INDICE

Insegnamento 1: L'Ascetica della Preghiera
Insegnamento 2: Discernimento dell'Ascetica               
Insegnamento 3: L'Obiettivo Divino
Insegnamento 4: L'Ascetica Continuata
Insegnamento 5: Autocontrollo
Insegnamento 6: La Meditazione. Il Suo Apprendisaggio  
Insegnamento 7: L'Esercizio della Meditazione
Insegnamento 8: L'Esercizio della Meditazione Intellettuale
Insegnamento 9: La Sensibilità nella Meditazione
Insegnamento 10: La Meditazione e la Tecnica dell'Esercizio
Insegnamento 11: L'Invocazione
Insegnamento 12: Il Quadro Immaginativo
Insegnamento 13: Le Sensazioni
Insegnamento 14: I Propositi
Insegnamento 15: Difficolt à nella Perseveranza della Meditazione
Insegnamento 16: La Resurrezione di Hes

 

Insegnamento 1: L'Ascetica della Preghiera

La vita interna deve essere centrata in Dio, e non negli attributi di Dio che allontanano dalla fine primordiale.
Il progresso specializzato delle facoltà razionali ha allontanato in un certo modo all'uomo dall'Idea fondamentale di Dio.
È certo che in tutto sta la Divina Presenza, ma questo non significa che l'espressione divina debba costituirsi in divinità.
È necessario che l'uomo arrivi ad un contatto reale ed individuale colla Divina Madre. Niente né nessuno potrà dargli la verità, bensì la sua esperienza. Per riuscirlo deve prendere tutte le sue energie, centrate nella cosa mondana e considerare questo in quello ch’è puramente spirituale e divino.
Alcuni credono che questo non sia necessario, perché anche nel mondo sta la Divina Madre e niente è fuori di Lei. Ma certamente non arrivano in questo modo alla Divina Madre. Non basta l'adesione intellettuale alla cosa spirituale. Questa adesione non è reale se non abbraccia tutto l'individuo. Il mondo è una scuola, ed il corpo e l'anima sono solo strumenti. Non hanno interesse bensì come tali, e quando acquisiscono un valore che non è il suo perdono il suo senso come strumenti e mezzi di liberazione, per farsi fattori di illusione ed ignoranza.
È importante la trasformazione del modo di pensare, ma affinché la vita spirituale abbia senso, quello nuovo modo di pensare deve essere corroborato per fatti concreti di vita, conseguenti con l'idea fondamentale dell'anima. Finché la vita spirituale è solo un atteggiamento parziale dell'essere, il corpo e l'anima saranno beni in se stessi, costituiranno un altro atteggiamento contrario. Questo vuole dire che la vita spirituale non sarà un atto totale dell'essere, bensì atteggiamenti in lotta.
La Rinunzia al mondo non è un rifiuto, bensì l'ubicazione dei valori umani che così acquisiscono solo un carattere divino.
Finché i beni mondani sono l'obiettivo dell'uomo, il mondo sarà un mondo di dolore, e finché il corpo e l'anima sono valori in se stessi, non si potranno costituirsi in strumenti di esperienza impersonale.
Ancora quando l'aspirazione dell'anima sia l'unione colla Divina Madre, in realtà la sua preghiera comincia a essere nient'altro che un monologo, una conversazione che fa con sé stessa. È come un intento di prendere vera coscienza di sé e di quello che desidera realmente.
I pensieri comuni dell'uomo sono una continua conversazione immaginaria; questa conversazione è completamente irreale e staccata di lui e la realtà circostante. Per quel motivo nei principi la meditazione tenta di centrare all'anima nella sua posizione reale di fronte a sé stessa ed al mondo, dando sempre di più una coscienza profonda di essere, fino a che si trasformi in un vero contatto soprannaturale e divino.
Quello contatto essenziale con Dio esiste in alcuna forma in tutto il tipo di preghiera e sforzo spirituale, ma è necessario che si faccia una realtà viva per l'anima. Questo è il fine unico dell'esistenza umana: arrivare all'Unione piena colla Divina Madre, all'Unione Sostanziale. Tutto il resto esiste a questo scopo in relazione di dipendenza.
Per quel motivo la vita interna, come atto continuo di vita alla presenza divina è la cosa unica necessaria; perché è l'espressione viva dell'anima che tende verso la Divina Madre e vive già in Lei.

 

Insegnamento 2: Discernimento dell'Ascetica

Per guidare alle anime nell'ascetica della preghiera, è fondamentale sapere discernere.
Che tipo di esercizio è appropriato alle caratteristiche interne di ogni principiante; conoscere quale il tipo di mistica conveniente è per lui.
Dargli continuamente l'insegnamento adeguato del suo sviluppo spirituale; non volere accelerare i processi interni bensì lasciare che la Divina Madre operi nell'anima.
Non permettere che si lascino gli esercizi di meditazione appena si tiene un barlume di contemplazione.
Conoscere in anticipo quali saranno le possibili difficoltà e prove che dovrà vincere nelle distinte tappe fisiche, razionali, affettive e spirituali.
Guidare senza toccare particolarmente nella via illuminativa.
Non perdere di vista, continuamente, l’integrità della realizzazione durante il tragitto mistico.
Evitare i pericoli fondamentali, le deviazioni psichiche e la disumanizzazione.
Conoscere per esperienza la traiettoria umana e spirituale che l'anima deve seguire.
Non ci sono mezzi sicuri per avere questa conoscenza, solo la vita interna profonda e la partecipazione spirituale danno la conoscenza abile delle anime e della sua strada. "Niente è difficile per quello che ama."
La vita nel mondo è un'ascetica, ma non unisca ascetica diretta e concentrata nella realizzazione divina che è quella dei valori integrali dell'essere, bensì un'ascetica dispersa, disordinata e carente di un obiettivo cosciente da parte dell'uomo.
Fino ad ora l'ascetica umana non è stata un mezzo efficace per la realizzazione dell'individuo; il progresso delle istituzioni è stato di queste come astrazioni indipendenti della realtà umana.
L'ascesi del mondo, più che un mezzo di realizzazione è un'espiazione continua degli errori dell'uomo. Per quel motivo, tutti gli sforzi dei cammini mistici tendono a che le anime lascino di identificarsi col mondo per fare di lui quello che è: uno strumento di realizzazione. Come è necessario gran chiarezza di discernimento e forza interna per trascendere l'attrazione dei beni umani, si mettono in gioco tutte le forze mentali ed emotive per produrre il disinteresse del mondo.
Non basta sapere che non è il nostro mondo; bisogna odiarlo, sentirsi desolato in lui. Allo stesso tempo si fa sorgere dalle profondità sconosciute del cuore tutta la forza del sentimento, per mantenerla ogni volta con maggiore certezza nel pensiero e l'immagine ideale del Bene Divino che si aspira a realizzare.
Si danno le norme esterne ed interne adeguate affinché, dentro questo mondo e di accordo al posto che si occupa in lui ed al tipo di vita che si è scelto, si trasformino tutti gli atti semplici della vita in mezzi efficaci di realizzazione divina, e si abituano gli esercizi specifici che incanalino gli affetti, dominino le passioni e fortificano le forze mentali dell'essere.

