INDICE

Insegnamento 1: La Sorgente delle Religioni
Insegnamento 2: I Veda
Insegnamento 3: L'Induismo
Insegnamento 4: L'Egitto
Insegnamento 5: Gli Dèi Egiziani
Insegnamento 6: Dieci Grandi Religioni
Insegnamento 7: I Maghi Caldei
Insegnamento 8: La Religione Iranica
Insegnamento 9: La Dea Assira della Guerra
Insegnamento 10: Il Sole dell'Iran
Insegnamento 11: I Sargonide
Insegnamento 12: L'Ebrei
Insegnamento 13: La Religione di Mose
Insegnamento 14: I Grechi
Insegnamento 15: Gli Dèi Grechi
Insegnamento 16: Arti e Filosofie
Insegnamento 17: I Romani
Insegnamento 18: Il Celeste Impero
Insegnamento 19: Il Buddismo
Insegnamento 20: Il Buddismo Giallo
Insegnamento 21: I Germanici
Insegnamento 22: I Galli
Insegnamento 23: Gli Jaina
Insegnamento 24: I Militari Sikh
Insegnamento 25: Il Cristianesimo
Insegnamento 26: L'Islamismo
Insegnamento 27: La Religione della Selva Africana
Insegnamento 28: Il Culto Solare degli Inca
Insegnamento 29: Le Antiche Religioni Messicane

 

Insegnamento 1: La Sorgente delle Religioni

I popoli della razza atlante riceverono direttamente dei suoi Grandi Istruttori le verità delle sue religioni. Queste verità, fortificate per il potere psichico di percezione proprio di quella razza, erano di carattere completamente Divino.
Queste religioni confinavano col mondo della coscienza superiore e non utilizzavano simboli naturali. Erano di un monoteismo scelto.
Ma quando questa razza cominciò a cadere e degenerare, le pratiche religiose furono soppiantate per mezzo di atti di potere psichico e di magia nera.
Differenziandosi gli ariani semiti dagli atlanti, mantennero ancora un lontano barlume di quelle Divine religioni, benché completamente nascosto sotto il peso di molti secoli e della ragione, nuova prerogativa della nascente razza.
Gli atlanti, sommersi nelle profondità del mare nelle che affondò il suo continente, portarono con sé la sua Divina Religione.
Ma nuovi Iniziati e nuove idee madre fecero la sua apparizione e, in conseguenza, fu impiantata una nuova religione che accompagnò alla nuova razza ariana e che fu base di tutte le sue religioni posteriori.
Gli ariani semiti, dopo la gran lotta sostenuta coi suoi avversari neri, sebbene anche essi erano neri benché con distinta struttura fisica si lanciarono alla conquista del nuovo continente che quale terra promessa, vergine, era emerso dalle acque per essi.
I primitivi uomini, in immense carovane, guidati per i suoi Divini Istruttori, abbandonarono le vecchie coste per cercare terre nuove ed emigrarono verso il centro dell'Asia ed Europa.
Trovarono una terra fertile, meravigliosa, ma terribilmente dura di conquistare. Il clima velenoso ed equatoriale a che erano abituati era soppiantato lì per uno aspro e freddo.
La pigrizia cedeva alla necessità e, dopo una moria spaventosa, gli abitanti del nuovo continente impararono a lottare a poco a poco colla natura per cercarsi l'alimento e procurarsi riparazione.
La natura era dura di vincere, ma essendo soggiogata dava meravigliosi risultati e rivelava i suoi segreti. Per quel motivo gli uomini primitivi divinizzarono, alla natura e le sue forze manifeste.
Questi uomini non erano oramai gli ariani semiti; essi si erano trasformati in una razza caratteristica: ariani puri.
La sua carnagione diventò bianca come la neve che cadeva su essi, i suoi occhi presero una tintura azzurrata e grigiastra come la nebbia che li avvolgeva costantemente, ed i suoi capelli si colorarono di roso e biondo.
La religione nuova che sorge, basata nel culto della natura, è puramente umana e fallica ed il fondamento del politeismo.
Ma venne un giorno in cui gli ariani ritornarono alla terra di dove vennero, trovarono ai suoi predecessori neri, gli ariani semiti, i quali, con un rudimentale monoteismo, conservavano la Religione Divina degli atlanti e li vinsero.
Di queste due correnti, di una Religione Divina dimenticata e di un'altra nativa ed umana nascente, si formò l'assemblaggio di tutte le religioni venture.
Le religioni ariane, allora, nascono dal ricordo di uno stato divino perso e della conoscenza di una forza naturale a portata dell'uomo.
Le parole dei primi Divini Istruttori si fondono, si cristallizzano con l’esperienza materiale dei popoli; il ricordo dell’aspetto divino è materializzato con un'immagine, col culto agli antenati e di questa sorgente dove Dio e l'Uomo si trovano, dove il circolo e la croce si abbracciano, germoglia l'acqua cristallina che inonderà il mondo ed i tempi, che avrà diversi nomi e che ritornerà per unirsi un giorno nell'oceano dell'uomo fatto Dio.
In tutte le religioni ariane predomini il monoteismo od il politeismo, si trovano sempre queste stesse basi fondamentali; il culto comincia semplice e chiaro come l'alba; come in ogni alba, la quiete umana si rovescia nella serenità divina con canti ed inni; questi sono trasmessi da genitori a figli, da un popolo ad altro e, con l'andare del tempo, si trasformano in testi sacri e lingue fondamentali.
La tradizione trasforma le semplici elevazioni dell'anima in cerimonie e culti, ed i culti reclamano paramenti, segni e misteri.
Tutte le religioni ariane seguono le stesse rotte e lo stesso sentiero; cominciano ad essere spirituali e pure; diventano forti e potenti nella sua marcia, per arrivare al suo apogeo, quando la mente e lo spirito della religione si uniscono, si unificano. Poi decrescono, diventano intellettuali e sagge, dogmatiche e rigide, fredde ed oscure e finiscono in un'organizzazione settaria conservatrice delle proprie divinità.
Deve essere così, irrimediabilmente; un miscuglio di spirito e materia non può essere più che una lotta tra lo spirito e la materia. Quando lo spirito domina, il materialismo è vinto; ma quando la forza materiale supera allo spirito, lo spirito si nasconde dietro spessi veli.
Dietro le forme dogmatiche e pratiche di tutte le religioni sta un principio Reale e Divino.
L’uomo che sa trovare quello principio Unico conosce a tutte le religioni, partecipa a tutte esse e ha trovato il segreto, la sorgente una e prima delle religioni.

 

Insegnamento 2: I Veda

Migliaia di anni fa, una gran colonna di ariani attraversò l’Himalaya e, camminando verso il Nord dell'India attuale, stabilirono lì la sua dimora.
Li guidava il Manu Vaivasvata, un Iniziato Solare di Prima Categoria, e dieci saggi chiamati Rishi; i suoi nomi erano rispettivamente: Marichi, Atri, Pulastya, Pulaka, Angrias, Kardama, Daskscha, Vashishiha, Bhrigu e Narada.
Si stanziarono lì, nella terra di Uttura Kuru, paese rinchiuso in un circolo di alte montagne che potrebbe essere l'attuale Kashmir.
Questi ariani indù di carnagione bianca, piedi convessi, possessori già del quinto senso, prima sottorazza della gran Razza Ariana, lasciarono ai suoi discendenti la storia della sua magnifica religione redatta nei Veda millenari.
I Veda, parola che vuole dire “scienza pura”, sono un insieme di inni e cantici che quegli antichi popoli abituavano elevare ai suoi dei; inni che all'inizio non erano scritti, ma erano trasmessi oralmente di generazione in generazione.
I Veda si divisero in quattro gruppi: 1) Rig, 2) Sutra, 3) Brahmani e 4) Atharva.
Per questi libri sacri si deduce che si conosceva già un principio infinito ed immenso, da dove sorgevano tutte le cose create: Aditi, l'Infinito.
Dietro questo concetto universale si formava l'idea di un Dio creatore, personale, forte, che rinchiude in se tutto il potere del bene; questo è Indra, il secondo Dio indù, che lotta continuamente contro il male e contro lo spirito delle tenebre e delle oscurità: Vritra.
I Veda chiamano ad Indra “L'unico Dio che professa amore ai mortali, che li soccorre, che rovescia a piene mani i suoi beni su essi”.
La Razza Ariana, prima di dividersi in tribù, che furono le fondatrici delle distinte sottorazze, possedevano l'unica lingua, Zenzar;  e tutte hanno nelle sue voci primitive, nei suoi vocaboli basici, un'unica radice ed un unico racconto che ricorda una regione dove abitarono anteriormente, fredda, di nevi e di lunghi inverni.
La lingua primitiva degli ariani è il sanscrito che si trasforma dopo col tempo, come tutte le lingue primitive, in lingue sacerdotali e religiose.
La lingua sanscrita è per gli indù Vak, la vibrazione eterna, che essi trasformano in divinità.
I versetti dei Vedi quando sono modulati secondo le antiche intonazioni, hanno per essi una vibrazione di speciale potere, chiamata Mantra.
Agni, il fuoco, Phritivi, madre della terra, Mitra, il sole, Varuna, le nuvole, Arimau, il lare familiare, in una parola, tutte le manifestazioni della natura, tutte le abitudini, le virtù, il bene ed male sono materializzati e trasmessi alla posterità come divinità.
Insegnano che quegli antichi e nomadi popoli di pastori furono stanziandosi a poco a poco, dalla Pañchala, che vuole dire paese dei cinque fiumi, oggi Penjab, fino a raggiungere una civilizzazione di proporzioni fantastiche.
Le leggi del Manu, il più antico Dio indù, descrive quali  furono le basi, l'ordine di questo popolo e della sua religione.
Si trova anche nella religione indù, dopo un Dio infinito, “Aditi”, dopo il Dio creatore “Indra” ed un principio di lotta tra il bene ed il male, “Indra” e “Vritra”; dopo il culto alle forze naturali ed atmosferiche, il culto alla Trinità, principio che si trova in tutte le religioni ariane. Questo concetto è molto posteriore ai Veda e rappresenta un Dio Uno, ma con tre aspetti: Brahma, Vishnu e Siva che sono immagine della mente cosmica, della energia primaria e della sostanza indifferenziata, rispettivamente.
Si vedranno passo a passo, studiando le distinte religioni, questi principi divini e naturali, con uno o un altro nome, sempre rinnovandosi, sempre gli stessi.
La religione ariana è Una, naturale e divina, ma le distinte razze gli hanno dato diversi nomi.

 

Insegnamento 3: L'Induismo

Sui Veda collocarono gli ariani tutte le sue religioni, filosofie, leggi, lettere ed arti.
Gli Upanishad, i Sutra, che costituiscono la morale e la filosofia dell'Induismo, non sono più che ampi commenti dei testi primitivi basati nella sua religione.
Cresce il paese ariano, diventa forte e potente, fino a che il desiderio di potere fomenta contese interne e guerre spaventose.
Nei Purana, si descrive la guerra tra gli dei e gli elementi; nel Ramayana, si descrive la guerra degli ariani guidati per la Divina Incarnazione di Rama contro gli atlanti;  nel Mahabharata è descritta la guerra degli indù tra essi. È in questa epopea che appare Krishna, l'ottava Trasformazione di Vishnu, guidando ad Arjuna alla vittoria.
La conversazione sostenuta tra questi due, descritta nel Baghavad Gita, è ancora oggi la base spirituale di molti devoti dell'India e quelli che seguono quella religione si chiamano Vaichnaviti.
Alla fine del Mahabharata appare Siva, il Dio del destino e della distruzione, e Kali, sua donna. Questi dèi ebbero allora gran incremento e saranno quelli che più tempii avranno in India, generando quella prole di asceti e tantrici, mistici ed esercitanti dei poteri psichici che nessuno nel mondo potrà superare; ancora Yaghannart, il re del mondo, che una volta all'anno fa una passeggiata sul suo carro millenario, è immagine del dio Siva.
Gli esercizi degli asceti sono specialmente descritti nell’Yoga di Patanjali, nel Sivagama, e nel Chakra Nirupana. Questo amore degli indù per la sua religione e per le pratiche spirituali fa loro atti affinché le sue religioni si moltiplichino in infinità di sette che sarebbe impossibile nominare; tutte esse spingono allo studio delle cose interne ed astratte.
La filosofia ha basi poderose, nate della religione indù.
Il Vedanta Purana è la filosofia che afferma che tutto fuori dell'Inmanifestato è Maya.
Il Vedanta Advaita che ammettendo come unica realtà l’aspetto assoluto tollera, tuttavia, un principio creativo, Purusha (lo Spirito) ed un principio vitale e sostanziale, Prakriti (la materia).
Dietro queste filosofie e teologie c'è un'infinità di pandit, saggi e Brahmacharin (monaci), di Sanyasis (mistici) che rinunciano a tutte le cose, di Asceti Iniziati, che rinnovano, mantengono, purificano e depurano continuamente l'unica religione primitiva dei Veda:  Chaitanya-Sankaracharya, ed ultimamente Ram-Mohum-Roy, il fondatore del Brahmo-Samaj, Ramakrishna e Vivekananda (il fondatore della Missione Ramakrishna) ed il poeta filosofo Tagore.
La pura religione dei Veda ebbe, come si è visto, anche la sua epoca di oscurantismo dopo la guerra descritta nel Mahabharata.
Indeboliti i popoli,  i sacerdoti presero le redini del governo.
Essi erano chiamati Brahmani e costituiscono il suo nome invece di quello di Indra, come il nome che bisogna attribuire alla Divinità Brahma. E per consolidare il suo potere, dividono la razza in quattro caste e la governano come dinastia divina.
Nonostante questo molti brahmani erano davvero discendenti degli antichi Re Iniziati Ariani.
Le quattro caste furono divise del seguente modo:
Brahmani:  Sacerdoti e dirigenti spirituali del popolo;
Chatriyas:  Casta dei re e guerrieri;
Vaisyas:  Casta degli industriali e commercianti;
Sudras:  Casta dei servanti.
Come conseguenza negativa di queste leggi, portate al dispotismo, ci sono terribili risultati che ancora oggi sono difficili da estirpare totalmente.
   

