INDICE

Insegnamento 1: La Meditazione
Insegnamento 2: La Meditazione Discorsiva su un Testo
Insegnamento 3: Testi per Meditazione Discorsiva
Insegnamento 4: Meditazione Affettiva su “La Dama Nera” e “L'Abisso”
Insegnamento 5: Meditazione Affettiva su “I Due Cammini” e “Lo Stendardo”
Insegnamento 6: Meditazione Affettiva su “Il Tempio d’Oro” ed “Il Velo d’Ahehia”
Insegnamento 7: Meditazione Affettiva su “La Resurrezione di Hes”
Insegnamento 8: Altre Meditazioni Affettive Passive
Insegnamento 9: Altre Meditazioni Affettive Passive
Insegnamento 10: Meditazioni Affettive Stimolanti
Insegnamento 11: Altre Meditazioni Affettive Stimolanti
Insegnamento 12: Altre Meditazioni Affettive Stimolanti
Insegnamento 13: Altre Meditazioni Affettive Stimolanti
Insegnamento 14: Altre Meditazioni Affettive Stimolanti
Insegnamento 15: Monologo di Preparazione alla Meditazione
Insegnamento 16: Monologhi Immaginativi di Preparazione alla Meditazione

 

Insegnamento 1: La Meditazione

L'epoca attuale possiede tanta forza collettivista che l'uomo si sente obbligato a vivere i pensieri e le azioni delle abitudini sociali, in modo che gli è molto difficile da opporsi alle idee massicce della maggioranza.
Gli esercizi di meditazione hanno per oggetto interrompere l'incatenamento sociale dei pensieri abituali e condurre l'uomo ad una nuova attività: quella che determini la sua volontà, il suo ideale o il suo Superiore.
Realizzare l'esercizio della meditazione consiste, dunque, in mettere tra parentesi un tempo determinato delle ore del giorno; parentesi che andrà in aumento man mano che si vada progredendo nell'esercizio. L'ideale consiste in unire le parentesi di un giorno, con quelli d’altro giorno; cioè, meditare o stare in disposizione di farlo 24 ore al giorno.
L'esercizio di meditazione interrompe effettivamente la nostra vita, e creda un'altra vita; e è molto difficile prolungarlo per molto tempo. Questa interruzione all'incatenamento sociale delle azioni, benché sparisca una volta finito l'esercizio, lascia un saldo indubbio, i cui effetti si apprezzano vari mesi più tardi.
Di questa maniera, la cosa importante dell'esercizio non è l'intensità che si possa riuscire in determinate occasioni, bensì che l'accomodamento medio, la regolarità e la persistenza, al fine di creare nell'incatenamento sociale, un soprannaturale, processato verso un fine determinato.
Esercitare la meditazione è anche vivere, ma con senso e con ordine; di lì che la cosa principale dell'esercizio è che acquisisca senso ed ordine. Rompere l'ordine specifico dell'esercizio è distruggere la cosa fondamentale dell’esercizio.
Nei quindici minuti dell'esercizio si vive; è una vita speciale. La cosa più importante è immergersi totalmente nell’esercizio.

 

Insegnamento 2: La Meditazione Discorsiva su un Testo

Testo:
Memento Homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris. Pretiosa in conspectu Domini mors sanctorum ejus.
Pensi che la sofferenza che proviene dalla lotta sia come la morte degli increduli. Non è la vita dell'uomo spirituale una specie di morte della personalità? Allora, perché alcuni uomini spirituali soffrono in vita? Quegli uomini dovrebbero essere felici e sentire che la vita è come la morte dei santi.
Se si centralizza l'esistenza nella periferia di se stesso, nella pelle, la coscienza dovrà sopportare i distinti alti e bassi della vita superficiale. Il caldo disturba, il freddo disturba, i rumori disturbano. Non si è più che un guscio nel mare tempestoso degli eventi quotidiani. La propria esistenza non fa più che salire o scendere nell'ondosità dalla vita sensoriale.
Ma se si riesce a trasportare la vita nel centro fondamentale dell'esistenza, a quello punto centrale e lontano, arriveranno solamente l’eco spenta dei rumori esterni e si rimarrà sempre tranquillo in sé stesso. Se l'individuo riesce ad incentrarsi nella cosa più nascosta dell'essere e vivere interamente da lì, che cosa gli importeranno gli avvenimenti di fuori? È come se il dolore dolesse ad un altro, o se la risata la ridesse un altro essere. Egli, nel centro del suo vasto spazio interno, sarebbe come una stella folgorante nel mezzo della notte.
Allora avrebbe in vita la morte dei santi; perché, benché la carne cadesse a pezzi, quello che morrebbe sarebbe quello ch’è eccessivo, quello che disturba precisamente. Allora, inclusive desidererebbe internamente che l'involtura di facoltà, concetti, abitudini, eccetera, che l'occultano, tendano a sparire, si sciolgano nella morte, lentamente e fermamente. Lo stesso provocherebbe la dissoluzione della sua personalità umana, perché così si incentrerebbe sempre di più, per essere davvero solo, davvero abbandonato. Allora certamente potrebbe cercare veramente a Dio nel silenzio di una notte perfetta.