 

Insegnamento 3: L'Obiettivo Divino

Per il Figlio è molto importante la disciplina, il metodo di vita e la pratica degli esercizi di preghiera. È indispensabile contare su elementi definiti e ben conosciuti che possano costituirsi in un'ascetica esterna ed interna efficiente.
Ma non solamente questo è sufficiente per le anime; esse esigono altra cosa più. Esse aspirano a riuscire la pienezza che unicamente si ottiene con l'intimo contatto colla Divina Madre. Questa pienezza non si capisce facilmente. Il principale ostacolo è la difficoltà che hanno molti Figli nel discernimento chiaro della sua vocazione.
L'uomo è imprigionato per la molteplicità dei suoi desideri, ed una volontà cangiante non è la più adeguata per il risultato della perfezione. Alcuni figli capiscono la Rinunzia, ma allo stesso tempo la temono. In quelle passioni contrarie sta il germe del suo scontento e mancanza di realizzazione. Sebbene essi non sappiano non definire esattamente che chiede loro la sua vocazione di Rinunzia, sanno che per realizzarla devono staccarsi da tutto quello che fino ad ora si è costituito in un bene ed in un alimento dell'illusione di vivere.
È buono che i Figli sappiano, che siano coscienti, che si diano conto della vocazione è Rinunzia; che se non si realizza è per mancanza di valore, o per paura, ma non per mancanza di possibilità. Non bisogna alimentari illusioni.
La Rinunzia è una ed unica. Tuttavia deve adeguarsi al mezzo, al tempo ed alle necessità specifiche delle anime.
Il Figlio vuole rinunciare, ma allo stesso tempo sa e non sa come farlo. Non sa, perché la Rinunzia in sé è qualcosa di impossibile da imparare, di comprendere, di possedere. La Rinunzia si è; e se non si è, è sempre qualcosa di irraggiungibile che sembrasse allontanarsi avvicinandoci.
Sebbene la Rinunzia sia uno stato tutto Divino, può essere posseduta gradualmente attraverso mezzi umani concreti e definiti.
La pace interna non si ottiene dopo di avere vinto tutti gli ostacoli, bensì è frutto di avere usato tutto l'essere, senza riserve, continuamente, nel risultato della perfezione. Mentre ci sono desideri multipli e pensieri contrari non c'è pace.
Come nel mondo la vita interna è quasi sconosciuta, si dà molta importanza agli atti, ma i pensieri, fantasie ed illusioni della mente ed il cuore rimangono liberi e senza controllo. Tutto l'essere deve assorbire lo sforzo della Rinunzia, e non solo una parte di lui. Per quel motivo è necessario conoscere quale è la forza del temperamento, le abitudini, le tendenze naturali, e gli esercizi ascetici del metodo spirituale.
Tuttavia, affinché gli esercizi mantengano il suo valore effettivo, bisogna avere un'idea chiara dei successivi obiettivi a raggiungere, e dell'obiettivo unico e permanente che dirige tutta la vita spirituale del Figlio.
Se la Rinunzia fosse un obiettivo positivo con una realizzazione determinata, non ci sarebbe nessuna difficoltà. Quello che le anime vogliono avere è un obiettivo concreto, e mezzi anche concreti per realizzarlo.
La Rinunzia non è un obiettivo ideale bensì reale, ma come è integrale, trascende i limiti definibili dei mezzi e fini obiettive. È come rimanere senza niente pretendendo di afferrare qualcosa.
Come la Rinunzia non ha limiti, può originare confusioni. Se è lasciarlo tutto, non avere niente, facilmente può condurre a negarlo tutto ed a non fare niente. Per quel motivo bisogna fare somma attenzione predicandola e spiegandola, e soprattutto, concetti molto chiari.
Il cammino si percorre per tappe, ed ogni tappa segna un obiettivo ben definito a raggiungere. Il fatto che sia un obiettivo relativo che dopo bisognerà trascendere e rinunciare al suo possesso ed i beni che derivino da lui, non lo nega come obiettivo immediato. È solo un mezzo, ma un mezzo indispensabile per la realizzazione.
Quello che succede è che sebbene gli obiettivi relativi sono concreti, non lo è il bene finale, la Rinunzia. Le anime, abituate a misurarlo tutto in termini di sforzi e risultati rimangono come disorientati non potendo ubicare la sua traiettoria dentro una linea conosciuta con progressi visibili, e tendono ad affievolire nello sforzo. La Rinunzia non offre loro beni immediati e brillanti che possano soddisfare le sue ansie di possesso; non permette loro l'illusione di un bene possessivo, nemmeno spirituale.
Il Cammino della Rinunzia, sebbene per tutti, solamente lo percorrono quelli capaci di sostenere colla forza ideale di una vocazione soprannaturale di amore divino, di ansie reali di libertà.
Sono poche le anime valorose che sanno mantenersi senza appoggi umani ed ideali, senza l'incentivo dell'immaginazione e del futuro. Le sue forze si disperdono continuamente e non acquisiscono mai il potenziale divino che li dissolverebbe come composto, per lasciarli come presenza semplice dell'anima nella Divina Madre.
Questo non vuole dire che la Rinunzia non sia un obiettivo per le anime, ma come è un obiettivo divino, è un non oggettivo per la comprensione dell'uomo. È reversibilità; lo stato divino è non uno stato umano; la saggezza divina è un non sapere, e la conquista divina è una perdita umana. La libertà sembra schiavitù, e la scadenza del tempo la sottomissione ad una rotina inesorabile.