Insegnamento 4: L'Egitto

L'antico Egitto si estendeva attualmente oltre il fianco Nor-ovest dell'Africa ad un'isola completamente sommersa. Le prime cinque dinastie il cui memoria si perde nei secoli appartenevano integralmente alla razza atlante ed erano, per quel motivo, di origine semita.
Vinti questi antichi atlanti per la nuova razza, i primitivi ariani semiti neri, fu l'Egitto la culla della seconda sottorazza ariano-semita che popolò la parte Sud dell'Egitto attuale, dopo che il vecchio Egitto atlante fu seppellito nell'oceano.
L'antica leggenda egiziana ricorda questo gran diluvio quando assicura che il Re Menes torse il corso del fiume Nilo per edificare nella nuova riva la città di Menphi.
Di lì che la religione egiziana fu quella che più relazioni e somiglianze ebbe collaSaggezza Atlante e coi segreti Divini ed Iniziatici del continente perso.
Le scienze dell'Egitto, che hanno costruito opere che stupiscono ancora al mondo, sono stati perse ed occulti perché appartenevano alla Scuola Sacerdotale degli egiziani atlanti, ma imparate per eredità per gli egiziani faraonici.
L'abitudine di mettere al Faraone al di sopra dei sacerdoti, al contrario di quello che fecero i brahmani indù, dimostra quanto radicato stava nel popolo il ricordo dei Grandi Re Primitivi dal tempo della Gran Lotta, chi erano ad uno stesso tempo Sacerdoti Veggenti e Re Iniziatici.
La religione egiziana si fonda essenzialmente su questo concetto: un regno umano e poderoso, immagine del Regno Divino e Superiore.
Il Faraone, il Re, il dirigente assoluto di tutti gli abitanti del gran territorio, è il potere unico, la voce prima, una vera immagine di Dio. Dispone della vita e della morte; è il Re vero, protettore della sua gente; è il Sacerdote unico, intermediario tra la terra ed il cielo. Non c'è un'altro essere che egli, non è altro più che egli.
Egli non aveva solo a sua disposizione l'esercito, ma anche tutta la Scuola Sacerdotale; per meglio dire, l'esercito era la forza umana del Faraone, e la casta sacerdotale, la sua forza divina.
Un Faraone non era solamente il Marte della guerra ma anche il Supremo Oracolo del Tempio.
In questa immagine del Re Iniziato dell'Egitto è condensato tutto il potere di questa razza che attraverserà i millenni impavidi ed altera senza essere sconfitta fino a che abbia compiuto la sua missione ed imparato tutta l'esperienza che gli era necessaria.
La vastità del Regno Egiziano non era causa per non essere ben regolamentato e diretto. Questo paese che vedeva nel suo Faraone l'espressione di un Dio, non smise per quel motivo di divinizzare alla natura ed alle forze che derivano da lei; e come era nettamente un paese contadino ed agricoltore divinizzò alla terra ed i suoi frutti, al sole ed alle stelle, e soprattutto, all'abbondante Nilo, il gran fiume che poteva proporzionare loro abbondante raccolto, o abbandonarli senza pane.
Questo fiume fu tanto divinizzato che si reputava sacrilegio cercare di verificare il luogo della sua nascita, perché la leggenda diceva che la sorgente di lui stava nel cielo, nel seno della divinità.
Questo popolo semplice e lavoratore che non aveva più religione che gli impulsi dell'anima e le manifestazioni naturali che lo circondavano e che non aveva più potestà che quella del suo re, lottò intensamente contro gli ariani che volevano strappargli il suo suolo e contro gli ariani semiti che uscirono dal suo seno e si emanciparono, per esempio gli israeliti e gli assiri.
Inoltre, negli albori di questa razza, ella dovette lottare contro gli ultimi egiziani atlanti chi stavano violentemente contro la formazione di questo nuovo tipo di uomo. Essi, guidati per i suoi Divini Istruttori, la prima dinastia faraonica, poterono depurare la sua razza e la sua Divina Religione poiché attorno a lei che dominava come forte albero, germogliarono i fiori delle forme dell'umana Religione Ariana.
Le dinastie dei Faraoni Egiziani si dividono del seguente modo:
I e II:  Thinita;
III A X:  Menphita;
XI A XX:  Tebana;
XXI A XXX:  Saita.

 

Insegnamento 5: Dèi Egiziani

Il ricordo della Divina Religione Atlante fomentò tra gli egiziani il culto agli dei solari:  Ra (il Sole), Atonu (il dio Solare), Shour ed Anuri Amon (gli dèi dei giorni).
Il ricordo dei Grandi Istruttori, dei Divini Iniziati che avevano guidato a quello popolo, inspirò ai dèi degli dei morti:  Sokaris, Osiride, Iside, Anubis e Neftis, sono i suoi esponenti. Ma il culto della natura caratteristica della nuova Razza Ariana, crea i dèi degli elementi:  Gabu (la Terra),  Nuit (il Cielo),  Gnu (l'acqua primordiale), e  Hapi (il Nilo).
Questi dèi elementari si trasformano di generazione in generazione, cambiano e vivono come gli uomini; sono adorati in una regione ed abbandonati in un'altra, quasi come se avessero vita umana. Ma, gli dèi dei morti sono quelli che più profondamente furono radicati nel cuore degli egiziani dal suo Gran Re Iniziato Menes.
Osiride, il Signore della Morte, riceve l'anima coi suoi quaranta due giudici infernali, mentre il cuore del morto parla in pro o contro sé stesso. Iside è sua sposa, immagine della Madre Velata; è anche simbolo della luna regna della morte.
Osiride è il Bene, ma lotta costantemente contro Sit-Tifone, immagine del Male. Osiride è vinto per Sit-Tifone, è rotto ed i suoi membri lanciati al Nilo; ma sua sposa Iside, dolorosamente, cerca quelli mutilati membri nell'acqua, giunta i membri e piange sul cadavere del Dio morto e sacrificato per il Bene.
Di quello corpo mutilato sorgerà il liberatore; nasce un casto bambino, Horus, che vincerà definitivamente a Sit-Tifone.
Nell'antico Egitto, quando si commemoravano i misteri di Osiride, si facevano grandi feste, si vegliava il corpo del Dio morto, si rivestiva l'immagine di Iside con veli neri; ma quando Egli resuscitava in Horus, tutto era festa ed allegria. Si menziona questa cerimonia affinché si capisca di dove furono copiati i misteri cristiani, il dolore della Passione e la Dolorosa, e la gioia della Resurrezione e della Nascita.
Gli dèi solari non erano considerati supremi in tutte le regioni, bensì ogni regione aveva il suo dio predominante.
In Denderah si adorava a Hathor, in Sais a Nit, nel Kab a Nekhabi,  ed in Elefantina a Harmakis.
Gli dèi dell'Egitto ebbero tempii meravigliosi in Menphis, in Tebas, in Elefantina, edificati tutti essi sulle rive del Nilo; ancora possono vedersi le rovine di Karnac, Denderah, Edfu e Philae.
Dove si vede la magnificenza del ricordo religioso dell'Egitto è nella Sfinge di Gizeh, nelle piramidi millenarie che sono allo stesso tempo tombe funerarie, tempii di venerazione agli antenati, camere iniziatiche e libri di pietre sulle quali sta scritta la scienza dell'Universo.
Hermes Trismegisto, “tre volte saggio”, è l'immagine divina sulla terra di un Dio.
In tutte le Religioni Ariane si trova questo uomo Uno tra tutti, chi è venerato per la posterità come una Divina Incarnazione.
Il concetto della Trinità non manca nella religione egiziana, ma sempre con l'aspetto della costituzione di una famiglia Divina.
Osiride ed Iside generano a Horus; Ftah, dio maschile, e Sokhit, dea femminile, danno vita a Nefertunus.
Su tutte le tombe di questo antico popolo si trovano queste tre teste divine intrecciate.
I grandi libri di questa religione, accuratamente conservati per i sacerdoti di secolo in secolo, possessori di tutti i segreti della saggezza atlante, furono completamente distrutti per i sacerdoti affinché non fossero dati ai profani. Qualche testo orale trascritto esisteva nella Biblioteca di Alessandria, ma le fiamme distrussero per sempre quello tesoro; unicamente si conosce qualche frammento, male trasmesso, del Libro dei Morti e del Gran Kybalion.
Gli egiziani avevano un'idea esatta dell'esistenza del corpo astrale e lo chiamavano il doppio dell'uomo o Ka; di lì il gran culto che ebbero ai morti e la sua arte di imbalsamare tanto accuratamente che nessuno ha saputo copiare. Essi cercavano di conservare l'apparenza del corpo fisico affinché l'essere, rinascendo altra volta, prendesse lo stesso aspetto della vita anteriore.
Dicevano che il Ka o corpo doppio era un'immagine sottile, riproduzione dell’immagine fisica che avvolgeva l'anima che essi chiamavano Khu e che emetteva sottili radiazioni e fosforescenze.

 

Insegnamento 6: Dieci Grandi Religioni  

Si sono spiegati negli Insegnamenti anteriori che due grandi religioni fondamentali si erano canalizzate nel inizio della Razza Ariana. Gli ariani puri fondarono una religione umana che al contatto con gli ariani semiti si trasformò in Umano-divina. Gli ariani Semiti, che non si erano allontanati maggiormente dalle rive della terra persa, mantenerono una religione divina che al contatto con gli ariani della prima sottorazza si trasformò in Divino-umana.
Ci sono allora due religioni fondamentali: L'ariano vedico o e l'ariano semita egiziano. Una od altra alternativamente si vinsero, si superarono, si assimilarono, si screditarono, ma la finalità fu che trionfasse la religione dedica e che si perdesse la religione egiziana.
Gli ariani ariani fondarono una religione umana che si trasformò in Divina;  mentre gli ariani semiti spariscono con l'Egitto, dopo avere consegnato agli uomini bianchi il tesoro della sua Divina Religione.
Era scritto, era il suo karma che gli uomini della nuova razza della ragione trionfassero e che gli altri fossero sconfitti.
Rimasero vestigia di queste Religioni Divine nei Tempii del Sole, Cuzco, nelle regioni selvagge e perse dell'America che sparirono come castelli di carte alla sola apparizione di un gruppo di spagnoli che non erano i vincitori per il potere, bensì i vincitori per il diritto del karma.
Le due grandi correnti vediche ed egiziane furono le fondatrici delle dieci grandi religioni del mondo antico fino alla venuta del cristianesimo.
Gli ariani vedici diedero vita ai caldei, persiani, grechi, galli e romani.
Gli ariani semiti diedero vita agli assiri, sargonide, israeliti, cinesi e buddisti.
Queste dieci grandi religioni crearono l'Idea Madre di tutta la razza ariana: la lotta tra lo spirito e la materia, l'oscillare delle paia di opposte, l'intensa lotta tra una ragione umana ed un'intuizione divina.
I caldei, i persiani ed i grechi erano di carnagione chiara, grandi propulsori della vita e della civiltà per lo sforzo proprio; sono un barlume di quello che potrà raggiungere l'uomo solamente con l’impulso della sua volontà e discernimento.
I galli, sciame di ariani dimenticati nelle regioni torride del centro dell'Europa, ebbero la missione di conservare più puramente possibile la religione della natura.
I romani, formati per la raffinatezza greca e spinti per l'onda di barbari del Nord, formarono tra queste due correnti la religione più forte della nostra razza, perché su essi si fondò il cristianesimo e tutta l'attuale civilizzazione.
Gli assiri ed i sargonide furono nelle sue origini di carnagione oscura e trasmisero col suo straordinario sviluppo, più intuitivo che razionale, la Divina Religione degli egiziani.
Gli israeliti, ramo uscito anche dagli egiziani atlanti, hanno la missione di mantenere colla sua religione il concetto di un Dio Unico e Personale, perpetuandosi durante tutto il decorso della Razza Ariana, come simbolo vivo dell'origine della nostra stessa razza.
I cinesi, di discendenza lemuriana, furono assorbiti per la Religione Atlante; questa fu trasmessa attraverso l'apparente materialismo degli alti insegnamenti di Confucio e Lao Tse.
I Buddisti, sebbene nati in pieno seno induista, siano una caratterizzazione delle antiche religioni egiziane. Di lì l’accanito odio mortale, che sempre è esistito tra induisti e buddisti.
Su queste dieci grandi religioni si fondò il mondo antico, si svilupparono le quattro prime sottorazza della razza ariana fino a che ritornarono a sgretolarsi, a confondersi ed a reincarnare nel nascente cristianesimo e nelle nuove religioni.
 

 

Insegnamento 7: I Maghi Caldei

Come due immensi fiumi che si trovano e si uniscono, l'antica religione Divina degli atlanti e la nuova religione dei Veda si unirono e fiorirono nella nascente razza ariana.
Si è visto già come gli ariani abbandonarono gli altipiani e le steppe dell'Asia settentrionale, emigrando in grandi carovane verso il Sud.
Al nordest dell'Africa si estendeva una terra inospitale e quasi disabitata limitata per i mari Nero, Mediterraneo, Caspio, l'Oceano Indiano e le montagne del Caucaso.
Come immensa massa di sale, la fina sabbia del deserto era l'unica padrona del territorio; ma nel limite orientale di questo deserto, si stabilì la nuova razza che fu conosciuta dopo col nome di meda.
Due grandi fiumi, l'Eufrate ed il Tigri, solcavano quello deserto ed alleviarono ed aiutarono al lavoro fondazionale dei nuovi abitanti. Avevano trovato lì, i bianchi uomini, alcune tribù nomadi di neri semiti; li distrussero o dominarono, ma sempre senza fondersi con essi, impararono di questi discendenti di atlanti, la storia della sua Divina Religione e delle sue grandezze perse.
Più avanti la storia della distruzione dell'Atlantide sarà scritta nell'anale dei caldei colla leggenda del “Dio Belo”.  Per la malvagità degli uomini, Dio decide di distruggerli ed incarica a Xisutros che costruisca un’arca e conservi in essa ogni essere buono e che navighi verso la terra di Nicir, terra promessa di salvazione.
Gli ebrei copiarono lì il racconto biblico del diluvio universale.
Il Titano ed il Ner, giganti caldei, sono anche barlumi della conoscenza che avevano della gigantesca razza atlante.
La lotta dei primitivi caldei contro la ribelle natura e scomodità del terreno che abitavano ed il ricordo del culto naturale dei suoi antenati ariani fece che divinizzassero gli elementi e fenomeni naturali. Ma il culto più radicato in questo popolo, che raggiungerebbe un grado elevato di civilizzazione, è quello dell'esistenza della vita dopo la morte, della reincarnazione e dell'influenza degli esseri buoni e cattivi sulla terra e gli uomini.
Dunque il primitivo Sacerdote Caldeo è l'incantatore che, con perfetta vocalizzazione, allontana agli spiriti inferiori ed invoca la protezione dei buoni spiriti.
Questo studio profondo delle arti magiche fa dai sacerdoti ed Iniziati caldei grandi chimici e grandi conoscitori dell'aspetto nascosto della natura. Come impararono che ogni influenza umana è soggetta all'influenza stellare e siderale furono astronomi consumati. Tanto certo è questo che i tempii caldei possono considerarsi grandi osservatori astronomici.
Gli antichi tempii erano rettangolari e si chiamavano Ziggourat, con tre, quattro o sette piani sovrapposti. Erano costruiti su grandi colline artificiali ed il piano superiore di forma semisferica, era un perfetto apparato telescopico fuso in argento ed oro. Lì stava la camera segreta della Dea Ishtar, alla quale non potevano entrare più che i Grandi Sacerdoti Iniziati o gli Illuminati che sarebbero riusciti la chiaroveggenza mentale.
I popoli caldei che primitivamente si costituiscono in clan per la disciplina della sua organizzazione, raggiunsero ben pronto gran potere e civilizzazione. Non possedevano pietre né marmi come gli egiziani, ma seppero scrivere la sua storia su immense masse di fango che sono arrivati fino ai giorni attuali.
Adorarono anche ad un Dio Unico, Zi Ana (Dio Creatore), Zi Kia (il Dio umanizzato), il redentore fatto uomo, chiamato il Grande e Sublime Pesce.
Si deve osservare qui la similitudine di Cristo che porta una religione che ha per simbolo un pesce, come l'Incarnazione Divina dei caldei. Enlil è l'aspetto cattivo di Dio, re dei luoghi tenebrosi, degli inferni e del male.
I caldei conobbero anche il concetto religioso della Trinità poiché renderono degni ad Anu, Bel ed Ea come un Dio solo con tre teste.
 