 

Insegnamento 3: Testi per Meditazione Discorsiva

Testo:
Non est hic: Resurrexit!
Noli me tangere.
Si chiede sempre a Dio essere solo; perché si soffre il peso delle compagnie che colpiscono ed ostacolano la ricerca interiore. Quando si è solo appaiono chiaramente nella coscienza i vizi e le virtù dell'anima; allora può incanalarsi gli sforzi verso la conquista delle virtù spirituali.
Nella lotta quotidiana per la vita lo scontro opprimente degli avvenimenti ai quali l'anima rinnega, perché l'acchiappano, accecano la fede e fanno sentirsi all'anima completamente abbandonata. Si sente allora che si sta lottando solo contro tutto il mondo; una fanatica determinazione spinge a continuare ad avanzare tra la selva della cieca società, fino a che, oppresso, si arrotola di nuovo nel suo manto di oscurità e si cerca un'altra volta la guida divina all'interiore dell'anima.
Perché sparisce Dio quando più gli ha bisogno di lui, se si lotta per Lui?
Egli sta sempre in uno e si volesse avere il vigore necessario per portarlo come uno stendardo, davanti nel cammino.
Se uno rimane quieto Dio appare; se si muove, Dio sparisce. Come avanzare e non muoversi?
Nonostante l’essere non lo vede, Dio sta sempre colle anime. Si lotta affinché l'anima stia in riposo, permanentemente, e Dio può stabilirsi in lei.
Desideri che questa lotta per la vita continui ad eliminare dell'anima tutti i vizi che ostacolano una vita più perfetta. Si sa che Dio sta dietro quella lotta, e per quel motivo è necessario che si vada lottando a destra e sinistra contro di tutto quello che si opporsi per potere avvicinarsi a Dio. Egli si è ubicato di tale maniera che quando uno possa arrivare fino a Lui, possa toccarlo; ma per quanto si estenda la mano, non si può. Ora si capisce che si vuole vivere molto per potere raggiungere Dio; non volesse morire senza riuscirlo. Si capisce anche perché l'anima lotta e soffre. Si capisce anche che Dio sta lontano da uno e che è la migliore forma che ha di amare e di aiutare all'anima.

 

Insegnamento 4: Meditazione Affettiva su “La Dama Nera” e “L'Abisso”

L'insieme di temi che incomincia con questo Insegnamento, ha per figura ispiratrice a Maitreya. Maitreya è l'archetipo umano e divino. Chiedere a Maitreya, pensare a Maitreya, volerlo da già, è continuare a creare in quell’immagine di perfezione; è somigliare sempre di più a Maitreya.
Quando si chiede che Maitreya venga a redimere all'Umanità, in realtà si sta redimendo, trasformando la propria natura umana nell'immagine del più puro ideale.
Il tema della Dama Nera considera Maitreya come il vincitore delle tenebre in cui è avvolta l'anima. Se si riesce ad oggettivare permanentemente l'immagine di Maitreya nell'interiore, si consoliderà un costante aborrimento alla Dama Nera e si ostacolerà che l'oscurità dell'anima sorga nell'essere. L'immagine di Maitreya costituisce gradualmente l'asse della polarità che permetterà di incanalare le forze dell'anima ed espellere gradualmente alla Dama Nera.
Nel secondo tema, L'Abisso, la figura di Maitreya afferma l'aborrimento riuscito nella meditazione anteriore per mezzo di un sostenuto spirito di desolazione che continua a poco a poco a purificare l'anima.
Questa desolazione non è l'impeto disperato della persona che ha perso ogni speranza; non è la vigorosa desolazione che distrugge violentemente le illusioni mondane; bensì piuttosto una specie di rattemperamento, raffreddamento interiore di quelle illusioni. Questa desolazione provocata per l'immagine di una gran ombra, non esaspera, ma calma e scende il ritmo dal mare interno. È come il soave imbrunire di un giorno di lavoro; a poco a poco, l'evidenza della negatività dei valori che fino ad ieri si amavano, continua ad estendersi nell'essere e si incomincia a perdere interesse in essi; si vuole solo riposare, dormire, dimenticare, e dimenticando sempre, attraverso il tempo, si va producendo una lenta e ferma trasmutazione dell'essere.

 

Insegnamento 5: Meditazione Affettiva su “I Due Cammini” e “Lo Stendardo”

“I DUE CAMMINI." Questo esercizio, come tutti quelli di questa serie, è molto chiaro e semplice; il suo valore risiede in queste qualità. Non solamente permette di realizzare un esercizio finito; ma semplifica i processi spirituali.
In questo esempio si scopre, dal principio, che non esistono due cammini, bensì uno solo. Praticamente, nel corso dell'esercizio, non esiste dualità alcuna, bensì l'affermazione di un solo cammino. Influenzato per il titolo “I Due Cammini”, si abituava ad estendere il tema nell'antagonismo del paio di opposti, stabilendo una specie di lotta tra la cosa vera e la cosa falsa; ma esponendo così la dualità non si arriverà mai ad una soluzione, ma il conflitto si ripeterà instancabilmente.
Invece, se dal principio si fa appoggio in un solo cammino, ignorando ogni possibile dualità, la meditazione si riesce in base all'insistenza volitiva di quello solo cammino. Non esistono due cammini bensì uno solo. Il titolo che parafraserebbe ai due cammini, sarebbe: il “mio cammino”. Chiarirebbe molto la determinazione dell'esercizio.
"LO STENDARDO." Lo stendardo è una continuazione dell'esercizio anteriore, è la sua seconda parte, è una specie di oggettivazione della scoperta del cammino interiore. Lo stendardo ha la particolarità di vincolare il cammino interiore con tutte le possibilità della vita. È una proiezione del cammino interiore verso il futuro; è legato –lo stendardo– all'azione, mettendo in pratica la determinazione dei due cammini.
Lo stendardo è un ideale interiore posto fuori dell'anima, oltre lo stato in che si trova l'anima, affinché questa, innamorandosi dello stendardo, si muova e lavori per avvicinarsi allo stesso. Questo stendardo non è qualcosa di fisso e permanente che risiede a tale distanza dell'anima; ma si va spostando sempre davanti all'anima; quando si crede che sia capito, si scopre che questo stendardo che si tiene in mani, non serve e che davanti, sul nuovo orizzonte che si vede ora, è apparso un altro che è uguale al quale si tiene nelle mani, ma che è nuovo. Lo stendardo è l'eterna inquietudine dell'anima.

