è necessario scrollarli come è dovuto affinché si avvicinino alla verità.
La vocazione di San Romualdo nacque quando vide a suo padre ammazzare un cugino. Fu tanto il suo orrore che fuggì dal mondo. Fu un'anima privilegiata perché visse una vita di morte mistica coronando la sua Ordinazione e la sua vita come eremita. Dopo avere lavorato nel mondo, bisogna andare ad essere eremiti.
Quando suo padre fu anziano si pentì della sua vita, e per potere salvarsi, per consiglio di Romualdo, entrò nella congregazione di suo figlio. In questo senso era Romualdo intransigente: diceva che l'unica vita di salvazione è la rinunzia; così lo dimostrò al re Ottone. Romualdo portò a suo padre al chiostro, ma quando dovette assentarsi, il vecchio, che aveva velleità, incominciò a fare delle sue; alla fine disse che era stanco e che voleva ritornare a casa sua. In quello tempo ritornò Romualdo e lo volle convincere, ma come il padre non voleva sapere niente lo fece frustare fino a che il buon uomo disse "Avete ragione", e rimase.
Ovviamente che questo metodo non è raccomandabile, ma a volte è necessario essere un po' forte; che si tirino fuori le vanità dalla testa e pensino alla sua eterna salvazione. È buono che sappiano che tra i cinquanta ed i sessanta anni bisogna incominciare a fare l'esame retrospettivo della vita, perché Dio può portarli in qualunque momento.
Le anime che hanno rinunziato non hanno naturalmente gli obblighi della società che sono anche molto pesanti per gli esseri che devono vivere nel mondo, ma quello non toglie l'obbligo sacro di rendimento.
Ordinarsi non è abbandonarsi, lasciarsi stare. Bene si è visto come falliscono le vocazioni false perché credono che andare ad ordinarsi è distaccarsi, non avere niente da fare. L'anima che ha rinunziato può produrre il doppio dell’anima che sta nel mondo perché ha una portata di resistenza, di forza, che non è comune. Nella Comunità non si può fare i calcoli del mondo. L'Ordinazione ha un prodotto spontaneo, naturale che gli viene di Dio e della Provvidenza. È molto necessario che le anime sappiano questo: "Morto al mondo ho verso lui maggiori responsabilità perché queste non sono di partecipazione di lavori; devo dimostrare che se seguo il cammino della Rinunzia posso acquisire beni molto maggiori, fare lavori più grandi ed avere una resistenza molto superiore; potrò arrivare ad essere una potenza in tutti i settori senza partecipare direttamente a quella potenza ed, avendo rinunziato, a mietere il frutto di quell'opera."
Da quando incominciano il Seminario bisogna insegnare ai Figli che la morte mistica non toglie la responsabilità di rendimento. È un obbligo sacro che ognuno ha col mondo; bisogna dire: “La mia vita mistica non mi toglie le possibilità che ho di essere utile alla mia Comunità, all'opera dove lavoro ed agisco, e per conseguenza naturale, devo essere utile alla società."
Ci sono vari punti molto importanti che è necessario avere molto presenti. Tutto il mondo dice: "Una persona che ha rinunziato non può avere rendimento, perché lo è stato tolto l'interesse per la vita, la soddisfazione nelle opere." Non è necessario oramai dire che quello è falso. La vita raccolta, l'unione con Dio, dà una forza superiore; l'attuazione divina nell'uomo fa che abbia bisogno della metà di tempo per fare le stesse cose e dà una capacità tale che si può dire che si arriva a fare quello che sembra impossibile. Per quel motivo bisogna dire al mondo: Non ho perso l'interesse bensì in quello che passa è transitorio, perché la vita del mondo è fantasia. Ho acquisito un interesse divino, perché non voglio una ricompensa adesso o quando sia vecchio; voglio la ricompensa di vedere che le anime sono felici. Sono contento di vedere che il mio lavoro può essere di alcuna utilità agli altri; il mio interesse si è raddoppiato." Per caso si può dire che una madre non ha interesse per i suoi figli? Ella non aspetta niente di essi, tuttavia, ha l'interesse del suo amore che è spontaneo, vero, reale.
L'interesse dell'Ordinato aumenta, si fortifica. Lontano del mondo può fare molto più perché insegna agli uomini che vivendo per Dio può dar ancora più rendimento umano. Ha rinunziato ai guadagni e pensioni e, tuttavia, guadagna per tutti: per la Comunità, per vivere modestamente e per aiutare altri esseri. Prepara un terreno fertile per la vita di domani. La Vita Spirituale non toglie, bensì dà interesse.
"La vita spirituale di Comunità atrofizza la volontà e non si tiene capacità produttiva perché si tengono piaceri spirituali." Questo lo dice non solo la gente del mondo bensì molti buoni Figli che vivono nella valle. "Unicamente stanno pensando all'osservanza; si dimenticano di tutto e non fanno le cose come devono farli." Si può rispondere: Il compimento dell'osservanza non toglie il valore al lavoro e le cose. Se un Figlio dimentica è perché anche non è osservante, perché l’osservanza dà più spirito di attenzione; un inosservante non compie. Quando si realizza fedelmente i doveri e l'osservanza, il pensiero stà posto in Dio e non in sciocchezze, perché quello che vada via colla vista bassa non evita che si veda tutto quello che bisogna vedere. Compiere l'orario non toglie compiere bene i propri doveri. Il miracolo vero della Comunità è questo: la rutina, l'osservanza e la pazienza. Che valore grande acquisisci un lavoro lasciato perché suona la campanella! Se non si fa così,il lavoro non ha perfezione né spirito di rinunzia. Il Figlio non vive il tempo dimensionale, bensì il tempo espansivo; per i Figli il tempo non conta.