 

Insegnamento 4: L'Ascetica Continuata

Il Figlio che vive nel mondo ha bisogno di una gran ascetica esterna.
Solo facendo della sua vita esterna un'ascetica continuata, può raggiungere una vita interna ricca e piena.
L'ascetica della Preghiera consiste in trasformare un atto sporadico, in uno stato permanente.
È molto difficile raggiungere nel mondo un raccoglimento profondo. Tutto è incitamento continuo a rovesciarsi verso fuori. La preghiera deve consistere allora, indipendentemente degli esercizi propriamente detti, in trasformare la cosa esterna in cosa interna, facendo di tutto punto di reversione, concentrazioni reversibili del pensiero.
Ogni centro di interesse esterno deve trasformarsi in un mezzo per una chiamata interna. Tutta quell'attività continua che è la vita nel mondo, deve essere trasformata per una preghiera di intenzione e d’oblazione.
Per riuscirlo sono indispensabili punti quotidiani di detenzione. Oltre ai momenti affezionati agli esercizi di preghiera, si necessitano altri distinti, imprescindibili affinché si investa il movimento positivo ed oggettivo dell'anima. Potrebbero chiamarsi momenti di coscienza, di silenzio, di apparente passività. Lì l'anima si ritira tutta in sé stessa; ritrae tutta la forza e spiegamento delle sue potenze verso il suo interno, e rimane quieta. Ma attenzione con cadere in speculazioni mentali; tutto deve trattenersi, farsi silenzio. È un istante, niente più, ma che può essere riempito rapidamente per una coscienza divina.
Questo niente toglie agli esercizi ed alla disciplina esterna. Il Figlio deve imparare a meditare bene e la sua disciplina deve essere spontanea; se no, la preghiera sarebbe, fino ad un certo punto, qualcosa fittizia e forzata.
La disciplina deve essere la sua seconda natura; ma non la disciplina rigida e dogmatica, bensì quello che, essendo intollerante con uno stesso, è tollerante e comprensiva con gli altri.
Il Figlio esprime il suo amore alla Divina Madre attraverso la venerazione ai superiori, il rispetto e compimento del Regolamento, ed il metodo fatto vita in lui. Tuttavia, nonostante la vita completamente attiva nel mondo, non bisogna smettere di iniziarlo nei misteri della vita divina, non solo nel suo interno, bensì nelle sue esperienze umane ed ancora sociali.
La partecipazione interna che si predica sarebbe uno scherzo crudele se non si riflettesse nella comprensione effettiva dei mali umani; se persistesse il separatismo, l'egoismo ed il predominio della cosa personale sulla cosa universale, e se allo stesso tempo non si cercasse una soluzione pratica ed effettiva ai mali del mondo.

 

Insegnamento 5: Autocontrollo

È necessario dominare perfettamente la tecnica dell'esercizio della meditazione.
Il dominio della tecnica non indica che si sia arrivato ad una realizzazione mistica, ma dimostra che si è capito un gran dominio mentale ed emozionale.
Senza un controllo assoluto della mente ed il cuore non è possibile la realizzazione divina. Un uomo senza autocontrollo non è davvero libero. Gli uomini credono che siano liberi perché possono muoversi, andare di un lato ad un altro, parlare e pensare al suo arbitrio. Se questo fosse frutto della sua vera volontà individuale, mostrerebbe che realmente sono liberi; ma sono molto contati quelli liberi di pensare, di sentire, di agire. Tutto quello che l'uomo fa e dice in nome della sua libertà è un'evidenza continua delle sue legature e limitazioni.
Quello che egli desidera non è sempre quello che necessita. Il suo pensiero non è libero; è determinato per il cambiamento incessante di emozioni e sensazioni, per le circostanze esterne, per il suo stato di animo, per l'ambiente, per la vita.
Solo il perfetto controllo interno ed esterno dà la conoscenza di quello che si è e quello che non si è; di quello che si ama realmente, e di quello che si desidera per l'influenza della natura, degli esseri e delle cose.
La libertà non si ottiene soddisfacendo subito i capricci velleitari dell'immaginazione ed il sentimento, bensì controllando la forza del desiderio per farsi padrone di sé stesso. Così si conoscono le forze interne, le buone ed i dannosi; così si destreggia la volontà fino a fare di lei uno strumento di liberazione. Solo il dominio del corpo e la mente fa atto all'uomo per la liberazione, e lo sforzo per riuscirlo è il metodo ascetico che guida la vita spirituale.
Il primo passo durante il tragitto della Rinunzia è l'autocontrollo. È impossibile la vita spirituale se non esce dal livello istintivo passionale.
Lo stato di Rinunzia si manifesta nell'anima attraverso un controllo totale e continuo. Allo stesso tempo, la disciplina dell'autocontrollo sostentata per l'Idea Unica conduce rapidamente allo stato di Rinunzia.
Questo autocontrollo differisce fondamentalmente del controllo nervoso emozionale che si pratica abitualmente e che provoca con facilità stati di tensione psicofisica. È un controllo esercitato per la parte più alta della coscienza che non pensa né analizza, bensì osserva, ed osservando, sa.
Comunemente si stabilisce il controllo allo stesso livello delle lotte interne, provocandosi così un conflitto mentale ed emozionale identificandosi l'anima con le stesse forze che combatte, e non può uscire dalla dualità di trionfi e fallimenti, di guadagnare e perdere. La Rinunzia ad un trionfo personale su sé stesso, la Rinunzia ad un obiettivo positivo come realizzazione, trasforma lo sforzo volitivo in una tecnica, ed il controllo è così un super-potere mentale che investiga e guida le forze interne ed esterne. Controllo interno è controllo esterno e è potere sulle forze universali.
 

 