 

Insegnamento 6: Meditazione Affettiva su “Il Tempio d’Oro” e “Il Velo d’Ahehia”

"IL TEMPIO D'ORO." Che cosa è la consolazione? È molto difficile saperlo, perché si tende a confonderlo con un soave piacere dell'anima. Molte volte si chiama consolazione alla passeggera dimenticanza del proprio lavoro.
Si crede che la consolazione sia piuttosto una specie di evidenza che quello che si sta facendo sia ben fatto. Non è una tregua né un riposo, bensì un alito divino che recupera le energie; è un po' un'ondata di aria fresca che ventila l'anima, inondata dei vapori della lotta; è una specie di risanamento e riconfortamento spirituale.
Colla consolazione arriva un nuovo ottimismo che a poco a poco si va esaurendo nel lavoro stesso; colla consolazione torna a sorridere di nuovo alla vita ed a spianare il cipiglio. La consolazione gira all'anima alla realtà suprema che il gioco della vita è in realtà un gioco meraviglioso per gli occhi delle anime semplici. A volte si perde ed a volte si guadagna; ma la cosa fondamentale sta nel gioco stesso, in comunicare, ed in guardare, di quando in quando, al viso di Dio. Dio non è il giudice, bensì il concorrente.
"IL VELO D’AHEHIA." A volte, in questo gioco della vita, si infiamma il velo d‘Ahehia e si guarda direttamente al suo viso. Dove sta Ahehia?
Si sbaglia quando si comincia la ricerca interiore, investigando sempre di più piani e sottopiani sottili, alla ricerca d’Ahehia; è muoversi eccessivamente. Ma quando più si muove uno, meno si vede; perché Ahehia sta in qualunque parte; per meglio dire sta nella saggezza e nella pace interiore.
Succede che l'anima, ignorante, si muove vertiginosamente attraverso il suo mondo interiore, senza smettere per ciò di essere anche ignorante. Benché si stia nell'ultimo cielo, non si vedrà niente, perché niente se ha imparato a vedere. Invece, non uno deve muoversi, ma si deve crescere nel proprio luogo e vedere la trasmutazione delle cose.
È come se si fosse botanico e per conoscere la natura, si vedesse in primo luogo un fiore, dopo un seme, dopo un albero piccolo, dopo altro più grande. Invece, deve interrarsi un seme ed aspettare per venti anni, irrigando ed abbonando la pianta, fino a che sia fatto l'albero. Invece di uno muoversi, che le cose si muovano.

 

Insegnamento 7: Meditazione Affettiva su “La Resurrezione di Hes”

Il tema della resurrezione di Hes è il più difficile da meditare e, tuttavia, è il tema fondamentale della vita interiore. I sei temi anteriori non sono più che strumenti per arrivare al mistico rapimento della resurrezione spirituale.
Non c'è niente fuori dell'incontro dell'anima colla divinità; è la meta finale, il motore unico di tutto il cammino; è anche il vero stendardo.
Ma la resurrezione dell'anima non è un solo atto unico e totale; è piuttosto una serie ininterrotta di morti e resurrezioni, tutta la vita. La vita stessa è un grandioso quadro di morti e resurrezioni, è il divenire stesso.
Si sta già nella resurrezione, ora; ma uno non si rende conto perché gli occhi sono inchiodati nel rapimento finale.
Hes è uno stesso, non come si è ora, bensì come si deve essere; ma, da già, Hes vive prefigurato nell'anima; ella è un modello di Hes libero.
Come il seme rinchiude così la pianta intera e tutte le piante che devono nascere da lei nel futuro, nell'anima esiste Hes e tutte le esistenze che diverranno di lei.
Che cosa è il male? Che cosa è il bene? Due illusioni della coscienza imperfetta. Esiste solo Hes divenendo, tornando ad essere, trasformandosi istante ad istante.
Devono cancellarsi della mente le idee di passato, presente e futuro; tutto è, tutto esiste. Il passato, il presente ed il futuro sono ora. L'anima è quell'eternità, in questo momento. I fenomeni della vita, il passato, il presente ed il futuro sono illusioni della coscienza. Esiste solo un presente eterno; non un’eternità di istanti successivi e giustapposti, bensì un solo presente, senza corti né lagune. Quello presente eterno, quello gran tempo ininterrotto, È.

 