 

Insegnamento 8: La Religione Iranica

Man mano che si succedevano le civilizzazioni ariane, una dietro un'altra, le religioni si cambiavano, modificavano e trasformavano.
Nel bacino del Tigri, nell'Asia Centrale, si alzava un paese forte ed indomito, l'assiro, che crebbe presto e sviluppò una potente civilizzazione.
La grandezza di quello popolo é ricordata per le città popolose e perse di Asur, Ninive e Traforai; ad imitazione del popolo egiziano, il suo gran nemico, al quale vinse e per il quale fu vinto a sua volta, divinizzò l'aspetto della natura, della Dea Colomba, la gran regina Semiramide; mentre l'adorazione dell'aspetto maschile di Dio, fu simbolizzata per il Fuoco Sacro che ardeva costantemente nei tempii.
I Sargonide, i Medi ed i Persiani adorarono i due aspetti: il fuoco come Dio e la Natura Divinizzata come Dea.
Ma doveva sorgere una nuova religione, una religione che divinizzasse ed esaltasse più il concetto divino, liberandolo della gran quantità di idoli, statue e culti vari in cui era caduto.
La Divino religione atlante era schiacciata sotto le statue mostruose di numerosi dei e la pura e naturale religione dei primitivi ariani era soppiantata per forme grossolane.
Asur, il dio alato, che esce del disco solare, l'immagine che i grechi copiarono per il suo dio Hermes, aveva perso ogni significato armonioso dell'Umanità allacciata colla Divinità.
In un vasto altipiano, circoscritto per i fiumi Indo e Tigri, e per il Mare Caspio, si formava una razza ariana nuova, mescola di persiani, di medi e di assiri: la razza iranica o persiana.
Negli albori della sua civiltà, per restaurare ed armonizzare il culto religioso, scese tra essi un Gran Iniziato, Zarathustra  (secolo VI a.C.). Questo Gran Essere distrusse l'idolatria ed alzò lo stendardo del Gran Dio, il Dio Unico, il Verbo solare: Ahuramazda.
Da allora il culto solare, simbolo della Religione Divina degli Atlanti, brillerà un'altra volta in tutti gli stendardi, su tutti i troni, su tutti gli altari.
Nella sua gioventù, Zarathustra è portato per Vohumano, dio tutelare della razza ad un'alta montagna dove Ahuramazda gli consegna l'Avesta, codice sacro della nuova religione. Anche Mosè, legislatore del popolo ebreo, riceve su un monte le tavole della Legge di Geova.
Anche nella morte si questa nuova religione si chiarifica delle molte forme, poiché espone suoi morti su alte torri affinché gli uccelli rapaci mangino le carni dei cadaveri e le ossa siano calcinarsi al sole.
La religione iranica stabilì i due principi fondamentali del bene e del male. Il bene deve essere premiato in questa e nell'altra vita; il male deve essere punito in questa vita per la legge, e nell'altra per mezzo di pena e punizione divine.
La religione iranica apre una parentesi nuova tra le religioni ariane che avevano perso allo stesso tempo la sua primitiva armonia basata nel culto monoteistico e politeistico; se dopo, coll'andare del tempo e come tutte le religioni, anche ella si materializzò ed adorò a dei diversi, tutte le religioni successive non persero mai il vero concetto della religione della razza che è un ricordo divino rinchiuso in una forma umana.
Il circolo e la croce appaiono ovunque: l'Ank Sacro della Madre Divina brilla nel cielo di tutte le religioni della razza ariana.

 

Insegnamento 9: La Dea Assira della Guerra

Stretto tra i poderosi imperi caldeo ed egiziano, un nuovo popolo era sorto: gli assiri.
I caldei, gli assiri, i fenici, i siriani, i sargonide ed i persiani costituiscono la terza sottorazza ariana, chiamata iranica.
Le sottorazze ariane si dividono del seguente modo:
Razza Radice Ariana:
Prima sottorazza: Ariano-Aria
Seconda sottorazza: Ariano-Semita
Terza sottorazza: Ariano-Iranica
Quarta sottorazza: Ariano-Celta
Quinta sottorazza: Ariano-Teutonica (sta finendo), e
Sesta sottorazza: Ariano-Americana (sta cominciando).
Il popolo assiro era selezionato tra i caldei ariani semiti e destinato a formare per eccellenza una religione Vedica. Si era formato forte, indomito e combattente, poiché era destino d'Assiria mantenersi indipendente a costa di guerre continue perché potenze nemiche la circondavano.
È logico allora che la religione assira sia per eccellenza guerriera e personificazione dei poteri della guerra, del combattimento e della vittoria.
Asur, il Re degli assiri, è un Iniziato ariano che guida a quello popolo alla conquista di una nuova civilizzazione: la civilizzazione per mezzo della forza.
Gli assiri, sapendosi forti, non furono crudeli coi vinti, per potere imparare i suoi insegnamenti, assimilare le sue buone abitudini ed incorporare i valori costruttivi.
Asur, il Re Iniziato, si trasforma in Città Santa, e la Città Santa si trasforma nel Santuario vivo che ha per culto supremo ad Asur.
Fu attestazione di questo valore progressista degli assiri la gran biblioteca di Asur. Stavano riuniti lì documenti dell'antica civilizzazione atlante, della storia dei primitivi assiri ed il libro della profezia e della costruzione della gran piramide di Cheope. Di questa biblioteca rimangono resti delle sue tavolette e scritture su carta impermeabile nel Museo Britannico.
Come l'assira è la religione di combattimento, il Dio costruttore di lei è il Gran Re conquistatore, costruttore del regno assiro, Nino, il Vincitore. L'aspetto femminile della Divinità è rappresentato per Semiramide, la figlia divina di Derketo (o Derceto) di Ascalon.
Quando Semiramide nacque fu abbandonata; un pastore chiamato Simas la racolse e l'allevò amorevolmente e l'istruì nell'arte della guerra. Sposata con Oanes, lo seguì nei combattimenti; Nino si innamorò di lei, la strappò al marito e l'associò all'impero. Da allora ella attraversò la vita su un risplendente cavallo di battaglia, andando di vittoria in vittoria, fondando tempii, vincendo nemici, arricchendo di tesori di arte la gran Ninive. Dopo, suo figlio Ninias cospirò contro lei e quando ella lo seppe, ferita per il dolore, si trasformò in una bianca colomba che sparì nel cielo.
Il culto primitivo degli assiri era lo stesso che quello dei caldei. Adoravano al Dio Belo e gli offrivano sacrifici; ma dopo formarono un culto proprio divinizzando i suoi re o trasformando quelli dèi stranieri in dei nazionali.
Di questa antica religione non rimane al giorno di oggi resto alcuno nel mondo; ma la sua storia di grandezza religiosa, di un Dio Uno e Trino, di una punizione e di un premio dopo la morte, è scritta in tutte le religioni seguenti.
Quando il popolo assiro decrebbe e cominciò la sua decadenza, i culti primitivi, puri e forti, che imploravano la vittoria prima del combattimento o celebravano il trionfo dopo la battaglia con riti semplici e primitivi, furono soppiantati con cerimonie lussuose e sacrifici umani.

 

Insegnamento 10: Il Sole dell'Iran

Dalle rive di Oxus (Amu Darya) e Jaxartes (Syr Darya) acanto il mistico altipiano di Pamir, gli iranici discendevano verso Bactriana (Battriana o Battria) e Nizaya. Di quella moltitudine di tribù nomadi sorsero due imperi: il medo e il persiano.
I racconti delle grandi città di quelle nazioni sono arrivati fino ai presenti giorni come un sonno: Ecbatana e Persepoli.
Inutile è discutere sull'origine ariana di quelli popoli, poiché è troppo visibile la sua somiglianza nella letteratura e nel linguaggio.
Il Zend-Avesta è un'immagine dei Veda. La lingua primitiva di essi è del tipo zenzar e sanscrito, ed era raccontato nell'Avesta, libro che si perse completamente, poiché il Zend-Avesta era solo un commento del testo primitivo (Zend: Commento).
Il concetto religioso dei persiani era naturale e divino. Tutto derivava dall’aspetto Eterno, chiamato Zervani-Akerena;  l'Inmanifestato si esprimeva in un dio manifesto:  Ormuzd o Ahura Mazda. C'era anche un dio del male: Ahriman.
Il concetto che avevano della vita non era né di ben assoluto né di male assoluto, perché dirigeva per essi il più alto senso delle paia di opposte. Ormuzd non è sempre quello che trionfa, bensì periodicamente: esiste l'età del bene e l'età del male. Una cosa controbilancia l'altra. Ma il gran dio dei persiani è Mitra, immagine dell'energia cosmica.
Ormuzd, Ahriman e Mitra, formano la Trinità Sacra. Il bene ed il male passano ma l'Energia Divina rimane eternamente.
Questo concetto di adorazione al sole fa che l'immagine solare brilli sui palazzi e gli stendardi dei persiani. Tutto l'Iran è la città del dio sole.
Come risultato di questa ardente venerazione sorge l'adorazione al fuoco.
In quelli tempii risplendenti di oro, il fuoco è l'unico simbolo, l'unica immagine. Per le fiamme dell'altare predicono i sacerdoti il futuro ed attraverso il fuoco arriva loro la voce degli dèi. Mosè ricorderebbe questo quando Dio gli parlava dal rovo ardente.
Il Gran Profeta dell'Iran fu Zarathustra, la Divina Incarnazione apparsa quattro mille anni fa per rinnovare al popolo persiano decaduto. Non bisogna confondere questo profeta con Zoroastro che fu l'Iniziato che portò ai primitivi iranici da Bactriana fino all’altipiano dell'Iran.
Tutta la religione persiana è cosmogonica ed astronomica, nel suo simbolo e nella sua forma. Il Sole è la dimora delle anime felici, ma per ascendere fino a lui, le anime devono passare per sette porte, immagine dei pianeti, ma anche immagine delle tappe iniziatiche che devono scalarsi per arrivare alla liberazione o stato di Iniziati Solari.
Nessuna prova rimane della gran civiltà né del gran progresso dei persiani, poiché unicamente la storia conosce qualcosa dalla dinastia dei Sasanidi.
Anche i persiani avevano in Persepoli una fantastica biblioteca ed un museo con esemplari dei tempi più remoti degli ariani che furono distrutti vandalicamente per i grechi al comando di Alessandro.
La religione persiana è sparita già totalmente dall'Iran, ma in India esiste il Mazdeismo che è un'immagine di quell'antica religione, la seconda, dopo l'Induismo, che è arrivato fino ai nostri giorni. Ancora oggi, il sacerdote mazdeista infiamma senza toccare il fuoco sacro: colloca il lume in alto, su due pali di sandalo, affinché si accenda ed questo fuoco rimane in alcuni tempii rimane senza accendersi, aspettandosi, per anni, un raggio del cielo che l'infiammi.
Anticamente i sacerdoti persiani che dominavano perfettamente agli elementari, attraevano sull'altare un raggio del cielo affinché l'infiammasse.
Il culto al fuoco –dai persiani e gli ariani primitivi adoratori di Agni– ha passato a tutte le religioni e questo simbolo dell’aspetto naturale e divino arriverà con esse fino al fine della razza.

 

Insegnamento 11: I Sargonide

Abitualmente anche si chiama assira la seconda gran epoca assiro semita di questo popolo iranico; tuttavia, esiste una gran differenza tra queste due epoche e tra uno ed un altro popolo.
Si vide già che gli assiri erano di discendenza ariano semita che avevano assimilato ai popoli neri, primitivi, sommessi ad essi.
Crebbero e diventarono poderosi e saggi, ma venne anche per essi il tempo dalla decadenza.
Non adoravano oramai al Dio Unico, già i sacerdoti non erano i messaggeri tra l'Eccelso e gli uomini, già i potenti tempii, depositi di energia guerriera, non erano più che gallerie di statue degli dei di ogni forma e dimensione, già i re non erano i retti discendenti del mitologico re Nino, ma si abbandonavano ai vizi e la mollezza.
Nel frattempo le province semite, soggette agli assiri, erano diventati forti, odiando le abitudini pagane e desiderando ritornare al culto dell'unico e vero Dio.
Dio creò un uomo, guerriero indomito, di gran valore e forza, di nome Sargon e di origine semita.
Egli istigò ai suoi fratelli di razza contro i re regnanti; si alzò in guerra e vinse a poco a poco ai dominatori rimanendo come signore e re di tutto il territorio assiro.
Per quel motivo fu chiamato “Sargon l'usurpatore” e con lui comincia l'epoca degli assiri sargonide, di origine semita.
Questo uomo rinnovò al popolo ed alle città, fondò nuove città, schiacciò le province ribelli, distrusse gli idoli e ristabilì il culto a Dio venerato in spirito e verità.
Tutta la sua vita fino a che fu assassinato, fu di guerra e riforma. Vinse la barriera che l'Egitto e l'Elam mettevano ad Assira, e fece immensamente grande al suo regno.
Dopo la conquista di Caldea e di avere saccheggiato per la seconda volta alla Babilonia, edificò tempii di sette scalinate nei quali si venerava all'albero sacro, immagine delle sette manifestazioni eterne, e copiato dei misteri della dea Ishtar e del dio Belo della Babilonia.
Antichi pezzi di fango rappresentano al re Sargon alzato davanti all'albero sacro con la testa inclinata come se stesse adorandolo.
L'albero sacro era immagine, secondo i sacerdoti sargonide, di Dio manifestato.
La prima parte, composta di tre rami, rappresentava la manifestazione inferiore o animale; la seconda parte, rami di colore rosso, rappresentavano la vita dell'uomo; altri rami di colore celeste, rappresentavano l'esistenza dei mondi intermedi dove abitavano gli antenati guerrieri.
Gli altri rami superiori, di colore giallo, rappresentavano la dimora degli angeli o spiriti superiori. I quinti, sesti e settimi rami erano immagine del Dio Trino ed Invisibile.
Questa forte razza semita fu quella che più tardi lascerebbe i suoi insegnamenti, i suoi simboli e le sue scritture ai moabiti ed agli ebrei per mezzo dei quali arriverebbero fino ai nostri giorni.