I Figli, lavorando metodicamente, rutinariamente, facendo un po' tutti i giorni, possono eseguire lavori che richiederebbero molti uomini nel mondo, perché la sua forza di produzione è maggiore, perché Dio fortificò i suoi muscoli e la sua capacità per realizzare quello che fu disposto.
Succede come col Padre Pigolio che da un convento lontano, sempre pregando –non può fare un'altra cosa perché ha nelle mani le piaghe di Cristo– ha potuto alzare un ospedale meraviglioso. È il miracolo della vita di disinteresse e distaccamento assoluto.
L'osservanza non può essere mai causa che non si facciano bene le cose. Per quel motivo i Figli del Seminario siano molto attenti. Bisogna dimostrare nella realtà che l'osservanza è forza.
Dio ha comandato alle anime consacrtate a nome della Divina Incarnazione non solo avere responsabilità sul mondo, bensì predicare e dirigere alle anime: quello è il suo principale obbligo.
Insegnamento 14: Conquista di Anime per la Rinunzia
L'anima che rinunzia, che si consacra a Dio, per quella consacrazione diventa responsabile del progresso spirituale di tutte le anime del mondo.
Tutti gli esseri hanno una missione e diventano responsabili del suo compimento, ma la missione più straordinaria e di maggiore responsabilità è quella delle anime consacrate. Esse non hanno la missione di lavorare, di educare, di curare, di questa o della altra cosa; hanno un obbligo su tutti gli obblighi, l'obbligo sacro di dedicarsi all'Umanità, alla salvazione di tutte le anime.
Molte anime dicono: “La mia vocazione, quello che più mi chiama è potere aiutare e fare il bene." Quello è magnifico: aiutare, fare il bene agli altri. Ma la persona che veramente vuole fare il bene non deve essere comune e che abbia una capacità, un'esperienza ed un metodo di vita che La faccia capace per quell'alto sacerdozio di dirigere alle anime e salvarli.
Molti cercano di farlo, ma mentre fanno il bene, fanno anche molto male, non per cattiva volontà, bensì per ignoranza, brutta preparazione, mancanza di esperienza e per trovarsi subito in un mare non conosciuto. Il mare più difficile è quello delle anime. Primo bisogna rinunziare a quello contatto diretto colle anime e morire al mondo per resuscitare alla nuova vita, imparare in Dio una scienza e sperimentarla, e dopo i Maestri la destineranno a che diriga agli esseri.
La cosa prima che è necessario per la direzione sana delle anime è la rinunzia totale: l'anima che l'ha lasciato tutto non può pensare se gli piacerebbe dirigere una scuola o lavorare in un ospedale o essere come missionaria a lontane terre. Quello non può saperlo né deve desiderarlo. Innanzitutto deve purificarsi a sé stessa, mettersi in condizioni di potere salvare e dirigere agli altri e non correre il rischio di commettere molti errori che fanno male e perdono a molte anime.
Il primo bene che i Figli devono fare alle anime è rinunziare alla direzione delle anime ed abbadonarsi totalmente nelle braccia della morte mistica. Non devono avere volontà personale, perché il Figlio che l'ha, porta con sé la vecchia personalità che credeva avere lasciato nel mondo e ritorna sempre col gusto di fare questo o quello.
La cosa prima è farsi un basso concetto di sé stesso e fondare il bene che si fa nella più assoluta umiltà: "Chi sono io per avere un sacerdozio, per fare qualcosa per un'altra persona, se ancora non ho saputo spogliarmi completamente di me stesso, non sono arrivato alla gran realizzazione dei Sacri Voti? La cosa fondamentale è abbandonarsi nelle braccia di Dio e dire: "Forse avrò bisogno di tutta la mia vita per imparare quello distaccamento che mi faccia atto per dirigere alle anime; forse in al’dilà, finendo la mia vita."
Ma allo stesso tempp che l'anima si abbandona spiritualmente, non sa quello che la Provvidenza l'ha procurato. Quindi, dopo avere fatto i suoi Voti deve dedicarsi con impegno a quelli studi che gli sono stati raccomandati; non ritardare. Il Figlio non deve desiderare lo studio, la conoscenza. Il Figlio che è morto non può desiderare una conoscenza determinata, bensì la conoscenza che i Superiori vogliano che acquisisca, perché la Divina Madre lo vuole per questo e non per un'altra cosa. Bisogna respingere ogni amore allo studio che è la cosa più difficile da realizzare, perché niente è che attragga più, soprattutto ai giovani. Ma questo rifiuto della conoscenza umana apre la mente affinché possa ricevere nuove conoscenze, un insegnamento totalmente nuova. Domani, quando i Superiori l'applichino ad un studio, avrà una forza molto maggiore, e come desidera fare la volontà dei Superiori che può essere, per esempio, lo studio di una sola materia, l'imparerà molto meglio e con un'ampiezza molto maggiore.