Insegnamento 8: Altre Meditazioni Affettive Passive

“LA DAMA NERA.” Questo esercizio della Dama Nera, al tempo che semplifica l'attività mentale, riesce ad esprimere molto abilmente l'idea fondamentale che simbolizza la Dama Nera. Non è la nemica contro la quale bisogna lottare, mentre sia pura natura, bensì solamente dopo che quell'energia naturale riesce introdursi nell'essere, svisandolo. Non è la Dama Nera il fatto rozzo degli avvenimenti in sé, bensì la passione che si mette nell'anima. La Dama Nera non è mai l'energia, bensì la perversione che quell'energia può produrre nell'anima. Sempre i nemici dello spirito stanno nello stesso spirito.
 “L'ABISSO.” La stessa cosa succede col mondo. Il mondo non è abborrevole in sé, né produce desolazione alcuna. Le cose mondane sono buone e brutte e l'anima non può fare niente per cambiarli. Può cambiarsi solo il proprio mondo, le proprie cose. L'anima non può dirigersi ancora all'essere più caro perché non ha niente a che vedere con lui; l'affetto che si sente è unicamente una questione propria. La desolazione che risente per i mali del mondo lo è unicamente per i mali mondani che vivono in uno; duole quello che c'è in uno.
Produce desolazione quella ricettività per i mali, per quel motivo si desidera un'indifferenza totale.
“I DUE CAMMINI”. Lo staccamento chiarisce molto bene il problema dei mali del mondo.
Tutto è questione di attaccamento, tutta è questione di difetti dell'anima. Se l'anima fosse bella e buona, il mondo sembrerebbe bello e buono. Se uno riesce a staccarsi dei beni o i mali del mondo, allora tornerà un'altra volta ad unirsi armoniosamente coll'Umanità; nel frattempo si vive staccato, sbattendo o allontanandosi: attrazione e repulsione.
Dello stesso modo, se uno riesce a staccarsi dei suoi mali e beni, tornerà un'altra volta ad essere con sé in pace stessa, e potrà misurarsi colla dimensione esatta, obiettivamente.
“LO STENDARDO.” Lo stendardo riesce la trascendenza dei beni interni. Fino ad ora l'anima si è occupata di sé stessa, esclusivamente, dentro il suo mondo interno. Lo stendardo ha la virtù di oggettivare all'improvviso tutta la cosa significativa delle proprie lotte, trasportando l'ideale personale fuori della soggettività, riuscendo, allo stesso tempo, pulire l'anima dei resti e rimanenze che quella stessa attività ha prodotto. Lo stendardo è il gran igienista dell'anima, al tempo che dà un nuovo orizzonte, una nuova visione del cammino, collo quale aumenta l'entusiasmo per la perfezione.

 

Insegnamento 9: Altre Meditazioni Affettive Passive

"IL TEMPIO D’ORO." Per arrivare al Tempio dell'anima è necessario attraversare un'infinità di difficoltà proprie dell'attività interiore. Si arriva alla purezza dell'anima come si conquista la cima di un monte; si rimane lì alcuni istanti e dopo si ritorna alla valle. Nonostante, il monte, con tutte le sue difficoltà, segue in piede, inalterabile. Come fare affinché la conquista di quella cima sia permanente? Si può avere denaro, conservarlo e non si perde. Ma se si conquista alcuni istanti la pace, come conservarli? Al momento si sciolgono e diventa un'altra volta ai dispiaceri del mondo. La consolazione dura alcuni istanti e, nonostante, si realizza un'altra volta lo sforzo per mesi per conquistare più altri istanti. Quando imparerà a trovare la consolazione e la pace interiore nello sforzo stesso? Quando si imparerà a conquistare monti per la conquista stessa, per la salita stessa, senza desiderare il premio della cima?
"IL VELO D’AHEHIA." Questo sforzo per conquistare la pace interiore è la pace interiore. La coscienza limitata fa credere che solo il trionfo è valido; sembra che il Tempio, l'interiore del Tempio non è più che una conseguenza inevitabile dello sforzo della lotta. Quando si ami allo sforzo per il perfezionamento in sé, come l'essenza del cammino, si sarà riuscito l'identificazione colla meta del cammino. Si cerca a Dio e non se lo trova fino a che l'anima si rende conto che Dio è quella ricerca.
Dello stesso modo non si vede ad Ahehia perché è velata, fino a che uno si rendi conto che Ella è il velo che la occulta; allora non si vedrà il velo, bensì ad Ahehia. Da già tutto è verità, tutto è pace; meno la coscienza imperfetta. Deve trasformarsi allora la visione interiore della vita e rimanere interamente nel piacere di stare durante il tragitto, di essere il cammino. Non bisogna rompere il velo d‘Ahehia, bensì accrescere il potere della propria visione.
“LA RESURREZIONE DI HES.” La Divina Madre sta con l’anima, benché ella non si renda conto di niente. Ella sta qui, ma non se la vede. Come si tiene poca fede, si necessita alcuna prova della sua presenza per avere quella sicurezza.
Quando impari a vivere senza necessità di prove della Divinità, allora il rapimento sarà permanente, benché questo rapimento niente abbia per fare colle sensazioni esterne. Si può essere molto perverso e soffrire molto; ma se la propria conoscenza della Divina Madre sta in uno si è poderoso, la felicità dell'anima rimarrà inalterabile.
Il rapimento dell'anima niente ha che vedere con quello che succede nell'epidermide. Quello che succede è che l'epidermide colpisce l'essere come essere umano limitato e distrae la visione interiore verso fuori; ma i propri difetti non colpiscono mai la fedeltà che la Divina Madre sente per l'anima. È uno quello che si allontana da Lei, non Ella quella che abbandona. Ella sta in uno; ma uno si dà il lusso di non prestare attenzione. Quando uno crede che pensi alla Divina Madre, solamente lo pensa la sua immaginazione, la sua fantasia; se si pensasse interamente a lei, non potrebbe smettere di farlo già mai.