 

Insegnamento 12: L'Ebrei

Durante il primo periodo della sottorazza iranica predominarono gli ariani puri nel governo e nella direzione dei popoli, come si vide in Caldea ed Assira. Ma a partire dal secondo periodo della sottorazza iranica, presero un'altra volta preponderanza i semiti di colore ramato, come si osserva coi sargonide, fenici, aramei, moabiti ed ebrei.
Non abbandonerebbero i semiti il dominio del mondo, specialmente in materia religiosa e spirituale fino alla crescita e sviluppo della sottorazza celtica, la quale diede popoli tanto valorosi ed ammirabili, puramente ariani, come i grechi, gli italici ed i galli.
Molti semiti si erano stanziati in diversi luoghi dell'Asia e si erano trasformati, di tribù erranti, in popoli forti, come i fenici, gli aramei e, in minore scala, i moabiti.
Ma altri respingevano questa vita sedentaria e preferivano il deserto alla città, la carpa di campagna alla comoda casa, il pane azzimo dei forni naturali ai saporiti manicaretti.
Tra gli altri popoli, anche i semiti, si abituava sminuzzare alla Divinità, dandogli diversi aspetti e forme.
Ma questi puri figli della sabbia e delle rotte interminabili non avevano, nella sua mente semplice bensì un unico concetto di Dio: Eloh, lo spirito, l'invisibile, la forza sconosciuta, quello che non potevano definire.
Questi nomadi traci, si divisero in diverse tribù, forse le dodici tribù dell'Israele. Ma quelle che presero preponderanza sugli altri furono quelle del Ben-Israele e Ben-Jacob.
Questi nomadi che gli assiri ed i Caldei chiamavano Hibrim, che vuole dire Ebraici, cioè, quelli che vengono di aldilà il fiume, avevano un culto altissimo alla conservazione della propria razza e della purezza del sangue.
Essi erano i discendenti degli atlanti, erano quelli che per secoli e secoli avevano dovuto lottare per mantenere intatto il sangue che doveva essere trasmesso alle generazioni posteriori per formare il nuovo tipo di uomo.
Avevano avuto la missione ancestrale di mantenere nel mondo il tipo fisico della nuova razza che avevano generato dei suoi ascendenti atlanti.
Questa forza del mantenimento della razza si manifestava con un'intolleranza assoluta a mescolare il suo sangue con nessuno che non fosse della sua tribù.
Questo concetto sottocosciente degli ebrei, della conservazione della razza, si è trasmesso attraverso il tempo fino al giorno di oggi e molti patimenti hanno dovuto sopportare e sopporteranno per seguire l'istinto della razza.
La religione dell'ebreo primitivo era completamente semplice ed ampia.
Mentre le carovane ed i cammelli continuavano lentamente ad attraversare i cammini che portavano verso l'Eufrate o per i sentieri di Siria o dell'Antilibano, elevavano le sue preghiere all'Onnipotente, con alcune lente canzoni ritmiche, analoghe allo iasar degli israeliti ed al kitab-il-aghani degli arabi.
Di tardi in tardi si stanziavano ed accampavano vicino ad un'oasi e, prima di seguire lentamente la sua marcia, alzavano una pietra commemorativa chiamata “Iad”, o, se non trovavano una gran pietra, univano mucchi di pietre che ancora al giorno di oggi gli arabi del deserto chiamano Il Galgail.
Il vento che alzava enormi dune e fischiava per giorni e notti attraverso le carpe, il raggio, che feriva implacabilmente i suoi bestiami tanto amorevolmente guidati, la luna che tracciava i suoi sentieri con una frangia di luce proiettata sulla sabbia, il cielo stellato ed il sole bruciante, erano per essi il “Eloh”.
Invece di dividere questi elementi e dare diversi nomi ed attributi, li assimilarono tra sé, unendoli in una sola espressione di potere soprannaturale, “Elohim”, che è allo stesso tempo il Dio Uno ed i poteri di Dio insieme in Uno.
Questa semplicità di culto che avevano praticato i primitivi egiziani, caldei ed assiri perdendola gradualmente col tempo e col progresso, aveva gettato le basi del concetto monoteistico tale quale perdura ancora nel mondo.
Geova è nome dato a Dio in tempi posteriori, quando questo Dio Uno diventa più materiale e più unito ai destini del popolo israelita.
Gli ebrei non avevano mitologia poiché la semplicità del suo culto non l'ammetteva; né un culto propriamente detto poiché portavano con sé nel Terafin od arca portatile l'olio che abituavano rovesciare sulle pietre ricordative.
 Solo una volta che si erano stanziati in Palestina, dopo le cattività dell'Egitto e Babilonia, gli ebrei ebbero culto e tempii.

 

Insegnamento 13: La Religione di Mose

Gli atlanti possedevano una religione divina che, considerando l'Assoluto come fonte di tutte le cose ed unica realtà, disprezzava considerare la vita fisica e la finalità dell'uomo dopo la morte.
Ma questo concetto, nelle ultime sottorazze atlanti in piena decadenza, si trasformò in un materialismo totale.
I semiti, eredi di quella religione, avevano lo stesso concetto dell'uomo. Dio è Tutto, l'Assoluto, Quello che non può nominarsi, Quello che abbraccia tutte le cose; ma l'uomo è passeggiero.
A differenza degli ariani che credono in una vita dopo la morte, che credono nei “Pitris”, protettori invisibili della razza, i semiti e specialmente gli ebrei non credono che l'uomo sussista più in aldilà; basta loro avere una vecchiaia venerabile e rispettata, basta loro che il suo nome sia pronunciato con venerazione dopo la morte e che il ricordo del patriarca sia perpetuato nella sua razza.
Aldilà non c’è più che niente, il silenzio eterno, quello che l'uomo non ha diritto ad investigare. Nel più straordinario dei casi, alcuni uomini scelti saranno portati, ancora con vita, verso i regni di Dio per vivere vicino a Lui.
Le tribù nomadi degli ebrei, o per meglio dire alcune di esse, si erano stabiliti nel basso l'Egitto e tanto si stanziarono lì che presero nome proprio poiché erano denominati Ben-Josef. Presero predominio sui Ben-Israele ed Ben-Jacob e li attrassero verso sé dominandoli dopo e mantenendo su essi un predominio aristocratico.
Ma le frequenti invasioni nomadi debilitarono all'Egitto ed ai Faraoni, e periodiche rivoluzioni interne erano suscitate da questi stranieri nelle province faraoniche.
Un giovane Levi ascritto al servizio del culto egiziano, chiamato Mosè, alzò agli ebrei contro i Faraoni e dirigendo questo popolo li indusse a fuggire verso il deserto da Canaan.
Niente prese il popolo ebreo del culto egiziano poiché fu sempre considerato riprovevole in Giudea tutto quello che ricordasse l'Egitto: il vitello di oro, il serpente di bronzo ed altri idoli. Solo mantennero il sacerdozio egiziano copiato dei Levi.
Tutto il culto ebreo, come già si è visto, è basato nei culti di Caldea ed Assiria. Tuttavia il culto puro primitivo degli Elohim che era culminato nella bella figura patriarcale di Abramo e che era unicamente monoteista universale, si trasforma a poco a poco in un monoteismo razziale: Yahweh; il Geova degli ebrei, non è già il Dio Eterno che tutto l'abbraccia bensì è il dio peculiare del nuovo popolo, un dio ridotto ad una stretta frangia di terra, ad un breve numero di uomini, ad una relatività personalista.
Man mano che questo popolo si stanzia in Canaan e si istituisce come tribù fissa condensa più in sé a questo dio individuale.
Diventa sempre di più oscuro il concetto spirituale degli ebrei nonostante il regno di David ed il Tempio di Salomone; quando più continua a progredire lo splendore terreno, più diffonde il materialismo tra essi.
Ma il dolore ed i profeti svegliarono a questo popolo per mantenere attraverso le razze l'eredità della religione semita.
Nella cattività della Babilonia, lontano da Gerusalemme, lontano dagli splendori della Palestina e della grandiosa solennità del suo Tempio distrutto, pensarono altra volta all'immensità vera di Dio ed a ascoltare le parole di vita eterna dei suoi profeti.
Ritornati a Gerusalemme, per volontà di Ciro, il Gran Re di Persia, ristabilirono il culto più puro. Esdra riunisce le perse e sparse leggi del popolo, ed amplia e stabilisce definitivamente la Torah.
La vita spirituale fiorisce e filosofie ed uomini di religione proclamano l'esistenza dello spirito dopo la morte.
I sadducei, posteriori, sono i materialisti, mentre i farisei sono gli spiritualisti dell’Israele.
Non considerano solo la lettera morta della legge ma studiano la sua parte esoterica e nascosta. E quando i Cristiani nascenti vollero impadronirsi dei libri sacri degli ebrei non ebbero problema in cederli, dando così la lettera morta ai Cristiani ed occultando la parte esoterica che ebbe un bel riflesso nel Talmud.

 

Insegnamento 14: I Grechi

Nelle isole Egee cresceva un popolo barbaro, discendente degli ariani puri, che doveva essere il germoglio della sottorazza celtica, e fondatore della Grecia.
Sembra che il destino lasciasse nella più profonda oscurità ed abbandono ai popoli che dovevano essere fondatori di grandi razze e di dinastie gloriose.
Questi popoli semiselvaggi non conoscevano scrittura, arti né sistema sociale perché vivevano completamente in contatto colla natura, praticando una religione puramente umana ed esterna, resto della primitiva religione ariana.
Tutte le forze della natura, tutte le manifestazioni della vita, si trasformano per essi in divinità. Questo popolo non ha il concetto di un Dio Unico, né di un re onnipotente sulla terra, come l'ebbero i semiti e gli egiziani col suo Faraone. Si costituiscono in clan e Grecia non fu mai la più grande che quando si governò come repubblica.
Con queste tribù egee, ioniche e doriche si forma la nuova Grecia.
I suoi più antichi ricordi sono raccontati in due epopee nazionali: l'Iliade che descrive la distruzione di Troia, e l'Odissea che canta le avventure di Ulisse.
Grandi città sorgono attorno ai tempii dalle distinte divinità ed allo stesso tempo sono teste religiose e legislative di questi popoli; tra esse: Atene, Sparta, Corinto, Tebe, Samos e Mileto.
Col suo progresso, la Grecia si estende fino alla parte meridionale dell'Italia, chiamata Magna Grecia.
Il dio di essi, Zeus, figlio di Rea, li ispira quello sentimento di forza che deve vincere ad ogni costa. Demeter, la dea della terra e della fertilità, assicura loro il frutto del lavoro ben fatto. Afrodite, la dea dell'amore, nata delle bianche schiume del mare, concede il diritto al piacere ed alla vita. E l'Olimpo, monte di Macedonia, si trasforma nel paradiso, dove abitano i suoi molti dei e dove la gioventù e la felicità sono perenni.
Dopo avere vinto ai persiani, diventano sempre di più forti e grandi ed in tempi di Alejandro, figlio del re Filippo di Macedonia, lo splendore dei celtici sta nel suo apogeo.
Alessandro fondò una città su Egitto che sarà la sede del nuovo impero dei Tolomei e fonderanno lì il museo e la biblioteca più grandi e ricchi di eruditi ed storici documenti che abbia visto l'Umanità.
Man mano che la Grecia si va ingrandendo, continua ad acquisire conoscenza dell'unità di Dio. Si trova sempre l'umana e divina religione. Di lei usciranno i filosofi più grandi: Socrate in primo luogo, il quale, per credere in un Dio Unico, fu condannato a morte; e dopo il suo discepolo Platone che tanto meravigliosamente affermò l'esistenza di un ente supremo e spiegò il significato nascosto delle distinte divinità greche.
A questo seguirono Aristotele, Senofonte e molti altri.
Ma il riassunto glorioso della saggezza greca sta sintetizzata in Pitagora. Egli spiega il senso Vedico dell'eternità e l'aspetto creativo dell'universo con un'esattezza matematica.
Nessuna religione come la greca espressa la purezza e la semplicità del culto primitivo degli ariani. Le forze naturali che continuano a prendere corpo a poco a poco, trasformandosi in persone vive e divinità, sono di una bellezza tale, che migliaia di anni dopo essere sparito i grechi e la sua religione, seguono vivendo nei trattati dei suoi filosofi studiati fino al giorno di oggi e nelle attestazioni artistiche che immortaleranno quelle leggende.