Insegnamento 6: La Meditazione. Il Suo Apprentisaggio

Il figlio deve conoscere bene gli esercizi di meditazione.
In primo luogo, deve avere disposizione interna alla preghiera; se non l'ha, se l'acquisirà vincendosi a se stesso attraverso la perseveranza nei suoi esercizi. In secondo luogo, deve imparare la tecnica dell'esercizio. Insegnando l'esercizio possono presentarsi due difficoltà: la difficoltà di espressione delle idee, o la verbosità.
La tendenza al linguaggio eccessivo può indicare un'immaginazione esuberante, una portata emotiva ricca a fiore di pelle, un'abitudine verso le esteriorizzazioni, un affanno di dominio che occulti un complesso di inferiorità o semplicemente, l'abitudine di una chiacchierata vana.
Quando si trovi difficoltà nell'espressione generalmente bisogna insegnare ad esteriorizzare le idee. Può avere timidezza o paura del ridicolo, o bensì una marcata introversione abituale che mette freno a qualunque esteriorizzazione. Ma normalmente succede che benché si sappia dire le cose, non si sa che cosa dire e questo mostra la mancanza di conoscenza interna che hanno le anime.
La difficoltà di espressione non indica una vita interiore povera. Molte persone occultano dietro un'abitudine di silenzio esterni veri tesori spirituali, benché alcune abbiano solo un'immaginazione fantasiosa, un'abitudine morbosa di guardarsi continuamente a sé stesse, o ritornare infaticabilmente, senza cessare, ecceda i suoi problemi senza uscire di lì, della sua auto-compassione ed i suoi lamenti.
Tutte queste tendenze sono spurgate per l'esercizio della meditazione e la conoscenza data per la vita interna. L'apprendisaggio può costare o no, ma finalmente si ottiene una tecnica. A volte la tecnica è la gran tavola di salvazione, la nuova facciata che protegge e sposta nuovamente più il centro del conflitto verso dentro, sostenuto per l'auto-convincimento dell’avere affrontato; e torna ad essere centrato in una falsa personalità.
Alcuni hanno bisogno di momenti da solo colla Divina Madre, indipendentemente dei suoi esercizi, nei quali la sua anima si sincera di fronte al suo Cuore. Può essere uno scarico della sensibilità spirituale che non riesce ad essere controllata per l'esercizio, o anche vere chiamate interne. Ma può succedere perché l'esercizio non sia espressione genuina dell'anima e le sue necessità fondamentali. Limitandosi ad essere ordinatamente un pensiero organizzato e sviluppato, non lavora con tutte le forze dell'anima. È buono avere una conoscenza profonda del metodo, dei modi di chiedere, della forma di svegliare l'emotività. Tuttavia, ancora quando se lo domini, è valido solamente per l'esercizio parlato, perché quando passa all'esercizio mentale può venire la divagazione, la povertà dalle immagini ed emozioni, l'aridità, la stanchezza. Manca la forza persuasiva, suggestiva e magnetica della parola parlata. Questa deve essere supplita per la forza interna dell'anima che la conduce alla vera meditazione.
La parola crea il clima della meditazione secondo la sfumatura della forza rovesciata nell'esercizio, fino a riuscire a volontà sentimenti profondi ed intensi.
Questo esercizio è una vera scienza. Per ottenere i suoi risultati non è imprescindibile uno studio analitico esaustivo dello stesso, bensì farlo metodicamente. Ma devono conoscerlo quelli che guidano alle anime.

 

Insegnamento 7: L'Esercizio della Meditazione

Nell'esercizio della meditazione bisogna continuare a riuscire una graduale semplificazione, non solo nella preghiera ed i quadri, bensì nel modo o relazione della preghiera ed il quadro rispetto all'anima.
Al principio è indispensabile riuscire una tecnica della meditazione; in caso contrario l'esercizio si perde nello sforzo a causa di realizzarlo. Ma quando la tecnica è già di uno, bisogna curare che l'esercizio non si limiti ad una tecnica.
L'esercizio è una tecnica, ma deve essere dinamica, evviva; bensì è una ripetizione continua, e non unisca preghiera continua.
Arriva un momento in cui si conosce perfettamente che molle interne toccare per riuscire lo stimolo necessario per un'emozione determinata, e quando si è riuscito qualche sentimento superiore tutto lo sforzo seguente può consistere in tornare a ripetere l'esperienza, senza comprendere che è già di uno. Quello è fare dell'ascetica un fine. Non è necessario tornare a vivere già il conosciuto quando si è fatto della conoscenza un'esperienza esaustiva.
L'anima deve tendere sempre di più alto; l'esercizio della meditazione deve essere un gioco libero dell'anima che cerca la realizzazione divina, rimanendo la tecnica conosciuta come il contorno appena disegnato e necessario di controllo.
Il Figlio non deve andare alla meditazione come ad una rotina, bensì a fare vivo sempre di più e reale il suo contatto colla Divina Madre, e deve essere molto sincero con sé stesso.
Come si tiene già stabilito che cosa la cosa è buona che deve cercare e la cosa brutta che rifiutare, che cosa è quello che bisogna chiedere e come farlo, quelli preconcetti normalmente sposta le vere necessità e problemi dell'anima, particolarmente gli stati vocazionali che devono sorgere nella meditazione. Come c'è d'altra parte un'idealizzazione dell'ego, la meditazione non può stare in relazione colla realtà viva di quello momento nell'anima, e non può avere un effetto totale.
È difficile che i problemi reali si presentino direttamente, come sono. Quello che appaiono sono tendenze, desideri, sentimenti che affiorano in forma disordinata. È imprescindibile lottare e vincere le imperfezioni, ma è buono conoscere il fondo che normalmente è comune a molte di esse che costituiscono il centro del lavoro ascetico.
Questo non significa che esistano sempre stati inconsci che debbano affiorare attraverso una profonda autoanalisi; si tenta di avere una visione chiara delle proprie tendenze affinché le sue espressioni attive non si confondano colla radice del male o conflitto fondamentale.
È difficile che le anime abbiano numerosi problemi interni. Ogni anima ha il suo centro fondamentale, e quando questo smette di essere un conflitto, tutti gli aspetti che apparentemente pressavano spariscono. Per quel motivo, meditando, e sempre, contemplando interiormente la propria anima bisogna essere molto chiaro per distinguere bene l'origine dei desideri, specialmente di quelli che sembrano molto giustificati, ed avere realmente un senso umano.
Nella vita umana tutta è imperfezione, e solo la Rinunzia che sembra ghiaccio e disamore per gli uomini, è la vera perfezione dell'amore.
Se la vita ed il mondo sono una scuola bisogna passare per essi in forma completamente obiettiva, e niente deve aderire all'anima. Questo atteggiamento si appare come un'insensibilità e fino a crudeltà incomprensibile agli occhi degli uomini. Per quel motivo la mente trasforma il problema spirituale fondamentale in innumerabili considerazioni, domande insolubili, inquietudini diverse e desideri insensati.
La meditazione è l'esercizio che porta all'anima a farsi con sé largo tra la confusione dei suoi stati interni verso l’incontro stesso che è l'incontro della sua vocazione di Rinunzia.
Sebbene questo debba succedere più presto possibile nella vita del Figlio, è buono che succeda anche in molte anime che, sebbene sia da molto tempo che stanno nel tragitto, ancora non sono nati realmente alla vera vita spirituale, quella che è per esse e che sposta senza osare affrontare la sua vocazione di Rinunzia.