Ma per caso i Figli devono abbandonare lo studio se non devono farlo determinatamente? No, assolutamente. Tutti devono imparare, hanno l'obbligo di sapere tutto quello che sia possibile, di aprire la sua mente per ricevere il massimo di conoscenza. Il buon Figlio ha lasciato i suoi studi ma è sempre applicato allo studio; non solo il Figlio che studia una specialità, bensì tutti i Figli: leggendo buoni libri, chiedendo buoni libri, prestando molta attenzione ai libri che si leggono in Comunità, alle conferenze, ai ritiri spirituali, agli insegnamenti, e soprattutto applicandosi allo studio degli insegnamenti durante l'anno.
Non può perdersi il tempo perché la cosa fondamentale nei Figli di Cafh è lo studio. La Divina Madre vuole che si applichino allo studio delle cose straordinarie, soprannaturali, affinché possano approfondire le sue conoscenze; perché può essere che domani quelle conoscenze siano indispensabili: non può essere distratto. È un obbligo sacro del quale devono rendere conto a Dio. Tutti i Figli hanno lo stesso valore, la stessa possibilità, e tutti devono sforzarsi; il vero sforzo è necessario, amare allo studio, non con un'applicazione furiosa bensì semplice: rutina e pazienza, ancora per quelli che non hanno facilità per imparare.
Bisogna ricordare quello che dice Santa Teresa: "Un buon direttore deve essere uomo di scienza e discreto." Che sia buono e santo.
La responsabilità dei Figli di fronte alle anime è molto grande; devono sperimentare in se stessi quello che devono insegnare agli altri, come quella coraggiosa donna che si applicò il vaccino contro una malattia infettiva prima di applicarla a nessun malato, per vedere il risultato e la reazione nel suo proprio organismo. Non può darsi consiglio alle anime se non l'ha applicato in primo luogo a sé stesso. Hanno il dovere i Figli di applicarsi alla vita interiore e di esercitarsi principalmente nella mistica, negli esercizi di meditazione e, quando lo permettano, di concentrazione, affinché la sua anima continui a sperimentare quello che succede nelle anime: le oscurità, le luci, la cosa buona e la cosa brutta; affinché domani, quando debbano dirigere e consigliare alle anime, possano andare con piedi sicuri, fare opera di bene.
Molti Figli hanno avuto carichi direttivi che sembrano essere lontani della vita spirituale; tuttavia, stavano vicino alla vita spirituale perché la vita spirituale va verso tutti quelli che si avvicinano ai Figli. Tutto deve essere fatto con un senso spirituale di elevare all'anima ad un livello superiore; tirarla fuori dell'oscurità. Ancora stare in contatto colle visite è un lavoro spirituale che ha bisogno di conoscenza ed esperienza, perché se no, si fa molto male, si commettono molti equivoci, si rovinano molte anime che debbono cercare in altre fonti quello che non hanno trovato nella fonte dei Figli.
Ma l'opera di salvazione che devono realizzare i Figli di Cafh è universale. Ci sono molte anime che chiedono nel mondo ed elevano gli occhi a Dio: "Ho sete, oh Dio”. E queste anime aspettano la luce che deve venire dalle anime devote, perché non c'è ponte, bensì quello delle anime sacerdotali, quelle che sono destinate per quello.
I Figli hanno l'obbligo di rispondere a tutte le anime. Ma come può realizzarsi quello lavoro non avendo la capacità umana di arrivare a tutti gli ambiti del mondo? Curando perfettamente alle anime che sono stati destinate ad ognuno. Se li fossi destinati una sola anima e gli dessero tutto l'amore, l'esperienza e la conoscenza che hanno raccolto, se si è stato insegnando a poco a poco, con totale disinteresse, senza guardare quanti sono; se si fa il lavoro spirituale alla perfezione, la realizzazione di quell'anima è tanto grande che si espande alle anime del mondo e tutte trovano il suo Maestro.
Se si tiene un gruppo di sette e lo è curato con amore totale, dando tutto quello che si può, se si è paziente e non si lavora coi propri valori bensì coi valori divini, quello lavoro è divino e si espande a tutte le anime; si fa un lavoro impersonale, arriva a tutti gli ambiti del mondo, percorre tutti i sentieri e cammini sulla terra.
I Figli devono chiedere incessantemente che le anime che cercano trovino subito il suo Maestro. Non devono pensare in chi sono né che colore hanno. Il pensiero deve correre dappertutto come se fosse una luce acceso giorno e notte per cercare a quelli che anelano un sentiero.
Ricordino i Figli che le anime sono affamate e non ci sono direttori spirituali. Disse Cristo: "Molta è la messe, ma pochi gli operai." Ci sono specialità per tutti i mestieri, ma per la vita spirituale è molto pochi, e per uno buono ci sono dieci regolari in tutti i settori.
Chiedano sempre i Figli alla Divina Madre, come unico bene, la grazia di salvare alle anime: salvare benché sia una sola anima.