 

Insegnamento 15: Gli Dèi Grechi

Il culto vero con dèi, immagini e cerimonie, comincia nell'antica Grecia, nel periodo chiamato miceneo. Ma gli idoli grechi non hanno il suo apogeo bensì nell'età ellenica.
L'età ellenica è costituita per le dinastie degli eoli, ioni e dorici. L'unione di queste tre forze arricchisce all'antica Grecia in religione, poesia, scultura e musica, perché il culto ellenico è un risultato delle belle arti e non sono le belle arti un risultato del culto come in altre religioni.
Ogni forza, ogni spinta, ogni atto di prodezza, si unisce alle arti e crea un dio.
Può osservarsi   questo nella nascita della mitologia dei popoli. Crono e gli antichi Titani sono la civiltà in pannolini, la cultura nei suoi principi, perché di questo popolo ignorante e forte sorge Zeus, il gran dio. È già un dio simbolo di forza, di ordine, di vittoria, di una legge costituita per il progresso ed ingrandimento dei grechi.
Nell'Olimpo, dove egli regna, riunisce alla sua periferia alle tutte divinità: dell'aria, del mare, della terra, del cielo e dell'inferno. Egli è l'Assoluto che rinchiude nel suo pugno invulnerabile, nella sua volontà infrangibile, tutte le forze umane e divine, come sognavano essere gli ellenici un popolo unico che dominasse a tutti gli altri e li avesse sotto il suo dominio per mezzo della persuasione, della forza e di tutte le arti.
L'impero della Grecia, come si vede, non è morto ancora nel mondo.
Zeus divide il suo regno celestiale coi suoi fratelli Poseidone ed Ara. Hera (od Era), sposa e gemella del Dio, è simbolo del potere potenziale e manifesto; una moltitudine di figli aiutano a regnare ai severi dèi.
Pallas (o Pallade) Atenea è la dea della forza e della guerra; protegge ad Atene ed agli studiosi poiché nacque da un pensiero ispirato di Zeus.
Febo, dio della luce solare, simbolo dell'energia vitale dell'astro re, fiorito di bellezza e di grazia, portando la saetta e la lira, ferisce ai desiderosi di sapere e piace loro con l'ispirazione della poesia, della musica e delle belle arti.
Artemide è la sorella del sole, simbolo della notte chiara, della luna, delle campagne coltivate, dei cacciatori; protegge e regola la vita fisiologica della moglie.
Hermes, simbolo di Cristo, simbolo del figlio di Dio, è venerato come messaggero degli dèi; protegge alla gioventù, promessa futura del paese ed infine salva le anime guidandole alla magione della pace.
Hephaistos è il Dio del fuoco; nessuno come egli ha l'abilità di lavorare i metalli, simbolo del fuoco mistico e della corrente vitale generatrice degli esseri, immagine della Kundalini indù; senza di Lui, senza il gran potere, Afrodite, la dea della bellezza, dell'amore e della generazione, non potesse dare vita agli uomini. Hephaistos è l'unico, il legittimo consorte, malgrado ella abbia altri amanti, perché il potere generatore è uno nel suo aspetto fondamentale.
Ara è il dio della guerra violenta, odiato per gli altri dèi. Hestia è la protettrice della casa, è l'angelo della guardia, il mite San Giuseppe dei cattolici.
Poseidone, immagine della materia istintiva, è il sovrano delle acque e del mare, delle tempeste e dei terremoti; porta nella mano un tridente, simbolo del potere degli elementari o del triangolo inferiore: mente istintiva, energia originale e materia rozza.
Demeter, sorella di Zeus, è la madre terra; verrebbe ad essere lo spirito della terra che dà vita alla natura, fa fiorire gli alberi, feconda i raccolti ed arricchisce le viti.
Ma il dio del vino come simbolo di baccanale, di dimenticanza, di piacere astrale, è Dioniso o Bacco.
Non sono questi gli unici dèi nell'Olimpo ellenico perché gli seguono una quantità di dèi minori come essere le tre Parce, simbolo delle dee del karma, le nove Muse e le tre Cariti (Grazie), simbolo della grazia e della bellezza.
I grechi divinizzarono anche gli eroi, ma il vero culto si sforzava di trovare al Dio Unico dietro tutti gli aspetti di ogni divinità.
Senofane, il gran filosofo, deplorava il concetto del volgo di adorare al simbolo esterno degli dei e dimenticare al Dio Uno, Quello che non ha né corpo né forma, ma è pura essenza.
La poesia aiutò molto ad arricchire il culto coi canti nuziali, funerari ed epici.
Già da prima che il divino Omero scrivesse la sua Odissea, sono ricordati i nomi di grandi poeti come essere: Lino, Imeneo, Museo, Orfeo ed Anfione.
Tutte le arti, come già si è detto, furono creative e collaboratrici del culto.

 

Insegnamento 16: Arti e Filosofie

Nessun paese arrivò nelle arti e nella filosofia tanto alto quanto il greco, a tale punto che sarà difficile superarlo.
Questa civiltà, nata tra le colonne delle sette scienze, toccò ed approfondì tutte le conoscenze, scoprì e sintetizzò tutte le bellezze e diede un nuovo senso alla vita mediante la poesia, la letteratura e la filosofia.
È impossibile enumerare tutti gli artisti del periodo arcaico perché sono numerosi; tra essi può ricordarsi a Solone che oltre a poeta, dettò le leggi di Atene e fu uno dei sette saggi di quelle epoche eroiche. Né può dimenticarsi Saffo, la meravigliosa poetessa dell'amore che cantò i piaceri della vita con tanto delicati accenti come molto pochi poterono farlo dopo.
Ma il lirico più grande della Grecia fu Pindaro i cui poesie sono arrivate frammentariamente al giorno di oggi. Come essi, molti:  Eschilo, Sofocle, Euripide, Epicarmo ed Aristofane.
Né bisogna dimenticare ad Esopo, l'autore delle prose satiriche, né ad Erodoto, lo storiografo.
Ma quello che più arricchisce al sapere Greco è quella legione di uomini studiosi ed ammanti della verità: i filosofi.
Con Senofane comincia quella colonna di saggi meravigliosi. Questo scriveva già allora altamente sull'origine dell'Universo ed il concetto della divinità.
Ma nel periodo attico è quando germogliano i filosofi come fiori.
Il più antico è Tale di Mileto chi basò la sua filosofia nello studio della fisica, della geometria e dell'astronomia. Considerava l'acqua come il principio originario di tutte le cose naturali.
Alla sua scuola appartengono Anassimandro ed Anassimenes, oriundi di Mileto, che consideravano l'universo, oltre alla sua composizione fisica, come risultato di un elemento più sottile, sconosciuto che chiamavano “Massa concreta infinita”.
Eraclito di Efeso appartenne anche alla scuola fisica ed attribuiva agli elementi uno spirito divino.
In quello tempo stava Senofane, il filosofo monoteistico che odiava le immagini e sembra un predecessore degli iconoclasti.
Ma la scuola filosofica che raggiunse più alto rilievo fu l'italica, diretta per Pitagora. Egli fu, innanzitutto, un gran matematico che applicò i fondamenti della matematica e dell'algebra all'universo e le leggi metafisiche. È uno dei primi che espressero l'idea della metempsicosi o reincarnazione.
Leucippo di Elea fondò una filosofia atomica sostenendo che l'anima dell'uomo è un risultato causale ed energetico del raggruppamento atomico cellulare.
Empedocle vuole sintetizzare lo spirito colla materia. Per quel motivo immagina l'universo come due grandi correnti che creano la manifestazione della vita confondendosi tra sé.
Il primo in dividere gli elementi e raggrupparli fu Anassagora; lo fece anche Ippocrate, il filosofo medico.
Ma le filosofie greche erano decadute e più e più materializzate più fino ad arrivare alla sofistica e la sua scuola.
Fu allora che sorse Socrate, il gran filosofo dello spirito.
La sua opera la completò il suo discepolo Platone, fondatore della scuola accademica che lasciò un numero grande di opere scritte nelle quali si vede chiaramente il suo profondo senso spiritualistico ed esoterico.
Da allora cominciano i filosofi a volare per gli spazi della mente ed a cercare le sottili questioni degli aspetti imponderabili.
Aristotele è il filosofo delle idee, della mente, delle concezioni spirituali, del senso statico della vita, fondatore della scuola peripatetica.
Mentre queste scuole spirituali si diffondevano, altre due scuole erano nate ad Atene: l'epicurea e la stoica.
Epicuro, fondatore della prima, insegnava ai suoi discepoli che gli dèi non si occupano dei temi umani e che l'uomo è nato per godere saggiamente dei piaceri della vita, soddisfacendo con retto equilibrio i suoi desideri, rifiutando il dolore e l'inquietudine, e che non bisogna temere la morte perché non è più che una dissoluzione del corpo.
La scuola stoica fu fondata da Zenone di Cipro e sosteneva che la felicità dell'uomo consiste unicamente nella virtù, in dominare completamente le passioni. Tutta la morale cristiana è basata in questa scuola che considera l'anima umana come una parte e non come un'emanazione della divinità, e che il bene supremo consiste in potere ausiliare ai simili.
Gli ultimi filosofi grechi, chiamati del periodo romano e molto influenzati per la grandezza di Roma, furono Giamblico, Eliodoro, Dionisio e molti altri. Tra essi è alcuni cristiani appartenenti alla scuola neoplatonica come essere Giustino, Orìgene, Basilio ed Eusebio.
È degno di nominarsi il gran filosofo di Alessandria, Ammonio Sacca, fondatore della scuola esoterica neoplatonica e maestro della vergine Hypatia, quella gran donna alessandrina che fu lapidata per una torba di cristiani ignoranti.
Basilide apparteneva anche a questa scuola, e si può dire che con essa perì quella legione magnifica di filosofi grechi fondatori di tutte le scuole che ancora reggono nel mondo con lei.

 

Insegnamento 17: I Romani

La Selva Nera era abitata per una tribù nomade di ariani primitivi, i quali, attratti per un clima benigno dell’Hesperia, discesero per l'attuale Brennero (Bolzano) fino ai paesi veneti e da lì si addentrarono fino al centro dell'antica Saturnia.
Fondarono lì una fiorente comunità costituita su clan, vivendo del pascolo, della caccia e della pesca.
La sua religione era come quella di tutti gli ariani, puramente naturale.
Adoravano agli elementi e le sue manifestazioni; i suoi sacerdoti predicevano il futuro per il volo degli uccelli, per il suono del vento tra i rami degli alberi e per la forma delle fiamme del fuoco sacro.
Di lì sorse il poderoso popolo dei raseni (o rasni) che si chiamerebbero etruschi col passo dei secoli, popolo de una straordinaria civilizzazione come ancora lo dimostrano oggi i resti di monumenti scoperti negli scavi di quelle città perse.
Ma altri popoli, di origine semita, e specialmente quelle tribù che dopo si chiamarono liguri, invasero la penisola italica distruggendo i suoi antichi abitanti ed imponendo le sue leggi e religione, di origine egiziana e divina.
Comincia allora il culto agli antenati e la trasformazione dell'eroe e del capo morto della tribù, in Dio.
L'origine degli antichi romani è completamente mitologica e basata nelle credenze di tutte le antiche religioni ariane, un dio fatto uomo.
Rea Silvia, sacerdotessa del culto del fuoco o solare, si sposa segretamente col Dio Marte e è madre di Romolo e Remo. I due bambini sono costituiti per una manifestazione umana e divina. Abbandonati nel fiume li raccoglie un pastore e li allatta una lupa, simbolo questo della discesa delle anime pure ai mondi inferiori, per conquistarli.
Romolo, dopo avere ammazzato al suo fratello, fondò un paese di fascinerosi che impiantarono un regno a forza di braccio e di sforzo.
Per quel motivo, come gli assiri, la sua religione si basa sulla forza, il potere, la guerra, l'ordine, la legge ed il militarismo.
La suprema religione dei Romani è il valore, la vittoria nel combattimento e l'ingrandimento del suo popolo.
L'unico Dio, l'unico sacerdote, è il re che li governa o il dittatore o l'imperatore. Non hanno un altro dio che quell'orgoglio indomito che non li ferma mai né lascia riposare.
L'Aquila è dovuta essere la prima immagine religiosa dei romani, perché come lei, vollero alzare sempre più alto il volo.
Dopo essere diventati grandi e di estendere straordinariamente i suoi domini, col contatto dei grechi che avevano il senso innato della religione e della mitologia, scelgono dei.
Non ebbero mai i romani dei propri bensì rapiti e copiati dell'Olimpo ellenico. Giove, re del cielo, è lo Zeus di Atene, Venere è Afrodite, Marte è Ara, Apollo è Febo, Vulcano è Hephaistos, e così via.
Ma col culto e l'imitazione degli dèi grechi, decadde il concetto del culto familiare, del culto primitivo, e la grandezza di Roma fu socavata così.
Il popolo romano fu specialmente molto superstizioso o molto scettico, e come era tale il suo potere ed splendore, attraeva verso sé tutti i culti delle altre religioni esistenti.
Nel tempo dell'impero erano innumerabili le sette che esistevano a Roma, a volte con molto discredito ed impiccolimento degli dèi propri e del suo culto. Era di sperare, quindi, una reazione come quella che succedè nel tempo dei cristiani.
L'Impero romano aveva tollerato tutto ed aveva ammesso a tutti gli dèi nel suo panteon; ma non poteva rinunciare a divinizzare l'uomo che li governava perché sul potere quasi divino dei soldati che lo dirigeva sta il sostegno ed assemblaggio di tutto l'impero. Di lì la persecuzione violenta che si liberò contro i cristiani che negavano quella divinità fondamentale dell'impero.
I romani né in scienza né in filosofia furono ricchi perché adattavano i filosofi grechi e le scienze straniere stimando la guerra come supremo interesse ed unico anelo dell'uomo.
Può dividersi il periodo religioso romano in tre tappe:
1) Quello del culto naturale e familiare del popolo guerriero che fu la tappa di massima fioritura.

2) Il periodo di adozione degli dei grechi che fu di insediamento dell'impero.
3) Il periodo cristiano che fu di rapida discesa nel gran impero delle aquile.

 

Insegnamento 18: Il Celeste Impero

Chung-Ku, il centro della terra, il luogo incommovibile che le acque degli scismi continentali non strapparono totalmente, conservò come una reliquia un gruppo di uomini lemuri che si adattarono al clima dei nuovi continenti, vinti e dominati per i neri atlanti ed istruiti allo stesso tempo per essi. Ancora sussistono colla nascita della razza ariana; non muoiono, bensì si trasformano e si adattano; e così abbiamo l'uomo giallo di piccola statura, occhi allungati ed idiosincrasia caratteristica, come una reliquia vivente della persa razza lemuriana, sfumata dentro la razza ariana.
Le origini della civiltà della Cina (Chun-Chin) si perdono tra le nebbie dei tempi vedici, poiché Vede furono le tribù che si stanziarono sulla rocca di Chung-Yang, vincendo ai suoi primitivi abitanti, assimilandosi ed acclimatandosi con essi.
Questo paese che si estende dal Tibet fino al mare Giallo, ha conservato migliore che nessuno il concetto di una religione divina, poiché a somiglianza degli egiziani vedi nell'imperatore all'essere supremo. Egli governa gli uomini ed gli dèi; il Panteon degli dèi cinesi è soggetto nella sua categoria agli ordini dell'imperatore; di lì il nome di questo regno: Celeste Impero.
L'imperatore più antico e reale, poiché le anteriori dinastie sono unicamente miti e leggende, fu Yu della dinastia degli Hia.
Egli alza città, organizza eserciti, combatte ai suoi nemici ed esce sempre vittorioso delle sue imprese.
Da allora datano gli annali cinesi che sono codici perfetti nell'ordine sociale, morale ed economico.
Può risalire questa dinastia a mille cinquecento anni prima di Gesù Cristo. I suoi successori ingrandirono i suoi domini e circondarono le sue terre di un'immensa muraglia che sussiste ancora come reliquia della grandezza la Cina.
Ma chi trasforma la grandezza imperiale la Cina in religione è Confucio.
Trasforma l'ordine militare in filosofia pratica: obbedienza al re, in devozione filiale, come deve il figlio al padre, l'uomo a Dio. Stabilisce una disciplina che deve cambiare il dolore umano in una felicità continuata; ma, affinché questo sia possibile, è necessario che il dirigente, il capo, sia perfetto ed adatti la sua vita ad una stretta morale.
Il libro degli Annali, scritto per lui, si trasformò in codice, in testo religioso che è ancora guida dell'alta aristocrazia cinese.
Ma la religione di Confucio non si occupa della vita dopo la morte, perché è puramente materialista. Tutta la sua finalità consiste in proporzionare all'uomo una vita più felice e comoda.
Il filosofo, il gran iniziato cinese della metafisica è Lao Tse. Egli insegna agli uomini la scienza dell'anima; dice che tutto quello che vediamo è la manifestazione di un principio sublime, nascosto e fondamentale, e che la gioia vera è cercare quella verità unica che può restituire l'essere al suo stato primitivo.
Yang, il principio maschile e Yin il principio femminile sono le due forze energetiche che mantengono all'universo.
Lao Tse lascia nella Cina un numero tale di discepoli che formano un vero esercito ed una religione che sussiste ancora oggi, chiamato Taoismo. Tao significa sentiero, la religione; ma col tempo la religione taoista perse i primitivi concetti di spiritualità pura e si trasformò in una religione magica. Il sacerdote taoista è quello che allontana agli spiriti cattivi, consacra ai Mani familiari, fabbrica amuleti e reliquie ed il liquore estratto della pesca che è come un elisir di vita, uno stimolante per ringiovanire.
Ma la religione che più si diffuse nella Cina fu il Buddismo, benché oggi predomini lo Scintoismo che è una sintesi delle tre e, tuttavia, è indipendente basandosi sul culto al fuoco. L'imperatore professa questa religione perché è la sintesi delle altra tre; l'aristocrazia segue le leggi di Confucio, i sacerdoti ed i saggi quelle di Lao Tse, il popolo è buddista.
L'uomo giallo tende su tutte le religioni alla conservazione della sua millenaria religione che è la più perfetta sintesi delle due grandi religioni, aria ed atlante, intrecciate, della vera religione eterna: Celeste Impero delle Anime.