 

Insegnamento 8: L'Esercizio di Meditazione Intellettuale

Il figlio deve conoscere in primo luogo comprensivamente l'esercizio di meditazione. Deve fare della tecnica una tecnica comprensiva, razionale.
Primo è necessario discernere e caricare colla forza comprensiva la parola persuasiva. Si arriva così ad un esercizio comprensivo, auto-comprensivo. Si discernono le tendenze interne, gli ostacoli esterni, si ubica l'obiettivo trascendente e si spingono le forze dell'anima verso la realizzazione spirituale. Ma non comunica tutto l'essere. Comunica solamente l'essere comprensivo; gli emozione-sensazioni stanno caricate solo colla forza dell'intelletto. La meditazione intellettuale è una psicotecnica di portata relativa perché non tocca gli strati profondi dell'anima umana, né permette che affiorino. La posizione intellettuale è una barriera insuperabile, tanto affinché porti sulla cosa ignorata inferiore, come affinché discenda la cosa ignorata superiore.
La meditazione intellettuale crea una realtà fittizia. Non è l'atteggiamento naturale dell'anima, è l'identificazione dell'ego con una sequenza di considerazione. È fare del no-io un io.
Bisogna arrivare a fare dell'ego un no-io per semplificazione di Rinunzia.
L'esercizio di meditazione porta ad uno stato più elevato dell'abituale, ma è uno stato mentale naturale. Bisogna raggiungere uno stato mentale soprannaturale, e quello non lo riesce l'esercizio intellettuale. Per quel motivo, mentre i Figli imparano la tecnica ed i differenti esercizi, sembrano progressare nella preghiera, ma una volta finito l'apprendisaggio e conosciuti tutti i metodi, come non passano di lì e della ripetizione continua si sentono stagnanti. Quello che fanno ha un gran valore ma non dà valore trasformante.
Può trascendersi solo gli stati naturali con un'ascetica interna ed esterna di rinunzia, di pazienza, di rotina, di sacrificio, e di sparizione. La comprensione intellettuale della Rinunzia porta solo fino ad un punto;  unicamente la vita fatta Rinunzia conduce fino al fine.
In sintesi, gli esercizi consistono in prendere coscienza di sé stesso attraverso una considerazione su sé stesso o d’il mondo. Quello è andare della cosa conosciuta alla cosa conosciuta. Una sola comprensione soprannaturale vale più che anni di questi esercizi.
La meditazione non consiste in andare della cosa conosciuta alla cosa ignorata, bensì della cosa ignorata alla cosa ignorata, attraverso un atteggiamento negativo, statico, ricettivo e profondo della totalità dell'anima.

 

Insegnamento 9: La Sensibilità nella Meditazione

La vita spirituale non consiste in sublimare il sentimento. Per quel motivo i Figli che non fanno nella meditazione più che cercare una sensibilità più elevata, non passano oltre un certo limite e non arrivano mai a controllare la sua emotività.
Le anime che mettono un'enfasi speciale negli stati sensibili ottenuti negli esercizi ascetici, sono anime deboli che non riescono a comprendere che la vita spirituale sta molto oltre quello che possono sentire o pensare. Purché stiano sperando che passi qualcosa  si mantengono pendenti di quello che sentono, di quello che sognano, di quello che credono vedere o sentire. Sono proclivi alle esperienze psichiche, ma abitualmente non presentano forza sufficiente per affrontare sinceramente la Rinunzia. Non appena perdono gli stimoli sensibili, inciampano e cadono.
È importante trascendere rapidamente le esteriorizzazioni sensibili ed ubicarsi in quello che è veramente vita spirituale.
L'essere deve essere completamente trasformato e non solo la sua sensibilità. La meditazione come stato realizza questo proposito.
La meditazione spirituale non usa non solo l'emotività bensì neanche usa la facoltà intellettiva della mente; fa dell'intelligenza parziale un'intelligenza totale, spirituale. Molte persone sono dotate di intelligenze specifiche, ma si incontrano molto poche con penetrazione ed intelligenza spirituale che è l'unica di valore reale per l'uomo, poiché lo mette in contatto diretto con le verità trascendenti e soprannaturali.
La meditazione prende tutti i valori umani e li trasforma; attraverso l'uso della volontà determinante riesce una volontà simile.
Lo stato sensibile riuscito attraverso gli esercizi di preghiera può arrivare ad essere abbastanza elevato, ma non è mai davvero spirituale. È una vibrazione mentale affettiva provocata per la parola e l'immagine; è un movimento sensibile dell'anima, non è lei stessa.
L'esposizione delle necessità, le sensazioni elevate, tutto è buono, ma bisogna proseguire; tutta è espressione della personalità mentale dell'essere.
Nell'esercizio si riesce un'emozione attraverso l'azione unita della parola, l'immagine, la sensibilità. Per la semplificazione graduale dello stesso si arriva ad un movimento inverso; niente si provoca attraverso un movimento esterno.

La tecnica è usata negativamente. Negli esercizi l'anima va dietro la tecnica. Nella meditazione non succede così. Il controllo si riesce attraverso la mente spirituale. Se al fine dell'esercizio si dice qualcosa, è quello che succede. La parola che prima aiutava a riuscire la sensazione non lo fa oramai così. Semplicemente orienta lo stato semplice che è già attraverso il bersaglio desiderato. Allora la parola non è necessaria.

 

Insegnamento 10: La Meditazione e la Tecnica dell'Esercizio

Quando la meditazione si stabilisce al livello dei pensieri correnti, quale è la sua differenzia con un bello discorso, capace di svegliare emozioni vive, e detto con ordine, metodo e tema stabilito?
Il valore della tecnica consiste in che si riesce la meditazione attraverso lei. Ci sono due forme di fare l'esercizio: come tecnica, e come tecnica di meditazione.
Come tecnica, è necessaria una coscienza impersonale, rettrice dell'esercizio, per fare di lui una scienza viva ed un empirismo dinamico.
Come tecnica di meditazione, la tecnica dell'esercizio serve come mezzo, indispensabile per acquisire gradualmente sempre di più stati contemplativi spirituali ed elevati, fino a fare della tecnica degli esercizi una tecnica di contemplazione.
L'esercizio della meditazione deve essere dominato, ma non nella sua tecnica interna solamente, bensì come tecnica. Per riuscirlo bisogna arrivare gradualmente ad una posizione interna tanto obiettiva che, più che sdoppiamento sia uno stato super-cosciente. Allora si smette di lavorare colle facoltà o potenze personali, e si lo fa, semplicemente, con forze. Solo così è possibile conoscerli e dirigerli.
Sempre l'attaccamento è un grado di ignoranza, e mentre sussiste l'identificazione personale è impossibile il vero auto-conoscimento. Questo non significa che si arrivi al disinteresse per la propria anima, ma si riesce una posizione trascendente rispetto a sé stesso. Solo così gli esercizi ascetici si trasformano in vera tecnica di liberazione. In questo modo la meditazione si trasforma in scienza, dal momento in che si arriva alla conoscenza che uno è quello che pensa e sente.
L'essere è così di sperimentare con le sue forze vive e di acquisire una tecnica ascetico-mistica perfettamente empirica ed obiettiva. Ovviamente che questa scienza non ubbidisce ad un empirismo dimensionale e contingente, bensì ad un empirismo soprannaturale ed integrale.
L'essere in realtà è sparito per rimanere solo la forza spirituale necessaria per mantenere la coesione del composto spirituale. Quello composto attraverso la visione dello spirito è perfettamente sperimentabile, con le sue leggi proprie e precise. È il vero strumento dello spirito.
Di questo agli esercizi intellettuali di meditazione è in mezzo un universo. L'errore è volere fare della meditazione una scienza attraverso l'intelletto, quando la scienza spirituale è solo possibile attraverso la Rinunzia. Le meditazioni intellettuali sono in larga misura irreali. L'intelletto crea una realtà fittizia e non può toccare mai il fondo delle cose. Bisogna cambiare dimensione; si potrà dire che bisogna raggiungere la dimensione interna, la profondità dello spirito irraggiungibile all'intelletto.
Solo la Rinunzia, come somma semplicità, dà il contatto sostanziale coll'essenza semplice ed una del sapere.