 

Insegnamento 10: Meditazioni Affettive Stimolanti

“LA DAMA NERA.” Il sangue è il vincolo che unisce l'uomo col suo Dio; la materia collo spirito. Il sangue è, sempre, il dono del sacrificio. Il sangue non è solo la vivificatrice dell'essere, bensì il che più lega alle abitudini, la famiglia, il passato. Nonostante, tutto il sangue si rinnova in pochi giorni. Se quello sangue si rinnova sempre, perché allora persistono le abitudini?
Il sangue si rinnova pulita, ma l'essere la macchia colle sue azioni. Se si potesse per alcuni brevi giorni rompere il legame col passato, il sangue non si rovinerebbe e, veramente, si potrebbe cominciare una nuova vita, più pura, più pulita.
Si sporca il sangue colle azioni; quindi il sangue gira contro uno stesso. È necessario rompere l'incatenamento meccanico dei vizi della Dama Nera, interrompere la sequenza del bene e del male, tagliare d'un colpo la catena di cause ed effetti del passato. Dio ed il sangue si incaricheranno che la vita si rinnovi sempre. L'essere deve occuparsi di morire, poiché la Divina Madre si occuperà di riviverlo. Ma, come morire? Quella è la parte più difficile.
La Divina Madre dà sempre la vita, ella è la vita; ma l'essere sa solo pervertire quella vita data. Quando impari per alcuni istanti ad ammazzare l'incatenamento di perversione delle proprie abitudini, la vita si incamminerà sola sul sangue puro e sano della Divina Madre.
"L'ABISSO." Anche il sangue unisce all'Umanità. Molti credono che il maggiore altruismo sia l'oblazione del sangue per alcuna causa giusta: la patria, un movimento sociale, un ideale; ma sembrerebbe che la maggiore oblazione, la più utile, quella di maggiore portata, è la rigenerazione dell'umanità individuale che vive in uno, trasformando tutta la cosa umana che si tiene per un tipo superiore.
Non vengono i mali dal mondo, per caso, per la mancanza di un modello visibile a chi possa imitarlo? Gesù sta a 2.000 anni di noi. Dove sta l'uomo sulla terra che sia uomo in sé, il trasmettitore di un'idea, di un movimento? È necessario in questa terra l'uomo-uomo, l'uomo il cui missione gli esce di se stesso. Simone Weil, Gandhi, Schweitzer, Ramakrishna, Gurdjieff, Lenin, Roosevelt, Einstein, non sono stati uomini; sono stati il recipiente per dove sorgeva la divinità nelle sue distinte manifestazioni sociali, scientifiche o soprannaturali; essi non producevano più che cucia, mucchi di cose per l'uomo; ma nessuna di queste cose serve per risolvere il problema fondamentale. L'uomo-uomo, quello che vale per sé, quello che serve d’archetipo per 2.000 milioni di piccoli uomini, non esiste ancora. Sarà Maitreya?
Pensi che dentro uno, sotto la cosa più profonda e sconosciuta dell'essere, stia quell'archetipo umano, fatto a misura, e non si desideri un'altra cosa che riuscirlo. Se si riesce sarà il migliore trionfo sull'abisso. Anche tutti gli uomini hanno quell'archetipo interiore.

 

Insegnamento 11: Altre Meditazioni Affettive Stimolanti

“I DUE CAMMINI." Tutte le anime del mondo sono predestinate. Quando un giorno l'anima si rende conto della sua esistenza, del suo arbitrio, di suo io, già è quasi formata: educazione, costumi, società, abitudini e subcosciente l'hanno formata rigorosamente ed inavvertitamente. Durante i quattordici primi anni della sua vita, i più importanti della formazione, l'anima fu pura ricettività, si lasciò fare senza opporre obiezioni poiché era ignorante della sua forza. Ma quando l'anima cresce e scopre che è libera e che ha un centro motore che chiami io, che cosa è quello che può fare per avvicinarsi ai suoi ideali? E quegli ideali non furono forgiati anche per la vita stessa?
Tutte le anime sono predestinate; non esistono veramente due cammini; esiste solamente un cammino e la sua negazione. Essere o non essere. Esiste un cammino che è la personalità dell'essere nella sua traiettoria millenaria, o la tragica negazione a seguirlo; la perdizione della possibilità di riuscirsi in questa vita.
Non può scegliersi, allora, tra Dio ed il mondo. Non si tratta di quello. Ma bene si deve dire: questa vita o nessuna; questa realizzazione o nessuna; la vita o la morte.
La cosa unica che si può fare è non scegliere, bensì conoscere; conoscere tutti gli antecedenti, le forme di essere, per chiarire, definire nella coscienza, quale è il cammino, la sua forma, tessitura e modalità per dove si va andando. Ogni uomo ha un solo cammino determinato per il suo passato; deve conoscerlo per alzare su quello passato un nuovo scalino di perfezionamento.
"LO STENDARDO." La stessa cosa passa con lo stendardo. Che stendardo sceglie? Bianco, nero, azzurro o rosso? È una domanda ridicola. Si tiene solo uno stendardo, quello che Dio impose millenni di vite fa, e non può disdegnarsi perché, benché non si ami lo stendardo, dovrà ritornare un ed un'altra volta a lui; non può viversi un'altra vita che non sia la propria; non possono dolere in una persona i dolori che dolgono in altra, non può ridere uno con la risata dell'altra. Ognuno ride la sua risata, gli dolgono i suoi dolori, ama i suoi amori e crede nel suo Dio. Ha il suo stendardo; egli è il suo stendardo.
Questo stendardo era fatto nell'essere da prima che si proporsi scegliere uno; stava aspettandolo.
La Divina Madre dà la vita all'essere; i suoi genitori, i suoi amici, ha formato il suo corpo e la sua anima, l'ha fatto nascere in un'epoca chiunque ed in un posto chiunque; l'ha fatto pensare infinità di cose che non sperava, lo fa ammalare a pesare suo ed ancora l'anima si domanda a volte dove sta il suo stendardo. L'essere è completamente circondato per Dio; Dio lo è messo dappertutto; ed ancora si domanda dove sta il suo stendardo? Lo stendardo è la vita stessa che la Divina Madre gli dà, è quello che Ella sta imponendo alla forza senza che si sappia. Lo stendardo è la cosa inaspettata, la sorpresa, la malattia di domani, la passeggiata che si farà la domenica, un amico, Cafh; tutto quello ed il significato che rinchiude.
Lo stendardo è questa verità che è apparso ora nell'essere e lo sforzo che faccia per incarnarla.