Insegnamento 15: La Rinunzia Permanente
Il Ritiro Spirituale è annualmente un bene che è dato ai Figli affinché possano prendere nuove forze, tornare a pensare e sentire tutti i movimenti interiori della vocazione spirituale che è stato loro concessa. In una parola, i giorni di ritiro spirituale sono giorni di grazia vera. In questi giorni, a volte, la Divina Madre dà luci grazie speciali che fortificano, rinnovano e vivificano la vocazione spirituale; altre volte dà grandi aridità, insensibilità e tristezza, anche per ravvivare lo spirito. Sia di devozione o di aridità, la Madre Divina ottiene sempre lì grandi beni perché lava alle anime nel lago sacro della Rinunzia, già sia che dia loro un abisso o un altro, il abisso divino o quello della tristezza umana, e è sempre per profitto dell'anima ed il suo progresso interiore. È la festa gloriosa o dolorosa, ma è festa.
Quindi l'ultimo giorno è buono riassumere, fare un proposito, tirare fuori qualcosa più che miri: alcune frasi assiomatiche fondamentali per portarli come un mazzolino durante tutto l'anno. Il Ritiro Spirituale è un'oasi nel deserto della vita umana, e è necessario che quando a lui si arriva si tenga sete di devozione, si beva abbondantemente di quell'acqua che è stato data ai Figli.
Questi Insegnamenti si sono dedicati ad intensificare il concetto e l'amore al Voto Fondamentale. Si è potuto considerare come per la considerazione dell'illusione di tutte le cose, del vuoto delle cose umane, arriva l'anima alla rinunzia; che la rinunzia è il unico cammino di Cafh e di tutte le anime.
La rinunzia è il cammino della salvazione, della vita, per la razza futura; una razza più nobile, più libera, portatrice di pace e di fortuna per l'Umanità.
Ma questi Insegnamenti hanno rivelato in una forma più intensiva l'interiore dell'anima; perché non sono le parole esterne quelle che fanno l'opera, bensì quello che si sente nell'interiore; il Figlio vive nell'ora eterna, non nel tempo dimensionale, bensì in un tempo unico: ora eterna e di grazia.
La morte mistica dell'Ordinato l'ha collocato fuori del tempo affinché viva sempre in Dio e stia alla sua Divina Presenza. Quanto più grande sia l'intensità di suo vivere di fronte a Dio, tanto maggiore sarà l'ampiezza del tempo in cui vive; perché il passato, il futuro ed il presente sono riassunti in questa ora, nella che può consacrarsi a Dio. Questo è un tempo nel quale il tempo non esiste; si vive l'Ora Eterna.
A volte, ancora per i Figli che seguono il cammino spirituale, la Verità arriva ad un'ora o un'altra, ma quando arriva questa conoscenza se lo capisce in tutta la sua ampiezza, con tutta la sua intensità. Non è perché il concetto della Rinunzia fosse oggi o ieri revelato; è perché le anime sono oggi qualificate per capire il concetto. Quante volte esse avranno letto l'Insegnamento dello svolgimento spirituale ed altri Insegnamenti e, tuttavia, non arrivarono al cuore bensì quando questo fu atto per riceverla? E quando questo la riceve sembra come se non l'avesse conosciuta mai. È che in quello momento ha vissuto l'Ora Eterna, fuori del tempo; potè raggiungere l'ampiezza dell'Insegnamento Divino ed Universale. Ella sta sempre alla portata, in tutti i tempi, ma arriva al cuore quando questo fugge dal tempo e vive l'Ora Unica ed Eterna.
Questa conoscenza della grandezza della vocazione spirituale ha messo al Figlio di fronte a Dio e gli ha rivelato il segreto della vita che è una perfetta semplicità di sentimenti, di idee ed azioni. Ma gli uomini complicano le cose, vogliono cercare soluzioni e si sforzano seguendo l'uomo, e fanno niente. Tutto diventa morte e distruzione nelle sue mani. Unicamente uscendo del tempo, mettendosi alla presenza di Dio, rinunziando a sé stesso, morendo completamente, misticamente, si capisce quella gran semplicità interiore che è la partecipazione dell'anima alla Vita Divina.
La Rinunzia compresa come l’unica salvazione del mondo, abbracciata coi Sacri Voti, vissuta quotidianamente attraverso gli atti ed il ritmo di Comunità, porta inevitabilmente ad una mistica, vuole dire, ad un determinato modo di vita espansivo interiore. Fa che l'anima, essendo morta, non desideri nemmeno il cammino della unione con Dio, né estasi, né visioni, né rivelazioni, né godimenti, nemmeno illuminazioni. L'anima acquisisce così una mistica totalmente caratteristica: quella delle ceneri che dà solo l'Ascesis della Rinunzia e la Mistica del Cuore: Non rimanere con nessun ricordo della personalità, non essere nient'altro che un mucchietto di ceneri sistemate lì, di fronte all'altare della Madre Divina.
Ma l'anima che ha preso questa mistica di annichilazione apparente vive una vita nuova, nell'Eternità; non vive nel mondo dove gli esseri nascono, crescono e muoiono, bensì nell'Eternità dove gli esseri non muoiono, non cambiano, non sono soggetti a trasformazioni interne causate per il suo stato fisiologico, psicologico, spirituale; vivono sempre in un stesso stato di comprensione, illuminazione ed estasi espansiva.