 

Insegnamento 11: L'Invocazione

Quando medita, il Figlio comincia colla ripetizione della formula corrispondente per seguire dopo più o meno con un'invocazione uniforme, nella quale cambia solo il tema dell’invocazione.
Ci sono vari modi che variano dalla semplice ripetizione della domanda fino al fine, fino a quelli quali dirigere uno sguardo su sé stesso di fronte a quello che scopre, chiede quello che considera necessario. Ma succede che di questa maniera l'esercizio si limita ad essere solo un cambiamento di orientazione dei pensieri dentro lo stesso stato anteriore alla meditazione. È solo un cambiamento di concentrazione, e questo non è meditare. La meditazione deve portare ad una maggiore introspezione e non diminuirsi ad un enunciato di desideri.
Per quel motivo non corrisponde ubicare questo tipo di invocazione dentro la meditazione; è solo una riflessione su un tema o problema, qualcosa che si può fare in qualunque momento. E quello che si può fare continuamente in forma naturale non ha senso realizzarlo per l'istante della meditazione.
L'invocazione è molto più che una domanda; è uno sforzo dell'anima per elevare il suo stato mentale e vibratorio; è innanzitutto un prendere coscienza di sé stesso e partendo di lì, raggiungere uno stato di coscienza trascendente.
L'invocazione comincia con un istante di silenzio. È la parentesi necessaria tra uno stato ed un altro.
Invece di cominciare a chiedere subito quello che deve chiedere, discendere fino al fondo dall'anima e pregare da quello silenzio. Inoltre, l'invocazione non deve per essere necessariamente una domanda o supplica. L'invocazione si limita ad esserlo unicamente mentre l'anima non è capace di trasformare il suo stato mentale attraverso un movimento interno semplice. Per quel motivo è necessario evitare nell'invocazione l'enumerazione di motivi e ragioni, evitare la preghiera; invocare semplicemente, niente più.
L'anima non ha molto bisogno; non precisa per questo o quello motivo. Ella ha bisogno della Divina Madre.
Non importano le ripetizioni. La monotonia non si evita con l’arte del discorso; il discorso, finalmente, è una monotonia razionale. Non è l'arte di esporre quello che evita la monotonia. Per più belle che siano le parole, ci sarà monotonia se non c'è vita interiore.
La cosa fondamentale nell'invocazione è imparare a cambiare il tono del pensiero, lo stato mentale. Per quel motivo è tanto importante che la meditazione sia il primo atto del giorno, prima che la mente si incanali nel ritmo abituale delle sue idee. Dopo, colla pratica si terrà la capacità di riuscire questo cambiamento in qualunque posto e momento.
Questo cambiamento mentale consiste principalmente in una detenzione ed inversione.
È necessario fermare la corrente di pensieri abituali, fare silenzio. In un certo senso immobilizzarsi. Come la corrente del pensiero non può trattenersi, inverte il suo movimento e presa una dimensione interna.
Allora comincia l'invocazione. Non parla oramai la mente che può riflettere solo sui problemi dell'anima, bensì è la voce dell'anima, la voce interna dell'essere. L'invocazione prende così una forza e profondità spirituale e si formula ed stabilisce realmente e direttamente il tema a meditare.
L'esame retrospettivo, correttamente realizzato, produce naturalmente quella inversione di movimento, ed il cambiamento di dimensione si esprime nello stato di sonno.
Questa capacità, trasportata alla meditazione, produce un cambiamento di stato di coscienza dell'abituale, ad altro più profondo e spirituale.
Quando questo si riesce, anche l'esercizio è riuscito; l'esercizio di meditazione si fa meditazione.

 

Insegnamento 12: Il Quadro Immaginativo

Nella meditazione affettiva si fa un quadro immaginativo, ma non tutti possono o devono arrivare allo stesso tipo di quadro.
Ci sono anime che tutto lo vedono attraverso alcuna immagine ed altre sono incapaci di fare alcuna immagine. Alcune, nonostante tutta la sua intelligenza, non possono comprendere nemmeno le cose più elementari se non li vedono, ma una volta vista capiscono rapida e definitivamente. Allo stesso modo non possono svegliare l'emotività, bensì attraverso un quadro obiettivo che è nitido, pieno di vita e colore, che produce effetti rapidi e profondi.
Ci sono anime che non possono fare immagini né arrivare alla cosa astratta attraverso un simbolo, ma possono avere facilità di captare la cosa astratta direttamente. Benché sappiano bene quello che vogliono rappresentare, i suoi quadri sono piuttosto soggettivi che obiettivi. È più un sentire che un vedere.
Nelle prime bisogna curare l'eccessiva ricchezza immaginativa. Nelle seconde bisogna sapere guidare affinché l'esercizio non diventi infruttuoso e faticoso.
Ci sono esseri che sembrano completamente insensibili davanti a quadri obiettivi esterni. Questo non vuole dire che siano incapaci di emozioni, ma hanno bisogno di un altro tipo di stimoli. Può essere che in questi casi dia risultato un altro tipo di quadri secondo l'inclinazione particolare; il ricordo di qualche fatto del giorno o della vita, un’opinione interna non determinata, un caldo interno, una fiamma nel cuore, una luce che l'avvolge, un intuire una presenza, un sapere che sta lì.
A volte non si risponde ad immagini visuali, ma sì uditive o tattili, essere toccato, sentire una voce.
Inoltre, il quadro immaginativo deve essere chiaro, semplice e diretto. I molti dettagli e qualifiche diluiscono il quadro facendolo una pittura; si perde come stimolo.
L'effetto deve essere diretto; quando si fa attraverso una considerazione perde la sua forza.
Possono farsi anche quadri per opposizione; se è ben fatto dà un effetto diretto.
Dicendo che il quadro deve essere chiaro non si significa una visione chiara, a volte impossibile, bensì una sola idea. Ci sono persone di immaginazione poco obiettiva che non riusciranno mai un'immagine ma sì un quadro, l'adeguato per esse.
Le immagini astratte non determinate permettono un volo più libero e spirituale dell'anima.