 

Insegnamento 12: Altre Meditazioni Affettive Stimolanti

“IL TEMPIO D’ORO.” Man mano che si va vivendo e stimando, col ricordo, i risultati positivi e negativi delle esperienze, si va imparando non solo a prevedere i risultati, ma anche a misurare la vita con una nuova misura di tempo.
Nel momento di realizzare un atto, diventano anche presenti di quell'atto le cause che l'originarono e le sue future conseguenze. Allora, invece di percepire un tempo presente molto breve, si sperimenta la sensazione di un tempo presente molto più lungo, tanto molto, che sta rinchiuso in lui la causa, benissimo l'e le sue conseguenze.
Di tale modo impara, allora, a vivere non ciecamente, né microscopicamente, bensì con una chiaroveggenza interna che non proviene di un'illuminazione o rivelazione psichica, bensì dell'apprendistato dell'esperienza. Per esempio, se durante migliaia di volte una persona si è coricata e dopo è tornato a svegliarsi, sa, quando si addormenta che il sonno è limitato e che tra alcune ore si sveglia ed ad entrare nuovamente nella lotta per la vita. Il riposo del sonno, benché produca la sensazione di eternità, si sa positivamente che è perituro e che deve diventare alla veglia. Così pure, quando si è stanco, si sa che la durata di quella stanchezza è breve, perché quando arriva la notte, uno si corica e si riposa da tutte le tensioni del giorno.
Si sa, allora, quando è il tempo di riposare e quando quello di lavorare, si sanno le cause che originano uno ed altro e le conseguenze.
Questa specie di conoscenza vitale dà gran consolazione, tanto per i momenti di contrarietà come per quelli di piacere. Se uno sta nel cinema, godendo di un film, si dice: questo film duro solo 90 minuti, dopo la fantasia finisce e deve diventare un'altra volta alla strada; se si sta nell'ufficio, si dice: dentro un paio di ore tornerò a respirare aria pura. Allora, si tenta di non eternare né la sofferenza né il piacere. Si tratta che il tempo soggettivo diventi tempo obiettivo, tempo dell'orologio che è inalterabile ed il più saggio; non deforma. Questa consolazione dell'esattezza del tempo, della piccolezza e limite dei momenti dell'anima e del gioco ed equilibrio dei distinti tempi, proporziona l'immensa consolazione che le cose sono obiettive: questa è una matita, questo è una tavola, questa è l'anima. Solo questa, l'anima, imperfetta, deforma la visione della vita e fa credere che un pomeriggio gradevole è tutta la vita. Si ama che l'anima si conosca a sé stessa nella più perfetta esattezza. Questo è ubbidire, questo è pregare, questo è un difetto. Non si ama che l'anima si sbagli più; e come non l'inganna oramai come prima, si tiene una consolazione migliore, che non viene come un calmante per i nervi, ma è comprensione delle cose stesse.
La desolazione che è il polo opposto della consolazione, proviene perché l'anima aspettava una cosa e la vita gli risponde con un'altra; l'essere preferisce aspettare nient'altro né niente meno che quello che la vita possa proporzionargli. Cerca di essere esatto ed abile. Vuole stare sempre nella verità. Non c'è maggiore consolazione che questo.

 

Insegnamento 13: Altre Meditazioni Affettive Stimolanti

"IL VELO D’HEHIA." Il velo d’Ahehia non è solo un panno di illusioni ma anche un manto di protezione che preserva delle inclemenze della vita.
A volte, entusiasmata per un'ispirazione interna, l'anima sa volare per tempi sconosciuti per lei, dove nessuno non ha penetrato mai. Si solleva il volo e per alcuni istanti si penetra nel paese del mistero e della luce; quindi diventa pianificando alla terra, alla realtà delle illusioni quotidiane. Non può sopportarsi per molto tempo le avventure in un paese per l'essere ignorato. Dicono i saggi che questo mondo è pura illusione, ma l'essere, uomo di questo mondo, afferma che è reale, e che sono illusioni, fantasie, i mondi soprannaturali. Deve affermarsi una cosa che non si è sperimentato tanto solo perché lo dicano i saggi?
Molti esseri penetrano il mondo soprannaturale dicendo: il mondo astrale, il mondo mentale, è più reale del mondo materiale. Questo è un errore; quelli mondi potranno essere tanto reali come questo ma non più. La cosa reale, l'essenza, Ahehia, è una colonna verticale che si trova in qualunque classe di mondo. Stando nella materia si arriva esclusivamente anche ad Ahehia. Per caso i fisici, investigando la materia non hanno visto esclusivamente come è la materia, e come si disintegra, rimanendo per essi aperta la porta del tempio dello spirito? Non è necessario negare la materia per scoprire lo spirito; approvandola se lo trova anche, perché per affermazioni successive e cumulative si arriva anche a quello che tramuta la materia in spirito.
Se un uomo comune afferma che la materia è illusoria e è solo reale lo spirito, fa sospettare che quello dice perché glielo hanno detto, non perché l'abbia penetrato con tutto il suo essere.
Sanno i suoi occhi, i suoi uditi, le sue ghiandole, il suo stomaco, il suo corpo intero che la materia è illusoria? E quando soddisfa la sua fame, è illusoria il suo cibo, o la sua soddisfazione? È illusorio l'alimento che lo preserva della morte?
No; è reale anche; il velo d’Ahehia non è un velo di illusione, bensì un manto di protezione; è Ahehia stesso. Il godimento non sta in scorrere il velo, bensì in affermarlo, in preservarlo nel cuore. Il godimento proviene dalla comprensione di quello che rappresenta quello velo, come della comprensione della necessità del corpo.
Ci sono anacoreti che, negando la materia, abbandonano il suo corpo, macchiandolo ed impoverendolo; questo uomo ignora la perfetta corrispondenza tra il corpo e lo spirito, e che macchiando il corpo, in qualche modo si deforma lo spirito. Il corpo è uno strumento, un'impalcatura, una struttura meccanica che serve affinché si realizzi l'anima; se si rovina la materia, se si lacera il velo prematuramente si priva dello strumento che è stato dato per affermare e realizzare la crescita spirituale. È come se un operaio, rapido di contemplare l'edificio che sta costruendo, togliesse le impalcature prima di finire l'edificio. Come lo finirà dopo?