Lì comprende e realizza il mistero divino dell'egoencia; non tira fuori né annichilisce nessun valore reale bensì i valori illusori. La personalità psichica non è più che un'ombra sulla parete della realtà.
Molti Figli non comprendono quello stato di unione dell'anima con Dio; credono che sia essere assorbito nella Divinità. Questo non può essere perché se non tutto il processo di evoluzione sarebbe stato inutile; se Dio è lo stato assoluto dove stanno tutte le cose, né il più piccolo granello di sabbia può perdersi. L'anima ha tale assimilazione coll'Eternità che vive in Dio senza che ci sia differenza tra Dio e l'anima, ma ha presente dentro l'omnicoscienza di Dio tutta la sua esistenza che si è districato dal momento in che Dio appare come dualità nell'Universo creato.
La Rinunzia è creativa di nuovi valori rifiutando i valori stabiliti. Niente è sempre niente, e quello ch’è niente può vivere. L'uomo che si annichilisce e rinunzia e muore misticamente perde i valori umani per acquisire i valori divini, rimanendo come esperienza ed insegnando al mondo.
L'Insegnamento vero ed universale è data a tutti gli esseri; l'Insegnamento dogmatico è conservato per le grandi religioni del mondo, ed i grandi Insegnamenti sono dati dai Maestri profeticamente ai suoi discepoli.
Per finire, la Rinunzia, come è olocausto permanente di vita, non è solo il bene unico ed mezzo unico di salvazione per l'anima che l'abbracciò, bensì è il mezzo unico per aiutare al mondo e redimere all'Umanità.
Si è spiegato con dettaglio come l'anima che rinunzia ancora al bene di potere fare il bene nel mondo, fa il bene reale; riconosce come miseria ch’è niente, vedi che niente può fare in realtà e che a volte tutto quello che fa ancora colla migliore intenzione, ha un risultato brutto. Il dono di ausiliare all'Umanità è come co-redentori della salvazione dell'Umanità, non come filantropi. Nessuno può fare niente per nessuno perché esternamente quello che si fa perisce. L'anima deve morire misticamente, dare il suo sangue e vita. Niente esterno ha valore, unicamente quello che si dà intimamente, profondamente, assolutamente, ha valore. L'anima che rinunzia a tutto, muore e fa l’obblazione della sua vita misticamente, solo ella può aiutare all'Umanità. Non morendo di una morte violenta bensì di morte mistica: la morte di tutte le ore della vita, la goccia di sangue dato per amore.
Questa visione unica e divina della vocazione deve portare un fervore nuovo e totalmente rinnovato al cuore. I figli devono nascondersi nel suo cuore per potere lì, di fronte all'abisso del suo niente, essere l'abisso della grandezza divina alla quale sono stati chiamati a partecipare, per imparare il gran segreto della Rinunzia, che sono esseri limitati, che sono niente, che le sue possibilità sono piccolissime; perché la condizione umana è la piccolezza, il niente, quello che fugge, quello che passa, quello che muore incessantemente. Riconoscendo quello niente per la sua morte mistica comprendono, sentono, realizzano, in questo luogo segreto del cuore, lo spazio eterno, infinito ed universale. Sparisce lo spazio come dimensione, misura, come figura geometrica ed unica, e rimane lo spazio come intensità, come stato divino. Rinchiusi nella sua morte mistica, nella sua clausura di Comunità, dentro il Raggio di Stabilità, realizzano all'Universo, a tutto lo spazio che Dio ha creato dall'inizio dell'Eternità fino al suo fine. Da qui vedono passare il tempo, le razze, l'Umanità; succedersi i cicli, incominciare una civilizzazione, crescere e decrescere; perché questo è il deposito divino e cosmico, e solo di lì possono partecipare con Dio alla sua espansione, dell'Eternità.
Rimangano lì ben rinchiusi nella sua sepoltura mistica, fatti un niente umano per essere un tutto divino, e guardino l'abisso del niente umano e l'abisso eterno della grandezza divina dove tutto esiste, vive e niente muore. Da lì siano i veri co-redentori dell'Umanità vicino al Gran Salvatore, e da lì possono osare guardare il futuro, tanto sconosciuto per gli uomini, ma che acquisisce una chiarezza intensa agli occhi di quello che non ha oramai occhi per vedere questo mondo.
In verità i Figli della Rinunzia, chiamati a questa terra unicamente per compiere la sua missione di morte mistica, sono stati inviati a preparare i cammini del Gran Salvatore in un'ora terribile e difficile per l'Umanità. Da quell'anno 1945, da quello 16 di giugno, tutti gli uomini che rimasero in piede erano destinati per vedere il principio della nuova razza. Quello giorno prepararono lì, in quello deserto americano, la prima bomba atomica coll’energia chesi alzò agli occhi dagli uomini come un mostro sconosciuto, dominatore che paralizzava tutti i sensi. Da quello momento si è entrato nella nuova razza.