 

Insegnamento 19: Il Buddismo

L'India aveva degenerato la sua religione di tale modo che si era trasformato in una pura idolatria esterna.
Le caste superiori tiranneggiavano al popolo infondendo terrore religioso. Fino alle immagini degli dèi, di aspetto orribile, con teste di mostri e posizioni macabre, non infondevano amore né venerazione, bensì superstizione e panico.
Come dopo un temporale terribile si calmano le acque e brilla il sole, così, in mezzo alla decadenza induista, sorge nel firmamento dal mondo quale sole risplendente, la religione di Buddha.
La religione ariana degli indù, troppo intrisa di materialismo, sarebbe soppiantata per una nuova religione di carattere monoteistico.
È verità che questo svegliò il cuore dell'antica religione dei Veda, che vedendosi frustata per la nuova fede, cercò di ristabilirsi nella sua pristina forma; ma ugualmente lasciò un solco profondo nel mondo delle religioni universali.
Il Buddismo sta tanto strettamente legato alla figura del suo fondatore che è impossibile parlare di uno senza ricordare all'altro.
In Kapilavastu, piccolo regno del Penjab, nacque il principe Siddhartha, nona incarnazione del dio Vishnu. Sua madre, Devaki Maya, muore dandogli alla luce ed egli rimane a cura del re, suo padre, e dei saggi del regno. Cresce senza conoscere le miserie del mondo, tra le comodità del suo palazzo. Giovane, di venti anni, prende per moglie ad una principessa vicina, essendo molto pronto padre da un bambino.
Ma sulla fronte del bel principe galleggia una nuvola di dubbio infinito: il desiderio di conoscere la vita tale quale è.
Per quel motivo, un giorno esce nascosto dal suo palazzo e vedendo che gli uomini soffrono, invecchiano e muoiono, decide di abbandonare la sua corona e la sua famiglia, per cercare il segreto della felicità eterna.
Di principe si trasforma in Sannyasi che, mendicando il suo pane, percorre le strade polverose alla ricerca dell'Arcano.
Segue quello verso lo studio e della conoscenza, prova gli esercizi asceti tantrici, riduce per la penitenza il suo corpo ad uno scheletro, ricorre alle prove dell'amore mistico, ma non trova il segreto. È allora quando, sotto il sacro albero Bo, riceve la suprema iniziazione e scopre il perché della sofferenza dell'uomo, l'attaccamento è la causa del dolore della vita, della morte e del ritornare a rinascere. Quando l'essere non ha già desideri, quando la rinunzia è assoluta non soffre più, non viene più alla terra e trova l'eterna felicità rifacendosi nel No Assoluto.
Da quello giorno comincia la sua missione nella terra: insegnare agli uomini il sentiero della felicità, il sentiero retto.
Come una reazione prodotta nelle coscienze religiose molestate per i molti simboli, cerimonie e leggi, si alza poderoso il semplice Buddismo, trascinando la moltitudine.
Per dove passa Buddha, sorgono gli adepti a migliaia. E, come non seguire una religione tanto chiara e semplice?
Diceva che gli uomini erano tutti uguali e con questo dava un colpo mortale all'induismo, tanto afferrato alla divisione in caste. Diceva che Dio è il substratum di tutte le cose e con quell'abbatteva ed ammazzava d'un colpo agli dèi millenari. Diceva che l'opera retta è l'unica che deve l'uomo eseguire, distruggendo così un'altra credenza fondamentale dell'antica religione che fondava piuttosto il frutto della vita futura sull'aiuto divino che nella retta condotta.
Come cima di perfezione metteva Buddha al celibato; per quel motivo andavano dietro di lui colonne di monaci che avevano abbandonato tutto nel mondo per sentire e praticare la sua parola. Un giorno suo proprio figlio lui arriverebbe per chiedergli essere ammesso nella sua comunità.
Non può immaginarsi l'odio che suscitò la dottrina di Buddha tra i bramini. Ma con l'odio nacque il desiderio da rivaleggiare con lui; fu come una controriforma induista.
Sorsero uomini, tra le distinte sette induiste, che compresero che non poteva combattersi ad uomo tanto illustre, né la dottrina tanto utile bensì colle stesse armi. Compresero la necessità di ritornare alla fonte primitiva della sua religione, di bere nelle pagine dei Veda le verità eterne che avevano dimenticato, per applicarle un'altra volta e professarle nei suoi tempii e cerimonie. In una parola, il Buddismo svegliò la coscienza dell'India, portò la parola di libertà agli uomini che fino allora si erano sentiti schiavi e stimolò la riabilitazione dei Veda primitivi.
Ma non fu in India dove doveva stanziarsi il Buddismo. Morto Buddha, ottuagenario, nelle braccia del suo discepolo Ananda, cominciarono un'altra volta le lotte e non finirono fino a che, due generazioni dopo, i Chatrias, guidati per i Bramini, distrussero tutti i buddisti dell'India e spianarono quella religione in tutto il suo suolo. Ma il sangue dei martiri è sempre seme di nuovi trionfi; la religione di Buddha non era morta: era stato solo trapiantata ad altre terre più fertili e più necessitate del suo aiuto spirituale.

 

Insegnamento 20: Il Buddismo Giallo

Duecento cinquanta anni prima di Gesù Cristo alcuni missionari buddisti si addentrarono nella Cina per predicare la dottrina dell'Eccelsa.
Furono ricevuti lì molto benevolmente e la nuova dottrina si fuse molto rapidamente colle antiche religioni esistenti.
Sulla semplice dottrina di Buddha si alzò tutto l'edificio della nuova religione, coi suoi dogmi, la sua moltitudine di dèi, le sue cerimonie ed i suoi monasteri, alla testa dei quali stava il divino Siddhartha.
Un'infinità di Iniziati del Fuoco propagavano la religione buddista, presentando al volgo gli insegnamenti esoterici sotto i veli dei simboli e le immagini.
Innumerabili monasteri si alzarono e furono culla di saggi, fedeli conservatori di testi antichi e libri di scienza.
I monaci cavavano la sua cella nel cuore stesso della montagna e vivevano lì come uccelli solitari, alimentandosi unicamente del discorso e della Saggezza Eterna. Ma era necessario un centro, un luogo inaccessibile al volgo, dove potessero gli scelti mantenere gelosamente i segreti della scienza della vita materiale e spirituale.
Per quel motivo scelsero le montagne del Tibet, per essere i più inaccessibili e nascoste agli occhi dell'uomo. Lì nessuno li vedrebbe, né il rumore arriverebbe lì, né il tamburo di guerra, né lo scontro dei cambiamenti di civilizzazione.
Così si fondò Shamballa, la sublime città di Lhassa.
Infinità di monaci vivevano lì conservando nella sua pristina purezza la dottrina esoterica di Buddha.
Nel Tibet, coi suoi monaci mistici dedicati solo alla contemplazione e lo studio, coi suoi sacerdoti secolari dedicati al culto esterno, si formò un culto teocratico diretto per la potestà religiosa. Ma come tutte le cose decrescono, decrebbe anche la vita spirituale del Tibet e si abbandonarono i monaci alla pratica della magia nera, fino a che un eccelso essere, Tutuguta, si proporsi riformarla.
Ci furono lotte accanite; epoche in cui prevalse un bando ed altro fino a che trionfò il bene e furono sconfitti i monaci perversi.
Fino al giorno di oggi non ha cambiato il Tibet. Conserva sempre intangibile la sua religione. I Lama di cuffia gialla sono i conservatori della dottrina esoterica. Un eccelso essere li dirige: Dalai-Lama che è avuto come espressione stessa di Dio. Elena Petrovna Blavatsky racconta in "Iside senza veli" che assistè in un monastero buddista alla trasmigrazione dello spirito di un vecchio Dalai-Lama al corpo da un bambino di due anni.
I Lama di cuffia rossa sono quelli che persero la vera dottrina e praticano la magia nera e la prestidigitazione.
L'illustre medico americano Bernad è ritornato recentemente del Tibet, dove riuscì a vivere per tre anni in contatto coi lama ed il popolo tibetano e racconta come quelli monaci, lontano dal mondo, appartati di tutta civilizzazione, hanno mantenuto puro il concetto della religione, come conoscono alla perfezione certe leggi fisiche ancora ignorate per i saggi dei nostri giorni, spiega come praticano la levitazione, la telepatia, i viaggi a lunga distanza in corpo astrale e come possono fermare i battiti del cuore e regolare la circolazione del sangue.
Come in un'oasi in mezzo al mondo, il Tibet, ombelico del mondo, centro di forza del nostro pianeta, ha mantenuto un'antica religione in suo pristino potere e bellezza.

Insegnamento 21: I Germanici

Come persi nell'immensità delle steppe di neve dei paesi nordici, nell'attuale Scandinavia, viveva una tribù di ariani puri sopravvissuti della gran ecatombe della migrazione.
Erano uomini di rossi capelli, di sguardo penetrante e metallico come l'acciaio, di corpi alti e snelli, i cui grida acute come il vento risonavano nella vastità dei deserti glaciali.
Ereditarono dei suoi genitori ariani il culto alla divina natura che abbellivano con leggendari e poetici contorni.
Fratelli di questi paesi sono i germanici del nord di Europa che conservano il tipo, il culto e la vocazione guerriera.
L'epopea di questi paesi è scritta nell'Edda Scandinava, il suo libro sacro. Non bisogna confonderlo con gli Eddas che Snorrg Sturlesson scrisse verso l'anno mille duecento.
Alfadur è il dio unico nato della luce boreale, sui cieli luminosi. Thor o Donar, è il dio del potere, Odino è il dio della saggezza, Freyr, quello della bontà. Essi costituiscono la trinità Scandinava.
Odino, col passo dei tempi, si sovrapporsi agli altri dèi, si trasforma nel potente Wotan, dio e signore del cielo e della terra, un altro Giove che dirige i destini degli dèi con mano sicura, degli uomini e dei demoni.
Il suo nemico è Surtur, il nero Satana della terra e degli abissi. Tra essi sta lo spazio freddo ed implacabile.
Friga è la moglie di Wotan, simbolo della fecondazione, della santità della casa, della dignità del matrimonio.
I suoi figli sono i brillanti Azas, i trenta due valorosi guerrieri difensori del Walhalla. Combattono contro Imes ed il suo popolo, i giganti del ghiaccio.
Si nota la similitudine di questa simbologia con quella di altri popoli, nella descrizione della guerra tra gli ariani ed atlanti.
Una gran guerra si stabilisce tra la terra ed il cielo, tra i giganti ed gli dèi. Thor il dio del lampo, primogenito di Odino e Bora, dio del valore, lottano nella gran guerra e distruggono agli immensi fantocci di ghiaccio.
La terra si trasforma in un fiume di sangue, apparendo su lei una nuova razza. Della tronca testa di Imes sorge la prima coppia umana: Aske ed Ambia.
Del pensiero poderoso di Wotan sono nati nove brillanti vergini, le chiaroveggenti Walkirie; esse annunciano il combattimento e conducono alla dimora felice del Walhalla, sui suoi bianchi cavalli, al conquistatore morto, al soldato caduto. Vedono nel destino degli uomini e li dirigono sempre alla vittoria.
Su questa leggenda, tanto cosmogonica, Wagner tracciò il suo meraviglioso dramma musicale del “Anello dei Nibelunghi”.
Per i paesi selvaggi delle fredde selve, il combattimento era il supremo culto religioso. Con impeto incontenibile si lanciavano allo scontro, perché sapevano che dopo la morte sarebbero portati al paradiso per le dee guerriere su un bianco ed alato destriere.
Il culto si effettuava in piena selva, sotto la quercia o frassino sacri; la quercia era dedicata agli antenati ed il frassino agli dèi.
Lì la pitonessa selvaggia, vestita di bianco, alla luce della luna piena, invocava agli dèi e decideva il giorno e l'ora del combattimento. Stava al di sopra dei capi del clan e la sua parola era assoluta e sacra.
A volte Ferni, il lupo feroce, legato per gli dèi ad una terribile catena, ululava tra tuoni e lampi chiedendo per sangue umano; allora per placare l'ira del terribile lupo, l'erano sacrificate vittime umane.
Sull'altare di bianca pietra la sacerdotessa apriva il petto ai giovani soldati scelti per il martirio.
Ma questo popolo doveva perire, questa religione doveva finire, spinti per le aquile romane e la croce cristiana.
Così l'avevano predetto i suoi libri sacri quando profetizzarono che Lake, il malvagio, distruggerebbe e vincerebbe agli dèi che il Walhalla affonderebbe tra fiamme, ritornando tutto allo stato di rovine.
Questa immagine corrisponde al riassorbimento cosmico nel giorno del riposo universale ma può applicarsi anche alla caduta di queste pure credenze ariane.