 

Insegnamento 14: Altre Meditazioni Affettive Stimolanti

“LA RESURREZIONE DI HES.” Chi pensano nella morte, oppure sfuggono formarsi un'idea concreta della stessa, oppure la dissimulano più in là con l'idea di un fortunato, come se fosse impossibile sostenere il pensiero della morte per sé stessa.
Il fatto che possa esistere una vita soprannaturale, non ostacola che la morte abbia il suo significato, senza necessità di cieli né di inferni. Quelli che giustificano la morte come una transizione ad un altro mondo sono gli stessi che giustificano la vita come una prova per conquistare il cielo.
Uno deve opporsi a tali modi di pensare. Non vivono e vivono bene alcuni atei che non credono per niente in più in là il? La vita e la morte rinchiudono significati propri. Parlare della morte è parlare della vita. La morte bisogna considerarla in funzione di vita e tanto quanto la nascita. A volte si sospetta che quelli che credono che la morte sia una transizione verso l’aldilà sono gli stessi che, negando questa vita, fondano tutte le sue speranze su un paradiso dove vedranno compiuti tutti i suoi desideri.
Pensare alla morte come in un trapasso ad un'altra vita migliore non è morire; la vera morte è quello dove tutto finisce, è la morte dell'ateo. Quelli che sono stanchi, come dopo di una giornata laboriosa, desiderano dormire, desiderano anche morire veramente, affinché sparisca la vita usata, fatta, finita.
Non c'è rapimento migliore che la contemplazione della morte; non la contemplazione del paradiso, poiché solo la convinzione profonda dell'annichilimento totale può produrre in vita, l'eliminazione degli usi materiali. Morire veramente, sparire fino all'ultimo atomo è il pensiero che può diffondere per tutto l'essere un placamento delle passioni. Pensare ad un paradiso è rivitalizzare tutte le potenze umane, perché tale paradiso non è più che la giustificazione, la sublimazione, l'incremento dei desideri umani. Ma l'annichilazione totale che continua a poco a poco a penetrare in ogni cellula dell'organismo, continua a mettere lentamente il suo francobollo di morte e trasmutazione in ogni cellula.
La morte fisica produce automaticamente la trasmutazione delle potenze dell'uomo verso uno stadio superiore; ma deve mettersi l'accento nella morte reale, non dello spirito che lo spirito è immortale, bensì degli usi personali, affinché continuino a sparire dall'essere.
Il rapimento è una cosa differente di quello che si abitua immaginare; è come confondere l'odore di un cadavere imbalsamato o di una mummia, con quello di un garofano.
 Generalmente il rapimento proviene da potenziare la vita umana, e non dalla convinzione della morte; per cui produce l'effetto contrario a quello desiderato. Il sentimento della resurrezione non ha niente di gradevole, è piuttosto doloroso, la cosa più dolorosa che esiste, perché somiglia ad un parto; ma è anche quello che più commuove all'anima. Se l'anima cerca a Dio e lo trova più vicino nel rapimento, per più doloroso di questo sia, andrà sempre a cercarlo lì. Non può ridere dopo un rapimento, perché piuttosto produce un'intensa tristezza. In quella tristezza l'anima si va diluendo sempre di più in spazi grandi e si sente che in lei va tutta la vita.

 

Insegnamento 15: Monologo di Preparazione alla Meditazione

“IO SONO QUELLO CHE SONO.” Le esperienze di ogni istante insegnano ad evviva forza che si sta schiavizzato a tutto un mondo di incatenamenti psicologici altrui alla volontà. Quante volte al giorno si esprime il desiderio di liberarsi delle abitudini, senza riuscire mai a realizzarlo. È verità che si è qualcosa, non solo un qualcosa presente, bensì qualcosa che diviene che propugna essere. Questa lotta nel labirinto delle difficoltà è il cammino spirituale di ogni essere.
Nelle mattine, quando appena svegliato e pulisco, l'essere si dirige al lavoro per le strade solitarie, l'anima intera vibra in pace ed allegria interna, più intensamente e più sana che in una buona meditazione. La vita sembra molto bella ed uno stesso non si crede tanto brutto. Quelli minuti alla mattina, quando l'aria è fresca, sembrano una promessa di quello che potrebbe essere la vita a tutte ore ed in qualunque circostanza, se uno potesse dimenticare le abitudini delle azioni anteriori. Come il sonno ripara e pulisce, così pure si amasse che la vita di tutti i giorni e l'anelito continuato dell'anima per conquistare la libertà, riescano qualche giorno a trasformare domani la vita in una perpetua.
È verità che ognuno è quello che è, come succedono ora le cose, con tutti i difetti, ma qualche giorno si sarà quello che voglia essere, o quello che Dio voglia di uno. Nel frattempo si è quello che la vita lo va portando, di un estremo ad un altro; ma deve riconoscersi che a nessuna ora come alla mattina si sente presto con sé uno tanto conforme stesso e con le cose.
Non si potrà essere uno stesso se non impara prima a dimenticare, a disinteressarsi delle cose. Si scopre che quando uno si opponi ad alcuna forza, quella forza si accresce e l'obbliga a nuovi sforzi maggiori; si capisce che questo modo sta molto bene, perché esige lentamente più e più sforzo interiore che aumenti l'essere. Non basta vincere il nemico; la cosa importante è che uno, in quella lotta, si ingrandisca. E come potrà ingrandirsi l'anima se non fosse per quello sforzo ciascuna volta maggiore che deve usare per vincere? È l'immagine di Ercole lottando contro l'Idra; quando tagliava una testa, dal collo germogliavano due. La cosa importante non è che il nemico sparisca, ma all'anima diventi meglio, più sforzata. I nemici sono strumenti del destino per favorire la crescita totale. Solo nella lotta si potrà conquistare il dono della propria individualità.