L'Umanità, durante il secolo XIX arrivò alla perfezione dell'investigazione individuale; la materia rimase davanti a lei affinché l'analizzasse, la conoscesse, scrutinasse nel più profondo dei segreti quello che l'uomo poteva sapere e conoscere. Tutto quello che miete oggi, è lavoro fatto il secolo scorso. Gli uomini dell'individualità, del materialismo, dell'esistenzialismo, del fenomeno, fecero il sacrificio più grande degli esseri possono fare: dimenticarono a Dio, allo spirito; si rinchiusero in una clausura per essere materialisti, per non conoscere un'altra cosa, ed avendo solo questo, possederlo pienamente. Così, diedero agli uomini che vennero dopo la possibilità da entrare nel campo dell'investigazione energetica.
Sembra che questa nuova razza possedesse tutta l'energia di Dio nelle sue mani; gli è stato dato all'uomo il potere immenso di dominare l'energia fisica. L'uomo che si era rinchiuso nel materialismo potè trovare lì la finestra per la quale può uscire e trovare a Dio.
Ma questo uomo-bambino usò questa forza per la morte e la distruzione; prese nelle sue mani il potere che Dio gli aveva dato per nascere a nuova vita, avendo creato un karma di morte dall'inizio. Tirò una pietra che non può fermarsi oramai: dovrà cadere. Il destino dell'Umanità è perire: distruzione e morte.
L'uomo, invece di prendere il divino Dono di entrare al mondo energetico con un senso di individualità di bene, l'ha preso come un potere collettivo, di raggruppamenti, e ha messo su lui il sigillodella distruzione e della morte.
Durante questi anni, da 1945 a 1955 che cosa ha fatto l'uomo? Il pensiero ha smesso di essere individuale per prenderlo un cervello collettivo, si potrebbe dire statale che l'utilizza per la morte. I saggi, quelle grandi anime che credevano nella nuova possibilità di un mondo energetico, sono prigionieri di una gran potenza o dell'altra. Non possono scappare. Il cervello statale la presa nelle sue mani e li toglie ogni potere di volontà individuale. E questi grandi cervelli collettivi non hanno fatto bensì produrre energia atomica, ma non per il bene dell'Umanità bensì in un senso difensivo, vuole dire, distruttivo. Il futuro del mondo è distruzione, e questa battuta d'aspetto non è più che un momento in cui la fiera sta lì, nascosta, attenta, per fare più molto un salto, più definitivo ed abile e distruggere alla sua preda: l'Umanità.
In questi dieci ultimi anni, anni di distruzione per il mondo, si sono visti anche sorgere le forze spirituali. Subito che un pericolo nuovo appare, l'uomo stabilisce difese interne, creda nuovi centri cerebrali per difendersi da quello male.
I grandi elementi che prepararono nel mondo la venuta della nuova razza furono tutti nazionali: un Gandhi, per esempio. Amavano all'Umanità ma lavoravano per il suo paese, per la sua razza. C'è oggi un risveglio nuovo: i grandi uomini diventano universali, benefattori di tutta l'Umanità.
Sorgono nel mondo nuovi valori per resistere quella gran distruzione, nella quale le due grandi potenze dell'attualità saranno abbattute per le nuove forze spirituali che nascono. Ricordino i Figli la visione del leone e dell'orso. Su una meseta, sull'orlo di un abisso, una gran leonessa stava di fronte ad un orso di volume enorme, e con arti femminili, diplomazia, cercava di attrarrlo. Quando l'aveva già quasi bestiame cercò di ferirlo al collo, e non riuscendolo cercò di farlo nel ventre. L'orso, sentendosi sfiorare si rese conto e coi suoi potenti artigli distrusse la nuca della leonessa; ma fu tanta la violenza del colpo che ambedue caddero al profondo abisso: le due grandi potenze saranno distrutte. Ma una parte del mondo si salverà.
I Figli stanno dentro la corrente di esseri spirituali e la sua missione non è solo di co-redentori dell'Umanità, bensì di aiutare alla salvazione del resto della razza. Povero del Figlio che dice che non e ritorna al mondo!
I Figli stanno costruendo colla sua rinunzia i ponti di salvazione; sono possibili salvatori di questa razza che sta per rovinarsi, ed allo stesso temposono quelli che preparano la venuta del Salvatore. Quanto lavoro per un pugno di uomini e donne! Ma essi, solo col concetto che partecipano a questa vita divina, avranno forza per supportare tanto peso. E non solo questo li sostiene, bensì l'Amore Divino del Maitreya. Che quell'amore penetri nella sua matrice spirituale affinché lì si sviluppi un atomo di quella forza che deve creare il corpo del Divino Iniziato. Formino idealmente quella figura divina che deve salvare all'Umanità. Per quanto si faccia, niente servirà senza che Egli venga alla terra.
Chiedano i Figli che Egli venga a mettere la Sua Mano affinché la distruzione inevitabile non sia tanto tremenda. Chiedano affinché siano molti gli esseri che possano salvarsi; abbiano un spirito di rinunzia tale che possa attrarre a molte anime verso il cammino della Rinunzia, che il suo Insegnamento induca molti esseri alla Rinunzia com’il unico mezzo di salvazione.
Insegnamento 16: Santa Francesca Romana
Non può lasciare passare un Sacro Ritiro senza lanciare un'occhiata verso quella felice Eternità da dove viene il Messaggio, l'assistenza, la consolazione; quello ponte che bisogna attraversare per andare alla realizzazione dell'ideale, quello che porta da questa vita miserabile alla Vita Eterna, senza ricordarsi di quelli Protettori, Santi Maestri, guide spirituali, compagni che hanno preceduto e che costantemente tenDono la mano affinché i Figli passino rapidamente. Non può smettere di ricordare alla Protettrice, a Santa Francesca Romana, affinché sempre, con l'immagine delle sue virtù sulla terra, possano i Figli meritare essere compagni di Lei nelle Tavole invisibili del cielo.