 

Insegnamento 13: Le Sensazioni

Le sensazioni sono un effetto diretto del quadro immaginativo. Non è sempre possibile riuscire emozioni intense, né è la finalità dell'esercizio, ma sì bisogna tendere sempre di più verso uno stato mentale sentimentale puro ed elevato.
L'intensità delle sensazioni riuscite è di accordo col tipo di sensibilità di ogni anima, ma dipende sempre direttamente dal quadro immaginativo.
Il quadro immaginativo è generalmente obiettivo, ancora quando quello che medita lo condivide. Per esempio, in una meditazione del Velo di Ahehia se la vede ricevendo la benedizione "Vedo che ricevo la benedizione; godo con lei." Quello piacere è un piacere per considerazione, ma non per partecipazione. Allora non può essere genuinamente una sensazione formata per l'intelletto.
Si prodursi la cosa seguente: Vedo che ricevo la benedizione; so quello che è una benedizione e so tutto il bene che tira fuori la mia anima da ciò. Ringrazio per potere ricevere la benedizione; mi rallegro per ciò; godo con lei.
È chiaro che non si ragiona così, ma la considerazione esiste, è quasi istantanea. Benché dopo si dica che l'anima si espande per la benedizione o in lei, quello non è più che un modo di discorrere. Si sa che in realtà “dovrebbe" godere, espandersi, vivere quella benedizione.
Si confonde la sensazione colla considerazione della sensazione. La stessa cosa succede nelle meditazioni purgative; "Vedo che ho un cattivo sentimento; l'odio." Ma quell'odio non è tale; è il ragionamento che non è un buon sentire che è qualcosa di brutto e dannoso che "dovrebbe" odiare. Quello vuole dire che il quadro fu presentato alla considerazione e non fu realmente un quadro totale.
Gli effetti sensitivi possono prodursi rapidamente ed essere più profondi se nel quadro non c'è dualità: "Ricevo la benedizione" invece di: "Vedo che la ricevo”; e tentare di percepire, di penetrare, di sentire nelle cellule ed il cuore, quella forza divina che viene all'anima. Quando si è capace di percepirla il godimento viene solo perché è l'espansione riuscita col contatto divino.
Nel quadro di odio solo non vedere il cattivo atteggiamento, bensì sforzarsi per prendere allo stesso tempo coscienza dell'oscurità, l'ignoranza e l'allontanamento di Dio che quello significa. Invece di vedere, solamente, si percepisce attraverso tutto l'essere quell'azione; si incomincia a conoscere la cosa terribile dello stato di coscienza di separatismo, male e dolore; e come senza cercarlo diventa parallelo collo stato divino di bene e felicità, si odia, non solo colla considerazione bensì con tutto l'essere.
Le sensazioni molto vive normalmente sono i più superficiali; le più profonde ed reali richiedono più silenzio. Le grandi emozioni sono passeggere. Le acque profonde non turbano la superficie. La "totalità" dell'esperienza non dipende dall'intensità marcata per la parola suggestiva, bensì dell'identificazione tra individuo ed oggetto che dà la conoscenza totale dello stato che si contempla. In questa forma la meditazione si trasforma in una vera scoperta, ed invece di essere un'esperienza ripetuta, è un'esperienza dinamica.
Questo tipo di quadro immaginativo dipende dalle caratteristiche individuali. Le persone emotive hanno bisogno di quadri brevi, senza entrare in dettagli. Evitare le sensazioni dentro il quadro, cercare l'obiettività, non sciogliersi in molte parole descrittive, non provocare un'intensità esagerata né troppe sfumature emotive. Cercare una sensazione semplice, unica, ed avere profondità.
Molti hanno difficoltà in riuscire le sensazioni per mancanza di immaginazione per fare il quadro. Generalmente, quando dicono "vedo", non vedono. Fanno quadri verbali e riescono sensazioni verbali. Conviene che tendano a quadri soggettivi, passando in primo luogo per quadri aneddotici delle sue esperienze più marcate.
I molto intellettuali devono evitare astrazioni e ragionamenti. Conviene una semplicità quasi infantile nei quadri –se è possibile, completamente obiettivi e descrittivi. Una volta purificato un intelletto, possono passare così a quadri soggettivi, primo sensibili, dopo più astratti.

 

Insegnamento 14: I Propositi

Generalmente si nota che si fa un taglio nell'esercizio arrivando ai propositi. La sensibilità continua a salire di tono fino a culminare in un'emozione unica, ma quando bisogna fare intervenire la volontà in una direzione definita, facilmente si perde lo stato di meditazione. È come una discesa rapida al piano delle realizzazioni umane.
In questa forma si perde la possibilità di incoraggiare un proposito con una forza soprannaturale. La forza è lì a disposizione dell'anima ma non è usata.
Anche qui per quello taglio, c'è una dualità dentro la meditazione ed i propositi, sebbene in se stessi possano essere eccellenti, non sono la conseguenza naturale del processo dell'esercizio; tutta la portata energetica mossa per l'invocazione, il quadro e la sensazione.
La meditazione è un'unità, ancora come esercizio. Non è un'unità arbitraria, bensì lo scompaginamento del meccanismo stimolo-reazione naturale dell'essere umano. Invece di reagire arbitrariamente in forma incontrollata bisogna arrivare ad una reazione automatica dirizzata. Per riuscirlo, le risposte devono passare attraverso la coscienza spirituale dell'essere. Inoltre, il metodo seguito permette di creare la forza integrale di che l'anima ha bisogno per diffondersi tra uno stato superiore di coscienza. Non si aspetta che le energie naturali affiorino spontaneamente; glieli stimola, se li controlla e dirige fino a che si trasformino in forze naturali, o che producano effetti soprannaturali ed un risultato divino. L'arte dei propositi, nell'esercizio della meditazione, è incanalare la forza spirituale senza toccarla, cioè, senza perdere nell'applicazione della volontà, la coscienza espansiva riuscita fino al momento. Interiormente si esprime come un cambiamento di sfumatura dello stesso stato di coscienza, e la chiarezza spirituale interna si trasforma in energia pura che si plasma in attività vitali, integrali, invece di limitarsi a meri atti dell'essere.
La cosa fondamentale è cambiare l'atteggiamento vitale l'individuo. Quando questo si riesce i suoi atti sono conseguenti, ed il suo cambiamento esterno spontaneo.