 

Insegnamento 16: Monologhi Immaginativi di Preparazione alla Meditazione

Primo Monologo: Solitudine ed Introspezione. Non si è assoluto; non si è autonomo nel mondo individuale. Benché si vivesse solo in un'isola persa nell'oceano, non si sarebbe autonomo; perché si è il risultato logico di un incatenamento di vite e morti che esulano dalla propria volontà. Si è determinato per la società, la presente e la passata. Si pensa al circolo di idee che è comune a tutta l'Umanità, si dominano gli ideali dell'epoca. Quando la società malata, si sente uno ammalo anche, benché la vita individuale sia perfetta. Non in vano si è nato ora e non in qualunque epoca. Quale è stato la causa di questa nascita? Non si sa; ma sì si sa che si è nato in un posto determinato ed in una volta determinato; e deve accettarsi i grandi lineamenti dell'epoca, voglia Lei o no.
Ma dentro il meccanismo di determinanti sta innesto il motore dell'individualità assoluta, il quale non dipende dal meccanismo generale della vita, ma ha altre leggi. La massa intera della vita, le azioni, gli interessi, i desideri e sonni, è rovesciata sulla periferia della personalità; ma a poco a poco si va rubando pezzetti di vita umana e li va concatenando nell'ingranaggio del motore interno. Così l’essere attesa a poco a poco, rubarsi interamente, emigrare della periferia al centro, trasportare il corpo delle azioni e pensieri dal meccanismo incosciente delle abitudini sociali, fino al motore individuale interno. Quando uno sta in solitudine ed in introspezione si percepisce il rumore di quello motore nascosto e si vanno scoprendo le sue caratteristiche.
Secondo Monologo: Finzione della morte. Morire è la perfetta medicina per le malattie della vita. La morte della vita, la morte comune, rinchiude contemporaneamente la medicina e la dimenticanza. Muore, spariscono le legature, si è libero per fare qualunque cosa grande, ma non può farla perché uno deve andare, deve sparire; quindi spariscono anche le ambizioni da costruire cose belle.
Ma lo spirito sovrano dell'uomo ha scoperto che può morire, guarirsi dalle malattie, senza necessità di dimenticare; cioè, essere presenti, agire nella vita, facendo veramente le cose belle che volle sempre fare ma che non si potevano mediante intermediari. Morire in vita; questa è la scoperta dello spirito creativo.
La morte fisica è sempre il gran insegnamento, non della rassegnazione o pentimento, bensì della disubbidienza contro l'impulso cieco delle abitudini, degli istinti, contro la stupidità davanti alla vita, contro la malvagità, contro la negligenza di lasciare trascorrere gli anni senza fare niente valido.
Morire in vita, cioè, vivere nelle virtù della morte, vivere col disinteresse perfetto del quale sono morti. Ammazzare tutti i chiamati beni, virtù, abilità, istruzione, classe, eredità, desiderio, rassicura, sonno, i tesori dell'Umanità; ed essere pura azione, azione interna ed azione esterna, ma senza che si attacchino quelle cose, senza che tocchino l'essere interno, perché addentro si è morto. L'anima non è terrestre, non può essere toccata, perché risiede nel mondo del‘aldilà.

INDICE

Insegnamento 1: La Meditazione
Insegnamento 2: La Meditazione Discorsiva su un Testo
Insegnamento 3: Testi per Meditazione Discorsiva
Insegnamento 4: Meditazione Affettiva su “La Dama Nera” e “L'Abisso”
Insegnamento 5: Meditazione Affettiva su “I Due Cammini” e “Lo Stendardo”
Insegnamento 6: Meditazione Affettiva su “Il Tempio d’Oro” ed “Il Velo d’Ahehia”
Insegnamento 7: Meditazione Affettiva su “La Resurrezione di Hes”
Insegnamento 8: Altre Meditazioni Affettive Passive
Insegnamento 9: Altre Meditazioni Affettive Passive
Insegnamento 10: Meditazioni Affettive Stimolanti
Insegnamento 11: Altre Meditazioni Affettive Stimolanti
Insegnamento 12: Altre Meditazioni Affettive Stimolanti
Insegnamento 13: Altre Meditazioni Affettive Stimolanti
Insegnamento 14: Altre Meditazioni Affettive Stimolanti
Insegnamento 15: Monologo di Preparazione alla Meditazione
Insegnamento 16: Monologhi Immaginativi di Preparazione alla Meditazione

 

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