 

Insegnamento 22: I Galli

I celtici diedero luogo ai grechi, macedoni e cartaginesi; popoli begli, forti, guerrieri, plastichi ed amanti della natura.
L'origine dei romani è molto dubbiosa perché gli etruschi, antichi resti degli iranici ed i sabini, abitanti del Lazio, erano di origine ariana semita; ma a Sicilia e nella riva della Calabria vivevano i popoli italici, celtici di pura razza, che arricchirono le sue terre col tempo e, mischiandosi con gli altri popoli, fondarono la casta romana. Per quel motivo gli annali esoterici iscrivono ai romani e la sua religione tra i celtici.
Questi si estesero nella costa atlantica della Spagna, invasero la Gallia, passando alle Isole Britanniche.
Di pura razza celtica era il popolo gallo i cui terre si estendevano dall'Italia settentrionale fino all'Oceano ed il Reno.
Gli spessi boschi, le selve vergini, gli abbondanti fiumi, i passi impraticabili, i lunghi inverni, le numerose fiere, facevano molto difficoltoso l'arrivo di altri popoli fino a lì. Gli stessi galli, privati di contatto ed obbligati a lottare duramente per la sua esistenza e conservazione, si mantenevano in stato semiselvaggio.
Il clan era la suprema autorità o per meglio dire il concetto di famiglia e l'esperienza dell'anziano.
Come vivevano del prodotto della caccia e della pesca, adoravano le immagini di quegli animali portandoli come amuleti, inoltre piume, ossa, etc.
Plinio li descrive molto bene: di aspetto feroce, di torvi sguardi, difendendosi con pietre e lance rozzamente coltivate. La sua grida selvaggia e gutturale, spaventava e metteva in fuga all'esercito nemico.
La casta sacerdotale o druida fu la più rappresentativa dei galli. Erano devoti da piccoli alla dea della guerra. Vivevano appartati dei suoi genitori, a cura dei sacerdoti, essendo addestrati nell'arte della guerra e nel maneggio delle armi.
Quando grandi, tutto il popolo li serviva e riveriva. Cominciando la primavera e trasformandosi la neve in acqua o più esattamente, dopo la prima luna piena di marzo, arrivava il desiderato tempo di combattere.
Come dei guerrieri guidavano al suo popolo. C’erano contese tra le proprie tribù o congiuntamente, contro i barbari dell'altra riva del Reno. Furono i romani i suoi definitivi vincitori.
Non avevano mitologia propria; adoravano alla natura, agli alberi, alle montagne, ai fiumi e soprattutto, agli antenati.
Avevano una casta di vergini consacrate al servizio del tempio, veneratrici della luna, alla quale rendevano perenne omaggio e culto.
Durante i pleniluni uscivano in lunghe file, vestite di bianco, cantandogli inni ed implorando aiuto. La più anziana ed esperta si trasformava in pitonessa e prediceva, per le viscere palpitanti degli uccelli appena sacrificati, il futuro delle tribù, il destino dei popoli, l'ora della guerra ed i segni di benedizione o maledizione.
Il ricordo di questa religione e la cultura che acquisirono col tempo, rimase nascosta colla venuta del cristianesimo.
Ma come niente muore ma tutto si rinnova, gli stessi cristiani che l'avevano relegata alla dimenticanza, la metteranno alla  luce nel Rinascimento, quando tutte le religioni pagane furono dissotterrate, studiate ed amate.
Fu nel paese dei galli dove fiorì la civilizzazione delle meravigliose città chiamate oggi Parigi, Lione, Anversa, eccetera.

 

Insegnamento 23: I Jaina

Non si può determinare quando si fondò la religione jaina perché la sua memoria si perde nei primi secoli dell'Induismo, sebbene appare formalmente costituita nei principi del Buddismo.
Alcuni la confusero con la religione braminica ed altri la crederono un ramo perso del Buddismo, ma non è né una cosa né l'altra. Si formò da sola basandosi sugli insegnamenti millenari dei Veda.
Si può dire che la formula principale del devoto jaina è: Amare a tutti gli esseri viventi, rispettando gli animali tanto quanto agli umani.
Questi nichilisti primitivi non provano boccone di carne, essendo peccato per uno jaina vedere che si maltratti un animale senza soccorrerlo.
Ancora oggi, nella regione meridionale dell'India, dove vive la maggioranza degli jaina, si vedono numerose cliniche veterinarie. Ciò dimostra un anticipo sulle istituzioni moderne di aiuto agli esseri irrazionali.
La vita degli jaina è severa; nessuno di essi prova bibita alcolica né non fuma mai.
La credenza fondamentale di questa religione consiste in un'essenza incondizionata ed altra manifesta diretta per ventiquattro entità spirituali: i Tirthankaras.
Le leggi della creazione universali, della morale e dell'etica jaina sono affermate nei libri sacri chiamati Siddhanta e scritti in tamil, la lingua sacra di essi.
L'anima umana, chiamata “jiva”, esce dal seno puro di Dio, discende alla terra e è legata, per ignoranza, ai mondi sensibili; unicamente può slegarsi dei lacci materiali mediante l'austerità, la meditazione e le buone opere. Per quel motivo abbondano tra gli jaina gli asceti di entrambi i sessi che rinunciano a tutte le cose per dedicarsi unicamente alla vita spirituale.
Non manca a questa religione l'aiuto divino, Edjina, il supremo vincitore, l'Ihes della nostra simbologia, immagine di Gesù che abbassa periodicamente alla terra per ausiliare all'Umanità ed aiutarla a liberarsi della prigione della carne.
Ma la Divina Incarnazione più venerata tra gli jaina è Mahavira. Questo illustre essere visse approssimativamente nell'epoca di Gautama il Buddha.
Era di nobile e ricca famiglia, conobbe le comodità ed i piaceri della vita, ma quando cominciò a studiare i libri sacri, prese tanto amore alla saggezza che decise abbandonare il mondo allontanandosi ad un deserto.
Si spogliò dei suoi ricchi abiti, cambiandoli col bigello del mendicante e così rimase dodici anni nell'esercizio dell'austerità e la meditazione.
Cominciò allora la sua opera tra gli uomini. Riunì ai dispersi jaina, spiegò loro le meraviglie delle sue dottrine, li conquistò con la purezza della sua vita, dando così un nuovo vigore alla sua religione.
Redasse tutti gli scritti sacri, li tradusse della lingua primitiva alla corrente e li mise a portata di tutti.
Attualmente, sebbene gli jaina abbiano soltanto due milioni di anime e si trovino unicamente nell’India, questa è una religione molto conosciuta ed ammirata per l'onorabilità e purezza di abitudini dei suoi componenti.
Si è criticato l'esagerato formulismo degli jaina perché odiano il contatto delle cose impure a tale estremo che prendono solo acqua lessa ed aspirano l'aria di posti inquinati per malattie attraverso un tela di lino che portano sulla bocca. Per caso non fanno la stessa cosa i nostri moderni igienisti?
Ma quello che importa sempre in una religione non sono le sue forme e riti esterni bensì l'essenza della sua parte più pura.

 

Insegnamento 24: I Militari Sikh

Prima che in Europa il Rinascimento albeggiasse, l'India millenaria, culla delle più antiche religioni e della pura razza Ariana, era decaduto in forma allarmante.
Il Buddismo, quella pura religione che prima alcuni secoli svegliarono tutte le coscienze dell'India verso la fonte dell’aspetto eterno, era stato confinato a ferro e fuoco al resto dell'Asia. Il fervore ed il ritorno alla religione dei Veda ed alle pure leggi di Manu che era stato una controriforma induista suscitata per il Buddismo, anche decaddero. I grandi rajah avevano abbandonato il dominio spirituale per lasciarsi trasportare per l'ondata del mondo e quando la Mezza Luna invase il suolo dell'India, non trovò resistenza.
Gli indù cederono tutto ai maomettani e come di elemosina fu loro permesso vivere nel suo suolo e seguire la religione dei suoi antenati.
Col correre del tempo si erano cristallizzati sempre di più in India odi e rancori accentuati, sempre per questioni religiose, tra i figli di Allah e quelli del sacro Gange.
Era necessaria una religione che ammorbidisse quelle due tendenze, che cercasse di armonizzare i due credi, e che cercasse di unire i due ideali tanti discordanti.
In 1469 nacque un bambino, di famiglia brahmana, il quale doveva essere fondatore dei sikh. Si chiamava Nanak ed a nove anni sentiva già che la sua missione era armonizzare tutte le religioni dell'India.
Se il Dio Uno dei maomettani era il vero, i suoi paramenti erano le multiple forme adorate per gli indù. L'unità niente toglieva ala diversità di forma.
Abbandonò il cordone sacro dei brahmani per andare al deserto a meditare; uscendo dallo stesso fatto uomo, predicò il credo dell'unione tra i maomettani e gli indù; ma senza volerlo, sorse una nuova religione: quella dei sikh.
Quando egli morì, nell'anno 1537, aveva innumerabili discepoli e le sue parole erano state scritte e trasmesse in celebri testi sacri.
Ma la cosa più caratteristica di questa religione è la sua organizzazione militare. Ogni sikh è un soldato di Dio che deve prestare il suo braccio e la sua spada per la difesa della fede e delle terre che Dio gli aveva inviato. Chi diede loro questo principio militare fu Govinda, il decimo Maestro sikh, nato in 1675 e morto in 1708.
Di quell'epoca risale il massimo splendore a questa religione; ebbero allora città e regni, combattendo ferocemente per difendere il suo podere.
Più tardi furono sconfitti completamente, ma, sebbene perdessero i suoi domini, rimasero fermi nella sua fede fino al presente. Attualmente si raccontano per migliaia in India quelli che professano la religione sikh.
Un tratto distintivo di questa religione è la sua struttura iniziatica, molto simile a quella dei Cavalieri dell'Ordine Sacro del Fuoco e degli antichi ordini cavallereschi cristiani.
In realtà vari Iniziati del Fuoco vissero tra essi. Avevano anche simboli ed immagini simili a quelli degli ordini famosi; la tappa iniziatica era costituita per cinque gradi invece di sette. Cominciano per il giuramento, hanno un banchetto mistico, un Maestro massimo, ed un’Iniziazione completamente segreta ed esoterica.


Insegnamento 25: Il Cristianesimo

Il Cristianesimo segnò una nuova era fondamentale, completamente distinta degli anteriori, che rivoluzionò al mondo e è ancora il credo della civilizzazione europea.
Tutte le religioni nate delle due grandi correnti, Vedica ed egiziana, sboccano nel mare del Cristianesimo; quelle che non sono spariti sussistono in decadenza. Il Cristianesimo sarà l'unica religione vitale del mondo, conquistatrice della civilizzazione.
La religione cristiana nacque, come tutte le altre, in Oriente; sorse dal giudaismo, e fu trapiantata ai paesi occidentali, dove fruttificò.
Gesù, Iniziato Solare di quarta categoria, ebreo di nascita, apparve tra gli uomini negli albori della nostra era.
Di famiglia umile, Quello che doveva essere l'Incarnazione Divina della sofferenza, imparò da piccolo la lezione del dolore.
Nessuno sa di dove prese la meravigliosa dottrina dei Vangeli che trasformerebbe ai paesi, perché i testi ignorano la sua vita dai dodici fino ai trenta anni.
Gli occultisti moderni dicono che viaggiò all'India e che lì imparò la sua divina dottrina; altri dicono che fu nell'antico Egitto ed i Rosa Croce dicono che nella setta degli esseni, antichi mistici ebrei che conservavano la saggezza esoterica.
Ma nessuno può saperlo di scienza certa perché gli anni di studio di un Iniziato sono ermeticamente rinchiusi nel circolo del Maestro ed il suo discepolo.
Fino allora gli istruttori religiosi avevano guardato all'Umanità e beneficandola solo dai suoi troni di oro, dai suoi tempii brillanti;  ma venne Gesù e, esempio unico, scese fino agli uomini, partecipando alle sue miserie, vivendo tra essi, parlando la sua lingua. Volle bere la coppa del martirio umano. Fino alla sua morte dolorosa fu simile a quella degli uomini miserabili ed abbandonati.
 Come non doveva consolidarsi una religione che divinizzava la sofferenza umana, mostrando al suo Dio, Figlio dell'Uomo, inchiodato sulla croce?
Tuttavia, Gesù non fondò nessuna religione; unicamente lanciò un'idea, quella del dolore umano compreso, sublimato, divinizzato.
L'organizzatore della religione cristiana fu Paolo di Tarso.
I discepoli di Cristo, uomini umili e di scarsa cultura, non volevano altro che venerare la memoria del Maestro e vivere la sua dottrina dentro l'ebraismo. Lo stesso Gesù in un'occasione aveva detto: “Io sono venuto a salvare ai figli dell'Israele”. Non sospettarono che il suo ideale potesse trascendere il circolo ebreo.

Ma Paolo, uomo intelligente, Iniziato Lunare di gran visione profetica, vedendo e comprendendo la meravigliosa dottrina dei Vangeli, la predicò ai gentili, uomini di altre religioni. Organizzò una chiesa, con leggi e dogmi, e trasportò il nuovo credo a Roma, la gran capitale di allora.
La religione di Cristo avanzò impavida verso il Nord. Dopo gli anni del martirologio, dopo tre secoli nascosta nelle catacombe ed il lungo battesimo di sangue, uscì alla luce del giorno verso la conquista dei barbari, dei nuovi popoli in formazione.
Visione ampia fu quella dei primi dirigenti della chiesa Cristiana lasciando dietro ai saggi stagnati dell'Oriente ed andare verso i barbari del Nord, poiché intuivano che il barbaro di allora sarebbe il conquistatore del domani, e dunque, il sostegno della sua religione.