Se ci sono state anime capaci di portare una vita di rinunzia e di purezza che non solo possa imitarsi, bensì avere la forza di essere simile ad esse per quello potere magnetico che hanno irradiato, una di esse fu Santa Francesca Romana.
Nella biografia dei santi, eroi e grandi uomini, gli autori perdono a volte di vista il punto fondamentale di queste anime divagando in spiegazioni della sua vita, di quello che hanno fatto, e non vanno al punto centrale, non entrano nell'anima per vedere la fibra magnifica che lì si è aperto.
Per quel motivo in Santa Francesca Romana bisogna guardare la sua virtù, il suo tesoro fondamentale. La virtù che si acquisisce sulla terra è il bene fondamentale, inerente alla propria natura che si va sviluppando colle virtù. Quella virtù centrale, quella qualità essenziale dell'anima, è quella che dà forza e è come un centro di proiezione che irradia su tutte le anime e li vivifica. La virtù di Francesca è la sua castità, essenziale, assoluta, mentale, morale e fisica. È un dono che porta dall'Eternità; lo porta con lei. Attorno a quella virtù si svolge la sua vita, i suoi fatti prendono trascendenza.
Ella è tanto Figlia di Cafh! Ella porta con sé tutti gli elementi per una perfetta rinunzia che si proietterà in secoli futuri. Questa forza deriva dalla sua castità, del suo desiderio assoluto di purezza.
Può immaginarsi il martirio di un'anima nata per la purezza, legata a legge di matrimonio?
È una bambina di nove anni; mira al cielo e dice a sua madre: "Sono la moglie di Dio." Ma che cosa sanno i genitori di quelle cose. Tutti dicono che sono espressioni di bambini. Ed un giorno tremendo, questa bambina innocente, senza che ella intervenga in niente, è unita con lacci matrimoniali ad un uomo che quasi sta entrando nella vecchiaia, che non conosce non solo l'intimità della vita spirituale ma conosce tutta la scienza del male del mondo.
Una corrente di castità e di purezza nel fango, non in un fango di vizio, bensì in un fango umano. Non è questo il primo martirio di Francesca? È come tirarla alla strada.
I genitori non comprendono. Quando la bambina stava in pannolini piangeva quando la toccavano, secondo lo testimonierà una vecchia domestica dopo la morte della santa. Ma i genitori ridono di questo senza rendersi conto che la sua anima è stata chiamata per la purezza.
Ma dietro tutto sta il proposito divino: "Per quello sentiero arriverà alla pienezza della rinunzia."
Non è strano allora che questa ragazzina innocente, di dodici o tredici anni, cada gravemente malata di fronte alle strage della vita. Muore; è impossibile che ella viva. La sua anima pura respinge le miserie della carne. La morte sarà una benedizione per quell'anima che alla sola presenza del marito sente come se la morte cadesse sulla totalitá del suo essere. Ma Dio dà sempre all'anima un'altra anima che la comprenda: è sua cognata, compagna della sua vita spirituale. Questa compagna dice al marito che non si avvicini alla stanza di Francesca se vuole che si salvi dalla sua malattia. Allora, lontano dal dilemma matrimoniale, incomincia a sentirsi meglio. Tuttavia, non può curarsi; la febbre la consuma. È che è febbre divina, di desideri di santità. Fino a che una notte gli è apparso San Alexis e gli dice che bisogna sacrificarsi: "Dio ti vuole madre. Venga per dare grazie a Dio. Incomincerai ad essere madre di famiglia ed a portare una pesante croce." Alla mattina seguente dice a sua cognata: "Andiamo che voglio alzarmi ed andare a dare grazie ad Alexi, perché egli dice che sono guarita." Si alza e corrono le due a per dare grazie a Dio. Allora Dio gli dà il suo primo figlio.
La maternità purifica il suo sentimento. Vedi attraverso la maternità una purificazione per lei. Malgrado il matrimonio sia santificato, malgrado il Direttore Spirituale gli dica che quello è il suo dovere, è sempre il suo sacrificio; continuerà a sputare sangue tutte le volte che il marito si avvicini a lei, ma andrà avanti per compiere la sua missione.
Quello dolore gli dà figli.
Ella è fiore di santità, ancora nel peccato matrimoniale; perché per matrimoniale che sia, è sempre peccato. Ed ella, in quello martirio continuo di tutta la sua vita, tira fuori la forza per farsi madre da tutti gli esseri. Incomincia a proteggere tutte le donne che sono madri; a sentire quell'amore per i membri doloranti di Cristo, per i quali sono malati con dolori di morte.
Le sue parole sono: "Poiché non ho potuto consacrarmi a Dio in un luogo appartato, voglio curare all'Umanità. Dio mi dà la forza affinché io faccia un po' di bene nel mondo."
Per anni Francesca sarà l'angelo di tutti gli abbanDonoato e malati; non c'è malato che ella non curi con l'olio della sua lampada.