 

Insegnamento 15: Difficoltà nella Perseveranza della Meditazione

Nonostante le raccomandazioni dei suoi Direttori Spirituali, alcuni Figli non sono costanti nella pratica dei suoi esercizi di meditazione. Scartando l'indolenza, causa comune di questa disattenzione, esistono altri motivi che inducono a lasciare l'esercizio.
Nei principi i figli contano non su una forza interna tramutata che perdono attraverso le passioni non controllate. Ma rimane sempre un'eccedenza di forza che si manifesta come energia nervosa che consuma la mente ed il corpo ed esaurisce il sistema nervoso. Si esprime in un'eccitazione abituale, tanto abituale che sembra normale.
Questa eccitazione è il primo ostacolo a vincere nella meditazione. A volte la meditazione è l'espressione sfumata di questo stato, ma molte altre volte questa forza è sufficientemente potente per rompere un'abitudine, per la necessità di spenderla in uno scarico fisico, materiale.
La meditazione fa potente la forza e la sublima, ed a volte questo diventa quasi insopportabile per un sistema nervoso abituato al pseudo sollievo di una spesa continua. È come se avesse spilli nel corpo o nella mente. Questo non calma, e la concentrazione sembra impossibile. Si comincia a pensare che si perde il tempo, e come giustificazione si qualifica a tutte le pratiche interne di preghiera ed ascetiche di inefficaci; si nega quello che non si è capace di realizzare o sta oltre una comprensione viziata per uno squilibrio interno ed una mancanza di controllo mentale. La fuga si cerca allora nell'azione diretta, nella spesa violenta di un'energia che si perde nel vuoto di un'opera infeconda. Poche anime hanno un discernimento chiaro e libero; generalmente sono cause chimico-fisiologiche quelle che determinano i cambiamenti di ideali.
A volte l'esercizio di meditazione si abbandona quando si è percorso già buona parte della strada mistica, all'altezza della preghiera di quietudine o per un'aridità spirituale.
Non bisogna non lasciare mai la pratica dell'esercizio della meditazione, perché è l'unico appoggio efficiente quando si svaniscono le illusioni sensibili. E quando si lascia molto pendio girarlo a prendere, molto più di quello che costò formare l'abitudine prima.

 

Insegnamento 16: La Resurrezione di Hes

Se in tutti gli esercizi è necessaria la concentrazione, nella meditazione nella Resurrezione di Hes è necessario riuscire una completa astrazione dell’ambiente; deve produrre si unisca vera consegna alla meditazione. Questa concentrazione si riesce nell'invocazione.
I passi sono qui solo un'orientazione; tuttavia, c'è una tecnica, ed in questa meditazione può misurarsi fino a dove se può arrivare colla tecnica nell'esercizio.
Non è oramai solo una tecnica obiettiva, bensì è una tecnica interna del maneggio dell'emotività, la sensibilità e gli stati interni, attraverso una super- coscienza che pianifica, per dirlo così, al di sopra di tutto il processo interno ma che si manifesta appena, solo la cosa indispensabile per dare un senso all'esercizio.
In questo tema può comprovarsi come una tecnica può portare all'esperienza di uno stato soprannaturale.
Il quadro immaginativo è indiretto. L'attenzione non deve fissarsi sull'immagine bensì verso dove questa induce. L'immagine deve insinuarsi, più che presentarsi lo fa fortemente come in altri temi di meditazione.
Immagini: la tomba della Divina Madre, la pietra nera e quadrata. Per i meno immaginativi, le immagini che fanno intuire la cosa potenziale, come l'istante prima dell'alba, un seme, etc. Questi quadri non sono molto efficaci, hanno bisogno di un'interpretazione intellettuale per ubicarsi nella meditazione.
Ci sono quadri più diretti, per esempio un'opinione oscura ed indefinita della sua presenza non visualizzata, fino ad arrivare ad un'identificazione spirituale con l'espressione più elevata della Divina Madre.
La meditazione si può riuscire anche attraverso un quadro di negazioni successive dei sensi, non vedere, non percepire, non sentire, etc. Questo non è difficile da ottenere se allo stesso tempo si concentra non l'attenzione sulla ricerca della presenza divina visualizzata, né percepita in forma sensibile. È come avanzare nell'oscurità con le braccia estese senza trovare niente, ma sapendo che sta lì, fino a che uno si trasforma in quella Divina Presenza.
Nel risveglio delle sensazioni si segue una gradazione ascendente, mentre i passi della meditazione si succedono senza soluzione di continuità. Si vede, si presente, si sente, uno si trasforma in sensazione, la sensazione che è già uno si espande fino ad abbracciarlo tutto.
In questa meditazione non ha senso discorrere; bisogna riuscire uno stato mentale superiore all'intellettuale, e è impossibile raggiungerlo attraverso un discorrere intellettuale.
I quadri attivi danno sensazioni attive che non sono le adeguate a questa meditazione. Bisogna fare quadri passivi negativi fino a riuscire un quadro soggettivo, per ottenere una non immagine che immobilizzi la mente comprensiva e lasci all'anima libera di fronte alla cosa Divina.
La meditazione sulla Resurrezione di Hes solo acquisisce senso attraverso l'esercizio passivo con immagine soggettiva.
Negli stati soggettivi non può sperimentarsi oramai emozioni esterne, trasformandosi tutto in una super-comprensione.
Come le meditazioni sui temi illuminativi sono più difficili dell'esercizio dei temi purgativi, molte volte si stende a lasciare troppo tempo ai principianti in questi. È un errore; è certo che bisogna purificare la sensibilità, ma allo stesso tempo bisogna indurre alle meditazioni amorose che portano all'anima agli stati mistici.

 

INDICE

Insegnamento 1: L'Ascetica della Preghiera
Insegnamento 2: Discernimento dell'Ascetica               
Insegnamento 3: L'Obiettivo Divino
Insegnamento 4: L'Ascetica Continuata
Insegnamento 5: Autocontrollo
Insegnamento 6: La Meditazione. Il Suo Apprendisaggio  
Insegnamento 7: L'Esercizio della Meditazione
Insegnamento 8: L'Esercizio della Meditazione Intellettuale
Insegnamento 9: La Sensibilità nella Meditazione
Insegnamento 10: La Meditazione e la Tecnica dell'Esercizio
Insegnamento 11: L'Invocazione
Insegnamento 12: Il Quadro Immaginativo
Insegnamento 13: Le Sensazioni
Insegnamento 14: I Propositi
Insegnamento 15: Difficolt à nella Perseveranza della Meditazione
Insegnamento 16: La Resurrezione di Hes

Per rinviare

Se lo desidera può copiare gli Insegnamenti al suo computer per leggerli senza collegarsi con Internet.