 

Insegnamento 26: L'Islamismo

Un insieme di uomini semiselvaggi, seminudi, semiariani, era rimasti vigilanti per millenni accanto al continente perso.
Le terre del cielo di piombo, dei tempii e città di oro massiccio si erano immerse sotto le acque. Essi rimasero lì, con le pupille fisse ed immobili, vedendo precipitare tutto un passato e tutta una razza, essendo fedeli al suo destino di guardiani della religione persa e del suo sangue, sorgente di una nuova civiltà.
Fuggì il mare, morì la natura, si fece il deserto, li bruciò sempre di più il sole incandescente, ed essi rimasero. Videro emigrare ai suoi compagni in lunghe carovane verso terre più ospitali, verso suoli più fermi.
Ritornarono come conquistatori i fratelli di ieri e si lasciarono soggiogare per essi. Si addentrarono nel deserto, quello giardino meraviglioso di sabbia che conservava il tesoro del continente perso, seppellito in parte sotto il mare ed in parte sotto le sabbie.
Questi uomini, sia che lo chiamino semiti, iranici, israeliti o ebrei, sono sempre uno stesso popolo: i conservatori della Divina Religione Atlante ed il germoglio sanguineo della nuova razza.
Quando alcuni abbandonarono la solitudine mistica del deserto per trasformarsi in un popolo stabile o in nazione, altri ritornano ad essa.
Nell'anno 440 i popoli del deserto persero il vero culto ai suoi antenati professando una religione miscuglio di feticismo, cristianesimo ed idolatria.
Ma il sangue di Ismaele corre per quelle vene e nella città della Mecca nasce un uomo dalla tribù dei coraissiti chi deve alzare lo spirito dei credenti verso la fede in un Dio Uno e Vero.
Con la nascita di Maometto, in 570, comincia una nuova era per i figli del deserto. Questo giovane orfano, allevato per carità nella casa di suo Abu Taleb, era di maniere soavi, aspetto effeminato, di perenne sorriso, portando con sé il segno dei Divini Iniziati.
Vide la decadenza del suo popolo e nelle sue meditazioni e raccoglimenti interiori sognò liberarlo delle catene dell'egoismo, della lussuria, dell'idolatria e della vanità.
A ventiquattro anni si sposa con Kadijha, vedova ricca molto maggiore di lui, vivendo con lei una perfetta vita matrimoniale; tanto certo è questo che, in suo popolo, fu chiamato il fededegno.
Furono necessari lunghi anni di attesa e meditazione per bruciare le scorie dell'uomo, lasciando unicamente la Divina Incarnazione, l'inviato del cielo.
Comunicò le sue visioni ed aneli alla sua donna, chi fu sua prima discepola che prima ripetè le parole: “Allah è Dio e Maometto il suo profeta”.
Con Maometto non coincide la profezia di Gesù: “Nessuno è profeta nella sua terra”, perché conquistò i suoi primi discepoli tra parenti ed amici. Suo anziano zio che lo servì di padre, non gli volle riconoscere il divino mandato, ma non lo contraddisse, promettendo a suo figlio Ali che fosse il suo primo discepolo maschio.
Ma la lotta comincia; nessuno vuole smettere di adorare agli dèi, il culto agli idoli, la libera vita dei piaceri.
Maometto dice che non c'è più che un Dio ed questo Dio non ha immagine: è spirito e verità. È come il vento del deserto, terribile e senza forma, che alza le dune e li trasporta velocemente, fischiando, senza che nessuno possa vederlo.
Quattro angeli obbediscono ai mandati di questo Dio invisibile, comincio di tutte le cose. I giusti vivranno nel seno di Allah, nel divino giardino delle uri, benché nessuno fosse simile a Lui.
Una notte cercarono di ammazzare il Profeta ma egli fuggì con un discepolo, rifugiandosi in Medina. Mentre fuggivano, il discepolo, stanco, disse al Maestro: “Siamo soli i due e perseguiti”, a quello che egli rispose: “Non siamo due, siamo tre, perché Dio sta con noi”.
Con l'arrivo a Medina comincia l'era dell'Islamismo, chiamata Egira.
Quando i nemici si lanciarono contro di lui, Maometto aveva già molti discepoli e si difesero a mano armata. Un nuovo lemma entrò nella religione di Maometto: “Ammazza all'infedele se l'infedele ti impedisce di osservare la tua religione."
Dopo la morte del Profeta, accaduta nell'anno 632, l'Islamismo raggiunse proporzioni fantastiche. Conquistò colla spada in un pugno, il Corano, il suo libro sacro nell'altro all'Asia, parte dell'Europa, minacciando fino ai popoli nordici.
Come in tutte le grandi religioni, non mancano in questa religione i mistici chiamati Sufi che arrivarono all'Unione Divina per mezzo della rinunzia e l'estasi. Lo studio della matematica appartiene quasi esclusivamente a questo popolo, e l'alchimia prende tale incremento che prepara il cammino alla chimica e fisica moderne.
Ma su tutte gli arabi le cose hanno la missione di conservare puro quello concetto di un Dio personale Uno e trasmetterlo di generazione in generazione, fino che si spenga la fiamma della nostra Razza Ariana che conosce ed adora a Dio attraverso tutte le forme manifeste.

 

Insegnamento 27: La Religione della Selva Africana

La credenza dei neri africani delle selve consiste in un feticismo primitivo, culto tradizionale degenerato degli antichi paesi atlanti.
I caffri crede in una vita dopo la morte e venerano costantemente ai suoi antenati a chi chiamavano Insicholaga o Barinos.
Secondo alcuni popoli neri, gli spiriti degli antenati abitano nelle caverne, mentre altri credono che essi abitino nelle altezze basandosi quelle credenze sulla conformazione geografica del paese dove vivono. Questi spiriti visitano periodicamente ai vivi e li aiutano o pregiudicano come sia l'inclinazione e il progresso spirituale dei primi.
Il mondo astrale dove abitano gli antenati era di volume considerevolmente ridotto secondo la mente dei neri.
Il culto consisteva in comunicarsi coi morti e non era interrotto mai. Serviva di mediatore una casta chiamata degli Isitonga. Questi esseri, specie di malefici iniziati che in generale soffrivano di strane affezioni nervose che li predisponevano all'esercizio della magia, curavano ogni tipo di malattie con riti e pratiche rare, perché attribuivano i mali della salute umana a cause malefiche che era indispensabile distruggere.
Al rispetto, deve notarsi in realtà il fondo che rinchiudevano tali sistemi curativi, perché la radice della malattia risiede, per certo, nello stato mentale dell'uomo prima che nel suo corpo fisico.
Il Dio supremo dei neri era Uncholog il Gran Spirito; gli seguiva Icante, il gran spirito delle acque. Le offerte consacrate a questo dio erano gettate all'acqua e non al fuoco.
La mitologia Zulù è più frondosa.
Unkulunkulu è il conservatore dell'Umanità e la Creazione.
Il fuoco è molto rispettato tra i neri, ed è grave colpa lasciarlo estinguere; deve brillare sempre nella casa sacra, nel centro della tribù, conservato per giovani vestali nere.
Ogni rito nero va accompagnato dei Molemi, amuleti che portano in sé il potere di proteggere al suo padrone di ogni male.
I malgasci riverivano a Jachar, dio supremo che non aveva altari né riceveva offerte, perché egli sapeva bene quali erano le necessità degli uomini.
A lui si opporsi unicamente Angat, il male, principio rappresentato in forma di rettile a chi consacravano carne umana.
I feticci kisi erano una specie di gnomi che dirigevano le forze della Natura.
Non bisogna dimenticare neanche al dio Maramba, depositario dei giuramenti.
In Guinea, gli indigeni veneravano specialmente al dio del buon consiglio Agoyo che risiedeva in casa del gran sacerdote.
Tra i neri della costa occidentale dell'Africa, lo spirito maligno si chiamava Horei ed accompagnava con muggiti una solennità consacrata a lui.
Per i neri de Costa d’Oro, il buon principio era Boson, dio di colore bianco. È per quel motivo che molte volte quelli neri mantennero ai primi esseri bianchi che li visitavano, considerandoli dèi.
Ma la maggioranza dei neri si arresero freneticamente alla magia. L'oggetto divinatorio era un vaso perforato in tre luoghi. Il suono che questo vaso emetteva era interpretato dai sacerdoti come un segno di buon o cattivo presagio.

 

Insegnamento 28: Il Culto Solare degli Inca

Per una stretta frangia di terra che aveva scapato dai molti sismi vennero resti di tribù atlanti emigrando verso il centro del continente americano.
Questo si estendeva vergine e splendido nel suo stato selvaggio fino al sud-ovest, dove la cordigliera delle Ande spuntava le sue creste immacolate, sorgendo come nuova Venere dalla schiuma del mare.
Questi residui atlanti fondarono lì, nel cuore della selva, fiorenti colonie.
Dicono le tradizioni che quattro fratelli furono i fondatori di Cuzco, ma uno di essi ammazzò agli altri e li trasformò in dirupi, convertendosi egli stesso, dopo la sua morte, in roccia per essere adorato.
Il culto primitivo degli Inca era quello delle pietre, sulle quali depositavano le sue offerte e facevano i suoi sacrifici. Questo conferma il suo origine atlante. Gli atlanti veneravano certamente al numero quattro, simbolo della quarta razza radice ed avevano come altare di venerazione pietre sovrapposte, specialmente la sottorazza atlante dei semiti.
Dopo la gran catastrofe che sommerse l'antico continente atlante, nuove tribù, delle poche che si salvarono, furono arrivando.
Discendevano da queste ultime sottorazze atlanti che avevano conosciuti, nella gran città delle porte di oro, al culto puro della Divinità Solare.
Stabilirono così gli stessi riti sulla roccia di Huiracocha, dio essenziale e principio infinito; cederono l'animo sacro del dio Pachacamac affinché questo elevasse perennemente la sua fiamma verso il dio solare, il gran dio Inti.
Si alzarono grandi tempii, tutti d’oro, poiché il rito solare non ammetteva per il suo servizio strumenti né decorazioni che non fossero dell'aureo metallo.
Vergini vestite di bianco ed ornate con corone d’ro, alle quali solo un re inca poteva sposare, mantenevano costantemente accesa la fiamma nel santuario.
L'aspetto maschile, simbolizzato per il sole, era completato per il culto femminile della dea Mama-Quilla o Coya, la luna. Ai suoi tempii, che erano totalmente di argento, concorrevano di notte i fedeli in lunghe file per rendere culto e riverirla.
Gli inca adoravano anche ad altri dèi: a Catequil, dio del tuono, a Cuicha, l'arcobaleno dio della pace, ed a Chozco, dio dell'amore, simile a Venere.
Questo popolo conosceva il principio fondamentale dell'universo perché aveva idea di un dio inmanifestato, Piguerao, quello che sparisce quando l'universo si manifesta, gemello di Atachucho, dio personale nato dell'uovo primitivo.
La prima coppia, Adamo ed Eva americani erano Manco-Capac e Mamma Oello Huaco, benché non tutti credessero che questi fossero i fondatori della razza umana, perché alcuni stimavano come fondatore della stessa all'Inca Roccia, discendente diretto del Sole.

 

Insegnamento 29: Le Antiche Religioni Messicane

Molto simili agli inca in religione ed abitudini ed anche discendenti degli Atlanti, sono gli aztechi, miltechi e toltechi.
Al rovescio delle pelli rosse delle Montagne Rocciose che avevano conservati in alto grado le abitudini di una religione completamente spirituale con abitudini patriarcali e venerabili, questi indi di Centro America erano materialisti, feroci e sanguinari.
L'universo per essi era stato creato per Citlantonac, l'universo sottile, in unione con Citlalique, l'universo denso.
    Ricordavano nei suoi annali cosmogoniche quattro età: l'età dell'acqua, nella terra abitata per i giganti, inondata per un diluvio.
La seconda età, quella della terra, dove si erano rifugiati i giganti sopravviventi, fu distrutta per movimenti sismici e grandi tremori di terra.
La terza epoca, dell'aria, distrutta per cicloni.
In quanto alla quarta epoca, del fuoco, le immense fiamme divoravano agli esseri umani e di questo fuoco erano nati e si alzarono al cielo, al sole, alla luna ed alle stelle che popolano il firmamento.
Col coltello rotto di Citlantonac si formarono gli dèi, e gli uomini nacquero di un osso di un dio morto.
La terra era venerata nella dea Amon, ma la preferita era Cinteolt; ella è quella che presiede la crescita del mais, la pianta tradizionale degli indi; anche protegge la germinazione.
La rappresentavano come una bella donna caricata di spighe e con un bambino in braccia; l'immolavano vittime umane che dovevano essere persone senza difetti fisici, sani e forti. Questi erano messi sull'altare del sacrificio, ero aperto loro il petto con un affilato coltello ed il cuore avulso ed ancora palpitante si dedicava alla terribile dea.
Impossibile sarebbe enumerare tutti gli dèi venerati per questi popoli. Tosi era la madre degli dèi, la nonna degli uomini, protettrice dei maghi e stregoni.
Mixcoatec era il dio dei temporali. Xiulteculti, il dio del fuoco. Cihuatcoatl la dea serpente, buona e gentile, aveva dato prima a luce che nessuna altra donna e proteggeva le donne nel parto.
Ma il gran dio, il dolce dio, vestito di bianco, è Quetzalcoatl, il pappagallo serpente, quello che fomenta la pace. Quando scese tra gli uomini proibì i sacrifici umani e deportò ai cattivi.
Specialmente venerato per i toltechi, il suo simbolo era una croce. Stanco di stare tra gli uomini volle ritornare alle regioni celesti, lasciando a Tula, la città massima, dove era venerato nella desolazione.
Dopo di lui regnò il dio Texcatlipoca, cattivo, vendicativo e perverso, chi  seminò altra volta il dolore tra gli uomini.
Furono sparendo rapidamente gli indi e rimasero seppelliti per, sempre le città perse, i tesori e le attestazioni dalla sua antica e divina religione.
Ma come niente perisce completamente, è rimasto ancora intatta nelle Montagne Rocciose, un'antica tribù di indi, discendenti puri della persa Razza Atlante e delle dinastie dell'aquila.
Ancora oggi risuona sulle montagne l'eco profondo dei nomi venerati di Manitu, il dio eterno, e di Masson, il figlio del dio vivo. Sono rimasti lì, come simbolo unico della quarta razza radice, aspettando l'ultimo giorno, quando tutti i semi saranno uniti affinché fiorisca la sesta gran razza, la razza radice futura.

 

INDICE

Insegnamento 1: La Sorgente delle Religioni
Insegnamento 2: I Veda
Insegnamento 3: L'Induismo
Insegnamento 4: L'Egitto
Insegnamento 5: Gli Dèi Egiziani
Insegnamento 6: Dieci Grandi Religioni
Insegnamento 7: I Maghi Caldei
Insegnamento 8: La Religione Iranica
Insegnamento 9: La Dea Assira della Guerra
Insegnamento 10: Il Sole dell'Iran
Insegnamento 11: I Sargonide
Insegnamento 12: L'Ebrei
Insegnamento 13: La Religione di Mose
Insegnamento 14: I Grechi
Insegnamento 15: Gli Dèi Grechi
Insegnamento 16: Arti e Filosofie
Insegnamento 17: I Romani
Insegnamento 18: Il Celeste Impero
Insegnamento 19: Il Buddismo
Insegnamento 20: Il Buddismo Giallo
Insegnamento 21: I Germanici
Insegnamento 22: I Galli
Insegnamento 23: Gli Jaina
Insegnamento 24: I Militari Sikh
Insegnamento 25: Il Cristianesimo
Insegnamento 26: L'Islamismo
Insegnamento 27: La Religione della Selva Africana
Insegnamento 28: Il Culto Solare degli Inca
Insegnamento 29: Le Antiche Religioni Messicane

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