Ma ella deve essere immagine di martirio vivo di castità. Durante tutta la sua vita soffrirà per non potere ritornare alla purezza della sua infanzia. Il Signore gli ha dato come missione essere madre ed ella pagherà, sotto il peso del peccato matrimoniale, per il peccato di tutti gli esseri. Cristo gli dice: “Devi pagare per quelli che fanno il male. Ti ho voluto per sposa affinché sia madre di tutti i miei."
Di tre figli, due muoiono ed uno lo portano di ostaggio i nemici politici di suo marito che era delle principali famiglie della città. Tutto si sgretola intorno a lei. Tutti i dolori che può avere una madre di famiglia li soffra ella, ma la sua forza interiore rimane viva, nitida.
Dio lo toglie i suoi figli, ma gli dà un angelo che l'accompagna durante tutta la sua vita; suo stesso figlio gli è apparso per dire che gli comanderà un compagno che starà sempre con lei. Al fine restituiscono a Bautista, suo unico figlio vivo, ed anche a suo marito, malconcio, addolorato, rovinato, affinché ella possa seguire la sua opera di santificazione delle anime.
Dice un autore di quello tempo che per dove ella passava, i poveri baciavano il suolo e si inginocchiavano per baciarla. La chiamavano l'Angelo di Dio.
Quando si alza in estasi Cristo gli dice: "Sei madre dei tuoi figli e sposa, ma qui su sarai la mia sposa, perché hai compiuto la volontà che io ti ho imposto."
Quando la sua estasi è prolungato, il suo corpo ha l'aspetto del corpo di una vergine. “Sembra una vergine del Signore", dicono le sue compagne.
Passano anni ed anni di martirio. Suo marito è un anziano malato ed ella lo soddisfa con amore. Gli chiede che la lasci nella sua piccola stanza: ella già ha compiuto la sua missione umana; ma l'uomo ostinato gli dice: "Amo la moglie che Dio mi ha dato"; ed il confessore gli dice che quello è il suo dovere.
Tutte le volte che suo marito la tocca, vomiti di sangue escono dalla sua bocca. Credono che morrà, ma Dio la lascia sulla terra. Francesca deve essere immagine di suprema rinunzia, di castità, del compimento del dovere. Fino a che un giorno il marito la mira e gli dice: "Come è che Dio mi ha dato una compagna tanto inutile! È migliore allora che vada via con Dio." Comprende finalmente che è un santa. Quello giorno ella si alza in estasi; già nessuno potrà interferire tra la sua carne viva e la sua carne che resiste.
Magnifica figlia di castità che ha toccato le Figlie come protettrice. Anima, soprattutto casta, è come se volesse dire: "Io ho sofferto molto. Tutto il sonno della mia vita è stato riunire vergini attorno a me e l'ho ottenuto. Non voglio che soffrano quello che io ho sofferto. Voglio che siano ben protette, qui, col fiore magnifico che il Signore ha dato loro. Abbellite questo fiore cola vita interiore, appartata, coll'osservanza e soprattutto colla rinunzia che è castità, divinità, corona di tutte le virtù: una castità soprannaturale."
Guardino i Figli molte volte alla sua Protettrice, non quando ci sono tentazioni, poiché nella Casa della Madre le tentazioni quasi non esistono, bensì quando ci sono tentazioni carnali di ira, gola, pigrizia, indolenza. Guardino a Francesca, all'angelo che l'accompagna, a lei che è l'espressione più casta di una vita pura, santa, e subito la sua potenza di forza verrà, si comunicherà ai suoi esseri, e darà loro una forza nuova.
Credano i Figli che sono molti i doni che Dio ha dato loro, ma c'è uno ch’è maggiore di tutti: potere mantenersi puri e dire: "Ego sum sponsa tua."
Non c'è ben tanto grande né sublime, perché fino agli esseri che vivono nel fango lo riconoscono. Sia questo Dono l'obblazione sicura della sua rinunzia totale, del suo trionfo. Sia questo Dono divino la mano sacra di Francesca che se stende e li invita ad attraversare il ponte dalla vita all'Eternità.
Curino le spose di Cristo la sua corona che è la castità. Conservino quello tesoro che il Signore li ha dato, perché con quello Dono cammineranno per il Cammino.
INDICE
Insegnamento 1: La Rinunzia È il Cammino Cafh
Insegnamento 2: Meditazione sulla Morte
Insegnamento 3: Presenza dell'Ora Eterna
Insegnamento 4: La Morte Mistica di De Rancé
Insegnamento 5: Effettività Possessiva della Rinunzia
Insegnamento 6: Come Vincere il Sonno
Insegnamento 7: La Rinunzia come Salvazione
Insegnamento 8: La Mistica della Cenere di San Paolo della Croce
Insegnamento 9: Automatismo Liberatore della Rinunzia
Insegnamento 10: I Beni della Rinunzia
Insegnamento 11: Il Valore Unico della Rinunzia
Insegnamento 12: I Discepoli Tibetani
Insegnamento 13: La Rinunzia come l’Olocausto
Insegnamento 14: Conquista di Anime per la Rinunzia
Insegnamento 15: La Rinunzia Permanente
Insegnamento 16: Santa Francesca Romana